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Il gioco del desiderio


di Membro VIP di Annunci69.it Youngboy
15.02.2025    |    1.112    |    0 6.0
"I suoi seni sodi si modellavano sotto le mie dita, i capezzoli tesi che reagivano ad ogni mio tocco, il suo respiro che si trasformava in piccoli gemiti soffocati, sempre più impazienti, sempre..."
Questo racconto è frutto di un incontro reale che ho vissuto. Ho conosciuto questa coppia su questo sito. La conoscenza è seguita in un incontro casuale che si era trasformato rapidamente in qualcosa di più. Lei, intrigante, seducente, con una complicità naturale che ti aveva catturato. Lui, il marito, sempre presente nei discorsi, ma mai d’ostacolo anzi, un giocatore silenzioso che alimentava la tensione. E da qua in poi il racconto…
Il primo incontro era stato un aperitivo, solo noi due. Lei era arrivata con quel passo leggero, quasi fluttuante, sicura di sé, ma con un velo di mistero che la rendeva ancora più irresistibile. Mi aveva sorriso appena, inclinando la testa in un gesto quasi impercettibile, come se stesse valutando la situazione, come se volesse assaporare ogni istante prima di decidere fino a che punto spingersi.
Ci eravamo seduti vicini, ma non troppo. Una distanza sottile, colma di tensione, di attese sospese. Il modo in cui portava il bicchiere alle labbra, il modo in cui giocava con la cannuccia tra le dita, sembrava una danza silenziosa fatta di segnali. I suoi occhi mi scrutavano con quella malizia appena accennata, labbra che si schiudevano in sorrisi enigmatici, lasciando intuire più di quanto dicessero le parole.
E poi i messaggi. Giorni di parole cariche di desiderio, di immagini audaci che si insinuavano nella mente, costruendo un ponte invisibile tra fantasia e realtà. Le sue descrizioni erano precise, studiate, sapeva esattamente quali corde toccare. E lui, il marito, era una presenza costante, ma discreta. Non ostacolava, non interferiva, anzi, sembrava alimentare tutto ciò che stava accadendo, come uno spettatore che si nutre del piacere altrui, un giocatore silenzioso che muoveva i fili senza mai mostrarsi del tutto.
Quando finalmente mi aveva invitato a raggiungerla, sapevo che non c’era più spazio per esitazioni. Il gioco aveva preso forma, le regole erano chiare.
La porta si era chiusa alle mie spalle con un suono sordo, isolandoci dal mondo. Lei era lì, davanti a me, con il respiro appena più rapido, le mani che giocherellavano con il bordo del vestito come se non vedesse l’ora di liberarsene. I nostri sguardi si incatenarono in un’intesa silenziosa, in un tacito accordo che annullava ogni distanza rimasta.
Si avvicinò lentamente, come se volesse prolungare quell’attesa, rendendola più densa, più insostenibile. Il suo corpo sfiorava appena il mio, un contatto impercettibile ma elettrico, mentre le sue dita si muovevano con studiata lentezza, scivolando lungo il mio petto, esplorando la stoffa della mia camicia prima di iniziare a sbottonarla, centimetro dopo centimetro.
Le sue labbra mi cercarono con un’avidità crescente, prima leggere, sfiorandomi appena, poi più decise, reclamandomi con una sicurezza che mi incendiava. La sua lingua tracciava sentieri bollenti sulla mia pelle, scendendo lungo il collo, fino al petto, mentre le sue mani si insinuavano ovunque, esperte, precise, come se conoscessero già ogni punto esatto da toccare per farmi impazzire.
Quando finalmente la sollevai tra le braccia e la deposi sul letto, il suo corpo si aprì in un invito muto, le gambe che si intrecciavano attorno ai miei fianchi, le mani che si aggrappavano alla mia schiena come se volesse fondersi completamente con me. I suoi seni sodi si modellavano sotto le mie dita, i capezzoli tesi che reagivano ad ogni mio tocco, il suo respiro che si trasformava in piccoli gemiti soffocati, sempre più impazienti, sempre più urgenti.
Le mie labbra percorrevano la sua pelle, lasciando scie di calore lungo il suo ventre, più giù, dove il suo desiderio era già pronto a ricevermi. La sua schiena si inarcava sotto di me, il corpo che mi cercava senza più freni, la voce che si faceva un sussurro spezzato tra le labbra socchiuse.
E poi, quando la penetrai, la stanza si riempì di un unico lungo sospiro, il suono di un piacere che si espandeva come un’onda travolgente. Lei mi accolse con un movimento fluido, profondo, un’intesa perfetta che rendeva ogni spinta più intensa, più totale. Il ritmo cresceva, i nostri corpi si cercavano con una fame sempre più incontrollabile, mentre il letto scricchiolava sotto di noi, accompagnando ogni affondo, ogni gemito, ogni respiro affannato.
E poi la sentii cambiare sotto di me. Il suo respiro divenne irregolare, più corto, il suo corpo si tese in un arco perfetto, come se per un istante fosse in bilico tra la tensione e il rilascio. I suoi occhi si chiusero, la bocca si aprì in un sospiro strozzato, e la sentii tremare, scuotersi, il suo ventre contrarsi in spasmi profondi mentre il piacere la attraversava in un’onda devastante. Le gambe si strinsero attorno ai miei fianchi, le mani si aggrapparono alla mia schiena, le unghie affondarono nella pelle mentre il suo corpo si abbandonava completamente a quella scossa incontrollabile. Il suo gemito si fece più alto, quasi un grido soffocato, la gola tesa nel tentativo di trattenere qualcosa che era troppo grande per essere contenuto. Ogni fibra del suo essere si stava arrendendo a quell’istante di pura estasi, e io potevo sentirlo, assaporarlo, perdermi in quella resa totale.
Fu allora che la seguii, affondando fino in fondo, lasciando che il piacere mi travolgesse a mia volta, che mi inghiottisse completamente. Il mio corpo reagì al suo, il mio respiro si confuse con il suo, e per un attimo fummo una cosa sola, un unico, perfetto spasmo di desiderio e di abbandono.
E altrove, lontano ma incredibilmente vicino, qualcuno tratteneva il respiro. Immaginava ogni dettaglio, ogni movimento, ogni suono. Forse desiderava essere lì, a prenderne parte. O forse, semplicemente, a continuare a guardare.
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