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Monica, la Libraia


di verdissimo
18.09.2019    |    2.648    |    0 9.7
"Le sento in sottofondo e non do loro importanza..."
CAPITOLO 1

Ero annoiato in casa con la sensazione di buttare via del tempo prezioso siccome consideravo che quello era una bel pomeriggio di fine agosto e che sarei dovuto andare a lavorare il giorno dopo, lunedì.
Decido così di fare il mio solito giro nel centro della mia città. Da casa mia alla piazza centrale occorre appena un quarto d'ora a piedi. Un percorso che ho fatto migliaia di volte al punto da conoscere a memoria ogni metro di quel marciapiede.
Appena arrivo, come al solito vengo deliziato da ciò che mi circonda. Ho viaggiato tanto, anzi tantissimo, nella mia vita e devo dire che noi italiani abbiano una gran fortuna. Molte delle nostre città, fra cui anche quelle di provincia e di modeste dimensioni, potrebbero vantare un centro storico superiore, in pregio e bellezza, a quello di molte capitali e città ben più importanti al mondo...

L'emozione che la piazza con i suoi ornamenti mi suscita però passa in fretta per essere invece sostituita dalla noia di quel pomeriggio assolato e privo di movimento, ed mi ritrovo a chiedermi che cosa avrei potuto fare per sfruttare al meglio quel bel tardo pomeriggio, visto che l'indomani sarei dovuto tornare in ufficio e per un'intera settimana. L'idea di entrare in un bar non mi attraeva, non sapevo cosa avrei potuto consumare a quell'ora e trovo i bar in piena estate davvero deprimenti. Quindi cammino un po' a caso, percorrono parzialmente i corsi che partono dalla piazza, e poi torno indietro. In uno di questi corsi finalmente trovo qualcosa che potrebbe essere interessante. Qualcosa che avresti facilmente trovato anche in un'altra città; e in cui avrei potuto trascorrere almeno una buona mezz'ora e, quindi, dare senso a quella mia passeggiata prima di cena. C'era una libreria aperta.
Infatti uno dei tanti vantaggi che la grande distribuzione offre è che adatta i suoi l'orari non solo a quelli della clientela infrasettimanale, ma anche a quelli dei soli curiosi, come il sottoscritto quella volta; di quelli che entrano nei negozi e li pascolano per ore per poi uscire senza comprare nulla, perciò senza tirare fuori un centesimo.
Entro quindi col pretesto di dare un'occhiata alla guide turistiche del Giappone siccome dopo tre settimane ci sarei andato in vacanza (per la quarta volta!), poi avrei sicuramente sfogliato qualche libro di narrativa di viaggio e, di sicuro, qualcos'altro in lingua inglese per tenere vivo quel po' che ho di quella lingua.
Proprio mentre sfogliavo tre o quattro guide nipponiche contemporaneamente, sento chiaramente delle voci provenire dall'area che dà verso l'uscita, ovvero dietro di me. Le sento in sottofondo e non do loro importanza. Sono solo alcune delle tante voci che si possono sentire in una libreria quasi deserta ad agosto e non meritano quindi alcuna attenzione. Poi comincio a distinguerne una particolarmente limpida e soave che si stagliava dal resto, ma ciò che desta in me l'attenzione per essa è la sua dubbia femminilità.
Mi giro e la vedo dietro alla cassa: è una ragazza magra di altezza media con la carnagione molto chiara, se non bianca, capelli biondo chiaro e ondulati fino alle spalle e con le labbra e unghie dello stesso colore: rosso acceso. Neanche a dirlo, rimango fulminato.

Finalmente le altre persone escono e rimaniamo solo noi due in questo locale pieno di libri ma vuoto di persone. Mi avvicino e i miei occhi incrociano i suoi che sono azzurro chiaro. Le chiedo molto garbatamente se hanno, oltre le solite guide che avrei trovato ovunque, anche della narrativa da viaggio sul Giappone, cioè guide che si possono leggere come se fossero dei romanzi o dei saggi. Mentre mi conferma che c'erano, la sua voce mi conferma anche la sua identità. E' una bellissima transessuale.
Mi mostra dei libri sul misticismo giapponese, altri sulla cucina giapponese ed altri poco digeribili. Queste molteplici proposte e i miei affrettati commenti e perplessità sui quei libri portano, senza che ce ne accorgiamo, a rompere il ghiaccio fra noi due al punto che, con un certo entusiasmo devo ammettere, le accenno del mio viaggio imminente. Lei dice che sono davvero fortunato ad andare in Giappone per oltre un mese, poi quando scopre che per me non sarebbe nemmeno la prima volta, con eccessivo entusiasmo si lascia andare in una esclamazione di meraviglia, che io assaporo dall'inizio alla fine. Intanto io non stacco i miei occhi dai suoi col mare di Sardegna, e faccio in modo che sia lei a parlare questa volta. E' di Lecce ma si è trasferita a Rimini da alcuni anni perchè, per qualche motivo, ha voluto tagliare con la sua città e il meridione. Inoltre di recente ha dovuto temporaneamente accettare un lavoro nella mia città siccome la sua azienda, la M*******, poteva impiegarla solo qui, quindi deve fare la pendolare e stare fuori tutto il giorno. Nel frattempo aspettava che si creasse un posto per lei in una libreria della stessa catena a Rimini, o almeno nei dintorni, ed evitare così di fare un bel po' di km in treno. E per quanto riguarda le vacanze e i viaggi, li ha scordati da anni.
Io ero estasiato da lei, se non rintronato. Senza dubbio ero vittima di un colpo di fulmine e per nulla al monda avrei voluto che la magia del momento si attenuasse e, tanto meno, sarei voluto scendere al livello di un comune cliente. Quindi prendo quella che in quel momento credo sia la decisione più dignitosa: a costo di sembrare un perditempo o uno di quelli che non comprano nulla per paura di spendere, in modo un po' avventato saluto ed esco dalla libreria.

Chiaramente subito dopo per strada e a casa, il pensiero di lei non mi abbandona; ma sento la cosa diventare seria quando quel pensiero, la domenica successiva, era ancora lì. Continuamente mi dico che è una transgender e quindi avrei dovuto prendere quella "vampata di ammirazione" come il risultato un po' forte di una cosa tanto inaspettata quanto insolita. Volendo, avrei anche potuto ammettere che prima non avrei mai immaginato che la trasformazione di un genere in un altro potesse dare forma ad una tale meraviglia. Ma la cosa doveva finire lì ed io avrei dovuto smettere di pensarci.

Ma alla fine non rimane che arrendermi. Quindi ancora di domenica pomeriggio, a piedi, torno alla libreria senza piani se non quello di rivederla. Speravo che per lei le domeniche non fossero a rotazione, quindi di ritrovarla lì.
Lei c'è, e non so se mi sia piaciuta come l'altra volta. E' da sola in negozio e stava sistemando dei libri nelle scaffalature prendendoli dal carrello al suo fianco e, da come mi saluta a distanza, capisco che, seppure vagamente, deve avermi riconosciuto. Le chiedo ancora qualcosa sul Giappone e lei, a quel punto, si ricorda tutto: del mio viaggio e di me. Alla fine esco con un libro che tratta della spiritualità di quel paese e che non credo leggerò. Mi do dello stupido perché non sono riuscito a coinvolgerla come l'altra volta, perché non sono stato capace di ricostruire il feeling dell'altra volta. E nemmeno stavolta le ho chiesto il nome. Mi ripetevo che avrei dovuto in qualche modo rimediare. L'avrei rivista e le sarei piaciuto, e sarei anche riuscito a portarla fuori una sera prima di partire.
Poi mi dico: "Non vorrai mica fare la corte ad una transessuale, e chiederle di uscire con te?!". E in quel momento capisco quale fosse la vera differenza tra quest'ultimo incontro e "l'altra volta": questa volta non ho voluto farmi trasportare in una situazione speciale perché è mancato l'effetto sorpresa, quindi ho pensato a lei come ad una transgender e a tutte le sue implicazioni sociali e sessuali; mentre "l'altra volta" ho pensato a lei solo come ad una cosa meravigliosa, e basta.


CAPITOLO 2

Infatti basta, con lei e con le transessuali. Va bene finché le guardo in qualche sito porno su internet, ma uscirci insieme..! Meglio andare in Giappone e pensare alle bamboline di là.
Ma il ricordo di lei non è rimasto a casa a far compagnia al libro sulla spiritualità giapponese. "Posso mandarle un saluto da qua e sicuramente questo paese le ricorderà di me. Una volta si sarebbe usata una cartolina, oggi potrei mandare un’email a quella libreria. Non so nemmeno il suo nome, che idiota".

Su internet vado sul sito ufficiale della libreria per arrivare all’email del punto vendita della mia città e invio: "Messaggio per la gentile commessa di Rimini - Ciao ti ricordi me, quello che doveva andare in Giappone? Sono arrivato la settimana scorsa ed ora sono a Kyoto. Volevo farti solo un breve saluto e dirti che qua sta andando tutto bene. Non ti mando nessuna foto. Scusa il disturbo. Ciao comunque. Io mi chiamo S*****, tu invece?". La invio poi vedremo che succede, d’altronde è solo un saluto e questo paese ci accomuna.

E dopo quattro giorni leggo: "Ciao, grazie del saluto. Certo che mi ricordo di te e del Giappone anche perché vorrei esserci anch'io là. Io mi chiamo Monica. Grazie ancora e tanti saluti S*****."

Ha detto che vorrebbe essere anche lei qua... e da quel giorno è come se ci fosse stata qualche volta. Al ritorno, è pure salita in aereo con me. E, devo dire, che più di una volta l'ho immaginata nella mia stanza d'hotel mentre venivo da solo. Sono riuscito a non scriverle più, sapevo che sarebbe stata una scemenza farlo, soprattutto sull'email del negozio, quindi chiunque lì dentro avrebbe potuto vedere il messaggio; ma speravo che fosse lei a farlo siccome aveva il mio indirizzo email personale ora. Ma niente.

Intanto la mia vacanza procedeva bene, io come al solito mi muovevo a random (a caso, senza un programma), poi mi sono reso conto che avevo fretta di ritornare.

Una volta a casa, non di domenica e di sera, torno alla libreria, ma lei non c'era. Poi ci torno il giorno dopo, sempre di sera, e lei non c'è. Il terzo giorno, di domenica pomeriggio, nemmeno, pertanto con discrezione chiedo di Monica e di un certo libro che avevamo visto su un sito internet. E lì vengo a sapere che è stata fortunata perché adesso lavora a Rimini, dove lei abita. Quindi con determinazione prendo la macchina e vedo di raggiungerla.

Dopo a aver parcheggiato l'auto e attraversato metà del centro città, a piedi giro l'angolo e sui quei circa quattro gradini dell'ingresso della libreria, questa ben più grande della precedente, la vedo di colpo, un po' annoiata e appoggiata con la schiena al muro mentre tranquillamente fuma. E' vestita di bianco, un vestitino sobrio e leggero, con dei sandalini leggeri ai piedi di cuoio e una serie di braccialetti, lenti nel braccio e di diversi colori, di quelli che si portano d'estate. Mentre io la guardo un po' sbalordito e lei mi fissa per qualche istante come se avesse bisogno di tempo per coordinare le idee: "E tu che ci fai qua?".
Mi è sembrata più snella dell'altra volta, con i lineamenti più magri, come il naso e le labbra, e le stesse sue braccia. Inoltre aveva dei colpi di sole in quei biondi capelli e mi chiedevo se c'erano anche l'altra volta. Ed io, alla sua domanda, rispondo: "Me l'hanno detta nell'altra libreria. Sono qua per te".
Lei ride forse perché non sa che dire. Mi butto con le parole e alla fine accetta di passare un po' di tempo assieme dopo la chiusura del negozio subito dopo le nove.

Finalmente arriva e, vedendola da lontano, sento di desiderarla veramente. Lei mi dice che è stata pazza ad accettare quell'invito, non tanto facendo riferimento alle classiche virtù femminili, ma per non aver avuto nemmeno la possibilità di passare da casa a cambiarsi. Ma va bene così e poi ora è troppo tardi per farlo.
Entrambi vogliamo una serata semplice e decidiamo di cenare con una coppa gelato al tavolo all'aperto lì in centro città. Vuole che sia io a parlare, a raccontare, e, in quelle poche parole che dice, emerge l'inclinazione meridionale. Ma ciò che trovo davvero sexy nella sua voce è sapere che vuole essere femminile. Mi dice ha dovuto interrompere la vita in Puglia senza specificare il perché ma, vista la situazione, è facile intuirlo. Inoltre dove adesso vive è di sua proprietà, e lei questo lo trova grandioso. Mi sembra di capire che è libera e che non ha l'auto, e, facendo due conti a mente in base alle informazioni che mi arrivano, capisco che dovrebbe avere circa 28 anni.
Dopo nemmeno un'ora le dico: "Ti porto a casa?" e ancora oggi non so se ho posto la frase come una domanda o come un garbata affermazione. Lei ridacchia per nascondere l'imbarazzo e mi risponde che non abita lontano e che non sarebbe necessario.


CAPITOLO 3

Mentre camminiamo per la strada non diciamo niente. Lei entra dal portone ed io la seguo fino al secondo piano.
Siamo seduti nel suo piccolo salotto, io nel divano e lei nella poltrona a fianco girata ad angolo mentre parliamo di tutto e di niente, e spesso mi capita di guardare le sue gambe chiare terminare in quei sandalini di cuoio marrone.
Ad un certo punto non seguo più il discorso e, senza sapere come, scivolo giù dal divano di pelle e mi trovo in ginocchio difronte a quelle gambe. Le sfilo entrambi i sandalini e d'istinto mi metto le sue piante dei piedi, insieme, in faccia e gliele bacio dolcemente. Le sento morbide e fresche mentre le strofino sul mio viso e, a un certo punto, le dita arrivano all'altezza delle mie labbra. Mi metto in bocca un alluce e glielo succhio avidamente per un certo tempo, poi faccio lo stesso con l'altro. E, chiaramente, non trascuro tutte le altre dita. Fra tutte le pratiche sessuali possibili perché proprio quella? E lei cosa avrà pensato? Si sarà sentita trascurata non avendo io apprezzato la sua bocca, il suo collo, le sue mani prima di arrivare in fondo come di solito si fà. Non so il perché, ma sentivo che in quel momento avevo bisogno proprio di quel contatto, di quel sapore e di nient'altro. E mentre cospargo la mia saliva tra le sue dita, m'infilo una mano sotto la cintura e, in men che non si dica, vengo.



(... continua un po' alla volta)
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