Campo Aperto

Era luglio, e il caldo della giornata sembrava non voler lasciare spazio alla notte. La campagna era immersa nel silenzio profondo interrotto solo dai grilli e dal ronzare lontano di qualche trattore abbandonato. Lara abbassò il finestrino, lasciando entrare l’aria tiepida profumata di terra e fieno.

«Qui va bene», disse Matteo, accostando su una stradina sterrata in mezzo ai campi. Attorno, solo distese di grano e buio.

Non avevano cercato nessuno quella sera. Non c’era stato nessun annuncio, nessun messaggio criptico. Volevano solo godersi quel silenzio selvaggio, e tornare a giocare, solo loro due — o almeno così credevano.

Matteo spense i fari. L’oscurità fu totale.

Lara si sfilò lentamente la canotta, lasciando che i suoi seni nudi si mostrassero alla luna che filtrava tra le fronde. Le mani di Matteo erano già su di lei, assetate. Le accarezzava i capezzoli con i pollici, stringendoli, facendoli indurire ancora di più. Lara gemeva a bassa voce, eccitata dal luogo, dalla libertà.

Scivolò sul sedile posteriore, spalancando le gambe e fissandolo. «Fammi come vuoi.»

Matteo non aspettò altro. Si spogliò in fretta, il suo sesso già duro e teso. Si mise tra le sue cosce e la penetrò con forza, affondando fino in fondo, senza dolcezza, solo bisogno. Lara inarcò la schiena, affondando le unghie nella pelle delle sue spalle.

Ogni colpo era più profondo, più sporco. Le loro pelli sudate si incollavano, i gemiti si confondevano con il suono dei campi attorno. Non c’era nulla a separarli dal mondo — nessun muro, nessun tetto. Solo natura e desiderio.

Poi, un rumore. Lieve. Passi sull’erba secca.

Lara e Matteo si bloccarono, ma non si coprirono. Una figura si avvicinava, lentamente. Un altro uomo. Forse un contadino, forse uno che li aveva visti da lontano. Non si fermò. Si avvicinò con calma e si appoggiò al finestrino aperto.

«Serve una mano?» disse con voce bassa, sporca di tabacco.

Matteo lo fissò, ancora dentro Lara, e sorrise.

Lara non parlò. Si voltò di lato, offrendogli il suo seno nudo da fuori il finestrino. L’uomo lo prese tra le mani, lo leccò, lo succhiò con lentezza, come se fosse lì da sempre.

Matteo uscì da lei e si sedette, lasciando il posto al nuovo arrivato. Lara, già madida e tremante, si mise a quattro zampe sul sedile posteriore, con la gonna tirata su e il culo perfettamente esposto.

L’uomo tirò giù la zip con lentezza, mostrando un cazzo spesso, non troppo lungo, ma grosso. Si inginocchiò fuori dall’auto e la prese da dietro, spingendo con forza.

Lara gridò. Era stretto, pieno, caldissimo. L’uomo la scopava con movimenti decisi, mentre Matteo la baciava, la stringeva, la guardava negli occhi con fame.

Lei era persa. I suoi succhi colavano lungo le cosce, il suo respiro era un rantolo, la voce rotta dal piacere. Le mani premevano contro i vetri appannati, lasciando impronte ovunque.

Poi venne. Un orgasmo violento, lungo, che la fece tremare in ogni fibra. Matteo venne subito dopo, masturbandosi guardandola, il seme che le schizzò la schiena. Il terzo uomo continuò ancora per un minuto, poi la prese per i capelli, la spinse contro il sedile e venne sul suo volto, caldissimo, con un grugnito profondo.

Tutti e tre rimasero lì, ansimanti. Il rumore dei grilli era tornato, come se nulla fosse accaduto.

Il contadino si sistemò i pantaloni, si voltò e se ne andò senza dire altro.

Lara si pulì con una maglietta, ancora respirando a fatica. «Dove mi porti la prossima volta?»

Matteo rise. «C’è un campo di girasoli, poco più avanti. Magari a piedi, stavolta.»