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Il ritorno di Layla


di Chupachup
08.11.2022    |    2.364    |    0 9.4
"Layla si stese accanto a me e si godeva il tepore settembrino come una lucertola dalla pelle lucida e liscia costellata di tante goccioline brillanti al sole..."

Quella mattina di fine settembre si era finalmente alzata la brezza fresca proveniente da nordovest, ancora leggera ma bastante ad asciugare le mie ossa ormai impregnate d'umido, dopo mesi di caldo afoso e senza tregua. Mancavano pochi giorni di riposo prima del rientro al mio maledettissimo posto di lavoro e avevo deciso di passarli chiuso in casa, in mutande, col ventilatore perennemente acceso, ogni tanto mi passava stancamente in mano il libro "La spiaggia" di Pavese la cui lettura intervallavo a lunghe sessioni di gioco a Doom al personal computer.
Poco prima di pranzo squilló il telefono, inaspettato e indeciso se rispondere, mentre grigliavo delle zucchine in cucina, ero pronto a prepararmi una scusa qualsiasi per liberarmi da quella scocciatura, alzai la cornetta bofonchiando:
«Pronto, chi scoccia?»
«Hahahaha, ciao Sal! come stai?»
In un attimo riconobbi quella risata aperta, di cui mi immagini subito la forma delle labbra e il biancore dei denti, solo l'accento di quella voce femminile era leggermente cambiato, divenuto più aspro.
«Madó, Layyy da dove sbuchi fuori? Come stai te, io bene dai... Sembra un secolo che non ti sentivo!» E lei rispose, sempre sorridente:«Si, si hai ragione, scusa se non mi son fatta più viva così a lungo, ma senti, sto arrivando li in città per pochi giorni, per sbrigare delle faccende di famiglia e magari, se non hai impegni, e visto questo bel caldo potremmo fare una capatina in spiaggia da qualche parte, così ci raccontiamo le ultime novità, che dici?» «Senti Lay, lo sai che per te son sempre libero» dissi ricambiando il sorriso a distanza. «Perfetto - disse lei - che ne dici passi domattina alle dieci a prendermi sotto casa? Decidi tu dove andare» «Ottimo, sarò puntuale, a domani cara» «A domani Sal» e riattaccó.
Son passati già quattro anni ormai dall'ultima volta che ho incontrato Layla, pensai, allora appena diventata maggiorenne era scappata in Germania, a lavorare in una qualche birreria a Monaco, stanca della vita di provincia che poco offre a noi giovani con troppi sogni.

Dieci minuti prima dell'ora pattuita ero lì sotto casa sua, avevo portato l'essenziale, lo zainetto con dentro dei panini imbottiti per entrambi, dell'acqua e il telo colorato per stendersi al sole.
La aspettavo in auto mentre sullo stereo girava lento un nastro consunto dai mille ascolti, le mani di John e Flea si rincorrevano funky sui loro manici legnosi mentre Anthony con voce roca declamava
“Girl please me
Be my soul bride
Every woman
Has a piece of Aphrodite
Copulate to create
A state of sexual light
Kissing her virginity
My affinity
I mingle with the gods
I mingle with divinity”

Eccola li Layla, sull'uscio del suo condominio, aveva cambiato il colore e la lunghezza dei capelli con una frangia corvina che ora metteva ancor più in risalto i suoi luminosi occhi smeraldini, scese a piccoli balzelli la rampa di scalini che la separavano dal marciapiede, e felice notai che sotto la maglietta, come era solita ai vecchi tempi, non indossava reggiseno, e i suoi seni sempre alti e sodi ballavano al ritmo della musica sparata dagli altoparlanti.
Posò il suo borsone sul sedile posteriore e salí in auto, ci sfiorammo con due baci sulle guance e sentii la sua fragranza di pelle fresca mischiato al sentore agrumato di qualche crema di bellezza.
Notò che la squadrai più ed esordí «Non dire pure te che somiglio a Bettie Page o ti strozzo!» Io replicai «Non ci penso minimamente, Bettie Page aveva una lunghezza molto maggiore!»
Ridemmo entrambi.
In realtà una somiglianza la trovai più adeguata ovvero quella con Anita Blonde, la nota porno star Ceca, che a quei tempi mi faceva spesso compagnia nelle mie notti solitarie, ma ciò ovviamente non lo dissi. Innestai la marcia e partimmo.

Il viaggio durò due orette scarse in cui parlammo non solo delle sue esperienze lavorative nella terra dei Crucchi, di come si era sistemata in una specie di dormitorio femminile gestito da suore per risparmiare, della cucina locale di cui aveva iniziato ad amare alcuni suoi piatti come il Germknödel, un grosso gnocco semisferico farcito di marmellata alle prugne ricoperto di burro fuso e spruzzato con dello zucchero a velo misto a semi di papavero macinati, ma pure dei nostri vecchi interessi comuni, della musica che stava ascoltando e se avesse tempo, con gli impegni di lavoro, per andare a qualche concerto o al cinema.
Lasciata la strada statale ci inserimmo nella provinciale a due corsie che superato l'ultimo centro abitato iniziò a inerpicarsi in mezzo a degli alti lecceti centenari che adombravano per metà la sede stradale. Tra i saliscendi e i tornanti i Red Hot Chili Peppers riempivano i nostri momentanei silenzi:
“She was a girl soft but estranged
We were the two our lives rearranged
Feeling so good that day
A feeling of love that day
Twisting and turning,
your feelings are burning
You're breaking the girl”

Oltrepassata la vecchia cittadina minerària abbandonata adagiata sul colle iniziò lo sterrato in discesa e Layla, mentre scalavo di marcia per affrontarla, mi poggió la mano sopra la mia che tenevo il pomello del cambio «Che ricordi, - disse - quando cercavi di insegnarmi a guidare su strade come questa a 17 anni che non avevo ancora la patente.» «Certo - risposi - ricordo benissimo, soprattutto quella volta che stavamo per finire in un fosso!» Rise forte e mi strinse la mano più forte con le sue unghie curate, quel gesto provocó in me un certo subbuglio al basso ventre.

Arrivati sul posto solo pochi bagnanti occupavano la spiaggia, una vasta distesa di sabbia ocra adagiata tra le alte dune e il mare, le onde a mezzodì erano ancora lunghe e basse ma l'esperienza suggeriva che il moto sarebbe cambiato presto. Spogliatici velocemente dai nostri pochi abiti estivi, lei rimase in topless con un costume sgambato nero ed io coi boxer colorati da surfista, così entrammo in acqua come d'intesa per rilassarci immersi nel fresco di quel immenso liquido verdazzurro che si perdeva all'orizzonte.
Layla a ventidue anni sembrava ancora una ragazzina, sia fisicamente sia per il suo fare sempre frizzante, ora si divertiva a far spruzzi ora a immergersi sott'acqua come un pesce, improvvisamente mi cinse da dietro: «Prendimi sulle spalle - disse - che voglio fare un tuffo!» Quasi trasalii sentendo il suo corpo flessibile poggiato al mio, i suoi seni coi capezzoli eretti, per effetto dell'acqua fredda, premuti sulle mie spalle, le sue cosce avvitate sui miei fianchi e le sue gambe che sfregavano sul mio pacco. «No, m'è venuto freddo - dissi - vado a stendermi al sole» e nel slegarmi da lei i boxer larghi fortunatamente furono d'aiuto per nasconderle l'erezione che iniziava a provocarmi.
Prono sul mio telo cercai di non guardarla per far defluire prima il sangue dai miei corpi cavernosi, lei continuó a giocare ancora un poco in mare poi quando uscì una turista lì accanto che scattava foto sul bagnasciuga la fermò e le vidi parlottare per qualche minuto.

Layla si stese accanto a me e si godeva il tepore settembrino come una lucertola dalla pelle lucida e liscia costellata di tante goccioline brillanti al sole. «Hai visto quella ragazza bionda con cui parlavo prima? - disse - È bavarese, vive dalle mie parti, sta facendo un piccolo tour in solitaria col suo camper e mi ha chiesto se dopo le posso scattare qualche foto ricordo sulle dune, magari vieni anche tu».
Layla in passato mi aveva trasmesso la passione per la fotografia, soprattutto quella in bianco e nero, e saltuariamente aveva anche fatto da modella di nudo per un suo amico artista.
Mentre in tre risalivamo la montagna di rena dorata facemmo le presentazioni, con Layla che faceva da traduttrice per Kerstin, come si chiamava la ragazza, una tipica bellezza teutonica, dai lunghi capelli biondo cenere, con grandi occhi grigi, alta e con delle spalle larghe, incorniciata da un costume azzurro intero da nuotatrice che le dava un aspetto elegante e insieme algido e austero, mentre in realtà dalle chiacchere e dai sorrisi che scambiava con noi era molto allegra e solare.
Scattammo diverse foto a Kerstin a cui io e Layla suggerivamo di volta in volta le pose più glamour, con lo sfondo ora del mare ora delle verdeggianti colline circostanti.
Kerstin poi chiese a Layla di fare una foto assieme, si sistemarono frontalmente, entrambe tenevano le proprie mani sui fianchi dell'altra, erano uno spettacolo più abbagliante della natura.
Mi venne in mente che la zona industriale prima della spiaggia poteva essere un bel set da immortalare su rullino e lo suggerii loro, furono subito entusiaste dell'idea, così scendemmo a prendere l' auto e in una decina minuti fummo sul posto.

Le strutture sembravano i resti di un qualche conflitto atomico, muri semi abbattuti, infissi coi vetri in frantumi, pur essendo abbandonate solo da una trentina d'anni.
Entrammo in un cortile e quindi in una costruzione con una vasta sala, il soffitto crollato per metà, c'erano al centro delle grosse ruote dentate che forse un tempo muovevano delle pulegge e dei nastri trasportatori situate a metà altezza. Ai nostri passi nell'aria si alzò un pulviscolo nei coni di luce che filtravano da grandi finestroni dalla forma a losanga.
Kerstin era ormai a suo agio tra noi, disse qualcosa a Layla che rise e tradusse a braccio per me «Dice che questo luogo ha un'atmosfera così decadente, é così tranquillo, è ispirata e vorrebbe fare qualche scatto più erotico».
Senza ricevere dinieghi Kerstin si spostò su un lato della sala, mi dava le spalle e si sfiló lentamente il costume, che porse a Layla, poi poggiatasi con le mani ad una grossa tubatura che saliva verso il soffitto arcuó la schiena, il suo culo ed il suo corpo erano bianchissimi, piegó leggermente le gambe, parló ancora con Layla che si slegó il suo tanga e dopo avermi lanciato vicino i loro costumi le si avvicinò alle spalle, le prese saldamente i seni tra le mani e infine si girarono a favore di camera.
Ero felicemente basito della piega che aveva preso la giornata, Layla e Kerstin si mossero lente in diverse posizioni per darmi possibilità di fermare meglio il tempo sulla pellicola, io continuavo a regolare il fuoco e la luce del diaframma, premevo a raffica sul tasto della reflex con la mani che iniziarono a sudarmi ed il cazzo che imperante prese vita.
A tal punto fu difficile nascondere loro quel gonfiore e ridendo parlarono tra loro, Layla si avvicinò, mi slacció i boxer e me li scese con fare voluttuoso «Ora tocca a me il ruolo di fotografa, tu vai da Kerstin che vuole avere anche qualche foto con te - disse - ovviamente nudo o lei si sentirebbe in imbarazzo»

Ma quale imbarazzo, ero la nelle loro grinfie, l'unico condannato a morte felice di esserlo. Mi avvicinai a Kerstin che lanciava sguardi bramosi, mi si inginocchió subito davanti e presomi il cazzo in mano, con una stretta dolce ma decisa, lo avvicinò al suo viso ed iniziò a titillarlo con baci leggeri e colpetti di lingua, ora socchiudeva gli occhi ora guardava alternativamente me, il mio cazzo o verso Layla, con occhi languidi. Poi lo prese in bocca suggendomi la cappella ritmicamente, aveva labbra sottili ma esperte, iniziai a sentire vibrare i miei nervi lungo tutto il corpo.
Layla forse a quel punto s'annoiava di non prender parte all'azione, lasciò la fotocamera a terra e si avvicinò, mi aspettavo di ricevere un doppio lavoretto coi fiocchi invece fece alzare in piedi Kerstin che inizió a baciarmi sulla bocca, senza mai smettere di menarmi il cazzo in su e in giù con la mano.
Layla da dietro iniziò a carezzarla lungo il corpo, divaricandole bene le chiappe prese a trastullarle gioiosamente la fica rosea con le dita e col palmo della mano mentre giocava allo stesso modo con la sua più scura e carnosa.
Kerstin decise poi di stendersi supina sul pavimento senza badare troppo alla polvere e fece cenno a Layla di acovacciarsi sopra il suo viso per succhiarle avidamente il clitoride , a me offrì in pasto le sue lunghe cosce aperte così iniziai a penetrarla lentamente, i respiri affannosi e i gemiti di noi tre si mischiarono nel silenzio di quel luogo.
Visti da uno sguardo esterno noi tre così avvinti in quell'atto di godimento potevamo rassomigliare a un qualche sublime gruppo scultoreo dell'antica Grecia.
Aumentando il ritmo e affondando in profondità con gran colpi di cazzo durissimo arrivai ben presto al limite della mia resistenza, uscii da Kerstin e le ricoprii il ventre con caldi schizzi di copiosa e densa sborra, contemporaneamente Layla vibrante si aggrappó alle mie spalle anche lei al culmine del piacere.
A far capitolare pure Kerstin ci dedicammo stavolta in coppia, con le nostre lingue ora lente ora svelte, ci impegnammo a stimolare ogni singolo anfratto della sua fica succosa, lei ci carezzava i capelli sin quando singhiozzante ebbe dei brevi sussulti e le sue gambe in tensione si rilassarono definitivamente.
Soddisfatti e ripulitici alla meglio stemmo seduti poggiati ad una parete, non c'eravamo accorti del tempo dilatato e la luce del sole che iniziava a calare, io accesi una sigaretta e ne offrii un paio alle ragazze e dopo aver fumato in silenzio decidemmo di ritornare in spiaggia.

Ci congedammo amichevolmente con Kerstin dandole i nostri indirizzi per spedirci copie delle foto ricordo di quella pazza giornata, io e Layla rientrammo in città rimembrando i vecchi tempi, in sottofondo Flea slappava duro sul basso, John distorceva con la sua strato ed Antony ci confessava
“Hit me, you can't hurt me,
suck my kiss
Kiss me, please pervert me,
stick with this
Is she talking dirty?
Give to me sweet sacred bliss,
your mouth was made
to suck my kiss”























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