trio
L'amica speciale -10-

14.05.2025 |
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"»
«Dovevo restare, non voglio si insospettisce..."
*un triangolo strano, il nostro 😅Cucinammo insieme mentre mio padre faceva la doccia. Tutto fu pazzesco: sono certa che nella mente di tutti e tre ci furono pensieri osceni e depravati. Io li avevo e avevo anche la fortuna di immaginare i loro.
Mio padre e la mia amica, forse pregustavano il momento in cui lui l'avrebbe accompagnata casa, quando avrebbero dato sfogo alle loro voglie. Mio padre sarebbe stato in agonia per le prossime due ore, avendo la sua puttana a pochi centimetri senza poterla toccare e senza nemmeno poter fare allusioni di alcun tipo davanti a me. Lei avrebbe gongolato di più, certa di avere un doppio segreto a discapito dei suoi ospiti: godeva del cazzo di mio padre sicura io non lo sapessi e godeva delle mie attenzioni lascive e lui lo ignorava. Quel giorno aveva avuto entrambi, la troia! Ed ero certa che prima di rientrare a casa, avrebbe avuto ancora la sborra di mio padre sulla pelle, sulla lingua o dentro di sé. Quel pensiero mi eccitava e infastidiva in egual misura.
La doccia di mio padre fu lunghissima e io ne approfittai per toccarla tra le gambe mentre controllava l'acqua sul fornello. La troia ovviamente mi lasciò fare, aprendo le gambe. La strinsi da dietro e mi strusciai su di lei, ansimò e si mosse sinuosa.
La cucina di casa mia era lunga e stretta, una parete era libera e c'era un finestrone che dava sul cortile, una tenda esterna ci riparava da sguardi indiscreti. Sull'altra parete, la cucina era intervallata da una porta e una finestrella passa vivande che dava sulla sala da pranzo. Se mio padre fosse entrato in quel momento ci avrebbe sorprese e sarebbe stato difficile convincerlo che quelle fossero manifestazioni affettuose tra amiche. Ma continuai a toccarla, godendo dei suoi gemiti da cagnetta in calore.
Si premette indietro, la sua schiena contro il mio petto e fece un verso di gola.
«Che tette! Me le fai vedere?» chiese voltandosi nel mio abbraccio. Eravamo così vicine, le guardai le labbra carnose, desiderai baciarle. Ma i suoi occhi erano sulla scollatura generosa del mio abito. Mise le mani a cucchiaio sotto il seno e lo palpeggiò, la sua lingua leccò le labbra e non aspettai la sua richiesta: liberai le tette poggiandole sulla cucitura dello scollo. Mi gettò uno sguardo sibillino che mi fece desiderare di essere sole, magari lo fossimo state avrei potuto... Incollò la bocca attorno ad un capezzolo e lo succhiò, mentre con una mano iniziò a pastrugnare l'altro. Gemetti, sorrise contro la mia pelle e sentii la sua lingua titillare il capezzolo ormai duro. Mi mancò il respiro.
Dopo qualche attimo prese la mia mano e se la portò tra le cosce, alzò una gamba poggiando il piede contro la parete sotto al finestrone, indirizzò le dita al suo ingresso che spinsi dentro e la trovai fradicia. Mogugnò contro la mia tetta e riprese a succhiare e torturarmi con la lingua.
L'acqua sul fornello cominciò a bollire ma non me ne preoccupai. Il mio viso era tra i suoi capelli... Avrei voluto spostarli e baciarle il collo e magari... Raggiungere la bocca, ma non feci nulla. Mi concentrai sulla stimolazione del capezzolo, sulle mie dita che le entravano dentro facendo rumore, sentii l'orgasmo crescere.
«Piu forte implorai» strizzò l'altro capezzolo tra le dita e succhiò come per fare un succhiotto quello che aveva in bocca, tutto era così eccitante ma sentimmo aprire la porta a libro del bagno. Ci staccammo, io mi coprii il seno e lei si allontanò di un passo. Guardai oltre il passa vivande ma la sala da pranzo era deserta. Le gettai uno sguardo e si stava masturbardo a gambe aperte, appoggiata al frigo «Dai, finiscimi tu» implorò. Con le dita teneva aperte le grandi labbra mentre con l'altra mano si stava scopando con il medio e l'anulare. Le infilava e le tirava fuori ricoperte dalla bava del suo godimento. Di nuovo guardai la sala da pranzo e non c'era nessuno. Pensai mio padre si stesse vestendo, ma non ci avrebbe messo molto.
Nemmeno finii di pensare che lo vidi sbucare dal corridoio e si sedette al suo posto al tavolo, che dava le spalle alla porta della cucina ed era distante anche dalla finestrella. La troia intensificò il movimento delle dita, mordendosi il labbro per soffocare il suo piacere.
Mio padre mi chiese lei dove fosse e la vacca gracchiò un "presente" che lo fece ridere. Accese la televisione sulla parete opposta e mi chiese quando sarebbe stata pronta la cena. Guardai l'acqua che ribolliva e dissi «una decina di minuti, il tempo di cuocere la pasta» e prontamente la versai nella pentola. Mio padre mi chiese una birra e, come nulla fosse, come se lei fosse davanti al frigo senza fare nulla le chiesi di spostarsi e quello che fece fu di appoggiarsi al vetro di fronte e continuare a fare quello che stava facendo. Presi la bottiglia della birra e la stappai, lei mi chiese sottovoce di passargliela, la guardai incerta ma lo feci. Quando vidi cosa voleva farne era troppo tardi per fermarla: se la spinse dentro e la usò per masturbarsi. Si strusciò l'imboccatura sulle labbra e poi la spinse dentro per almeno cinque centimetri. Era gelata e fece dei sommessi versi di fastidio, ma la spinse dentro tre o quattro volte, poi si avviò verso la porta. Io restai ammutolita davanti al frigo, sentii mio padre ringraziarla e dopo qualche attimo lei chiedere se fosse buona e abbastanza fresca. Lui ci mise qualche secondo di troppo per rispondere e io immaginai che stesse facendo la porca anche con lui. La sua avventatezza mi eccitò. Un attimo prima mi aveva spaventata, ora mi stava eccitando. Faceva la troia con entrambi usando la parete come scudo. Ero stordita da quel gioco "chi sa di chi?"
Ricordai il discorso fatto in camera, quel suo dirmi "vorrei farmi tuo padre" come a voler sondare il terreno e pensai stesse giocando con me.
«Molto buona» disse mio padre e quella risposta mi parve eccessiva. Pensai che forse aveva fatto uno spettacolino simile per lui, o forse... si erano baciati, magari anche limonato in quel modo porco che li avevo già visto fare.
Tornò in cucina e mi venne vicino «voglio fare un gioco, faccio un po' la troia, vediamo come reagisce?»
Avrei voluto dirle "fate come se non ci fossi: io mi siedo sul divano e voi mi fate un porno dal vivo. Fate i maiali come sapete fare, io intanto mi masturbo."
«Ma no... E se si incazza?» dissi fingendo di essere preoccupata.
«Voglio giocare» disse toccandomi il seno. Le dita strinsero il capezzolo da sopra la stoffa «dai, è eccitante, non dire di no. Stavi per venire, prima»
Aveva ragione, stavo godendo solo al suo tocco sulle tette, un orgasmo più mentale che fisico ed era dato dalla situazione nella sua interezza, dalla presenza di mio padre in casa, dietro quel muro.
«Abbiamo due patatine?» ci arrivò la voce di lui. Lei poggiò la bocca sul capezzolo duro, sopra il vestito e sentii il tessuto bagnarsi, la sua lingua calda premere. Si staccò e mi chiese le patatine, mi voltai per prenderle e mi abbracciò da dietro stringendo le mani sulle tette.
«Dai... È eccitante. Come quella volta a casa mia, coi miei di sotto. Giochiamo.»
Le diedi le patatine e le pizzicai la fica sopra il perizoma, rise e stava per allontanarsi quando la presi per il polso e la tirai a me «toglilo, togli il perizoma» ansimò e le si disegnò un'espressione da porca sul viso. Poggiò il pacchetto di patatine sul piano e tolse il perizoma, per infilarlo tra le mie tette. Poi raggiunse mio padre. Sentii la fica palpitare. Li sentii parlare di cose futili, poi, mentre scolavo la pasta li sentii parlare a voce bassa. Lasciai l'acqua del lavandino scorrere e andai verso la porta, mio padre e la mia amica mi davano le spalle e lui aveva una mano sotto il vestito di lei tra le gambe. Mi ritrassi subito, tornai al lavandino con il cuore che batteva a mille. Tolsi i miei slip e indossai il perizoma della mia amica ma al contrario, per avere il filo davanti. Da sopra il vestito lo presi e lo tirai e il filo strusciò contro il clitoride, stimolandolo. Chiusi l'acqua e chiamai la mia amica che rispose con voce strana: avevo interrotto qualcosa? Le chiesi aiuto e dopo un attimo apparve in cucina, con il viso un po' rosso.
«Successo qualcosa?» indagai sottovoce.
«Sono mezza nuda davanti a tuo padre, sai com'è!?» mentì cercando di convincermi del suo possibile imbarazzo. Le misi una mano tra le gambe e trovai le grandi labbra bagnate. Lei ansimò.
«Ti piace, però»
«Da morire»
Tornai con la pentola di pasta verso i fornelli e le dissi di grattugiare il formaggio indicando dove recuperare la grattugia.
Mi sporsi dalla finestrella e mio padre stava sorseggiando la birra con lo sguardo alla televisione. Il pacchetto di patatine era integro sul tavolo, nemmeno lo avevano aperto. Presi il contenitore del grana già grattugiato dal frigo e lo versai sulla pasta, la mia amica mi guardò senza capire. Le misi in mano il cucchiaio di legno e feci il gesto di rimestare. Si voltò e io le fui dietro, le tirai il sedere più indietro e lei capì aprendo le gambe. Mi inginocchiai e le feci alzare una gamba per poterla leccare, non appena le incollai la bocca addosso lei sibilò ma subito si zittì. Era viscida, fradicia e mi eccitava fossero state le dita di mio padre a fare quel casino. Quante gliene aveva infilate dentro? Due? Tre? Era larga, cedevole... Ma forse era ancora aperta per il cetriolo? In fondo glielo avevo tenuto dentro per piu di due ore. E quella notte aveva scopato con mio padre quasi tutto il tempo.
Aspirai e leccai, lei iniziò a muoversi e io mi staccai con suo disappunto.
Portai la pentola in tavola e prendemmo posto. Mio padre chiese altro formaggio e lei si alzò per prenderlo. Dal passa vivande la vidi prendere un cucchiaino e infilarselo dentro. Strabuzzai gli occhi mentre lo muoveva dentro, poi tornò a tavola, porse il contenitore e il cucchiaino a mio padre. Feci finta di non guardare, spostando l'attenzione sul televisore ma vidi che mio padre si mise in bocca il cucchiaino, poi versò il formaggio dando colpettini al contenitore.
Mi chiesi se anche la sera precedente mio padre aveva succhiato il sapore della troia dal cucchiaino, seduto al tavolo in pizzeria.
Cenammo parlando di tutto e niente, lei si informò del ritorno di mia madre, poi disse a mio padre che se fosse stata lei sua moglie, non era certa lo avrebbe lasciato casa.
«Un bell'uomo non si lascia troppo solo» disse. Mio padre guardò altrove ma vidi dalla sua espressione che riteneva lei si stesse esponendo troppo.
Non so dove mi venne l'idea ma la colsi al volo.
«Non lo ha lasciato solo. Ci sono io che gli tengo compagnia. Ieri è uscito coi colleghi ed è tornato presto. Stamattina di nuovo al lavoro. E ora? Ci siamo noi due, mica sta solo!»
Il mio fu un discorso ingenuo, tutto l'opposto di quello che lei aveva inteso, ma sarebbe servito per fare calmare mio padre, depistarlo in caso stesse pensando di essere stato esposto dalle parole di lei.
Dopo cena mi misi a lavare i piatti, la mia amica e mio padre sparecchiarono, li sentii bisbigliare e poco dopo lui andò in bagno. Due minuti e lei mi disse che andava in camera, mi disse che doveva prendere una cosa in borsa, che sarebbe tornata subito.
Aspettai un minuto, poi le andai dietro, lasciando l'acqua del lavandino aperta. Gettai uno sguardo in camera mia ed era deserta, la porta della camera dei miei era aperta ed era deserta anche quella. Mi avvicinai alla porta del bagno e li sentii parlare sottovoce.
«Muovi la mano, dio ce l'ho duro da due ore!»
«Ti sei fatto una sega sotto la doccia?»
«Sì, ma non sono riuscito a venire. Pensavo venissi, con una scusa...»
«Dovevo restare, non voglio si insospettisce. Ora sta lavando i piatti è impegnata...»
Mi colse il dubbio avesse architettato tutto, che avesse voluto succhiarmi le tette per gioco, ma il pensiero sfumò... Stavamo giocando insieme, godendo insieme. Sapevo che a lei piaceva il cazzo, così come sapevo che quello che c'era tra noi era un gioco perché porco: si faceva il padre e la figlia, era questo che la eccitava. Non avesse avuto quella relazione con mio padre, tra noi non sarebbe mai successo nulla. Sorrisi, pensando che aveva preferito stare con me piuttosto che raggiungere lui. Forse aveva davvero architettato tutto ma sapendo di avere poi quel momento con lui e poi dopo, quando l'avrebbe accompagnata a casa. Oh... Quanto desideravo avere i poteri della signora Minù e farmi piccola piccola per essere con loro su quel furgone, nascondermi nella borsa di lei o nel taschino di lui e guardarli scopare. Vivere in prima fila quel gioco incestuoso che li eccitava. Chiusi gli occhi e rividi la sua fica piena del cetriolo, le labbra interne tese che si muovevano sulla buccia verde... Chissà com'era bello guardarle sul un cazzo vero, grosso e venoso come quello di mio padre...
Sentii mio padre gemere e per un lungo momento nessuno dei due disse nulla. Gli stava, forse, facendo un pompino?
Ad un tratto la sentii lamentarsi, con versi acuti. Tirai il cordino e lo sentii sul clitoride. La sua sofferenza alimentava il mio piacere.
«Devo punirti lo sai, non dovevi dire quella cosa. Non devi mettere in testa a mia figlia certe idee. Non deve sospettare mi piace fottere le troie. Trattieni! Trattieni! Oh, sì brava la mia bimba troia!»
Sentii la mia amica fare dei colpi di tosse, poi il rumore secco di uno schiaffo. Tirai il perizoma più in alto e il cordino mi colpì in modo più intenso il clitoride. Lo mossi in modo che sfregasse e trattenni il respiro, per non fare rumore.
«Non fare casino dio c**e! Apri! Apri quella caxxo di bocca, ti slogo la mascella se fai così! Apri! Ah! Troia! Sì! Vedi che ti piace! Sì! Ti sento! Brava la mia bambina! Chiudi la gola, ah! Oh! Sì! Ti vengo in gola! Uuuh!»
Tra le gambe avevo un lago. La punizione inflitta mi aveva fatta venire. Così come sentire mio padre imporle il suo volere e parlare sporco. Tornai in cucina, sollevai il vestito e godetti alla vista del clitoride gonfio. Lo toccai e una scarica elettrica mi percorse. Lo permetti forte, quasi a farmi male, bestemmiai tra i denti e venni. Quando provai a togliere le dita mi resi conto che erano come incollate alla pelle, sentii come uno strappo. Il clitoride era fuori dalle labbra, ancora più gonfio e rosso. Andai al lavandino e ripresi a lavare i piatti smaltendo i fumi del piacere che mi ottenebravano la mente. Ero come in trance.
Dovendo ritirare i piatti mi allungai sulle punte e il cordino sfregò il clitoride facendomi sobbalzare. Avevo bisogno di altro. Peccato che l'unico cazzo a disposizione era quello di mio padre.
Il pensiero successivo mi lasciò interdetta.
"Qualcuno ne sta già godendo"
In quel momento mi resi conto di desiderare il cazzo di mio padre, ma non per scopare con lui, non per realizzare una voglia incestuosa. Ma solo perché era il caxxo che si scopava la mia amica. Avrei voluto scoparlo solo per darle fastidio, prendere qualcosa di suo, che le piaceva al punto da non riuscire a rinunciarci, che la eccitava al punto di fare cose pazze come quella sera.
L'attimo dopo, quel desiderio sull'organo sessuale di mio padre, mi fece avere un conato di vomito.
Nei giorni successivi mi sorpresi più volte a guardare mio padre. Capii che il mio desiderio era proprio quello: scopare il cazzo che scopava la mia amica. Un dispetto. Prendere e usare qualcosa di suo.
Non desideravo mio padre, il pensiero mi disgustava. Ecco... Avessi potuto svitargli il cazzo e usarlo, per più riattaccarlo, lo avrei fatto. Ma non volevo il pacchetto completo. No, grazie.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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