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Gay & Bisex

PRISON - Storie di cella (Prima Parte)


di Mitchell
16.09.2013    |    17.144    |    8 9.7
"Glielo inghiottii rapido senza pensarci su due volte..."
Quelle sbarre, dal rumore forte e metallico, che si chiusero dietro di me misero fine a un capitolo della mia vita e ne aprirono un altro. Uno di quei capitoli a cui nessuno verrebbe in mente di vivere in prima persona. Fino a quel momento avevo lasciato che fossero gli altri a essere partecipi delle punizioni inflitte dalla società. Ma c'ero caduto anch'io, metti per fato, per disgrazia, ingiustizia, per quello che vuoi. Molto spesso le cose accadono solo perchè devono accadere.
Studiai con disinteressata attenzione i pochi metri quadri della cella, un luogo cupo, fatiscente, dall'odore indefinibile, sicuramente non era il massino per il senso dell'olfatto. Poche cose lo arredavano. Un tavolino, una sedia, un water, un lavandino e un letto a castello. Mi soffermai su quello. Nella parte di sopra c'era qualcuno che sembrava dormisse, ma non non dormiva. "Ehy, non si saluta?" fece una voce di quello che poteva essere un uomo o un ragazzo, non si era inteso bene. Ma con un salto venne giù e me lo trovai dinnanzi a me. "Ehy, sono stato fortunato!" disse. "Che intendi dire??" "Te lo spieghero' poi...comunque io sono Vladimir, piacere!". Mi allungò la mano stringendomela talmente forte che quando feci uscire il mio nome lo balbettai: "Io, io sono Ivan...". "Che hai fatto per essere qui?" chiese. "Ho ammazzato mio padre. Stava picchiando a sangue mamma. Se non l'avessi fermato l'avrebbe uccisa. Era un violento, era sempre sbronzo, si sfogava su di lei. Io non volevo ucciderlo, è successo involontariamente, ho preso una bottiglia piena e gliel'ho sbattuta sulla testa. Con il colpo si ruppe e un grosso pezzo di vetro trapassò la scatola cranica. Quando arrivò la polizia era già morto. Mia madre era in terra piena di lividi e piangeva. Mentre la
stavo abbracciando mi trascinarono via. Lei e mio padre li caricarono su due ambulanze. Fine della storia".
"Che storia triste...Ma anch'io mi sarei comportato come hai fatto tu!" "In appello mi scagioneranno! Non starò molto qui dentro!" "Speri nel processo d'appello? Hai un buon avvocato?" "Un avvocato d'ufficio, non abbiamo i soldi per pagare un avvocato vero". "Hai un avvocato d'ufficio e pensi di cavartela in appello?? Scusa se rido ma analizza bene il termine "ufficio". Quelli che stanno in ufficio non fanno mai un cazzo e questo vale pure per gli avvocati. Quanti anni ti han dato?" "Cinque"
"Beh allora prega che in appello non te li aumentino!".
Mentre parlava scrutavo intensamente il suo viso fisso su di me. I suoi occhi mi scandagliavano e quasi mi imbarazzavano..."Tu che hai fatto invece per finire qui?". Chiesi quasi per intorrempere quell'espressione accanita su di me. "Io? Rapina a mano armata in una banca. Con altri due miei amici. Ma la cosa non funzionò...risultato finale: io ho fatto fuori un poliziotto e i miei due complici sono stati fatti fuori a loro volta.
Ah, il poliziotto l'ho colpito accidentalmente, non volevo uccidere nessuno! Non avevo mai ucciso nessuno!
Le cose non dovevano andare così...Nove anni da scontare e fine della storia!" I suoi occhi non mollavano, anche se distoglievo lo sguardo quando ritornavo su di lui era sempre lì a puntarmi come un falco. Gliela buttai lì:"Non mi piace il modo con cui mi stai guardando! Non sarai mica gay?"chiesi. "E un problema?" rispose "No, ma non ho mai avuto a che fare con gay, per cui comportati bene! Non cercare di fare il porco con me, tanto non ti riuscirebbe" "Senti un po' ragazzino: quanti hai?" "23" "Ecco! Se in ventitre anni non hai mai avuto modo di avere rapporti con gli uomini qui dentro ti toglierai lo sfizio" "Non ho sfizi di questo genere, i maschi mi fanno schifo!!!!"
"Ah si? Allora non sai come funziona dentro le prigioni vero? Quello che si sente dire in giro fuori è vero, vai tranquillo. Qui non ci sono donne per sfogarsi e se arriva qualcuno nuovo, giovane e bello cercheranno di
farlo passare su di ogni letto. E dovrà fare il bravo, stare buono, zitto zitto e dire sempre di si, altrimenti
per lui le cose si complicheranno in modo irreversibile".
Mi misi a piangere intuendo che quello che aveva detto poteva essere una realtà, avevo paura che tutto cio' accadesse sul serio.
"Non piangere" mi disse Vladimir con un triste sorriso aggiungendo "Non c'è posto qui per le lacrime!".
Mi fece una carezza e mi diede un bacio sulla guancia. Poi si alzo dalla branda su cui eravamo seduti per prendere posto nella sua al piano di sopra. Smisi di singhiozzare e gli chiesi "Quanti anni hai?" "Ne ho 32, sono piu' grande di te e piu' saggio, vedrai, alla fine ti innamorerai di me!". Non mi era piaciuta quell'ultima sua frase e mi rifugiai nel silenzio e contro tutte le aspettative mi addormentai.
Ci svegliarono per l'ora di cena i secondini battendo con una barra di ferro l'inferriata della cella. "Sveglia marmocchi! Dormirete stanotte, ora dovete mangiare".
Finita la cena ero di nuovo in cella con Vladi, così voleva essere chiamato. "Da quanto sei dentro?" gli chiesi "Tre anni. Il tempo tutto sommato vola anche qui. Ti trovano una mansione, un lavoro così i giorni passano più in fretta" "Tu che fai?" "Mi occupo del giardino insieme a un altro. Tagliamo l'erba, potiamo, innaffiamo, ecc. non è male. Io a te ti vedo bene in ufficio, se diventi simpatico al direttore potresti finire a fare fax e fotocopie, anche per te non sarebbe male. Tu hai la ragazza?" "L'avevo. Mi ha mollato dopo quello che è successo" Una ragazza davvero comprensiva..." "Si, una stronza di prima! E tu?" "Io cosa" "Hai un amico? Hai un ragazzo, una persona con cui sei legato?"
"No, e non mi interessa. Se avessi una relazione sarebbe dura mantenerla dietro le sbarre...Ma nei tre anni che sono qui ho sempre sognato che arrivasse qualcuno che mi facesse innamorare. L'amore è una delle poche cose che manca qui dentro. Quando ti ho visto ho capito che potevi essere tu quel sogno..." "Scordatelo! Non diventerò il tuo tappabuchi sentimentale!"
"Io credo invece di si, e il tempo mi darà ragione! Buonanotte". Non risposi alla sua buonanotte. Stavo per
immergermi coi pensieri in territori negativi. Fino ad allora non avevo mai fatto considerazioni sui maschi e
volevo continuare a non farle. Non mi attraevano, adoravo le donne e nessuno avrebbe dovuto sfiorare il mio
corpo. Non avrei mai fatto la valvola di sfogo a qualche sbandato recluso. Non avrei mai fatto la puttana con
nessuno di loro. Questo almeno era il mio intento. Ma più mi arrovellavo in elucubrazioni nocive e più mi
veniva sonno. Mi addormentai.
Il primo giorno passò senza ne arte ne parte tra pasti di qualità pessima,tra l'ora di passeggiata in giardino,
e un'ora di palestra. Avevo avuto modo comunque, anche se minimalmente di esplorare quel nuovo mondo
e i suoi abitanti, la maggior parte gente persa o disgraziati come me. Troppi però gli sguardi che diressero in mia direzione quel giorno, troppi perchè erano di quegli sguardi che spogliano e ti scopano con gli occhi
e non mi era mai successo che dei maschi mi guardassero così. Ci fecero fare anche la doccia e quello fu
uno dei momenti piu' belli perchè l'acqua è uno di quegli elementi che ti fa sembrare libero e in fondo non
c'è troppa differenza dall'acqua che scende giù dalla doccia di casa o da quella di un carcere.
Dopo cena fummo riaccompagnati nelle nostre celle e rimasi di nuovo solo con Vladimir. Aveva sempre
voglia di parlare, probabilmente era stato solo molto tempo dentro quella stanza. "Mi spiace davvero che tu sia finito qui, sembri un bravo ragazzo, ma nella vita siamo nelle mani di chi muove i fili. Ti dico subito che qui non sarai giudicato per quel che hai fatto. Qui sarai considerato per quello che sei. Sei carne fresca, farai voglia a tutti! Ma volendo si puo' mettere un filtro a quei tutti" "Che vuoi dire?" "I più giovani qui hanno tutti un protettore. Serve a non passare tra nelle mani sbagliate" "Quali sarebbero le mani sbagliate??"
"Beh se non vuoi finire in bocca a un violento, a uno stupratore, a un maniaco, quelli più bestie, quelle che hanno piu' fame, il protettore ti serve. Se vuoi mi offro io!" "E che vuoi in cambio?" "Fare l'amore con te ogni volta che lo desidero" "No! Non lo farò!".
Gli avrei sferrato un pugno ma la carezza che mi diede mi fece desistere. E forse fu in quel momento che capì di non avere scelta. La sua mano scorreva lentamente tracciandomi tutto il viso per passare poi dietro
la mia nuca per portarmi a sè, verso le sue labbra che si attaccarono alle mie come un assetato che non
vedeva acqua da giorni nel deserto più assolato. La sua lingua entrò e mi violentò la bocca, sensazione
strana quella di un maschio che ti bacia. E' questa la vita di prigione? - mi chiesi- E' questa? Lo pensavo
mentre le sue labbra grandi si impastavano con le mie mescolandone i sapori. Continuavo a essere rigido, non riuscivo a partecipare a quel bacio più di tanto ma questo particolare non lo sfiorò. Si interruppe solo
per dirmi: "Hai due labbra da favola ragazzo, te l'ha mai detto nessuno?" "Nessuno no, me l'ha solo detto qualcuna!". Accennai un sorriso a stento dopo aver detto qualcosa che poteva essere ironico ma di ironico non aveva nulla. Sorrise anche lui e subito dopo una frase cruda "Me l'hai già fatto diventare duro, ma al sesso orale ci dedicheremo la prossima volta, non voglio bruciare i tempi". A quella non sorrisi intuendo
che la prossima volta avrei dovuto prendere un cazzo in bocca. Non mi andava affatto di farlo, mi ripugnava terribilmente l'idea ma avevo sonno e spensi l'interruttore dei pensieri.
Lui entrò nel suo letto, io nel mio e dormimmo.
Non avevo ancora aperto gli occhi quando la cella si aprì. La mano della guardia mi afferrò per un braccio tirandomi su: "Ivan Petrov alzati! Visita medica!" "Ma che ore sono?" "Sono le 7, sara' una cosa rapida, arriverai in tempo per la colazione...". Ero ancora in pigiama e così mi fece restare accompagnandomi velocemente in infermeria dove un uomo in camice sulla quarantina mi stava aspettando con un sorriso stampato sulle labbra.
"E' una visita di routine, tranquillo. Controlliamo la pressione, la respirazione, l'addome e i genitali. Mi fece stendere dopo avermi fatto spogliare completamente. Mi ascoltò il torace e lo stetoscopio ghiacciato si spostava inesorabile sulla mia pelle nuda. Passò alla schiena facendomi tossire. Infilò poi lo sfigmometro
nel braccio. "Pressione sanguigna regolare!". Ora rilassati, devo esaminarti i genitali. Prese in mano i miei testicoli studiandomeli attentamente. Mi scappellò l'uccello per esaminare il glande. "Anche qui siamo a posto! Adesso tira su le ginocchia e apri bene le gambe, diamo un'occhiata alla prostata. Senza neanche essersi infilato i guanti mi lubrifico' bene bene il buco spalmando una bella quantità di gel. Poi entrò deciso
e rapido. Non mi fece male ma per reazione spinsi avanti il bacino e il suo dito affondo' completamente dentro al canale anale. Mi fissava negli occhi mentre mi tastava la prostata. Non provavo imbarazzo ma avevo come la sensazione di un corpo estraneo, nessuno aveva mai violato il mio di dietro fino a quel momento. Poi lo estrasse lentamente e sospirai felice di esser stato liberato dal suo indice. La goccia che mi era uscita non potè restare priva di un commento "La tua prostata funziona perfettamente, questo ne e'
la prova" disse con aria compiaciuta spalmandosi tra l'indice e il pollice il liquido che mi era uscito dal cazzo. "Puoi rivestirti adesso, sei un ragazzo sano e questo è l'importante!".
Venni accompagnato in cella.Vladi si erà già preparato e sembrava mi stesse aspettando:"Visita medica?" "Si..." "La visita medica è un trucco sai, praticamente serve solo per toccarti, per valutare il tuo corpo, per verificare tu non abbia malattie, che tu non abbiai troppi nei o brufoli. Così, se all'esame risulti idoneo il tuo nome viene passato a chi di dovere" "Chi di dovere?" "Dai, te l'ho già spiegato...Vestiti, stanno per portarci
a far colazione".
Trascorse un altro giorno. E quei giorni sarebbero stati tutti uguali, uno identico all'altro. La tristezza e la monotonia facevano a gara per vedere chi prendesse il sopravvento. C'era una parte di me che non riusciva
ad arrendersi ad una vita così misera, una vita più vuota del niente.Ma c'era quell'altra mia parte che voleva
combattere e mi sussurrava che prima o poi sarei uscito da li' dentro e sarei uscito da vincitore.
Arrivò un'altra sera. Sentivo Vladi irrequieto quella notte, avvertivo il suo desiderio nei miei confronti. Stava zitto, ma si muoveva in continuazione nervosamente nella branda di sopra, finchè non scese per arrivare sulla mia: "Non dirmi di no" sussurro' avvicinandosi al mio viso e partì con un inclemente lingua in bocca stringendomi forte e accarezzando ogni parte del mio corpo con la mano che aveva già intrufolato sotto il
mio pigiama. "Te l'hanno mai fatto un bel bocchino?" "Si, tante ragazze" "Beh ora te lo fa un ragazzo e sentirai la differenza!" "La differenza fu notevole! Mi tirò giù i calzoni della tuta e anche gli slip e si attaccò
al mio cazzo come nessuna donna aveva mai fatto. Dovetti trattenere un urlo che soffocai in un gemito ugualmente rumoroso e lui se ne accorse. "Ti piace, eh?". Lo apostrofai freddamente con "Continua!".
"Certo che continuo -rispose- ma poi tocca a te". Non volli pensare al dopo ma assaporare soltanto le sue labbra attorno alla mia cappella che si muovevano abili e terribilmente avide. Era tempo che non mettevo in moto il cazzo e le incredibili sollecitazioni delle labbra di Vladi diedero presto l'effetto. Gemetti in silenzio mentre la sua bocca si riempiva del mio sperma caldo che ingoiò come su nulla fosse.
Restò incollato ancora diversi minuti al mio uccello che piano piano iniziava a fiapparsi.
Si alzò dopo aver completato l'opera. Dopo essersi tirato giù i pantaloni impugnò nella mano destra la dura mazza scappellandosela per intero per poi strofinarmela sotto le narici affinche' io potessi annusare quello che probabilmente secondo lui avrebbe dovuto essere profumo. Ma profumo non era, sapeva di piscio e di sborra messi insieme, lontano dai profumi di figa che mi ero slappato da quando ero ragazzino. L'unico
modo per far scomparire quell'odore dal mio naso fu quello di farlo entrare nella mia bocca. Glielo inghiottii rapido senza pensarci su due volte. Lui soffio' dalle labbra semichiuse e portai il mio sguardo al suo viso. L'espressione di compiacimento e libidine erano dipinte sul suo volto. Gli lavai completamente la cappella con la saliva, glielo succhiai con impeto per qualche minuto senza mai staccarmi, poi per prendere fiato me lo sfilai annusandomelo di nuovo. Non aveva piu' aromi e fui compiaciuto di questo, almeno il mio olfatto non avrebbe piu' mandato impulsi di disgusto alla mia corteccia cerebrale. Glielo riabboccai ancora e lui si mise comodo sedendosi sul mio petto, cominciando a stantuffarmi avanti e indietro. Il suo andirivieni tra le mie labbra si intensificò entrando e uscendo ripetutamente mentre si lasciava andare a dei gemiti silenziosi che non avevo udito neanche dalla più troia che mi ero scopato negli anni."Non mi venire in bocca" gli dissi con tono quasi imploratorio. "Come vuoi! Anche se sarei molto tentato dal farlo". Si prese l'uccello in mano cominiciando a segarsi mentre nel frattempo continuavo a spompinarlo. Il suo respiro si fece affannoso e pesante. Me lo tolse dalle labbra accellerando i gesti della mano sul suo cazzo lungo e durissimo. Sbuffò ripetutamente quando la sborrata uscì impetuosa dal centro del suo uccello, anzi le sborrate, ne contai almeno 5 e tutte si stemerarono sul mio viso. Sentivo lo sperma tra i capelli, negli occhi, nel naso, sulle labbra e sul mento. L'odore era intenso e non troppo diverso dal mio che già conoscevo.
La mano decelerò i movimenti e strinse forte la cappella per fare uscire le ultime gocce che continuavano
a cadermi sulle labbra. Mi sorrise quasi con dolcezza. Studiavo le sue mosse restando passivo e quasi interdetto. Si alzò per prendere un fazzoletto. Mi ripulì tutta la faccia senza tralasciare alcun punto.
"Sei contento? - disse- non ti sono venuto in bocca...". Non risposi. "Ti è piaciuto?". Non risposi. "Dai Ivan, non fare l'imbronciato, qui funziona così, quando avrai scontato i tuoi anni tornerai a spassartela con le tue donne...". Si avvicino' con le labbra e lecco' le mie con la lingua forse per ripulirmi dalle ultime molecole di sborra che si erano spalmate sopra. E poi ci fu un bacio. Un bacio, tenero, suadente e molto bagnato al quale collaborai con impegno e con finto impegno.
Sapevo che non mi sarei mai liberato della sua bocca per molto altro tempo ancora e mi conveniva tenermelo amico.


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