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Gay & Bisex

Passengers (Pompino in volo)


di Mitchell
02.08.2010    |    21.201    |    1 7.1
"Tutti si erano calmati, nessuno diceva piu' niente, qualcuno sorrideva, qualcuno emetteva qualche labile singhiozzo..."
L'aereo si alzo' col suo frastuono puntando verso l'alto. Molto affascinanti gli aerei, quanto inquietanti. Ogni sistema deve essere monitorato al 1000x1000, le pompe idrauliche, le turbine, l'afflusso carburante, i migliaia di dispositivi elettronici, i sistemi radar, di comunicazione, le centinaia di valvole, di sensori, i comandi degli alettoni, dei timoni, il sistema di pressurizzazione, l'apporto di ossigeno e chi piu' ne ha piu' ne metta. Non avevo mai volato. Se non fosse stato che dovevo raggiungere Milano in fretta e furia per partecipare a un concorso non l'avrei mai preso. Preferisco i treni, lì almeno si sta con i piedi
per terra. Non si è sospesi in aria in balia dei venti e delle correnti ascensionali. Insomma, per chi non l'avesse capito sugli aerei preferivo ci salissero gli altri, non io. Le luci rosse si spensero e la voce della hostess annuncio' che le cinture di sicurezza oemai sipotevano sganciare. Parlò poi il comandante
"Signore e signori, benvenuti a bordo del volo C478JYN. Raggiungeremo l'aeroporto di Milano Malpensa in 75 minuti, vi ricordiamo che è vietato fumare, accendere cellulari e l'uso di qualunque apparato elettronico che possa interferire con i sistemi di bordo. Vi auguro buon viaggio".
Tutti i viaggiatori quando sentono quel messaggio si sentono più tranquilli, distesi.
Le facce che erano tese durante il decollo adesso avevano un tono piu' rilassato.
Io all'inizio ero nervosissimo poi raggiunto l'assetto di volo mi ero placato. Era bella la sensazione di galleggiare nell'aria, guardando fuori dall'oblò un meraviglioso paesaggio nubiforme, era come camminare sulle nuvole.
Le Hostess con le loro divise belle e ben stirate, coi loro sorrisi incantevoli quanto finti, iniziavano ad andare su e giu' per il corridoio distribuendo opuscoli, bevande, gadget. Io cominciai a guardarmi in giro, cosa che fino ad allora non avevo fatto in preda alla mia tensione. C'erano visi normali, gente comune, gruppetti di amici che chicchieravano, fidanzatini che si sbaciucchiavano, bambini che schiamazzavano, donne sole che leggevano il giornale, uomini soli che avevano dipinto sul volto lo stampo di uomini d'affari. Al mio stesso livello dall'altro lato del corridoio una ragazza molto carina che ogni tanto lanciava sguardi in mia direzione. Io la guardai 2 volte e visto che insisteva le dissi telepaticamente
"lascia perdere, non è proprio il caso, sono di un'altra razza". Poi mi girai verso destra. Non avevo ancora realizzato di chi ci fosse seduto al mio fianco. Stava guardando fuori, lo vidi di profilo. Un bel profilo, naso regolare, labbra carnose, barba un po' incolta, pelle un po' piu' scura della nostra. Tipici lineamenti di latino. A me son sempre piaciuti da morire i latini. Li trovo molto passionali, maledettamente erotici. Stavo ancora scavando in quel profilo quando si giro' di scatto, forse si sentiva osservato. I miei occhi si ritrovavano a contato
coi suoi. E che occhi, scuri, con un bel taglio, con folte ciglia. Mi fece un sorriso inaspettato mettendo a risalto lo splendore dei denti che si affacciavano da quelle labbra perfette. Gli risposi con un sorriso e abbastanza imbarazzato girai poi lo sguardo verso il basso.
Pensai, se proprio mi deve attaccar pezza lo faccia in una lingua che conosco (conoscevo solo l'italiano), che non se ne salti fuori
con spagnolo o francese o inglese che poi sai che figura di cacca che ci faccio. Uno stewart interruppe le mie paranoie sulle lingue (e che carino... ma si sa che hostess e stewart li scelgono sempre belli) ci stava chiedendo se volessimo the o caffè. Entrambi optammo per il caffè e molto cavallerescamente porsi al latino il primo bicchiere che mi era stato allungato dall'assistenete di volo poi presi il mio.
"Conosco un pò l'italiano" salto' su con un accento straniero di cui non riuscii a decifrare l'origine "Ma un po' lo so parlare".
Lo guardai sorridendo mentre intanto soffiavo sul bicchiere del caffè talmente caldo che mi stava quasi ustionando la mano. "Di dove sei" gli chiesi. "Sono di Cuba, sto andando a Milano per una sfilata, sono fotomodello". Ah ecco, mi dissi, bono com'era che poteva fare se non il fotomodello. "Io invece vado per un concorso di informatica, spero di passarlo, ho delle buone carte da giocare".
Mi sorrise e dopo avermi fissato con uno sguardo assai malizioso si porto' la cuffia all'orecchio e si mise ad ascoltare musica dall'ipod.
Conversazione terminata, pensai, peccato. Quando bevo il caffè a me scappa da pisciare quasi subito. La luce verde della toilette segnava libero, mi alzai e mi ci diressi. Mi chiusi dentro. Piccolina ma pulita la toilette, e profumata. Non mi ero ancora tirato giu' la cerniera quando bussarono alla porta.
"Un momento!" dissi a voce alta "Dai aprimi!". Riconobbi la sua voce. Aprii un po' guardingo
e stupito. Il latino entro' di scatto e richiuse immediatamente la porta con la chiave. "Questa potrebbe essere l'unica volta che ci vediamo
in questa vita" disse serio fissandomi negli occhi "Hai mai assaggiato il bacio di un cubano?" Poi ancora quel sorriso. Fu un istante e quel sorriso me lo trovai stampato sulle labbra. Quella bocca comincio' a baciarmi trasmettendomi un brivido che andava dai piedi alla punta dei capelli. Che labbra morbide, e che lingua abile, e che dolcezza e che alito buono. Si stacco' sottolineandomi "C'è poco tempo". Si chino', mi tiro' giù la zip e tiro' fuori il mio uccello che in un attimo aveva avuto un'impennata al massimo del tiro. Poi se lo mise in bocca e comincio' a pompare con quei due labbroni da gran maestro. Io ho sempre preferito spompinare che essere spompinato
(ohh, non che la cosa mi faccia schifo) ma morivo dalla voglia di assaggiare lui, di vedere cosa aveva in mezzo alle gambe. Interruppi di colpo il pompo che mi stava facendo e sostituii l'uccello col mio dito indice, e fu anche quella una sensazione forte e precisa, era bravo nel succhiare tutto. Mi abbassai alla sua patta e gli slacciai i bottoni. Misi prima il naso sulle mutande. Che profumo! Poi lo tirai fuori, era grande, era un po' piu' scuro del mio, aveva la cappella lucida, si era già bagnato. Un assaggio olfattivo per accendere di piu' i sensi
e poi le mie labbra non resistettero. Glielo succhiai per un minuto buono mentre le sue mani mi accarezzavano il viso e i capelli. Non emetteva nessun gemito, era discreto ma da come muoveva le mani e il corpo si capiva quanto apprezzasse. Scalpitavo per arrivare al momento in cui mi sarei fatto sparare sul viso il suo sapore latino. Ma ad un tratto l'uccello mi sfuggì dalla bocca. Non era stato lui a togliermelo. Ci fu un sussulto dell'aereo, cademmo entrambi nella cabina della toilette. Ci fu un boato. Cominciavamo a sentire le urla dei passeggeri che erano seduti, al di là di quella porta. Poi le urla si placarono. Sembrava l'aereo avesse ripreso il suo assetto. Ci alzammo con l'aria un po' allucinata e ci abbracciammo. Ci ricomponemmo e uscimmo dal bagno cercando di dirigersi verso i nostri posti. Intanto era scattato un suono di allarme, una luce rossa lampeggiava e da un altoparlante usciva un suono intermittente, forte,
lugubre. Ci furono altri sussulti, camminavamo a stento nel corridoio aggrappandoci ai sedili per rimanere in piedi. Mi scappo' un occhio fuori dall'oblo', intravedevo del fumo nero. Cominciai ad avere un attacco di panico ma non ero il solo, mentre passavo notavo lo sguardo di terrore e di disperazione sulle facce della gente che si muovevano nervosamente in preda alle loro paure.
Arrivammo ai nostri posti finalmente e riuscimmo a sederci. La voce del comandante parlo'
"Signori passeggeri, abbiamo un'anomalia a bordo, vi invitiamo a rimanere ai vostri posti e ad allacciare le cinture di sicurezza. Mantenete la calma. Non c'è nessun pericolo. Solo una semplice anomalia. Saremo costretti a fare scalo all'eroporo piu' vicino per ripristinare il problema. L'importante è che manteniate la calma. Se dovessero scendere le maschere di ossigeno indossatele e respirate profondamente. Vi aggiorneremo nel prossimo comunicato".
Quella voce sembrava avere placato un po' gli animi. Poi c'è sempre qualche passeggero che vuole saltar su o per diffondere il suo messaggio bonario o solo per sete di protagonismo. Un uomo di mezza età con aria saccente e con accento milanese disse "Ma dai, è tutto a posto, non preoccupatevi, avremo preso un vuoto d'aria, non è successo niente, calma gente, va tutto bene!"
Il mio latino, fece un sorriso triste ma intenso e mi prese la mano stringendomela. Io intanto pensavo "un vuoto d'aria? ma se c'è stato un boato? E se tutto è a posto perchè ci fanno atterrare nell'aeroporto piu' vicino?".
Poi a un tratto un rumore assordante. L'aereo si inclinò sulla destra. Ero praticamente seduto vicino alle ali dell'aereo. Guardai fuori sgranando gli occhi. Era esploso il reattore di
destra! Pezzi di metallo e di fuoco venivano espulsi nell'atmosfera a tutta velocità da quel motore ormai andato. Il latino stringendomi sempre piu' forte la mano mi guardava con quegli occhi allibiti. Tutti ormai lo eravamo. Girandomi intorno vedevo la gente che non sapeva piu' cosa fare. Si udivano urla, pianti disperati, singhiozzii. Era il delirio.
Una donna in preda all'isteria urlo' "Moriremo tutti! E' la fine! Stiamo precipitando".
La ragazza carina alla mia sinistra si era chinata verso il basso, tenendosi tra le mani la testa. Scesero le maschere di ossigeno e tutti senza perdere tempo ce le infilammo mentre l'aereo intanto si impennava, sussultava, andando alla deriva. Di nuovo la voce fredda ma sicura del comandante: "Signori vi invitiamo a mantenere la calma. Respirate forte dalle maschere di ossigeno. E' esploso uno dei reattori ma vi comunico che la situazione è sotto controllo. Ne abbiamo ancora due perfettamente funzionanti e ci garantiranno l' atterraggio all'aeroporto Galileo Galilei di Pisa. Intanto il reattore era ancora li' che sputava fuoco emettendo un rumore cupo, forte, inquietante. Gli altri motori furono messi al massimo dei giri. Fuori non c'erano più le nuvole, eravamo scesi, l'aereo aveva perso quota. Ci fu ancora un sussulto smisurato. Poi un'altra esplosione terrificante aveva fatto saltare del tutto il reattore di destra facendolo cadere nel vuoto. Poi piano, lentamente l'aereo sembrava avesse ripreso il suo assetto di volo. Era stabile, andava dritto e sentivo che si stava abbassando mentre planava. Guardai giu' la città, le case, gli alberi, la torre di controllo, la pista di atterraggio.
"Signore e signori. Il problema è stato ripristinato. Stiamo per atterare al Galileo Galilei di Pisa. Potete togliere le maschere di ossigeno. Vi invitiamo a tenere ancora agganciate le cinture di sicurezza. Una volta atterrati le persone in stato di scock verranno invitate a recarsi presso le infermerie e saranno visitate da un equipe medica. I passeggeri saranno imbarcati sul primo volo disponibile per Milano Malpensa".
Tutti si erano calmati, nessuno diceva piu' niente, qualcuno sorrideva, qualcuno emetteva qualche labile singhiozzo. Guardai a sinistra e la ragazza carina mi fece un sorriso dolcissimo e io la ricambiai con un occhiolino. Poi guardai il mio latino che non aveva mai smesso di tenermi la mano. Sentimmo le gomme del pesante mezzo attaccarsi con uno sfrigolio al cemento della pista. L'aereo rallento' e finalmente si fermò. Fuori c'erano ambulanze, pompieri, carabinieri, polizia, ci mancava solo l'esercito. Poi piano piano ognuno si sgancio' la cintura e tutti cominciarono ad alzarsi, alcuni impavidi, alcuni barcollando. Si sentivano le voci di alcune mamme che cercavano di placare il pianto dei bambini, le persone piu' giovani aiutavano quelle piu' anziane ad alzarsi.
Il latino mi sorrise e staccò la mano dalla mia. Ci tirammo su e ci incamminammo verso l'uscita. Scendemmo insieme a tutta quella gente mezza ubriaca e provata. C'era lo stesso clima che troviamo alla fine di quei film sui disastri aerei. Mentre la navetta ci accompagnava a ritirare i bagagli dissi al latino "Io vado alla stazione, tanto non ce la faro' mai ad arrivare per il concorso, anche prendendo un altro aereo, ma provero' ad andare la' almeno per giustificarmi. E poi non salirò mai piu' su di un aereo". "Posso venire con te?" mi fece.
"Tanto le sfilate sono domani". Sorrise. Un senso di liberazione salendo sul taxi che ci accompagnava in stazione, era come essere usciti da un incubo. Prendemmo il primo treno per Milano. Che belli i treni, hai la certezza di tenere i piedi per terra. E che belli i latini, con quei capelli mori, con quegli occhi scuri dalle folte ciglia, e quelle labbra carnose così belle da mangiare, più del qualsiasi piatto più appetibile. La sera prendemmo una camera in un hotel e continuammo l'opera iniziata nella toilette di quell'aereo. Quell'aereo uscito
probabilmente dal film Airport 2010.

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