La Cena (3 di ...)

Ridevo ancora mentre chiamavo il cameriere per ordinare da bere.

Chiacchierammo del piu' e del meno per diverso tempo, senza accorgerci che continuavamo a cercarci con le mani. Niente di eclatante, ma quei piccoli sfioramenti mentre prendevamo gli stuzzichini, le dita che si sfioravano quando poggiavamo i bicchieri sul tavolo.

La vidi avvicinare maggiormente la sedia al tavolo, e poi sentii il suo ginocchio poggiarsi al mio.
Iniziai a sollevare la gamba leggermente, per poi riabbassarla con estrema lentezza, cercando di continuare a parlare e contemporaneamente provando a leggere sul suo viso se la cosa le dava fastidio o se la intrigava, per capire fino a che punto potevo spingermi.
Purtroppo le corte tovaglie del bar non permettevano di giocare come avrei voluto, e basto' un suo sguardo per farmi capire che il gioco le piaceva, ma non le bastava.

Ci alzammo per pagare e dopo essere usciti dal locale lei mi prese a braccetto.
La guidai verso la mia macchina, e le chiesi dove dovevo andare.
Lei mi studio' per qualche momento, poi mi diede l'indirizzo, ma aggiunse subito: "pero' fai un giro largo, ho voglia di guardare Milano di notte".

Non capivo cosa potesse avere in mente ma, dopo aver zittito il navigatore, presi a girare a caso per la citta'.
Mentre guidavo la osservavo con la coda dell’occhio e notavo che oltre ad ammirare le vie del centro milanese illuminate, continuava a lanciarmi occhiate, quasi incerta sul da farsi.

Il cambio automatico mi lasciava libera la mano destra e con noncuranza la spostai sul suo ginocchio, dapprima senza muoverla, poi carezzando lentamente le sue gambe inguainate.
Nonostante sentissi dentro di me la crescente voglia di non limitarmi alle sue gambe mi imposi di continuare quel lento movimento, almeno finche’ lei non si distese sul sedile comodamente rilassata, lasciando aprire le gambe per concedermi lo spazio per andare oltre.

Lentamente portai la mano sempre piu’ su lungo la coscia fino a sfiorare il suo triangolo gonfio dentro le mutandine. Continuavo ad accarezzarla rimanendo pero’ limitato dalla presenza delle calze che prima avevo apprezzato, ma che adesso trovavo solo d’impiccio.

Lei dovette accorgersene poiche’, al primo semaforo rosso mi allontano’ la mano e con un paio di abili movimenti, sfilo’ i collant e riprese la comoda posizione di prima, lasciandomi libero di continuare ed approfondire il gioco che stavo portando avanti.

Iniziai ad alternare carezze alle gambe e alla sua figa, fino a spostare lo slip arrivando a toccare la peluria e facendomi leggermente spazio con un dito tra le labbra ormai ingrossate dalla sua eccitazione.
Ormai potevo vedergliela bene e iniziai a sfiorarle il clitoride, per poi allargale le labbra e lasciar scivolare dentro il mio dito; era bagnata, morbida ed accogliente e mentre lo sentivo uscire ed entrare immaginavo l’abbraccio che avrebbe regalato al mio cazzo che faticava a stare nei pantaloni.

“Andiamo da me” riusci’ a sussurrare lei evidentemente eccitatissima ed io non me lo lasciai ripetere due volte.


[continua...]