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Lui & Lei

La spiaggia


di Gmc2
12.12.2023    |    5.491    |    0 9.8
"Fui in un lampo sopra di lei, il membro turgido sul suo sesso, separato da solo due sottili pezzi di stoffa..."
Il sole era allo zenith quando la vidi.
Indossava un bikini azzurro molto sgambato sui fianchi che esaltava le sue forme, dandole un’aria ancora più slanciata.
In mano una birra ghiacciata per contrastare la calura di quella spiaggia deserta dal colore bianchissimo.
Mi venne incontro con una luce eccitata negli occhi, il sorriso teso sulle labbra.
Mi porse la birra, diedi un sorso prima che me la togliesse di mano per finire in un sorso le ultime gocce.
Si sporse verso di me, la luce ancora incandescente in quegli occhi castani.
Conoscevo quello sguardo.
Mi avvolse in un bacio caldo, umido, le lingue che si cercavano estasiate, sentii l’eccitazione crescere e, anche lei, non poteva non notarla.
Cercai con la mano destra la sua natica sinistra, trovandola calda, tonda, perfetta.
L’altra mano, appoggiata sul suo fianco scivolò verso l’alto cercando il seno, il cui capezzolo iniziava a svettare invitante verso di me.
Anche le sue mani si mossero, una accarezzandomi la schiena con tocco delicato, l’altra verso il mio basso ventre dove il mio membro turgido aspettava solo il suo tocco.
Sentii la sua mano accarezzarlo sopra la stoffa tesa del costume, strappandomi un leggero sospiro.
“Sara” le dissi staccandomi un attimo da quel bacio che più che un bacio era un vortice di emozioni, “sei sicura? Ci potrebbero vedere…”
“Non c’è nessuno, ti voglio…”
Non resistetti.
La sdraiai sulla schiena, la pelle abbronzata in contrasto con il bianco marmoreo della sabbia.
Fui in un lampo sopra di lei, il membro turgido sul suo sesso, separato da solo due sottili pezzi di stoffa. Ma non volevo tutto subito, volevo vederla impazzire, implorarmi di penetrarla.
Cercai con le mie labbra il suo collo, all’attaccatura della spalla, passandoci la punta della lingua mentre con le mani spostai il sopra del costume ai lati del seno, liberandone i capezzoli irrigiditi.
Reclinò la testa mentre con la mia bocca scivolavo sul suo corpo coprendolo di baci.
Arrivai a quelle colline dolci che anelavo.
Intrappolai un capezzolo tra le mie labbra, giocandoci con la lingua, mentre l’altro lo strinsi dolcemente tra il pollice e l’indice.
Gemette.
Stavo andando bene.
Scivolai ancora più in basso, spostando la parte di tessuto che celava ciò che più anelavo.
Il suo odore mi inebriò quando ci affondai la lingua, sentendola già bagnata e calda.
Cercai il clitoride, su cui mi soffermai, leccandolo prima lentamente, quasi fosse un gelato al mio gusto preferito, poi sempre più rapidamente mentre mi facevo strada dentro di lei con due dita.
Sentii il suo respiro bloccarsi, il suo corpo tremare ed entrare in tensione. Le dita dei piedi si contrassero quando raggiunse il paradiso con un gemito prolungato, mentre le sue mani affondavano tra i miei ricci come a chiedermi di non farla cadere.
Mi tirò con un gesto deciso verso di sè, facendomi ruotare sulla schiena.
Guardandomi negli occhi mi stampò un bacio sulle labbra mischiato al suo sapore mentre, con la mano destra superava l’elastico che la separava dalle sue bramosie.
Lo afferrò in mano mentre mi baciava con una passione che sembrava un vortice.
Scese, regalandomi con la sua bocca, la sua lingua, le sue mani il mio piccolo paradiso. Sentivo la sua saliva calda sul mio membro, reclinai la testa indietro accompagnando il suo movimento con una mano.
Avrei potuto eruttare in un’istante.
Le chiesi di salire su di me, prima che esplodessi.
Con una mano lo accompagnò dentro di lei, mentre mi guardava negli occhi.
Le sue mani sul mio petto, come a mantenersi in equilibrio mentre mi cavalcava con un ritmo veloce. L’accompagnai afferrandola per le natiche, accelerando il ritmo mentre la mia bocca cercava il suo seno, ne intrappolava i capezzoli tra gli incisivi dando piccoli morsetti.
Sentii che stava di nuovo arrivando al limite quando buttò la testa all’indietro, stringendomi il petto con le mani graffiandomi la pelle.
Era una Dea pagana quando veniva, intensa, letale. Si accasciò su di me continuando a gemere.
La girai. Afferrandola per i capelli.
La volevo da dietro. Volevo vedere quelle natiche perfette mentre la tenevo per i fianchi.
Lei si abbassò mentre la penetravo, stringendo tra i pugni la sabbia fine.
I capelli corvini le accarezzavano la schiena come dolci onde sulla battigia.
Aumentai il ritmo afferrandole i fianchi con maggiore decisione.
Afferrandola per il collo la tirai leggermente su, per godere delle sue labbra sulle mie mentre il respiro si faceva ogni istante più rumoroso.
Stava per venire di nuovo, si liberò della mia morsa per afferrare nuovamente la sabbia mentre soffocava le urla mordendosi le labbra.
Dio, era così bella in quel momento di estasi. E sapere che ero io l’artefice del suo piacere mi portò al limite.
“Ci sono…” Sussurai con la voce resa roca dall’eccitazione.
“Vieni, ti prego, vieni…”
Uscii da lei, il membro oramai pulsante, sparai il mio seme con il fiato rotto dall’orgasmo.
Il mio frutto disegnò uno affresco sulla sua schiena, qualche goccia finì sulla sabbia.
La leggenda narra che fu così che Urano generò Afrodite e, quella che adesso, stanca ma felice si stringeva tra le mie braccia ne era l’erede naturale.
La baciai, silente. Il mio sguardo conteneva più di mille parole.
Aspettammo il tramonto su quella spiaggia deserta che era stata spettatrice inconsapevole del nostro amore.
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