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Lui & Lei

Madama la contessa -1-


di cpelcabo
23.02.2017    |    10.198    |    10 8.8
"Si accordarono per andare via subito: lei non era in condizioni tali da potersi ripresentare alla festa..."
MADAMA LA CONTESSA

Il caldo era liquido.

La contessa Francesca Maria Felicita Serbelloni Vien du Marrais posò le “Relazioni pericolose” a faccia in giù sul lettino e si guardò attorno.
Ormai la limonata, sul tavolinetto era tiepida e imbevibile.

Cercò con gli occhi la Marta. Non era a portata di voce, ma non aveva né la voglia né la forza per alzarsi. Sperò che per qualche insana ragione uscisse dalla frescura della casa o fosse sorprendentemente così intelligente da pensare che Lei avesse qualche necessità… Si fermò ad osservare con un pizzico di ammirazione il giardiniere che, imperterrito, continuava ad accatastare legna, rami, erba secca e altri vegetali vari al limitare della radura. Sembrava che per lui il caldo non esistesse. Comunque la sua schiena luccicava di sudore.
Non aveva capito se fosse a causa del caldo o di quello che stava leggendo, ma il suo costume mostrava inequivocabilmente che la sua passera sudava. Si alzò stancamente, strisciò verso il bordo della piscina e si lasciò cadere all’interno. Ormai era la terza volta che provava a rinfrescarsi ma aveva notato che l‘acqua diventava sempre più tiepida. Consultò l’orologio e constatò, con fastidio, che il tempo stava volando.

Alessandro aveva finito di accatastare le sterpaglie e aveva acceso gli arbusti. Il fuocherello iniziale era cresciuto velocemente. Sarebbero diventate cenere in breve tempo, sotto il suo sguardo vigile che controllava la combustione.

Non aveva intenzione di salire dall’altra parte dove c’era la scaletta, perciò, anche se con un certo sforzo, si tirò su e si avviò verso il patio. Nel breve tragitto le sembrò di essere già asciutta: entrò nell’ombra e senti subito che, in effetti, non lo era affatto. Attraverso la vetrata vide Marta che stava spostando alcune sedie. Sicuramente aveva già predisposto quanto necessario per la serata. Lei francamente non ne aveva assolutamente voglia, ma ormai era un’abitudine consolidata: il 14 Luglio era ormai la data del rinfresco di mezza estate di casa Serbelloni.

Non che gli invitati le fossero particolarmente antipatici, erano ormai tutte vecchie carampane ammuffite, le “amiche” della mamma, buonanima. Solo la Vale aveva meno di sessant’anni e solo per la sua presenza, sempre inequivocabilmente sopra le righe, si riusciva ad avere una decente presenza maschile.
L’anno prima si era presentata con un bellissimo vestito blu elettrico, leggerissimo, trasparentissimo e senza dubbio osceno. Man mano che gli occhi degli uomini la fissavano, lei si eccitava sempre più. I capezzoli cercavano di forare il vestito e si vedevano queste bellissime, gonfie fragole. Aveva fatto arrapare tutta la popolazione maschile, compresa quella che non poteva ormai più far danni.
Alle 10 era scomparsa; mi descrisse con dovizia di particolari come si era fatta ripetutamente sbattere da tre signori non più giovanissimi, ma ancora attivi. Con somma gioia aveva potuto constatare che in effetti uno dei tre, con papillon e scarpe di vernice, era dotato di un magnifico cazzo over-size che l’aveva servita “regalmente”. Li aveva gustati a lungo sul lettino in fondo alla radura, il grosso in figa, un altro stabilmente tra le labbra ed il terzo a smanettarsi poco lontano. Dopo il primo “giro” tra le sue cosce, due dei tre l’avevano “sentitamente ringraziata” e si erano fatti di nebbia.

Era allora che il suo “stallone bianco” come l’aveva definito lei, aveva dato il meglio di sé. Le aveva preso la nuca a piene mani e posizionata sul salsicciotto un po’ barzotto. Capendo subito le sue intenzioni, lusingata dell’effetto che faceva sul navigato compagno, aprì subito la bocca e si apprestò a quello che lei pensò fosse un impegnativo duello.
Come si sbagliava. Lo sentì quasi subito riprendere vigore e man mano che si ingrossava faceva il suo lavoro con sempre maggiore difficoltà. Il profumo del cazzo uscito pochi secondi prima dalla sua passera, il sapore dolciastro dello sperma ma soprattutto la compattezza e grossezza dei suoi coglioni la inebriavano. Cercò con gli occhi il viso dello stallone: sorrideva beato del suo cazzo ormai marmoreo. Pochi secondi e si ritrovò nella stessa posizione di prima. Si preparò a gustarsi la seconda pecora della serata.
Poi il sangue le defluì dal cervello e le si offuscò la vista. Le aveva appoggiato velocemente, troppo velocemente, la cappella al buco e aveva spinto.
Le aveva contemporaneamente comunicato la sua intenzione di incularla e quando la cappella era entrata, lei aveva visto le stelle.
Aveva resistito, strozzato l’urlo che le era salito in gola, ed era crollata sulle braccia cercando di disarcionarlo: senza effetto. Ne aveva dovuto aver inculate un bel po’, perché sapeva come rimanere ben saldo. Era entrata solo la cappella: le disse di star calma, ferma e di aspettare. Le comunicò che il più era fatto. Quando l’aveva scopata, poco prima, aveva visto il suo forellino che si apriva ad ogni spinta, che non facesse la santarellina…l’aveva già dato via da un po’….
Era vero, ma la stazza dei suoi precedenti … non era quella dello stallone; non era stupida e cercò di rilassarsi un po’, nonostante il dolore. Il suo primo sverginatore le diceva di spingere in fuori per farlo entrare. Fece così, ma non le sembrò che il dolore migliorasse.
Si accorse dopo qualche secondo che invece un successo lo aveva ottenuto.
Ora aveva i coglioni dello stallone che sbattevano sulle labbra della figa. Ormai aveva il buco anestetizzato dal troppo dolore.
L’aveva sfondata?
Stava sentendo che aveva cominciato a tirarlo lentamente fuori e lei cercò di cagarlo fuori definitivamente. Era una opzione…ma il bastone ormai aveva aperto una strada, era duro, enorme e aveva trovato un ritmo. Lo prese bene, stavolta, con poco dolore e quando sentì che i coglioni le sbattevano ritmicamente sulla figa, capì che forse si sarebbe potuta divertire. Allungò la destra sotto di sé e prese tra le dita le labbra della passera, le strinse e sfregò i polpastrelli sul grillo con forza, quasi con violenza.
Infilò il medio in profondità, fin dove poteva e sentì distintamente il cazzo che entrava e usciva.
Un po’ di dolore c’era ancora, ma la sensazione del cazzo che le stava aprendo il culo era sublime: si aiutò ancora con la destra e al suo cavaliere la mossa piacque molto, la incitò, dicendole che se lei era d’accordo l’avrebbe servita per un po’… quando uscì completamente e glielo rimise in figa le partì un orgasmo lunghissimo che lei cercò, oltretutto riuscendoci, di ampliare con un robusto massaggio al grilletto.

Stava per crollare rilassandosi, quando senti con stupore che il porco non aveva finito: sentì la cappella rientrarle in culo, senza ostacoli di sorta. La fece girare un poco sul fianco e cominciò la vera cavalcata. Sapeva che questa volta non si sarebbe fermato, né avrebbe cambiato canale. Così fu.
Le venne lungamente in culo e lei sentì distintamente la durezza del cazzo gonfio e ciò che le riversava dentro. Anche se era venuto continuò ancora un po’ e la sensazione del cazzo che lentamente si sgonfiava non fu affatto spiacevole, ora l’inculata era più delicata, leggera.
Spinse leggermente per farlo uscire e ci riuscì facilmente.
Lui, da grandissimo porco le chiese di spingere fuori, voleva vedere il suo sperma uscirle dal culo.
In un primo momento si scandalizzò ma poi… dopotutto aveva appena finito di incularla duramente e lei aveva goduto come poche volte, perché no? … spinse.
Il rumore dell’assordante scorreggia condita con spruzzi di sperma li colse impreparati e dopo una frazione di secondo di stupefatta sorpresa cominciarono a ridere come ragazzini. Più ridevano, più si guardavano in faccia e ricominciavano a ridere.
Lui si lasciò cadere al suo fianco e cominciò ad accarezzarle il seno. Le mormorò all’orecchio che anche se rotto suonava bene … prese cavallerescamente il pugno che lei le aveva dato imbronciata e si accoccolò a cucchiaio dietro di lei. Gli chiese di essere discreto e lui garantì per sé, ma anche per i suoi due amici: sapevano come comportarsi. Le chiese se lei era solita non portare intimo ma lei ridacchiando confessò che quella sera aveva bisogno di sesso. Si accordarono per andare via subito: lei non era in condizioni tali da potersi ripresentare alla festa.

Quando aveva finito di raccontare, la Vale le aveva ricordato che l’anno prima, dopo la festa, era restata in casa per un paio di giorni. Le aveva confessato che non riusciva quasi a camminare, da come aveva il culo bruciante. Ad un certo punto si era preoccupata veramente poiché il gonfiore non accennava a passare. Il suo stallone aveva telefonato tutti i giorni, un po’ preoccupato anche lui. Temeva di aver fatto dei danni. Lentamente tutto ritornò “quasi” come prima. Il suo cavaliere le diede qualche “dritta”, alcune indicazioni, e un paio di cremine adeguate (era farmacista). Passarono insieme tutta l’estate, l’autunno e parte dell’inverno. Da come ne parlava Vale doveva essersi divertita molto. Francesca si ripropose di ritornare sull’argomento poiché aveva la curiosità di conoscere le “dritte” e le “indicazioni”. Lei così non lo aveva mai fatto: anche se quando si masturbava aveva accarezzato spesso il buchino e le era piaciuto molto. Quella sera Vale sarebbe venuta, ma le aveva chiesto esplicitamente di non fare la ragazzaccia e di comportarsi da tranquilla “zitella” come la chiamava scherzosamente.

La Marta aveva quasi finito. Le chiese quando sarebbe giunta la ditta del catering e la Marta le garantì che aveva già telefonato. Per le dieci sarebbe stato tutto pronto; comunque, come gli altri anni, sicuramente nessuno si sarebbe presentato prima delle dieci e mezzo. Alessandro aveva finito di ripulire la radura dietro la villa ed era scomparso: sicuramente era in dependance a farsi la doccia, a cambiarsi per la serata: avrebbe dovuto accogliere gli invitati. Salì verso il piano superiore per cambiarsi. Mentre saliva le scale, vide che dietro la dependance c’era Alessandro che aveva pensato bene di darsi una prima sommaria ripulita con la canna dell’acqua che usava per il giardino. Era nudo e la Franci si spostò un poco per non farsi vedere nel riquadro della finestra. Notevole, il ragazzo aveva un fisico notevole. Cercò di vedere come era messo ad attributi: era di fianco e non riusciva a capire. Con suo grande disappunto ora si era girato, vedeva solo il culo e le spalle. Girati, pensava … dai girati… fammi vedere quanto ce l’hai grosso… niente da fare… si era piegato, chiuso l’acqua, rialzato ed entrato nella porta sul retro. Maledizione, era nudo e non ho visto quasi niente, pensò.

Andò liscio quasi tutto. Il solo imprevisto fu l’arrivo, non atteso ma gradito del consorte. Nei tre anni di matrimonio si era fatto vedere, alla festa di luglio, solo la prima volta: solo per gustarsi i complimenti per il restauro della “magione” dei Serbelloni. Con quello che gli era costato....
Giuffredo Esposito aveva fatto fortuna. Ma quel nome e cognome gli stavano stretti. Sposandosi con la Franci aveva raggiunto il suo scopo. Ormai tutti i conoscenti e nell’ambiente, lo chiamavano (talvolta un po’ ironicamente) “Il Conte” e soprattutto aveva un po’ stornato i sospetti sulle sue tendenze: che fosse esclusivamente omo era noto solo ad una ristretta cerchia, oltre che a Franci, naturalmente.
Il loro accordo prevedeva un “matrimonio bianco”. Lui metteva i soldi e lei il titolo nobiliare. Esposito le aveva chiesto di non farsi amanti ufficiali od ufficiosi e di essere discreta per qualche anno. Non pretendeva che diventasse monaca, solo che non lo facesse spudoratamente. Aveva avuto informazione che la contessa era stata molto discreta. Un paio di fugaci “trasferte” durante una gita a Roma (con una vecchia conoscenza ...) e a Verona con un giovanotto probabilmente a pagamento. Il suo informatore sospettava inoltre, senza prove concrete, che non disdegnasse una “rimpatriata” con qualche amica fidata. Ma le scappatelle in questione erano sempre avvenute a casa delle signore e anche se aveva passato la notte da loro, non era detto che avessero ….. consumato. Anche se certi atteggiamenti molto “intimi” lasciavano pochi dubbi.... Meglio così.

Quando il consorte le chiese di parlarle in separata sede e lontano da orecchie indiscrete la Franci capì che era qualcosa di importante.
Quello che la sorprese, nell’atteggiamento del suo “marito” fu “l’ira funesta che infiniti addusse lutti ai parenti” come disse lui. Alcune analisi avevano rivelato che non era al massimo della forma (a 74 anni, pensò lei, e con la vita che faceva...) e non voleva assolutamente che i “bastardi, benpensanti baciapile di merda” come definì i suoi parenti napoletani, potessero cercare di ereditare qualcosa: inoltre non gli dispiaceva pensare alla faccia dei suoi compari quando l’avessero saputo....

Le disse che da quel giorno desiderava ardentemente che.... si facesse, riservatamente, adeguatamente fottere fino a rimanere incinta. Quando ciò si sarebbe verificato le avrebbe fatto ricevere un vitalizio di cinquemila euro al mese e un lascito alla sua morte tale per cui “potrai fare la signora tutta la vita”. Sapeva che Esposito era molto riservato su certi argomenti, ma si azzardò lo stesso a chiedergli se era una cosa grave: lui nicchiò un attimo, ma poi le confidò che era un problema circolatorio. Nulla di grave ma era meglio tutelarsi prima. Come le aveva detto non aveva intenzione di sovvenzionare a vita quei parassiti. Le diede un buffetto su una guancia, quasi affettuoso e le disse di divertirsi.
La contessa lo guardò e cercò sul suo viso qualche segno di turbamento, ma le sembrò un uomo assolutamente sereno. Che le avesse detto quelle cose, che si fosse espresso in maniera così tranciante verso i suoi parenti, la turbò non poco. Inoltre non capiva se questa senile voglia di paternità fosse dovuta più ad un desiderio di danneggiare gli altri piuttosto che far in qualche modo felice sé stesso. Le chiese inoltre la sua disponibilità, verso la metà di settembre a presenziare insieme a lui ad un importante avvenimento mondano all’Ambasciata Americana a Parigi. Poteva essere molto importante per i suoi affari e lei accettò senza fare trasparire troppo il suo entusiasmo.

La serata si concluse in maniera assolutamente noiosa, Esposito era risalito in macchina, dopo il colloquio e se ne era andato via così come era venuto. La Vale le aveva fatto ciao con la manina e scortando la nonna ottuagenaria aveva preso la strada di casa. All’una l’ingresso della villa era sgombero da auto, il patio silenzioso e triste, con bicchieri sparsi qua e là, la radura sul retro deserta. La Marta stava raccogliendo i resti del cibo dalla tavola e Alessandro i bicchieri sparsi in giro.
Ripensò a quello che le aveva chiesto di fare Esposito e mentre si apprestava ad andare a letto, passando davanti allo specchio del bagno si fermò a guardarsi.
I capelli ramati gli occhi un po’ allungati e verdissimi, il seno ancora alto e pieno faceva di lei un boccone molto appetibile, pensò: lentamente si girò a guardarsi il culetto. Non lo aveva matronale, sembrava quello di ragazzino.
Si, pensò tra sé: era ora di divertirsi, autorizzata, peraltro da colui che le aveva consentito di vivere alla grande. Cosa poteva volere di più? Non più solo la lingua infernale della Vale. Avrebbe preso cazzo.
Alla grande, anzi in quantitativi massicci. Si addormentò dopo essersi sfinita con un paio di orgasmi: il primo, per scaldarsi, con la fedele manina. Non le bastò: allungò la mano sotto il cuscino, accese il vibratore e se lo infilò dentro la figa, già allagata, lo mise al massimo, si pose a pancia in giù incrociando le gambe per sentirlo meglio stringendolo e mentre il giocattolino le faceva salire il climax si aiutò con il dito sul grilletto. Il godimento arrivò devastante, le contrazioni spasmodiche dell’orgasmo le fecero uscire il dildo, che ormai aveva espletato il suo lavoro.
La mattina dopo si svegliò troppo presto.
Non aveva nessuna intenzione di alzarsi, allungò la mano a cercare il vibratore, si leccò le dita per inumidirsi la figa, lo infilò e senza accenderlo, cominciò a lavorarsi. Quando si sentì vicina al punto di non ritorno si fermò. Lo fece più volte: la mattina si masturbava con calma, voleva che le bastasse sino a sera….
Si riaddormentò.
La svegliò il rumore della motofalciatrice, lontano, ma ugualmente antipatico, ostile. Si alzò con l’intenzione di chiedere ad Alessandro perché aveva iniziato così presto: prima di arrivare alla porta, però, si rese conto che il sole era abbagliante. Guardò l'orologio e si domandò come mai la Marta non le avesse portato la solita colazione. Fece mente locale e si rese conto che probabilmente le stoviglie della sera precedente l'avessero distolta da quell'incombenza. Si allacciò la vestaglia e pensò che forse era meglio così. La sera prima aveva sbocconcellato un po' troppo e se avesse saltato la colazione la sua linea non ne avrebbe sicuramente risentito! Aprì la vestaglia e si rimirò nuovamente allo specchio. Si avvicinò per vedere meglio tutti i particolari: il seno era tonico, ancora bello alto, lo soppesò con le mani girandosi un po' di lato per vederlo di profilo. Sì, faceva la sua porca figura. Si girò di fronte, allargò un po' le gambe, erano lisce e curate, senza inestetismi né cellulite. Si chiese se fosse il caso di curarsi un po' di più il pelo della passera.
Da “quasi rossa” quale era lo aveva lungo e a cascatella: alla Vale piaceva molto separarlo con la lingua e talvolta glielo prendeva a piene mani tirandoglielo un po'. Ma si sa che gli uomini sono strani e a taluni piace di più la passera implume. La Vale l'aveva così e affermava che a quei porci di uomini dava l'idea di scoparsi una teen implume e ciò li infoiava da matti. Se lo diceva lei...
Decise di chiederle consiglio e di raccontarle la sua nuova libertà. L'aveva già consigliata bene quando aveva ricevuto la proposta di Esposito. Ora che poteva gustarsi cazzi a volontà aveva però il problema di cercarsi quelli giusti. Nella sua cerchia era escluso: i papabili era pochi, stronzetti e con la lingua lunga. La Vale invece, col suo lavoro, aveva un giro diverso, scopava con diversi galletti e se gliene avesse consigliato qualcuno...
D'estate erano praticamente inseparabili, la Vale si occupava di turismo invernale e fino a Ottobre e oltre la stagione era praticamente morta; il telefono, invece, squillò a lungo prima che la voce impastata della Vale le rispondesse. Fece orecchie da mercante alle sue proteste e le disse di arrivare per pranzo.

….segue


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