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Gay & Bisex

AI - Amici intimi. E poi.


di leatherbootsfetish
20.04.2025    |    4.152    |    13 9.7
"“Non voglio ferirti” Luca, duro, sincero: “Lo farai se continui a ignorarmi..."
I giorni passano lenti, gonfi di “non detto”.
La casa è la stessa, le persone anche. Eppure tutto è cambiato. Nessuno ne parla, nessuno nomina quella sera, nessun accenno. Come se non ci fosse mai stata. Ma le conseguenze sono ovunque, silenziose, come l’odore di pioggia che resta dopo un temporale.

Andrea non gira più in boxer per casa.
Ha cominciato a coprirsi, anche d’estate. Magliette larghe, jeans, persino quando fa caldo. Quando esce dalla doccia si copre in fretta. Non si gratta più il pacco davanti a Luca. Non lo abbraccia. Non lo tocca. E ride un po’ meno.
Ma, in compenso, scopa di più.
Ogni sera è con una tipa diversa. Luca le vede entrare, con i vestiti corti e i tacchi alti, le risatine nervose, il profumo troppo dolce. E poi, la porta chiusa. I suoni. Le spinte. Le frasi sporche che arrivano attutite dalla parete.
Come se volesse ricordare a sé stesso chi è. Cosa gli piace. Cosa non è successo davvero.

E Luca? Luca si sta spegnendo.
Passa le giornate in silenzio. Fa le cose di sempre, ma con movimenti vuoti. Guarda Andrea da lontano. Lo osserva in ogni gesto, ogni risata forzata, ogni battuta fatta alle ragazze. E dentro, sente un vuoto che non riesce più a riempire.
Non dorme bene. Non si tocca più. Non riesce nemmeno a immaginare qualcun altro. Il suo corpo ricorda solo le mani di Andrea. Il suo cazzo dentro di sé. Le parole sussurrate.
Il muro solido sotto alle mani.

Una sera, seduto in cucina, Luca lo guarda entrare con un’altra ragazza. Bionda, pelle abbronzata, risata finta. Andrea lo guarda solo per un secondo. Un’occhiata veloce. Ma dentro c’è qualcosa. Una colpa, forse. O solo paura.
La porta si chiude.
Luca resta lì. La birra calda tra le mani. Gli occhi vuoti.
“Non ce la faccio più”
E nella stanza accanto, il letto comincia a muoversi. Di nuovo.
Ma stavolta non c’è più niente da ridere.

La casa è silenziosa. Per una volta, nessuna donna. Nessuna risata dietro la porta chiusa. Solo i due di sempre, Andrea e Luca, seduti in soggiorno con le birre in mano, il volume della TV basso, lo spazio tra loro carico di qualcosa che nessuno dei due riesce più a ignorare.
Luca lo guarda. Gli occhi lucidi, ma fermi. La mascella tesa. Il petto che si alza e si abbassa in modo più visibile del solito.
“Non possiamo far finta che non sia successo niente” gli dice rompendo il silenzio
Andrea si volta. Il suo corpo si irrigidisce appena. Ma non parla.
“Ti ho avuto dentro. Non era un sogno. Non era una sbornia. È successo. Ed è stato … cazzo… potente.
Andrea deglutisce. Gli occhi sfuggono per un attimo. Poi tornano su Luca.
“Lo so”.
Silenzio.
Luca appoggia la birra sul tavolino. Si alza e si sistema per terra davanti ad Andrea mettendo le sue mani sulle ginocchia dell’amico. Si sporge in avanti, gli occhi puntati addosso a lui con una decisione nuova, ruvida, maschile.
“Non ti parlo d’amore. Non ti parlo di sentimenti”.
Fa una pausa.
“Ti parlo di cazzo. Di bisogno. Di te. Io ti voglio ancora. Ma a modo mio. Niente cazzate. Niente aspettative, niente promesse”.
Andrea lo fissa. In ginocchio con le mani poggiate sulle sue gambe. Una vena che pulsa al collo.
Luca trova il coraggio, quasi un sussurro, gli dice: “Lascia che te lo succhi. Adesso. Qui. Nessun impegno. Nessuna etichetta. Solo fammi sentire che ci sei ancora”
Andrea resta in silenzio.
La tensione nell’aria è tangibile. Gli occhi di Andrea passano sul volto dell’amico, sulle labbra, poi scendono. Si ferma un istante di troppo.
“Se non ti piace, ti fermi. Mi fermi. E non ne parliamo più. Te lo giuro, Andre. Mai più”

Andrea si strofina la faccia con le mani. Si butta all’indietro sul divano, poi si piega in avanti di nuovo. Lo sguardo è quello di chi è in trappola tra due parti di sé. Una che gli urla di alzarsi e scappare. L’altra, che è curiosa da morire.
Andrea apre finalmente bocca con voce roca, incerta: “Cazzo, Luca …”.
Fa un respiro profondo guardandolo negli occhi. “Non voglio ferirti”
Luca, duro, sincero: “Lo farai se continui a ignorarmi. Fammi solo provare”.

Andrea non risponde subito. Si passa una mano tra i capelli lunghi, poi si tocca appena sui jeans, quasi senza pensarci. Non un sì. Non un no. Ma qualcosa.
E Luca aspetta. Prostrato davanti a lui, metaforicamente e fisicamente pronto a tutto. Non per umiliazione. Non per amore. Per bisogno.
Andrea guarda Luca in ginocchio davanti a lui, il viso serio, gli occhi lucidi e pieni di volontà. Non supplica. Non implora. Offre.

E Andrea si sente confuso. Perso.
Nel petto ha un groviglio. C’è affetto. C’è un legame che viene da anni di risate, pugni sul braccio, notti ubriache, segreti condivisi. C’è Luca, il suo compagno di vita. Quello che gli ha visto le spalle allargarsi, che gli ha medicato le nocche dopo una rissa di quartiere, che lo ha ascoltato parlare di tette, di scopate, di vite lasciate a metà. Che si è preso cura di lui per anni.
Luca è il punto fermo, quello che lo completa senza che lui ne sia nemmeno consapevole.
E ora lo guarda così.
Lo vuole così.
E Andrea non sa più se quello che gli pulsa dentro è paura o eccitazione.
Il cazzo è mezzo duro. E non riesce a capire se lo è per istinto o per Luca.

Andrea gli dice a bassa voce, quasi un pensiero: “Sei come un fratello per me”
Luca lo incalza: “È proprio per questo. So che non mi faresti mai del male”
Andrea si passa la lingua sulle labbra. Le mani sulle cosce. Sente il calore.
Il respiro gli si spezza a metà. È sempre stato aperto al sesso. Ha sempre voluto sperimentare e ha provato qualunque cosa. Ma questo … Questo è diverso. È reale. È vicino. È dentro la sua vita.
E se poi gli piacesse? Se una volta iniziato, non volesse più smettere?
Forse quella è la vera paura. Non perdere l’amico, ma perdere il controllo.

“Se succede. Se lo facciamo …”. Fissa il vuoto davanti a sé. “Non si può più tornare indietro”. Poi continua: “E se mi piace, se mi piace davvero”. Una pausa lunga. “Non sarò più lo stesso”.
Luca non si muove. Non lo interrompe. Rimane solo a guardarlo. Calmo e teso allo stesso tempo.
Poi, con voce ferma senza alcuna nota melodrammatica, aggiunge: “Neanch’io”

Andrea lo fissa negli occhi. Pensieri, voglie e timori stanno rischiando di farlo impazzire.
Resta lì. In silenzio.
Un secondo.
Due.
Con il cuore in gola. Il cazzo che pulsa leggermente sotto ai jeans. Il suo migliore amico in ginocchio, pronto. Non per chiedere. Ma per dare.
E non è più sicuro di poter dire no.

Andrea si alza in piedi.
Fa un passo indietro, si mette davanti a Luca a gambe semiaperte, alto, solido, silenzioso. Con un gesto lento, porta le mani dietro la schiena e intreccia le dita. Poi chiude gli occhi.
“Fai quello che vuoi. Ma per me sei una bocca. Chiaro? Niente di più di una bocca. Non ti guarderò, non parteciperò. Non potrai contare su di me”
Luca lo guarda. Un brivido gli scorre lungo la schiena.
Non risponde.
Non serve.

Si avvicina. Le mani tremano appena quando gli sfiorano i fianchi. I jeans sono ancora abbottonati. C’è tensione nel tessuto, un accenno di durezza che pulsa sotto.
Luca passa le dita sopra la stoffa, lentamente. Lo accarezza. Come se stesse cercando di scoprire, di esplorare, di memorizzare ogni millimetro.
Andrea resta fermo, gli occhi chiusi, il petto che si solleva piano.
Luca non ha fretta. Non è più solo fame. È controllo. È cura. Vuole farlo bene. Vuole che Andrea senta ogni secondo, ogni centimetro di pelle sfiorata dalle sue mani. Vuole che si goda quel momento fino in fondo.
Massaggia, esplora con i palmi, lo sente crescere sotto le dita, gonfiarsi contro il tessuto. E lo adora. Letteralmente. Ogni reazione è una conferma. Ogni respiro trattenuto, un invito.
Si china in avanti e sfiora appena il tessuto facendo scorrere le labbra. Un bacio. Un assaggio.

Con gesti sicuri, ma pieni di rispetto, apre la cintura poi si dedica ai bottoni della patta.
Uno. Due. Tre. Il suono è sordo, erotico, come uno scatto mentale. Glieli apre, lo accarezza attraverso i boxer. Lo sente.
Poi glieli abbassa e il cazzo di Andrea esce, mezzo eretto, caldo, vivo.
Luca lo guarda come se fosse qualcosa di prezioso. Poi si avvicina. Lo bacia.
Piano, con devozione. Le labbra si posano sulla base, poi risalgono fino alla punta. Lo lecca, lento, con la lingua piatta, come per assaggiarlo.
Andrea geme piano, quasi senza volerlo. Un suono nuovo. Intimo. Come se stesse lasciando andare un pezzo di sé.
Le mani di Luca si spostano. Scendono. Raggiungono le palle, le accarezzano, le tengono come se fossero qualcosa di sacro. Le massaggia, le sfiora con la lingua.
Andrea stringe le mani dietro la schiena. Il respiro si fa più irregolare.
“Cazzo, Lu …”. Ma non apre gli occhi.
Luca sorride appena. E a quel punto lo prende. La punta tra le labbra, calda, umida. Succhia piano. Poi un po’ di più. Il cazzo cresce rapidamente, vive nella sua bocca, diventa pieno, grosso, impossibile da ignorare.
Luca lo accoglie, lo lavora, affonda, torna su, gioca con la lingua, succhia con più ritmo.

Andrea geme.
Il corpo gli sfugge di mano.
La testa si piega all’indietro. Non riesce più a restare neutro. I muscoli delle cosce si tendono sotto al tessuto, i fianchi si muovono appena, come a cercare più profondità.
“Che cazzo”. Respiro lungo. “Nessuna … nessuna me l’ha mai fatto così”
Luca non si ferma. Sta dando tutto. Per lui non è solo un pompino.
È un’offerta.
E Andrea sta per cedere davvero. Il respiro è spezzato, rauco, disordinato.
Il corpo gli trema, il cazzo è duro come ferro, intrappolato nella bocca calda e umida di Luca, che lo accoglie con una dedizione assoluta. Il ritmo è perfetto: lingua, labbra, gola. Tutto si muove con una cura feroce, una devozione che lo manda fuori di testa.

E poi succede.
Andrea apre gli occhi.
Lo guarda.
Vede Luca inginocchiato, con le guance arrossate, gli occhi lucidi, la bocca piena di lui. Lo sta succhiando come nessuna ha mai fatto prima. Con passione. Con bisogno. Con fame.
Qualcosa dentro Andrea scatta.
Le mani gli scivolano istintivamente sulla testa di Luca. Le dita affondano nei capelli. E senza una parola, senza nemmeno pensarci, prende il controllo.
“Porca puttana, ora stai fermo”
Comincia a muoversi lui.
Il bacino spinge. La mano guida. Il cazzo affonda dentro la bocca di Luca con colpi più violenti, più profondi. Ogni affondo è un gemito basso, un ringhio trattenuto. Andrea lo scopa in bocca come se non ci fosse un domani.

Non c’è più controllo.
Non c’è più finta.
Solo istinto puro.
Ansimando, quasi ringhiando: “Prendilo, senti cosa vuol dire avere un cazzo in bocca”
Luca resta lì. Gli occhi spalancati, il respiro trattenuto tra un affondo e l’altro. Lo accoglie. Tutto. Con le mani aggrappate alle cosce dell’amico, si lascia prendere. Senza più paura. Senza più confini.

Il corpo di Andrea trema.
Il ritmo si fa irregolare.
Un ultimo affondo.
Un gemito strozzato.
Poi esplode. Il piacere lo squarcia.
Tutto il corpo teso, contratto. Il cazzo che pulsa nella bocca di Luca. L’orgasmo che lo attraversa come un’onda brutale, calda, totale. Andrea geme forte, senza freni, piegato in avanti, il petto che vibra.
E resta così. Con le mani ancora tra i capelli dell’amico. Con il respiro che non torna.
Con qualcosa dentro che non può più ignorare.
Molla la presa sulla testa dell’amico e resta li, in piedi, leggermente piegato in avanti, con il respiro che va e viene come dopo una corsa sfrenata. Il cazzo, ancora sensibile, pulsa lentamente. La testa gli gira. Le gambe sembrano fatte di gomma.

Luca si stacca piano, si passa la lingua sulle labbra, poi pulisce le ultime gocce dal cazzo di Andrea e ingoia tutto. Senza dire niente. Senza teatralità. Solo con controllo. Con intenzione.
Poi, con un gesto morbido, affettuoso e carico di una confidenza troppo intima per essere solo amicizia, riprende il cazzo di Andrea tra le dita e lo ripone nei boxer, con delicatezza. Lo sistema e chiude i jeans. Un bottone alla volta serrando la cintura alla fine.
Andrea lo guarda, immobile. Troppo scosso per fermarlo.
Troppo eccitato per volerlo fare.

Luca si rialza. Si passa il dorso della mano sulle labbra con lentezza, asciugandosele con un gesto elegante e sporco insieme, fissando Andrea dritto negli occhi.
Un sorriso lento, malizioso, complice. “Allora, è stato davvero così terribile?”
Andrea deglutisce, ma non riesce a parlare. Ha ancora la bocca leggermente socchiusa. Gli occhi lucidi, persi. Luca gli si avvicina di un mezzo passo. Gli sfiora i capelli con la punta delle dita, un gesto breve ma carico di intimità nuova, più maschile che fraterna, più dominio che affetto.
“Visto che mi sembra che tu l’abbia gradito”. Si ferma, il sorriso che si allarga appena, le dita che scivolano via dai capelli. “Non esitare a chiedermelo di nuovo quando ne avrai ancora voglia”.
Poi si gira. Calmo. Silenzioso. E se ne va verso la cucina, lasciandosi dietro il suono dei suoi passi e l’odore del piacere ancora nell’aria.
Andrea resta lì. Mani sui fianchi, anima in bilico.
E dentro la testa, una sola frase: “Cazzo… che diavolo sta succedendo tra noi?”

Qualche giorno dopo è di nuovo sabato sera, ma la casa è insolitamente silenziosa.
Nessuna musica, nessun profumo femminile nell’aria, nessun messaggio sul telefono di Andrea da leggere a voce alta con la solita risatina complice.
Luca esce dalla sua stanza vestito solo dai pantaloni della tuta, scalzo e a torso nudo e lo vede immediatamente.
Andrea è in cucina, appoggiato al bancone con noncuranza, una birra in mano e le lunghe gambe leggermente incrociate una sull’altra.
Ai piedi ha i suoi texani vissuti, ben visibili nonostante i jeans stretti, perfettamente fascianti, che mettono in evidenza un rigonfiamento deciso che non ha nessuna vergogna di esibire.
Anzi, è evidente che non indossa niente che contenga ciò che sta sotto. Sopra, una camicia blu che aderisce al petto come una seconda pelle. Le maniche tirate, il tatuaggio sul bicipite appena visibile.
Esattamente ciò che Luca aveva rubato dal suo armadio e indossato di nascosto qualche giorno prima. Una vita prima.

Andrea non fa nulla di strano. Non dice niente.
Ma Luca capisce in quel momento che ogni dettaglio del suo corpo è un messaggio. Si è organizzato per ottenere ciò che gli serve senza doverlo chiedere.
“Questa è l’esca. E io sono il fottuto pesce che non vede l’ora di abboccare” pensa tra sé e sé.

Andrea lo guarda solo per un attimo. Sorseggia la birra, poi gli passa davanti agli occhi e si siede sul divano allargando e chiudendo le gambe con naturalezza. Il rigonfiamento è lì, evidente.
Non lo copre. Non lo sistema. Lo mostra.
“Niente tipe stasera. Ho solo voglia di rilassarmi” gli dice distrattamente

Luca si appoggia allo stipite della porta. Lo guarda. A lungo.
Gli occhi scendono su quelle cosce muscolose, su quei jeans tesi, sulla camicia che tira quando Andrea si stiracchia.
Il messaggio è chiaro.
Andrea vuole, ma non chiederà. Non può.
E Luca lo sa. Lo conosce troppo bene.
Si avvicina lentamente. Si ferma in piedi davanti a lui, le mani in tasca, lo sguardo basso sul cavallo dei jeans del suo amico. Poi tira su la testa e fissa i suoi occhi.
Un sorriso. Caldo. Calmo. Premuroso ma pericoloso.
“Vuoi che me ne occupi io stasera?”

Andrea non risponde subito.
Gli occhi gli si accendono appena. Un battito veloce del petto. Poi si limita ad alzare una spalla.
“Fai come vuoi”
Ma il corpo grida sì. E Luca sorride di nuovo.
Si inginocchia tra le sue gambe.
Con lentezza. Con precisione.
Le mani scivolano sui jeans. Sul rigonfiamento.
E Andrea chiude gli occhi.
Il gioco è iniziato di nuovo. Solo che stavolta entrambi sanno esattamente come andrà a finire.

Luca è inginocchiato tra le gambe aperte di Andrea.
Le mani si posano piano sulle sue cosce, sentono la tensione dei muscoli sotto il tessuto stretto. I jeans tirano, segnano ogni curva, e quel rigonfiamento lì al centro, vivo e palpitante, sembra pulsare di attesa.
Andrea si è lasciato andare sul divano. Testa all’indietro. Occhi chiusi. Le mani ancora intrecciate dietro la nuca, come se davvero volesse far finta che non stia succedendo nulla.
Ma il respiro gli sfugge più pesante.
Il petto si solleva.
Luca lo sa. Ha già vinto.

Con un gesto lento, passa le dita sulla patta dei jeans, sfiorando la stoffa. Il cazzo di Andrea risponde, si muove sotto le cuciture, cresce. Luca lo accarezza piano, con attenzione. Le mani lo sentono vivere sotto i polpastrelli. Lo adorano.

Andrea si morde il labbro.
“Non farmi aspettare troppo”
Un ordine mascherato da richiesta.
Luca sorride appena. Adora essere finalmente lui a fargli perdere la calma. A rubargli il controllo.
Con gesti lenti, precisi, apre i bottoni. A uno a uno. Li slaccia senza fretta, come un rito. Il tessuto si apre, il cazzo di Andrea esce, già semiduro, pieno di promesse.

Luca lo guarda. Lo prende in mano. Lo sente caldo, pesante, già teso. Poi abbassa la testa.
E comincia.
Prima un bacio. Umido, leggero, alla base.
Poi la lingua. Lunga, piatta, lenta. Una leccata che sale dal basso fino alla punta, dove si ferma. Lo accoglie tra le labbra. Lo succhia piano. Solo la testa. Lo fa godere. Lo fa impazzire.
Andrea geme.
Le mani scivolano sui braccioli del divano. Le dita si chiudono a pugno. Il corpo si tende.
“Merda”. Ansima. “Non so come cazzo tu faccia, ma ogni volta è meglio”
Luca continua. Succhia con più ritmo. Prende di più. La testa si muove, la gola si apre. Le mani accarezzano le palle, le massaggia, le tiene con cura. Ogni movimento è pensato. Ogni affondo, un regalo.
Andrea spinge appena il bacino. Non può più stare fermo.
Il respiro si fa rapido, irregolare.
Il controllo è già andato.
Andrea, sussurrando, a occhi chiusi, lo implora: “Non fermarti. Non fermarti, fratè”

E Luca non si ferma.
Non lo farà.
Non fino a quando Andrea non si sarà svuotato completamente dentro di lui.
Luca continua a succhiarlo, la bocca piena, il ritmo perfetto, le mani sicure. Andrea è lì, spinto contro lo schienale del divano, il petto lucido, il respiro che scivola fuori come un ringhio trattenuto.

Ma a un certo punto cambia improvvisamente tutto.
Andrea apre gli occhi di scatto, afferra la testa di Luca e la ferma. I fianchi rigidi, la mascella tesa. Lo guarda dall’alto, duro, affamato, cambiato.
“Basta così”. Gli dice con voce roca. “Adesso tocca a me”
Luca si lascia fare. Lo guarda. Gli occhi caldi, pronti.

Andrea si alza improvvisamente in piedi. I jeans scesi a metà coscia, il cazzo gonfio e pulsante. Tira su Luca da terra prendendolo per le braccia, lo bacia di colpo. Per la prima volta. Un bacio ruvido, feroce, maschile. Poi lo gira con forza, lo fa appoggiare al divano, la schiena inarcata, i fianchi in avanti.
“Te lo sei guadagnato”. Poi aggiunge. “So io di cosa hai bisogno”
Luca respira forte. Gli occhi chiusi. Il corpo teso. Ma è pronto.
Andrea gli abbassa i pantaloni della tuta, si inginocchia dietro di lui, le mani forti che scorrono sui fianchi, sul sedere sodo, perfetto, già esposto, già offerto. Lo accarezza. Lo apre. Lo esplora.
Lo prepara come può. Un dito, poi due e infine il terzo. Tanta saliva.
Poi si avvicina. Il contatto è pieno. Caldo. Vivo.

Il respiro di entrambi si fonde. Il momento è lì.
Andrea spinge. Luca si lascia prendere.
E in quell’affondo c’è tutto: il desiderio, il potere, l’amicizia che si trasforma, il corpo che si perde dentro un altro corpo.
Andrea si muove. Profondo. Ritmico. Deciso.
E Luca lo sente. Dentro. Ovunque.
Niente più parole.
Solo carne. Solo loro.

Il corpo di Andrea si muove con fame, guidato da un istinto primordiale.
Ogni spinta è un affondo deciso, pieno, profondo. Le mani stringono i fianchi di Luca, li guidano, li afferrano come se volesse incidergli addosso il proprio nome. Il cazzo affonda dentro quel corpo che lo accoglie senza resistere, che si apre come se l’avesse aspettato da sempre.
Il suono della pelle che sbatte contro la pelle riempie il soggiorno. È un ritmo sporco, sincero, vivo. E i gemiti, prima bassi, poi più aperti, si intrecciano fino a diventare un unico fiato.

“Cazzo, Luca, sei fantastico”.
Luca si spinge indietro, lo vuole tutto. Lo prende con la schiena inarcata, le mani strette sul divano, le gambe larghe, i muscoli tesi. Lo sente muoversi dentro, scivolare, premere, prendere. Ogni colpo gli fa tremare le ginocchia, ma non molla.
“Non fermarti. Tienimi così” lo implora.
Andrea ringhia. È fuori controllo. Il petto contro la schiena di Luca, il fiato caldo all’orecchio, le mani che lo tengono stretto mentre spinge ancora, ancora, ancora.
Il piacere monta.
Le spinte diventano più brevi, più veloci, urgenti.
Il cazzo pulsa dentro Luca.
Il corpo di Andrea si tende tutto in un’unica, poderosa vibrazione.
Poi, l’esplosione.
Andrea viene con un gemito profondo, quasi animalesco, la testa piegata sulla nuca di Luca, le mani che lo stringono come se avesse paura di scivolare via. Gli svuota dentro tutto. Tutto.

E ancora una volta Luca viene con lui. Senza toccarsi. Senza preavviso.
Il piacere gli attraversa la spina dorsale come un’onda calda e devastante. Sente il proprio cazzo pulsare, il ventre contrarsi, lo sperma schizzargli sulla pelle, sulle cosce, dentro ai pantaloni della tuta calati.

I corpi restano uniti.
Fermi.
Solo i respiri. Lenti. Pesanti.
Poi Andrea si lascia andare su di lui, ancora dentro, ancora presente. Il cuore che batte troppo forte, la testa vuota, il corpo sfinito.
E Luca, sotto, sorridente: “Così, sì. Adesso siamo ancora più uniti”
Andrea non risponde, ma non si stacca.
E in quel silenzio, condiviso, pelle contro pelle, entrambi sanno una cosa con certezza.
Non è stato solo sesso.

Il mattino successivo li trova ancora lì. Hanno parlato, hanno scherzato, hanno riso insieme e poi si sono addormentati davanti alla televisione.
La luce è cambiata. È più bassa, morbida, filtrata dalla finestra. Andrea si sveglia sul divano.
È mezza mattina, forse di più. Ha ancora addosso gli stivali e i jeans semiaperti. La camicia è uno straccio sul petto nudo ancora lucido di calore, un velo di sudore asciugato sul collo. Si stropiccia gli occhi. Fa fatica a ricordare i dettagli, ma il suo corpo sì. Il corpo ricorda tutto.
Si gira.
Luca è ancora lì, seduto a terra sotto di lui, con la schiena contro il divano. Indossa una t-shirt di Andrea, larga sulle spalle e i pantaloni della tuta con i segni evidenti della sera precedente. Le gambe piegate, il viso appoggiato al braccio. Gli occhi socchiusi, sveglio ma fermo.
Silenzio.
Andrea si passa una mano sul viso. Il cuore gli batte più piano, ma non calmo. Sente tutto: la pelle sensibile, i fianchi indolenziti e quella presenza accanto a lui che ormai non può più ignorare.
“Da quanto sei sveglio?” chiede a Luca con voce impastata
“Abbastanza da vederti dormire con la bocca aperta”.
Andrea ride, ma è un suono morbido, quasi imbarazzato. Si gratta il petto, infila una mano nei pantaloni per sistemarsi il cazzo, poi si siede sul bordo del divano. I piedi a terra, vicino a quelli di Luca.
Una pausa.
Poi Andrea attacca.
“Non è stata una cosa da ridere, lo sai?”
Luca alza lo sguardo. C’è serietà nei suoi occhi, ma anche qualcosa di più dolce.
“Lo so”.

Andrea guarda dritto davanti a sé. Non sa che dire. Ma sente. Sente tutto ancora addosso: le labbra di Luca, la sua bocca, il suo corpo che si apriva sotto di lui, per lui. E quel piacere che non riesce a paragonare a nessun altro.
“È stato … troppo”
“Ma ti è piaciuto” ribatte immediatamente Luca.

Andrea lo guarda. Lungo. Poi annuisce. Una volta. Lenta. Vera.
“Sì. Mi è piaciuto”.
Silenzio.
Luca si alza. Si stiracchia, senza fretta. Si avvicina ad Andrea, gli passa una mano tra i capelli, un gesto leggero, affettuoso, ma carico di intimità nuova.
“Quando ti va di rifarlo, non serve che ti inventi una scusa”

Andrea alza lo sguardo.
Luca gli sorride. Gli sfiora la guancia con il dorso delle dita. Poi si allontana piano, diretto verso il bagno.
Andrea resta lì.
Nudo dentro. Col cuore pesante. Il cazzo rilassato, ma la testa in pieno casino. E mentre ascolta l’acqua scorrere nella doccia, una sola frase gli torna in testa, ripetuta a loop:
“Cazzo, quello non era solo sesso. Non più.”

È passata qualche settimana e i confini tra amicizia, sesso, abitudine e intimità si sono fatti gradualmente più fluidi. Andrea e Luca hanno trovato un nuovo equilibrio, non dichiarato, ma reale. Le ragazze sono tornate a frequentare i letti di entrambi, ma meno spesso.
Alcune sere sono riservate a loro due. Solo per loro, senza scuse.
Non serve dire niente, sanno entrambi cosa succede quando gli sguardi si incrociano più a lungo del solito, quando una battuta prende una piega più bassa, più ruvida, più intima.
Sono amici. Sono uomini. Ma ormai sono anche altro.

Il sole del pomeriggio entra dalla finestra del soggiorno. La casa è in ordine, quasi. Due birre sul tavolo. I telefoni a faccia in giù. Nessuna ragazza in arrivo.
Andrea sbuffa: “La bionda di ieri mi ha scritto. Dice che si è “affezionata”.
Luca, sorridendo senza guardarlo: “Colpa tua. Quando scopi devi sempre fare l’innamorato”
Andrea ride, butta la testa all’indietro.
“Io faccio il bravo maschio. Ma adesso me ne tengo alla larga. Ci sono già abbastanza incastri”.
La frase resta sospesa.
Un silenzio che non è vuoto. È carico.
Luca lo guarda. Poi si alza, va in cucina. Andrea lo segue con lo sguardo. Gli occhi si abbassano sul culo fasciato dai jeans che indossa quel giorno, sui movimenti lenti, sicuri. Ha imparato a guardarlo diversamente, ma non lo ammette.
Eppure, alcune sere come questa, ad esempio, le ragazze non ci sono. Perché non devono esserci.
Sono diventati bravi a scegliere quando.
A leggere i segnali.

Altre sere invece, qualcuna arriva.
Si ride, si beve, si scopa.
Una volta ognuno nella propria stanza. Un’altra volta di nuovo insieme. A letto in quattro, come fosse un gioco tra fratelli. Solo che ora, tra un gemito e l’altro, gli occhi di Luca trovano sempre quelli di Andrea. Anche mentre una bocca gli scivola sul ventre. Anche mentre una mano lo stringe. Anche mentre è dentro qualcun’altra.
È lui che cerca.
È lui che vuole.
E Andrea risponde. Con un tocco. Uno sguardo. Un sorriso sporco.

E poi ci sono le loro sere. Quelle in cui non si dice niente.
Solo una birra in più.
Una maglietta un po’ più attillata.
Un rigonfiamento sotto i jeans che nessuno finge di non notare.
Andrea si avvicina da dietro, gli passa una mano sulla schiena: “Fai la doccia con me?”
“Sempre, se me lo chiedi bene”
E la sera finisce in modo che solo loro conoscono.
Qualcosa che non ha a che fare con l’amore. Se possibile, qualcosa di ancora più intimo.
Senza promesse.
Senza spiegazioni.
Solo pelle, presenza, potere condiviso.

La casa è in penombra.
La TV è accesa ma nessuno la guarda davvero. Andrea è sdraiato sul divano, una gamba appoggiata sul bracciolo, l’altra stesa lungo il cuscino. Indossa solo una canotta nera e i jeans sbloccati alla cintura. Niente intimo. Non lo mette mai in casa, lo sa anche Luca.
Luca è seduto sulla poltrona accanto, una birra tra le mani, lo sguardo perso.
Ma non nel vuoto. Su di lui.
Sul rigonfiamento visibile.
Sul petto che si alza piano.
Sulle vene delle braccia che si tendono quando Andrea si gratta l’addome sotto la canotta oppure si accarezza le palle con naturalezza.
Andrea lo sa.
Lo sente.
E quando il silenzio si fa abbastanza denso, parla. Piano. Ma con intenzione.
“Bro, che cazzo c’hai da guardare?”
“Lo sai benissimo”

Andrea si alza. Si muove lentamente, con quella camminata maschia, leggermente sbilanciata che ha quando sa di essere desiderato. Va verso Luca, si ferma davanti a lui.
Le luci basse gli disegnano i muscoli sotto la maglietta. Il bottone dei jeans ancora aperto. Il cazzo che preme, visibile, sfacciato.
“Io ho voglia. E tu?”. Gli chiede con quella sua voce calda e ferma.
Luca lo guarda negli occhi: “Che cazzo di domande mi fai?”.
Andrea sorride appena.
Si gira. Gli mostra la schiena.
E in silenzio, si dirige verso la camera.
Luca lo segue.

La stanza è buia.
Solo il neon fuori dalla finestra filtra tra le tende, illuminando le forme. Andrea si toglie la canotta. I jeans li lascia a metà coscia. Si siede sul bordo del letto. A gambe aperte. Nudo. Aspettando.
Luca si inginocchia tra le sue gambe.
Come la prima volta.
Come sempre.
Gli bacia l’interno coscia, le mani sulle anche. Il cazzo di Andrea è già mezzo duro. Luca lo prende in bocca, lo lavora con lentezza, profondità. Lo fa crescere con cura. Andrea geme basso, la mano tra i capelli di Luca, guida il ritmo. Ma non spinge. Non ancora.
Poi si alza. Lo prende per un braccio. Lo gira.
Luca si appoggia al letto, le braccia tese. I jeans scivolano a terra. Andrea si avvicina da dietro, le mani sulle anche. Il cazzo duro che sfiora la fessura già aperta per lui. Già pronta.
Una spinta graduale del bacino.
Ed entra.

La spinta è piena, calda, sicura. Luca geme, si spinge indietro. Andrea affonda, lo prende. Le mani lo stringono. Il ritmo accelera.
I corpi si muovono insieme.
Sudore. Gemiti bassi. Fianchi che sbattono.
Andrea che ringhia contro la sua schiena: “Sei mio. Sempre. Ogni volta che voglio”
“Prendimi. Tienimi così” risponde Luca.
Andrea spinge più forte.
Luca geme più forte.
Il letto scricchiola. Il piacere sale.

Poi Andrea lo sposta sul letto e si sistema sopra di lui. Il petto appoggiato alla sua schiena, il respiro denso contro la nuca. Le mani lo tengono fermo per i fianchi, con forza. Le dita affondate nella carne, presenti, maschili.
Il corpo di Luca è teso, pronto, spalancato. Non servono parole. Solo movimenti.
Andrea spinge, entra di nuovo, lento ma deciso, con un unico affondo costringendo luca a un leggero urlo che rompe il silenzio. Un colpo di bacino pieno, profondo, che fa gemere Luca contro il materasso.
“Così, duro e forte come piace a te, bro”
Luca lo sente dentro. Ogni centimetro. Ogni spinta. Le gambe si allargano di più. Si curva. Si offre. Il cazzo premuto tra pancia e lenzuola, duro, gocciolante.
Andrea lo scopa con ritmo. Non lento, non veloce. Perfetto. I colpi sono secchi, pieni, le mani lo guidano, lo domano. Le palle sbattono contro di lui. Il sudore scivola lungo la schiena.
Ogni gemito è un respiro trattenuto che esplode.

Andrea si piega in avanti, gli morde la spalla.
“Ti piace così, eh? Te lo sto dando come lo vuoi”
E Luca geme un sì, appena udibile. Ma è il corpo a rispondere. Che si muove. Che lo chiama. Che lo vuole ancora più dentro.
Andrea accelera. Lo prende. Lo riempie.
Gli fa scivolare una mano sotto, afferra il cazzo duro di Luca e lo stringe, lo masturba con lo stesso ritmo delle spinte. Ogni gesto sincronizzato. Ogni respiro si fonde. È un solo corpo che trema.
Il letto sbatte piano contro la parete.
La stanza è piena del suono della pelle sudata che si incontra.
Andrea geme, sempre più forte, la voce impastata: “Bro … sto per venire. Prenditelo tutto”.
Luca inarca la schiena, grida strozzato, viene a sua volta contro le lenzuola.
Forte. Bagnato. Senza toccarsi più.
E con un colpo finale, Andrea lo segue
Un ringhio. Una scossa.
Si svuota dentro di lui, spingendo ancora, affondando tutto, fino a restare fermo.
Resta dentro, tremante, il viso premuto sulla schiena di Luca. Il respiro che si fonde. Il sudore che li bagna entrambi. Nessuno parla.

Poi si lasciano cadere sul letto che condividono sempre più spesso.
Appiccicati.
Nudi.
In silenzio.
Con i corpi che non si staccano uno dall’altro per tutta la notte.
E quella strana sensazione, sempre più difficile da negare.

Che queste notti non sono solo sesso. Non più.
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