PRIMA VOLTA DA UOMO

"Era una domenica pomeriggio di primavera, di quelle assolate che ti fanno venire voglia di fare qualcosa. Io, invece, ero solo, davanti al computer, a cercare compagnia. Non ero nella città dove vivo abitualmente, ma nel mio paese natale, a casa dei miei. E lì, la situazione era sempre la stessa: controllato ogni tot, con interrogatori che sembravano più un'indagine della Gestapo. 'Cosa fai sempre al computer quando vieni qui? Con chi ti scrivi?' Domande, domande, domande.
Io, come al solito, rispondevo vago: 'Ma, mamma, mi scrivo cose di lavoro, cerco soluzioni informatiche... lascia stare'. Ma nel bel mezzo di una di queste inquisizioni degne di un nazista a caccia di traditori della buona fede dei genitori, ecco che appare una notifica sulla chat free di Mirc.

Un brivido mi percorse la schiena. C'era scritto 'siamo vicini'. E a quel punto, l'urlo liquido di mia madre mi catapultò di nuovo nella realtà. Venni catturato: 'IO, 40enne belloccio quasi tonico con pancetta e giusto pelo bel culo e bel cazzo'. Questa era la descrizione, seguita dalla mia città. E lui? Boh, senza età. Così rispose subito: 'Sono piccolo per te, di sicuro'.

Però, non disdegnavo un incontro, anche solo per parlare. In fondo, volevo compagnia. E poi, mi intrigava l'idea di liberare un ragazzino dagli indugi e dalle costrizioni dei genitori, proprio come era successo a me in adolescenza.

'INCONTRIAMOCI,' risposi. 'Se sono grande, nemmeno ti avvicini alla mia auto'.

E così, mi ritrovai nel parcheggio dietro casa, a 200 metri, seduto nella mia Multipla Fiat, un'auto enorme, spaziosa. Lo vidi passare davanti, mi fissò. Era un bel ragazzino, un po' cicciottino, che fingeva di andare via. Poi, lo vidi girare dietro la mia auto, mentre lo seguivo con lo sguardo. E d'improvviso, aprì la portiera e si sedette accanto a me.

'Ciao,' disse. 'Io sono Luca. E tu?'

'Ciao,' risposi. 'Mi chiamo Vito. Ma ho 18 anni. Non è che la cosa ti spaventa o ti fa schifo?'

Io, tranquillo, risposi: 'Guarda che seduto accanto a me potresti essere mio figlio o mio nipote!' E poi, aggiunsi, con un sorriso malizioso: 'A meno che tu non mi dia un bacio, almeno sulla guancia. Allora lo zio è felice di vederti, e tu pure!'

Lui si allungò, tremante, e mi stampò un bacio sulla guancia. 'Ok, così?', chiese.

'Sì,' risposi io.

E a quel punto, scoprii sul suo viso un sorriso metallico, fatto con l'apparecchio ai denti, molto evidente. Richiuse la bocca e disse: 'Ecco, vedi? Adesso hai scoperto che ho l'apparecchio e non ti piaccio. Me ne vado?'

E io: 'Fai pure. Ma io non ho ancora detto nulla sul tuo aspetto. Hai paura di essere brutto?'

E lui: 'Sì, me lo dicono tutti a scuola e a calcio. E non sono nemmeno così fisicato'.

Ribattei subito: 'Ma che dici? Secondo me sei bellissimo. E quando crescerai, ti prenderai le tue rivincite, altroché!'

Altro sorrisone e domandona: 'Ma tu di cosa avevi voglia?'

'Di darti un bacio in bocca con tutto l'apparecchio', dissi. 'Se chiudi gli occhi, almeno sai che significa, se i maschi ti intrigano. Ti fai le seghe?'

'Sì,' rispose.

'E su chi te le fai? Sulle femmine o sui maschi?'

'Sui maschi. Col cazzo che scopano le femmine,' rispose lui, sicuro.

'E io ti piaccio?', domandai, diretto.

Abbozzò un sorriso. Poi abbassò gli occhi e disse: 'Nella foto che mi avevi mandato eri bellissimo, ai miei occhi. Ma qui dal vivo mi fai pure eccitare molto'.

A quel punto, allungai la mano e gli toccai il pisellotto da ragazzino, duretto ma non tanto grosso.

Il mio gesto improvviso lo mise in allerta e si tirò su. Poi insistette: 'Ma davvero vuoi darmi un bacio sulla bocca, a me che sono piccolo?'

Io, sorridendo, risposi: 'Facciamo così: se chiudi gli occhi e ti avvicini, siccome non c'è nessuno, lo facciamo accadere. Ma se ti fa schifo, non continuare. Va bene per te?'

Lui chiuse gli occhi, si avvicinò a me, e io gli accarezzai il visetto liscio. Era consapevole che stava accadendo qualcosa di bello, e si lasciò andare. Io avvicinai le labbra e gli soffiai dolcemente il mio respiro. Vidi che non si ritraeva. Meno male, ho un alito sempre perfetto! Poi avvicinai le labbra alle sue, e lui mi ricambiò la dolcezza di un bacio fantastico, durato dieci secondi, ma sulle labbra, per la sua primissima volta.

Riaprì gli occhi, stupito. Mette la mano sulla mia coscia e tentò di accarezzarmi il mio cazzo durissimo. Io gli allungai la mano e glielo lasciai fare. Ma mi riavvicinai e lo ribaciai. Solo che eravamo in un parcheggio pubblico e, sebbene fosse domenica, ogni tanto si veniva interrotti sul più bello.

'Allora che si fa?', domandai. 'Ci spostiamo?'

'No, aspetta,' disse lui. 'Apri i pantaloni, per favore'.

E io gli feci vedere le mutande. Lui toccò il mio cazzo durissimo e chiese il permesso di tirarlo fuori e vederlo. Gli dissi di sì. E poi lo afferrò. Ma ricevette un mio 'Adesso tocca a te metterti a nudo per la prima volta, no?'

Stavolta non esitò. Abbassò i pantaloni da seduto e tirò fuori il birillino da ragazzino, ma durissimo e non scappellato ancora.

Riprese il mio cazzo e cominciò a farmi la sega. Ancora una volta, ben preso e impegnato. La Multipla Fiat permette di sedersi accanto e anche di abbassarsi e avvicinarsi con la bocca (auto precedentemente protagonista di svariati pompini al volo!). Tutto preso, mi baciava ancora, senza più accorgersi delle persone che ogni tanto passavano davanti a noi che, per fortuna, eravamo vicini a un muro, abbastanza nascosti da due dei quattro lati dell'auto.

Baciava strano, da ragazzino alle prime esperienze, ma dolcissimo, preso dalla foga. Finché, improvvisamente, non si accorse che il mio cazzo pulsava. Allora avvicinò la faccia e prese lo schizzo sulla guancia e un pochino sulle labbra. Poi avvicinò la mia sborra alla bocca e la inghiottì voracemente.

Tutto sporco di sborra, si risollevò e mi abbracciò furiosamente. Mi baciò sulle labbra, inondandomi anche della mia sborra sul mio viso, come il suo. Poi mi baciò sulle guance, succhiandomi ciò che era rimasto. E io, fermo lì, a guardarlo impazzire per sta cosa che non aveva mai fatto, e poi fatta davanti a un eventuale (meno male quasi nullo) pubblico vicino casa sua.

Allungò una mano verso i miei fazzolettini in auto, si asciugò per bene ciò che era rimasto e disse: 'Spero ti sia piaciuto ciò che ho fatto. E scusami se sono stato un po' così, tanto preso dalla mia prima volta. Ma io sta cosa volevo farla, e finalmente l'ho fatta. E con te è stato bellissimo'.

Mi guardò, sorrise coi denti metallici luccicanti di sborra e allegria. Mi ribaciò sulla guancia, aprì la portiera e sparì al volo, correndo in modo che io non potessi seguirlo nemmeno con lo sguardo.

Per me, una specie di sogno proibito che, dalla eventuale compagnia della domenica pomeriggio tra chiacchiere e gelati, si era trasformata in una porca avventura, di quelle improvvise, tipiche della mia vita. Come altre ne ho raccontate anche qui.

Come sempre, ringrazio anticipatamente i bigotti che criticheranno il mio dare baci e farmi spompinare da diciottenni. Ma a diciotto anni, sfido chiunque sia qui a non averlo almeno pensato, di fare con un adulto.

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