Racconti Erotici > Gay & Bisex > Sul bus tornando da scuola - sei mesi dopo
Gay & Bisex

Sul bus tornando da scuola - sei mesi dopo


di XYZ87
14.07.2012    |    23.770    |    6 9.2
"Da quel momento io e Marco diventammo inseparabili, ogni momento era buono per stare insieme: aspettavo che arrivasse la sua corriera ogni mattina davanti a..."
(continuazione de “Sul bus tornando da scuola – una settimana dopo”) Dopo quei due episodi con Marco, tutto tornò alla normalità. Scuola finita, estate, qualche lavoretto ed il ritorno a scuola dopo un periodo di stage e quindi, in ritardo di tre settimane rispetto alle altre classi. Non immaginate quindi il mio grande stupore quando il primo giorno di scuola di ottobre io ed i miei compagni di quinta ritornammo sui banchi ed entrando a scuola mi ritrovai davanti proprio Marco. Zaino in spalla, sorriso sul volto, corse da me salutandomi. Io rimasi sbigottito:
“Che cavolo ci fai tu qui?” dissi.
“Sai, sono cambiate molte cose nella mia vita dall’anno passato, e la scuola è una di queste. Poi avrò modo di raccontartene anche altre. Il tempo certo non ci manca.”
Ci scambiammo un po’ di convenevoli, ed in ricreazione approfondimmo la cosa. Dopo il primo anno in un'altra scuola decise di cambiare indirizzo, venendo a trasferirsi proprio nella mia scuola dove ora frequentava il secondo anno. Immediatamente ci scambiammo i numeri di telefono. Prima di ritornare in classe alla fine della ricreazione mi sussurrò qualcosa all’orecchio, come fanno i bambini che non vogliono farsi sentire dagli altri:
“Sai, dopo quello che è successo tra noi l’anno passato ho constatato che anche io sono gay.”
Mi fece l’occhiolino e si allontanò verso la sua classe. Rimasi lì impalato, riuscii solo a lasciarmi sfuggire un “Pazzesco!”.
Il mio compagno di banco, fidato compagno di decine di ore di scuola passate assieme si avvicinò in quel momento e chiese:
“Perché? Che t’ha detto?”
Lo guardai e risposi: “No, niente…”
“Oh, contenti voi… dai andiamo in classe.” aggiunse.
Non gli avevo mai confidato la mia omosessualità, che anzi fin lì avevo nascosto, anche se con lui eravamo molto attaccati. Sempre insieme durante le ore scolastiche, qualsiasi attività dovessimo svolgere, con gli inevitabili benefit reciproci che ne derivavano sul piano del profitto. Un amicizia vera la nostra.

Da quel momento io e Marco diventammo inseparabili, ogni momento era buono per stare insieme: aspettavo che arrivasse la sua corriera ogni mattina davanti a scuola prima di entrare. Eravamo sempre insieme anche durante le pause pranzo, ricreazioni varie, e perfino nelle assemblee d’istituto veniva a sedersi vicino a me. Noi tuttavia evitavamo di essere troppo espliciti in pubblico, e solo quando eravamo al riparo da occhi indiscreti ci concedevamo le nostre effusioni, principalmente qualche bacio scambiato fugacemente nei bagni. La cosa però alla lunga non passò inosservata: gli altri si chiedevano cosa ci facesse un ragazzo di quinta sempre assieme ad uno di seconda, se questo non era un parente, un conoscente, ed anzi, abitava a decine di km di distanza? Iniziammo anche a mentire ai nostri genitori, dicendo che ci fermavamo a scuola per dei rientri quando in realtà stavamo nel parchetto vicino alla scuola fino alle cinque del pomeriggio a chiacchierare come due fidanzatini.
Un giorno il mio fidato compagno di banco mi prese di petto e me lo chiese. Avevamo appena terminato il compito di matematica ed eravamo solo noi due nel corridoio:
“Oh, sei sempre appiccicato a quel ragazzino, ma si può sapere come mai? Una volta eravamo inseparabili io e te, ora non ti curi neanche di me…”
Forse era inutile girarci attorno. Lo guardai negli occhi e dopo qualche secondo mi pronunciai:
“Ascolta, ti ho sempre considerato una persona seria, prima che un amico. Per cui credo di potermi fidare di te come ho sempre fatto finora…” Titubai a proseguire. Lui però incalzò:
“Quindi?”
“Quello… è il mio ragazzo! Ecco, te l’ho detto chiaro e tondo!”
Sgranò gli occhi. Non gli diedi il tempo di parlare: “Sei geloso forse?” dissi facendo un espressione da checca.
“No grazie!” disse lui, con una risata sarcastica.
Meno male, sapevo che era un tipo in gamba, e che lo strappo era ricucito.
Non fu però l’unico a notarlo, le chiacchiere cominciarono a correre. Chi non si poneva problemi lasciava cadere la cosa, chi invece voleva rompere le scatole spargeva la voce aggiungendoci del suo. Mi detti da fare con le mie maniere sbrigative e convincenti per metterne a tacere un paio che si erano fatti un po’ troppo insistenti. Epocale fu quando un moccioso durante la ricreazione ci urlò dietro “Ricchioni”. Forse era convinto che non ci avremmo fatto caso, o che ci avrebbe semplicemente denigrato facendosi bello davanti a tutti… fu necessario l’intervento di due proff per convincermi a suon di strattoni a rimetterlo a terra dopo che l’avevo preso per il collo. Sarò anche recchione, ma non sono una checca! Sono il classico bravo ragazzo, ma guai a farmele girare!

Arrivò anche il giorno in cui lo facemmo, e chi lo sa come ci venne in mente, proprio nei bagni della scuola. Altri luoghi no? Eravamo cotti l’uno dell’altro e non ci curammo del luogo. Ci eravamo dati appuntamento in bagno tramite sms con il chiaro obbiettivo di farlo. Quando entrai lui era lì che mi aspettava. Mi avvicinai, mi appoggiai alla sua schiena e iniziai a baciargli il collo. Lo abbracciai carezzandogli il petto. Non indugiai troppo, il tempo era ben poco. Gli abbassai i pantaloni: la puttanella era senza intimo!!! Si mise di fronte al lavandino, guardandomi attraverso lo specchio che aveva di fronte fissato al muro. Inumidii un dito sotto al rubinetto e cominciai a lavorargli il buchetto.
“Vedo che sei già pronto!” dissi notando che il dito entrava agevolmente.
“Mi sono preparato a dovere.” disse con un sorriso.
Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai: “Puttana”
Lo tirai fuori dai pantaloni e lo penetrai, lui cominciò a sussultare. Mentre io lo stantuffavo lui gemeva e più di una volta gli dissi di fare silenzio. Mentre continuavamo nel nostro amplesso la porta dei bagni si spalancò. Non avemmo il tempo di fermarci che entrò un ragazzino di prima, anche se un po’ a disagio visto ciò che si trovò di fronte (mai una volta che possa godere senza che qualcuno mi interrompa). Continuammo come se nulla fosse. Si infilò nel bagno e pisciò. Quando uscì indugiò lavandosi le mani. Sembrava stesse lì solo per cercare di guardare un po’. Marco godeva in pieno mentre me lo sbattevo contro il lavandino, io lo fissai e gli dissi:
“Se vuoi, ne ho anche per te dopo.” A quelle parole il primariolo scappò immediatamente in classe.
Pochi istanti prima di sborrare mi staccai e raggiunsi l’orgasmo nel lavandino. Lui fece altrettanto e si ripulì. Mi voltai verso di lui, lo baciai e con la mano scesi ad accarezzargli i glutei. Aveva ancora i pantaloni calati a metà coscia.
“Devo sempre dirtelo io quando è il momento di rivestirti?”
Rimase come perplesso e si tirò su i pantaloni prima di ritornare in classe.

Il nostro rapporto continuò magnificamente, ciò nonostante mi confessò che per mettere a tacere un compagno che aveva cominciato a minacciarlo, aveva accettato di fargli un servizietto di bocca negli spogliatoi della palestra. M’incazzai come non mai. Gli rifilai addirittura uno schiaffo, ma non per quello che aveva fatto. Perché avrebbe dovuto dirmelo, e gliel’avrei fatta passare io la voglia a quel pezzo di merda, ma Marco aveva ragione. Forse ci tenevo troppo a lui, o forse ero troppo protettivo, fatto sta che stavo diventando violento. Fortunatamente ci riappacificammo subito e mille volte chiesi scusa per quello schiaffo. “Sei così carino, com’è possibile farti del male?”

Un giorno tutto raggiante mi mostrò sul cellulare lo scooter che suo padre gli aveva comperato, promettendo che il giorno successivo sarebbe venuto con quello anziché con la corriera.
L’indomani scesi dal bus ed aspettai al solito posto. Strano che non fosse già lì col suo scooter nuovo. Forse ci ha ripensato, o forse i suoi gli hanno rotto le scatole ed arriverà in corriera come al solito. Dopo pochi minuti arriva la sua corriera. Mentre scende tutta l’onda di studenti un suo compagno di classe accorre verso di me. “E questo cosa vuole?” pensai. Sembrava agitato.
“C’è… c’è stato un incidente, su all’incrocio con la statale…”
“Che cosa???” gli urlai mettendogli le mani sulle spalle. “Marco sta bene?”
“Quando siamo passati era lì per terra… non si muoveva…”
Mi crollò il mondo addosso. Salii di corsa in classe, gettai la cartella al mio posto e uscii non senza qualche protesta della proff che al mio ritorno si aspettava certamente delle spiegazioni per il mio comportamento. Andai nei bagni, afferrai il cellulare e composi il numero di Marco. Attesi oltre due minuti pregando che rispondesse. Fu invece una voce sconosciuta a rispondere.
“Marco, Marco ci sei? Stai bene? Cos’è successo?”
“Con chi parlo?”
“Mi dica lei con chi sto parlando. Chi cazzo è?”
“Sono un medico del 118, stiamo accompagnando il possessore del cellulare in ospedale.”
“Ma lui come sta, ditemi che sta bene!”
“Lei chi è scusi? Un parente? Un genitore?”
“No, sono… un compagno di classe. Ditemi che sta bene, vi prego.”
“Capisco. Non le posso dire nulla, mi dispiace.”
“Come non mi può dire nulla, che cazzo significa?” Ero scosso all’inverosimile.
“Lei non è un parente, né un genitore. Mi dispiace non posso dirle nulla. Dobbiamo prima informare la famiglia.”
“Ma mi dica almeno se sta bene, no?”
“Non posso!”
“CRISTO SANTO MA E’ VIVO? ALMENO QUESTO ME LO VUOLE DIRE SI’ O NO???”
Pausa
“Non glielo posso dire, mi dispiace!” Riattaccò.

Capii.
Scoppiai a piangere lanciando il mio cellulare vecchio di 5 anni contro il muro. Indietreggiai a toccare il muro con la schiena e mi accasciai sul pavimento, appoggiai la testa sulle ginocchia e piansi lacrime amare.
Fu dura, ma dovevo tornare in classe. Che altro potevo fare? Non sarei neanche dovuto entrare… non essendo ancora maggiorenne (per poche settimane) non potevo nemmeno firmarmi la giustifica per uscire. Mi alzai, mi guardai allo specchio. Gli occhi rossi, le lacrime continuavano a scendere. Trattenevo a stento i singhiozzi. Sullo stomaco un peso insopportabile.
Mi feci forza ed uscii, pochi metri e la porta della mia classe mi aspettava. L’aprii controvoglia. In quel momento sentii parlare poche aule più avanti. Il vicepreside parlava animatamente con il professore davanti all’aula di Marco. Appena dentro l’aula i compagni si accalcavano sulla porta. Quando mi vide il proff fece un segno di attendere al vicepreside, mi guardò e fece un cenno interrogativo con la testa. Dalla classe un ragazzo mi indicò agli altri. Il proff fece un segno con le braccia aperte come a voler dire: “Oh, e allora?”
Chinaii il capo. Lentamente scossi la testa e rientrai nella mia classe.

19-8-1990 + 10-2-2006 RIP Marco. Sei sempre nel mio cuore.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.2
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Sul bus tornando da scuola - sei mesi dopo:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni