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Gay & Bisex

Sul bus tornando da scuola - una settimana dopo


di XYZ87
13.07.2012    |    33.044    |    6 9.5
"Mi avviai verso la porta e scesi alla fermata..."
(seguito de"Sul bus tornando da scuola")

Il martedì successivo dovetti nuovamente fare rientro a scuola e alle 17.00 ero nuovamente davanti alla fermata che aspettavo la corriera che mi avrebbe riportato alla stazione del treno. Salii in corriera e fui quasi incredulo nel vedere che il ragazzino che mi aveva beccato la scorsa settimana era, come da me ordinatogli, seduto nell’ultimo sedile. Non l’avrei mai creduto: la sua reazione non fu delle più entusiaste ed anzi, credevo che avesse escogitato mille modi per non farsi trovare su quella corriera il martedì successivo.
Quando mi vide non lo diede a vedere , ma è come se avesse fatto un leggero movimento della testa, come a voler dire “Ehi, sono qui”. Che porcellino, pensai, vuole divertirsi. Mi avvicinai, la corriera era semideserta, buttai la cartella nel sedile a fianco e gli dissi: “Ehi, microbo, cosa ci fai qui?” La sua risposta fu naturale, ma questa volta non era impaurito come l’altra volta: “Me l’hai detto tu no, martedì scorso di farmi trovare nel sedile dietro…” Mi sedetti al suo fianco: “Ascolta, voglio che tu sappia che non ho nessuna intenzione di farti alcunché se tu non lo vorrai. Capisco che l’altra volta ho usato dei toni duri… ma quello che hai scoperto era inequivocabile!”. Lui con tranquillità mi rispose: “beh, hai ragione, anch’io al tuo posto… solo che… ecco… io non l’ho mai provato. Ci ho ripensato molto in questi giorni e... sì, insomma, mi piacerebbe…” presi la palla al balzo: “Se è così nessun problema.” Appoggiai la mano sulla sua gamba appena sotto all’inguine e lentamente avanzai verso l’interno coscia. Lui non oppose la ben che minima resistenza, ma anzi sembrava solo aspettare che finalmente iniziassimo. Presi tutte le cautele: “Ti va?” chiesi. “Sì” rispose. “Guarda però che devi tirarlo fuori, sennò non concludiamo mica niente… non ti vergogni, vero?” cercai di essere quanto più premuroso possibile anche nel tono della voce, ma quel porcellino aveva già le mani che stavano sbottonando i pantaloni! “Aspetta, se faccio io è più eccitante!” gli feci l’occhiolino mentre gli sbottonavo i pantaloni. Glieli abbassai di pochi centimetri. Infilai la mano sotto alla maglietta: aveva anche un bel fisico. Intanto da sopra gli slip bianchi avevo cominciato ad accarezzargli il cazzo che lentamente prendeva vigore. “Andiamo avanti?” gli sussurrai all’orecchio. “Sì, ti prego.” Infilai una mano sotto gli slip e cominciai a massaggiarglielo. Un sussulto travolse il ragazzo, che sobbalzò sul sedile. “Ehi, stai tranquillo, o qualcuno capirà cosa stiamo combinando!” La sua risposta fu un sussurro: “Hai ragione, scusa!” Gli abbassai definitivamente gli slip e ne scattò fuori un bell’arnese, tutto sommato ben proporzionato per la statura e la corporatura del ragazzo. A quel punto la frase di rito, giusto per metterlo a suo agio: “Ehi, sei proprio ben messo ragazzo!” Sorrise, ma gli spasmi cominciavano ad impossessarsi di lui mentre io glielo menavo.
“E’ l’ora del regalino, ricordi?” dissi, e mi abbassai prendendoglielo in bocca. Emise un gemito strozzato per non farsi sentire, ma era chiaro che stava godendo come non mai in vita sua. Glielo pompai per un po’. Quando cominciò a dimenarsi all’inverosimile mi staccai. Continuai a menarglielo mentre lui mise le mani sul sedile davanti a lui come per frenare l’onda di eccitazione che lo travolgeva. Venne gemendo di lì a poco con fiotti copiosi di caldo sperma che schizzarono violentemente contro il guscio del sedile davanti. Quando si calmò gli dissi indicando lo sperma che colava dal sedile: “Hai visto, l’hai fatto anche tu!” Lui si mise a ridere anche se esausto.
La mia fermata era ormai prossima. Presi lo zaino con la sinistra e con la destra gli porsi la mano: “Ah, comunque io mi chiamo Marco!” Lui mi porge la mano: “Ma va… anch’io!” disse sghignazzando. Poi aggiunse con tono dubbioso: “Quindi tu… sei gay! Se me l’hai succhiato…” titubai un po’ma tanto valeva dire la verità, “Diciamo di sì.” risposi. Avevo ancora la sua mano nella mia. La tenni volutamente per qualche secondo in più visto che lui sembrava bloccato e poi guardai verso il basso: “Fossi in te… mi rivestirei ora.” e mi scappò una risatina di fronte a tanta ingenuità. “Cazzo… è vero.” esclamò lui, e si infilò il cazzo nelle mutande e tirò su i pantaloni. Mi avviai verso la porta e scesi alla fermata. La corriera passò via e dal finestrone posteriore una testa spuntò sopra i sedili e mi fece un cenno di saluto. Risposi portando le dita alle labbra e mandandogli un bacio con un gesto molto teatrale. Era un pomeriggio di inizio aprile, ma ciò nonostante avevo già terminato i rientri per quell’anno.

(sembrerebbe proprio che qui ci stia a pennello la parola FINE. Che ci crediate o no, non è così...)
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