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Quell'estate persi la retta via - 2 -


di twin78
13.02.2023    |    9.168    |    7 9.7
"«Davvero?» «Me lo hai chiesto tu, prima, no? Non vuoi sapere com’è il modo giusto di essere masturbata?» Annuì e sospirò..."
Mi aveva detto che il fidanzato, di poco più grande, esigeva pompini, ma era schifato al pensiero di leccarle la fica e, in più, quando lui la masturbava lei aveva un orgasmo strano, le scappava sempre la pipì e con quella rivelazione mi chiese se potessi mostrarle come mi masturbavo io, per capire se facesse qualcosa di sbagliato.
Sul momento le dissi di sì ma ero preoccupata per quella cosa: se lo avesse detto a qualcuno? Anche ad un’amica, io sarei passata per una pervertita. In mezzo c’erano le famiglie, era troppo pericoloso.
Per qualche giorno sembrò che quella conversazione fosse stata dimenticata, una notte però venne a svegliarmi. Pensai avesse sentito un rumore o che avesse fatto un brutto sogno, poi mi disse che non si dava pace, che era sempre eccitata, che si masturbava tanto, spesso, e che da quando avevamo parlato era curiosa di sapere come fosse giusto essere masturbata.
Mi accorsi subito come il discorso fosse cambiato: ora non voleva più che le mostrassi come mi toccavo io ma che la masturbassi? Avevo capito bene? Feci finta di nulla e le dissi che avrei potuto mostrarle come mi masturbavo io, cosa mi piaceva per raggiungere il piacere e così mi sollevai la camicia da notte, sotto ero nuda. Incollò gli occhi sulla mia intimità e io mi sentii andare a fuoco. Ho sempre adorato radermi la fica completamente, da ragazzina lo facevo per necessità, andando in piscina, poi ho continuato per comodità.
Si alzò e si tolse le mutandine, anche lei era senza peli, si sedette sul letto, all’angolo opposto a dove stavo io. Aprimmo le gambe, piano e anche i miei occhi si incollarono alla sua intimità, più piccola e, per me, bellissima. Era la prima fica che vedevo così chiaramente, oltre la mia, e mi sembrò splendida, ma fui veloce a sollevare lo sguardo, non doveva pensare fossi una pervertita attratta dal suo scrigno. Tentennando le mostrai sia a parole che a fatti dove mettevo le dita e come le muovevo, ma ero combattuta tra il rigore che sentivo di dover mantenere e la lussuria di quella possibilità.
Mi toccai senza interesse, senza pensare al piacere ma lei se ne accorse.
«Lo so, non è normale questa cosa, ma io vorrei vedere come arrivi al piacere»
Sospirai, capendo le sue ragioni, mi accoccolai meglio sul cuscino e alzai lo sguardo al soffitto: la componente immaginazione è uno degli strumenti migliori, in certi momenti.
Chiusi gli occhi e pensai alla sua fichetta, appena vista e poi a quei video, che ancora mi tormentavano, le mie dita premettero sul clitoride e cominciai a muoverle in quel movimento circolare ed intenso che mi ha sempre fatto godere.
«Lo premi forte? Io lo faccio più leggera». La sua voce arrivò come una melodia inebriante. Sapere come si toccasse mi scombussolò, gemetti e poi ripresi coscienza del momento «ogni donna è diversa, quello che piace ad una può non piacere all’altra. Se io mi sfiorassi, non arriverei mai al piacere. Devo sempre maltrattarmi» stavo per dire “il clitoride” ma mi sembrò volgare, una parola eccessiva da dire davanti a lei.
Non disse nulla e io continuai, pensai ai suoi occhi su di me e poi ancora alla famelicità con cui l’avevo guardata, io, in quei suoi momenti. Chissà se vedermi toccare scatenasse in lei qualche sorta di piacere.
Ad un tratto mi sentii toccare, la base della vagina, l’ingresso, sollevai la testa e la trovai sdraiata con il viso ad una ventina di centimetri dal mio sesso. Mi toccava con la punta delle dita «Sei bagnata fin qui»
Volevo dirle che era la forza di gravità, ma mi limitai a muovere più velocemente le dita, godendo del suo leggero contatto.
«Non te l’ho nemmeno chiesto, se potevo…»
Avrei dovuto dirle di smettere ma invece dissi che non faceva nulla, che era piacevole.
«Posso provare io a toccarti?»
Dio, avevamo ribaltato la situazione, dal toccarla io, ora mi voleva toccare lei.
Non dissi nulla ma tolsi la mano. Il suo tocco arrivò subito, molto più leggero del mio, allora allungai le mani e le sistemai la mano come piaceva a me: due dita ai lati del clitoride e le premetti, poi ripresi il movimento.
Mi stavo masturbando con le sue dita, la guardai per tutto il tempo, mentre lei guardava me, la mia figa, ero sulla cresta dell’onda, stavo per godere, poi ricordai i suoi tormenti e pensai dovessi essere più chiara. Le spostai le dita più sotto, me le infilai dentro e le dissi di provare a sentire la differenza, di commentare ciò che sentiva con le dita.
«Sei calda, umida, stretta» mosse le dita, avanti e indietro, si leccò le labbra poi morse quello inferiore. Le mie dita mi portarono al piacere in un attimo e quando venni lo vidi sul suo viso.
«Hai stretto le dita, ora è tutto viscido» tolse le dita e mi mostrò il mio nettare filamentoso. Pensai fosse finito, ma le rimise dentro e riprese a muoverle.
La ninfetta mi stava scopando. Imprecai tra me e ripresi a masturbarmi, con più veemenza, ebbi un altro orgasmo, e lei ne gioì.
«Posso assaggiare?»
La fissai negli occhi e capì che se davvero avesse voluto solo assaggiare lo avrebbe già fatto e scollegai ogni pensiero di rettitudine, le dissi «Stanotte possiamo fare tutto quello che vuoi».
Mi guardò con un sorriso birichino e mi chiese se dicessi il vero, ma non aspettò la mia risposta, si sporse in avanti e mi leccò. Sentire la sua lingua calda mi mandò in tilt, venni ancora.
«Lo hai già fatto?» chiesi con il respiro rotto.
«No, ma guardo molti porno, anche di sesso tra donne» eccola la puttanella, mi chiesi se quelle, non fossero state le sue intenzioni fin dall’inizio.
Poi tolse le dita e le succhiò.
«Hai un buon sapore, strano, diverso dal mio».
Mi tirai su, presa dall’euforia, le presi una gamba e la tirai verso di me, per farla girare, per assaggiare il suo di sapore, ma quando le vidi la fichetta mi prese una sorta di blocco. Lei si accomodò meglio a gambe aperte, guardandomi curiosa. E io restai lì, interdetta, il pericolo che si sapesse cosa stava succedendo mi bloccò. Se i suoi, e poi, i miei, lo avessero saputo... mi sarei rovinata la vita per una leccata di fica!
«Chiara, quello che succede stanotte non deve uscire da questa stanza. Non lo puoi dire a nessuno. Nemmeno alla tua migliore amica».
Fece giurin giuretto, mettendo le dita a croce poi baciandole.
«Ma succede ancora qualcosa?» Chiese con un sorrisino.
«Ti rendo il favore».
«Davvero?»
«Me lo hai chiesto tu, prima, no? Non vuoi sapere com’è il modo giusto di essere masturbata?»
Annuì e sospirò.
Ovviamente non la masturbai: le mangiai la fica a lungo. Mi incollai sul suo taglietto come fosse una ferita aperta e fosse mio compito pulirla con la lingua per disinfettarla e poi succhiarle fuori il veleno, come fosse stata morsa da un serpente. Le infilai le dita dentro, a fondo, facendola sobbalzare sul materasso, mi godette in bocca e il suo sapore divenne una droga, più la leccavo, più veniva, più ne avevo voglia.
Il clitoride le si gonfiò e alla fine smisi perché ogni volta che lo toccavo faceva uno scatto, come se le facesse male. Dopo cinque minuti, già dormiva, ed io ero eccitata da impazzire. Andai in bagno, sotto la doccia, smontai il doccino e mi infilai il tubetto nella vagina, poi aprii l’acqua al massimo, il getto gelido mi colpì le pareti vaginali con forza ed ebbi un orgasmo che mi piegò in avanti. Mollai il tubo e chiusi l’acqua, dolorante e infreddolita, andai a sdraiarmi sul divano con l’accappatoio, stare nel letto con lei non era un’opzione.
Era successo quello che era successo e mai più sarebbe successo.
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