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Quell'estate persi la retta via - 3 -


di twin78
13.02.2023    |    8.927    |    10 9.9
"Cominciai a toccarla piano, sulle grandi labbra, con la punta delle dita e mi resi conto che la sera prima avevo bruciato le tappe: presa dalla frenesia mi..."
Ma ovviamente mi sbagliavo.
Durante la mattina quasi non parlammo di quanto successo ma, il pomeriggio, pronta per il riposino, lei venne in camera con me.
«Ieri alla fine non mi hai masturbata» disse e io non seppi darle torto. Mi ero gettata a capofitto tra le sue gambe e le avevo dato piacere con la bocca, ben poco con le dita.
Potevo vantare di averle fatto provare del buon sesso orale, meglio che il suo ragazzo, ma, era vero, non l’avevo masturbata.
Non obiettai a lungo, averla lì e perdipiù vogliosa, mi mandò in tilt e tutti i miei buoni propositi traballarono: mi sedetti sul letto e la feci sedere davanti a me, con la schiena contro il mio petto. Solo per non cadere nella tentazione di incollare la mia bocca alla sua fica.
Cominciai a toccarla piano, sulle grandi labbra, con la punta delle dita e mi resi conto che la sera prima avevo bruciato le tappe: presa dalla frenesia mi ero persa delle piccole cose, come la morbidezza della sua pelle o il suo profumo, chinai il capo e le annusai i capelli, sapevano di mare, ma anche di miele. La mattina eravamo state in spiaggia e al ritorno avevamo fatto la doccia usando quella esterna, che aveva il serbatoio esposto al sole, quindi, l’acqua era calda in base a quanto sole prendeva il serbatoio. Le docce fuori erano sempre veloci, più una sciacquata, in realtà, e usavamo un bagnoschiuma al miele.
«Hai le tette grosse, dopo posso toccarle?»
Lei aveva una seconda, sbirciai nello scollo della maglietta e le vidi nude e libere.
«Spogliati» le dissi e lei si tolse la maglietta. Le ero dietro, avrei voluto avere una visuale diversa ma poi mi mossi nel letto e la portai a sistemarci di fronte allo specchio. Appena ci specchiammo, lei completamente nuda e a gambe aperte pensai di aver esagerato, che potesse sentirsi a disagio, ma lei si lasciò andare contro di me con naturalezza. Le toccai le cosce, poi i fianchi e risalii fino al seno, lo toccai con una mano, era piccolo ma sodo e il capezzolo piccolo e duro.
Lo toccai con i polpastrelli e lei ansimò piano, arcuandosi leggermente, trattenendo il fiato.
«Il mio ragazzo non mi tocca mai così, è sempre rude e veloce, me li succhia un paio di volte e poi mi spinge la testa sul cazzo»
Con chi cazzo stava? Con l’uomo di Neanderthal? “io uomo, tu donna, tu succhia cazzo”
Glieli accarezzai dolcemente tra le dita e gemette di nuovo, reclinò la testa indietro, sulla mia spalla, e sentii chiaramente il cambio di respiro. Lasciai una mano lì e scesi con l’altra, sul ventre, il pube, ed eccomi.
Le aprii, poco, le grandi labbra con due dita, alzai lo sguardo sullo specchio e mi beai di quella vista. Il clitoride era leggermente gonfio, di un rosa vivace.
«Ti ho irritata stanotte» ammisi, colpevole.
«Un pochino ma… è stato bellissimo, lo farei tutte le notti»
Ingoiai la saliva, sentendo sulla lingua un riverbero del suo sapore e l’idea, di poter rifare tutto quello che avevo fatto la notte passata, mi eccitò. Eppure, mi ero ripromessa che non sarebbe più successo, che era stata una parentesi aperta e subito chiusa, che era una cosa da mettere in fondo ai miei pensieri. Lo pensai con le dita che le affondavano nella vagina. Entrarono senza problemi, era un lago. Le spinsi dentro, fin dove possibile, poi le mossi e lei ansimò e mosse il bacino. Pensai che il suo ragazzo non meritasse nemmeno di essere preso in considerazione, una come Chiara era da gustare con lentezza, da perderci ore per torturarla con piccole attenzioni, perché era molto ricettiva: ogni suo respiro, ogni movimento, ogni ansito mi stava mandando ai matti.
«Ti sei mai messa dentro qualcosa?» sapevo fosse vergine ma anche io mi ero sverginata con una carota, quando era stato il mio momento. (Prima di tutto per mancanza della materia prima, a 15 anni avevo avuto solo un’esperienza ed era stata… ehm… superficiale, tante toccatine ma nulla di che -dopo qualche giorno che lui era sparito avevo avuto un’infiammazione interna e il pensiero che fosse colpa sua, non me lo toglie nessuno dalla testa-. Quando poi ebbi il ragazzo con cui mi sentii pronta, mi prese il timore del dolore. Gli maneggiavo il cazzo e sapevo le sue dimensioni: quando mi infilavo le dita dentro, o il Tampax, avevo difficoltà ad entrare. I miei timori erano chiari, come può un tir parcheggiarsi nel box di uno scooter?
Poi c’era l’incognita dell’imene. Dove stava sta barriera? Quanto in fondo? Possibile che con l’assorbente interno non l’avessi mai sentito? Quindi, mi aspettavo fosse più in fondo e più resistente, probabilmente il cotone compresso non era abbastanza duro da sfondare l’imene - mi ero fatta l’idea di una vera a propria barriera, uno spesso lembo di tessuto che mi chiudeva la vagina, che alla rottura avrebbe causato perdite di sangue tipo ciclo mestruale-. Decisi che non potevo lasciare che fosse lui a farmi male, avrei rovinato il momento, magari poi, sofferente, non avrei più avuto la forza di andare avanti -timori inutili che portano un cartello con su scritto GRAZIE MAMMA!- e, quindi, mi deflorai, un pomeriggio, con una carota di più di 20 cm. Era fine ma lunga, non sapendo dove cazzo fosse quella dannata barriera, me la spinsi dentro quasi tutta, non trovando mai nessun ostacolo. Rimasi interdetta ma non ci diedi peso: Il mio ragazzo lo aveva più largo ma più corto, quindi, per quando ne sapevo, non avrei sofferto.)
«Sì, ma non lo sa nessuno» rispose Chiara, facendo la timida, godendo delle mie dita che le davano piacere.
«Questo tra noi è un gran segreto, quello che ci diciamo o facciamo non lo potrà sapere mai nessuno» le ricordai.
«Un wurstel e poi una carota» e io che pensavo di essere la sola ad aver usato la carota, ma forse è la forma che ci convince, essendo conica puoi capire fino a che punto inizia a dare fastidio.
«Il wurstel è pericoloso, se ti si rompe dentro» l’avvisai.
«Sì, me lo ha detto anche una mia amica, per quello poi ho usato la carota»
«Non dovrai dire nulla di quello che facciamo alla tua amica» ripetei, dando fastidio anche a me.
«Le ho detto che hai 22 anni» la puttanella si era già confidata, ma mi aveva tolto dieci anni e questo poteva salvarmi.
«Ti avevo detto di non dirlo a nessuno»
«Me lo hai detto ieri, ma io le ho detto della possibilità che una ragazza conosciuta qui, mi insegnasse cose sul sesso, quando ne abbiamo parlato, giorni fa».
Non potevo prendermela, in fondo mi aveva esclusa in modo magistrale, ma non seppi resistere, mi sentii in dovere di punirla, scesi con la mano che le stava stuzzicando i capezzoli e strinsi le dita sul clitoride, mentre piegai ad uncino le dita dell’altra mano e presi a scoparla con più ingordigia. Gridò e poi lo sentii, l’orgasmo montare e poi venne e le uscì quel getto che pensava fosse urina.
Mise subito le mani avanti, ma gliele spostai «Stai godendo, non è pipì» continuai a muoverle le dita dentro in quel modo e lei tremò tutta, schizzò ancora un poco, il respiro concitato, il corpo teso e madido. La sua espressione di godimento nello specchio è un ricordo indelebile.
Quando tolsi le dita e le vide rivestite di umori filanti, se le portò alla bocca e ne succhiò uno, poi mi porse l’altro.
Le succhiammo insieme, poi ci fissammo e lei si allungò per baciarmi. Fu tenero e lento, un bacio molto sentito, anche perché per me era la prima volta che baciavo una ragazza. Anche per tutto il resto era stato un battesimo, ma avevo solo fatto quello che sapevo darmi piacere. Con lei ero riuscita ad arrivare in punti che di me non potevo conoscere, non con le mie stesse dita.
Poi mi sollevò la maglietta e si attaccò al mio seno e io mi lasciai andare contro il cuscino. Adoravo il suo dare e avere, anche se in un angolo dentro di me, ancora mi spaventava.
Mi baciò e leccò le tette, poi scese e cercò di fare come avevamo fatto la sera prima, godetti più per la situazione che per il suo tocco, non aveva ancora capito quanto dovesse essere rude con le mie zone intime.
Poco dopo, alzò la testa, tra le mie cosce e mi chiese se non avessi nulla da darle che potesse mettermi dentro.
«Mi vuoi scopare?»
Annuì emozionata, mi allungai sul letto e presi una scatola sulla mensola, poi le diedi un fallo, dimensioni standard, non mi fidai a darle uno di quelli esagerati.
Glielo feci leccare, come fosse uno vero, come fosse quello del suo ragazzo, poi me lo strusciò sulla fica e lo puntò, le dissi di fare piano, spiegandole che la vagina non si abitua mai alle intrusioni. Lei fece tutto come le dissi e capì da sola quando fu il momento di aumentare il ritmo e spingerlo con più forza. Ansimai come una cagna in calore, godendo guardandola negli occhi, poi le dissi di succhiarmi il clitoride e quando lo prese in bocca ebbi un orgasmo squassante, strinsi i muscoli vaginali al punto da spingere fuori il fallo.
Rimase a bocca aperta a guardarmi ansimare, poi si mise davanti alla mia fica e la guardò rapita.
«Ti cola, voglio provare anche io!»
Stavo per dirle che lei era diversa, che lei schizzava ma poi la porca che c’è in me prese dominio e le dissi che per colare avrei dovuto scoparla come lei aveva fatto con me.
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