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orge

Sole, sabbia e piacere


di blackamber
30.04.2025    |    4.687    |    6 9.8
"Mi stringeva, si voltava per baciarmi, mi supplicava con gli occhi di non fermarmi..."
Il caldo era già intenso quella mattina, ma ciò che sentivo dentro era ancora più bollente. Un desiderio sordo che mi cresceva sotto la pelle da giorni. Avevo bisogno di staccarmi da tutto, ma soprattutto avevo bisogno di perdermi nei corpi. Così avevo deciso di seguire un consiglio sussurrato in chat: una spiaggia nudista, nascosta, selvaggia, dove il sole tocca la pelle come un amante e dove il pudore evapora come sudore al sole.
Quando arrivai, il sentiero si aprì su una baia quasi surreale. La sabbia era bianca, fine, le onde calme, e i corpi… liberi. Nudi, sereni, caldi. Uomini e donne che prendevano il sole, si accarezzavano, si muovevano con la leggerezza di chi ha dimenticato le regole.
Mi spogliai senza esitazione. Il mio corpo, nero e definito, attirò subito gli sguardi. Sentivo le pupille sfiorarmi come dita. E il mio membro, già rilassato ma ben visibile, cominciava a rispondere. Camminai lungo la riva, lasciando che il vento mi accarezzasse le cosce, sentendo la sabbia calda sotto i piedi e gli occhi curiosi puntati su di me.
Lei era lì. Sdraiata su un telo, completamente nuda. Avrà avuto poco meno di trent’anni, pelle chiara, seno tondo, labbra piene. I suoi occhi mi seguirono per un po’, e poi mi fece un piccolo cenno con la mano. Mi avvicinai, curioso, ma calmo.
«Bella giornata per essere nudi, no?» disse con un mezzo sorriso.
«O per essere presi,» risposi, fissandole le labbra.
Non ci fu altro bisogno di parole. Si mise a sedere e la sua mano venne subito a toccarmi. Prima la coscia, poi il basso ventre, poi prese il mio cazzo tra le dita con naturalezza. Lo guardava, lo pesava, lo sentiva crescere. Era già duro. Era già pronto.
Si inginocchiò davanti a me sulla sabbia e iniziò a succhiarmelo con una fame che non aveva nulla di lento. Mi prese dentro la bocca con forza, affondando fino a farmi tremare. Le sue labbra scivolavano su di me, e io le prendevo i capelli, glielo davo tutto, sentendo le vene pulsarmi tra le mani.
Intorno, altri occhi cominciavano a fissarci. Alcuni si toccavano, altri si avvicinavano. Una donna si sedette poco lontano. Mora, seno pieno, capezzoli tesi. Si stava masturbando lentamente mentre ci guardava.
Io presi la bionda per le braccia e la stesi sul telo. Aprì le gambe da sola. Era già bagnata. Il suo profumo mi stordì. Le leccai la figa con lentezza, con cura, affondando la lingua finché non mi afferrò la testa e la spinse più in giù, mugolando contro le onde. Quando entrai in lei, fu un colpo profondo. Le sue gambe mi avvolsero i fianchi, e io la presi con tutta la forza che avevo.
Stavamo scopando davanti a tutti. E non ci importava. Anzi, ci eccitava.
Un uomo si avvicinò. Era il compagno della mora. Si sdraiò accanto alla sua donna e la prese da dietro, mentre lei continuava a fissare noi. Le nostre due coppie scopavano sulla sabbia, al ritmo delle onde, gemiti che si intrecciavano, mani che si cercavano.
Ad un certo punto, la mora si avvicinò a me. Mi baciò sul petto, poi sulle labbra, e poi scivolò lentamente giù. Il mio cazzo, ancora duro, ancora voglioso, trovò una nuova bocca calda e accogliente. Intanto la bionda si inginocchiò dietro di me, accarezzandomi i glutei, mordendomi piano la schiena.
Era diventato un cerchio. Un gioco lento, fluido, naturale. Non c’erano nomi. Solo corpi. Solo voglia. Solo piacere.
Penetrai la mora mentre la bionda si leccava il clitoride da sola davanti a noi. Cambiammo posizioni, tempi, baci, prese. Sudore, sale, sabbia. I nostri gemiti si fondevano con quelli di chi ci stava intorno, con chi si toccava, con chi godeva guardando.
Venni dentro la mora con un urlo trattenuto, mentre la sua figa mi stringeva in un orgasmo che sembrava non finire. Ero stremato. Ma pieno. Vivo. Col cuore ancora in gola e il cazzo ancora pulsante.
Restammo lì, stesi, nudi, umidi. Senza parlare. Solo a respirare.
E in quel silenzio, con la pelle ancora calda, capii una cosa:
non era solo sesso. Era libertà. Era verità. Era vita.
Restammo lì distesi a lungo, nudi, esausti ma vivi. Il sale sulla pelle, la sabbia tra le dita, i corpi ancora segnati da morsi, unghiate, baci profondi. Il mio respiro era lento, ma dentro di me qualcosa ancora ribolliva. Guardavo le due donne accanto a me — la mora con il sorriso ancora appeso alle labbra, la bionda che si passava una mano tra le cosce, lentamente, come se volesse riaccendere il fuoco.
E quel fuoco, dentro di me, non si era mai spento davvero.
Dopo un po’, ci alzammo e camminammo nudi fino all’acqua. Le onde erano fresche, un sollievo istantaneo, ma anche uno stimolo. I capezzoli si indurirono, la pelle si tese. Nuotammo poco distanti dalla riva, toccandoci sotto la superficie, esplorandoci senza pudore.
La mora mi si avvicinò alle spalle, le sue mani scivolarono sul mio petto, poi più giù. Sentii la sua lingua scivolarmi sul collo mentre mi prendeva di nuovo in mano. Il mio cazzo si stava già risvegliando, duro tra le sue dita, ancora assetato. La bionda ci raggiunse e mi baciò sulle labbra, mentre la mora mi accarezzava sotto l’acqua. Mi sentivo come una corrente elettrica tra le due.
Allora uscimmo dall’acqua, lentamente, gocciolanti, i corpi brillanti sotto il sole del tardo pomeriggio. Tornammo sul telo, ma qualcosa era cambiato: non eravamo più soli. Altri si erano avvicinati. Due donne, una coppia mista, un ragazzo giovane che si toccava discretamente guardandoci.
La mora li guardò, poi mi sussurrò: «Facciamoci vedere ancora…»
E io non aspettavo altro.
Mi sedetti con le gambe leggermente aperte, il cazzo ormai pienamente in erezione, lucido. Le due donne si inginocchiarono davanti a me, una da un lato, una dall’altro. Si alternavano a succhiarmelo, prima una, poi l’altra, poi insieme. Le loro lingue si toccavano, si cercavano, si sfidavano. Sentivo i miei testicoli premuti tra le loro dita, i loro sguardi puntati su di me, su quanto mi stavano facendo godere.
La coppia mista si avvicinò. Lui era massiccio, lei aveva il corpo scolpito, occhi neri come la notte. Si inginocchiarono accanto a noi e iniziarono a toccarsi, a baciarsi, a guardare. Era come un rituale. Ogni gemito che emettevo li eccitava, ogni spinta di bacino accendeva il desiderio intorno a noi.
Poi venne il momento più intenso.
Stesi le due donne una accanto all’altra. Gambe aperte. La bionda la presi per prima, con la foga di chi ha ancora voglia di dominarla. Le tenevo i polsi premuti sulla sabbia mentre la prendevo con forza, sentendo il suo respiro farsi sempre più spezzato, la sua voce diventare un lamento puro. Quando venne, tremò intera, e io le baciai la schiena con dolcezza.
Poi fu la mora. Mi guardò e si mise a quattro zampe da sola, pronta. La presi da dietro, le afferrai i fianchi e affondai dentro di lei con colpi pieni, ritmati, profondi. I suoi gemiti esplodevano senza vergogna. Mi stringeva, si voltava per baciarmi, mi supplicava con gli occhi di non fermarmi. Quando venne, mi morse la spalla, e io la seguii subito dopo, scaricando in lei tutta la mia energia, tutta la mia voglia.
Quando mi sdraiai tra loro due, esausto, con i corpi attorno che ancora vibravano di eccitazione, capii che qualcosa in me era cambiato. Non era stato solo sesso. Era stata un’esperienza fuori dal tempo, fuori dal comune, fuori dal controllo.
Era stata un’esplosione di corpi, di libertà, di puro erotismo vissuto.
E lo rifarei domani. Con più corpi. Con più voglia. Con meno limiti.
Perché sulla sabbia calda, con la pelle nuda e gli occhi pieni di desiderio, io non sono solo un uomo… sono un’esperienza.
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