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Prime Esperienze

"Dopo la prima volta" brano tratto dalla mia opera prima "IL TAGLIO DEL DIAMANTE"


di Membro VIP di Annunci69.it pinkoepallina
02.11.2016    |    7.386    |    24 7.4
"Con la testa sul cuscino guardavo in alto, nel vuoto..."
Chi si aspetta sesso sfrenato rimarrà deluso. Nei passi seguenti si parla d'amore, condicio sine qua non per muoversi con relativa tranquillità in questo mondo. Penso che molti di voi si ritroveranno, percorrendo a ritroso la loro storia, nei personaggi del romanzo.
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Tornando al giorno del mio ‘esordio’, uscendo dal ‘Sexo Loco’ e pensando a ciò che Federica ci aveva anticipato quel pomeriggio, mi resi conto che quei momenti li avevo vissuti senza una adeguata ‘preparazione’. Mi avrebbe fatto comodo saperne di più, anche tenendo presente che la sera del mio coming out sul sesso, con Paolo non avevamo ancora deciso niente, se non di andare a dare un’occhiata.
La realtà era che avevamo comunque varcato l’ingresso di quel mondo, ma al volo, appena arrivati, andando oltre senza sostare a riflettere veramente a fondo.
Forti di un amore che reputavamo a prova di bomba, questo sì, ma non avendo esaminato, o avendolo fatto solo in parte, tutti quegli aspetti che lei aveva invece analizzato ed addirittura sottolineato scandendo le parole.
Noi avevamo pensato, in effetti, soltanto alla mia voglia di ‘sperimentare’ e a quella sua di ‘guardare’.
L’esperienza appena vissuta fu dunque inaspettata, per come arrivò in fretta. Chi l’avrebbe mai detto?
Anche se viverla fu una scelta effettuata di comune accordo perché quell’eventualità, seppur remota, era stata messa in preventivo…
Anche se al momento fu più che positiva e consumarla fu un vero piacere per entrambi…
Anche se, auto analizzandomi sommariamente, non vedevo segni rilevanti di ciò che potesse assomigliare ad un pentimento, nemmeno parziale, e così mi sembrava di lui…
Tornammo a casa, noi, abituati al dialogo da sempre, in assoluto silenzio.
Durante il tragitto in auto, non un gesto, non una parola, non uno sguardo, ma centomila pensieri che si accavallavano nei rispettivi cervelli.
Una volta arrivati non riuscivamo a prendere sonno. A letto, flash continui di quello che avevamo combinato mi passavano incessantemente davanti agli occhi, come il trailer di un film del quale eravamo stati i protagonisti. Era accaduto tutto troppo presto, forse. Appariva evidente che la vicenda doveva ancora essere metabolizzata.
Con la testa sul cuscino guardavo in alto, nel vuoto. Per fortuna, direi a posteriori, perché gli occhi mi si posarono sul lampadario. Mi venne così in mente quello vecchio, quello dell’abitazione dove vivevo prima di separarmi, del quale seguivo le forme durante i tanti rapporti sessuali non voluti, anzi, addirittura subiti e schifati, con il mio ex marito. Ore e ore di frustrazione e sofferenza: quello sì che era brutto sesso!
Perciò, in ogni caso, meglio così. Una positività l’avevo già trovata ed era meglio di niente.
Il mio problema, tuttavia, non era chi fossi e come mi sentissi rispetto a due o tre anni prima, bensì chi fossi e come mi sentissi rispetto a sole ventiquattro ore prima.
Riflettevo: “E’ giusto scoprire e seguire la propria natura sessuale ed andare contro le convenzioni, fregandosene della cosiddetta morale? Che donna ero ieri? Che donna sono, oggi?
Cosa sono diventata?”
Per tornare di nuovo serena dovevo dare a tutti i costi una risposta chiara agli interrogativi che mi stavo ponendo. Non era accaduto, o meglio, non ‘ci eravamo fatti accadere’, un episodio di poco conto. Dovevo soprattutto capire quello che stava succedendo nella testa del mio compagno, se stesse cambiando idea su di me.
Scandagliavo così la mente per comprendere se, nel contempo, la stessi cambiando io su di lui.
Mi sembrava proprio di no. In fondo, conoscendo i miei pensieri, seppure ingarbugliati, non la reputavo una situazione inestricabile, pur riconoscendone la gravità.
Va bene, ma lui? Bene o male, sempre di maschio latino si trattava.
Il fatto di non avere prole in comune mi sembrava un vantaggio, per quanto donna e per quanto emancipata.
Questo particolare evitava almeno la domanda che avrebbe potuto porsi riguardo alla ‘madre dei miei figli’, alla quale aveva fatto esplicito riferimento Federica.
Ad un certo punto Paolo si alzò e, prima che la piccola moka da due tazze finisse di far uscire tutto il caffè, lo raggiunsi in cucina, dicendogli: “Amore, dovremmo confrontarci, non credi?”
“Prima abbracciamoci, perché capisco come ti senti. Più o meno come mi sto sentendo io, penso”.
Così facemmo. Mi attaccai a lui quasi disperatamente, stringendolo forte.
Cominciò a parlare: “Un confronto… sì, ne sento un gran bisogno anche io. Ho volutamente aspettato perché a freddo si ragiona con più lucidità. Inoltre adesso siamo nel nostro nido ed abbiamo tutto il tempo che vogliamo, senza interruzioni da parte di nessuno”.
A quel gesto, a quelle parole e così stretta a lui, mi sentivo già meglio. Mi pervase un senso di tenerezza tale da farmi spuntare dagli occhi due lucciconi.
“Non mi pensi una mignottona mezza lesbica?” pronunciai portando appena in fuori le labbra.
Mi guardò perplesso, poi si staccò per andare a riempire le tazzine, dicendomi: “Giulia, tesoro, di chi mi sono innamorato io? Lo ricordi il nostro primo incontro, vero? Credo sia arrivato il momento di fare il punto della situazione, voglio ricordarti un po’ di cose. Siedi e bevi il tuo caffè. Ecco, te l’ho già zuccherato”.
Obbedii. Lui rimase in piedi, prese a camminare su e giù per la cucina senza guardarmi, come se si apprestasse a parlare a sé stesso o ad una platea, più che a me. Qualche secondo di pausa, come se stesse ordinando le idee ed iniziò il suo discorso.
“Doveva essere una normale giornata di lavoro, ed invece quella mattina mi cambiò la vita.
Entrando in un negozio rimasi inesorabilmente folgorato da una donna di straordinaria bellezza che mi rapì non appena alzai lo sguardo. Mi apparve come la visione di Miss Universo, e dire che non la conoscevo ancora nel suo completo splendore! Avrei scoperto nel tempo i suoi lati più belli, soprattutto della personalità.
Mi sono innamorato di lei frequentandola, avendo così modo di apprezzarne i comportamenti durante le ore passate insieme, quando le mie visite da bimestrali divennero mensili, poi settimanali, poi quasi giornaliere.
No davvero perché lo richiedesse il lavoro, ma per il piacere che mi dava starle accanto, a volte intere mattinate o interi pomeriggi. Ci misi un po’, ma alla fine mi prese completamente.
Ormai appartenevo a lei.
A quella donna che aveva costantemente da parte un dolcetto per i bambini e che li coccolava tutti con un trasporto sincero, mai finalizzato a vendere qualcosa ai genitori. Accortezza peraltro comprensibile e lecita, per una negoziante.
A quella donna che accarezzava cani e gatti randagi che entravano in negozio e che serbava sempre una moneta per chi gliela chiedeva.
A quella donna che trattava con sensibilità e gentilezza tutti, anche le persone più anziane che entravano a comprare un paio di ciabatte da dieci euro. Quelle che le facevano smontare il negozio e poi magari se ne andavano senza aver acquistato nulla, con un frettoloso: ‘Grazie, ma sono care, devo farci un pensierino’”.
Io ero immobile, lui tirò il fiato solo un attimo: “Non partirono mai frasi irriguardose nei loro confronti, una volta uscite. Un piccolo sfogo di insofferenza sarebbe stato recepito per quello che era al momento e non per una mancanza di rispetto verso le persone o, peggio, verso la vecchiaia o la povertà. Non servirono nemmeno interpretazioni benevole: sempre parole senza acrimonia che dimostravano tanta dolcezza ed altrettanta comprensione per la loro condizione economica di pensionati, per i loro disagi, per la loro possibile solitudine”.
A quel punto rivolse lo sguardo verso di me, affermando con tono quasi solenne: “E non sono particolari trascurabili, credimi”.
Lo ammiravo rapita. Oltre a rassicurarmi, quel suo modo di esporre me lo faceva apparire come un avvocato che, innamoratosi della sua assistita, stesse arringando una giuria per farla assolvere da chissà quale reato, mettendoci tutta la professionalità, la passione e l’amore di cui era capace.
Passeggiando e tornando a fissare il vuoto, riattaccò: “Mi sono innamorato di una donna dallo sguardo triste che mi raccontava di una situazione sentimentale deprimente, di un amore finito, di un marito che con molta nobiltà d’animo definiva non cattivo, ma egoista, fedifrago ed incapace di trasmetterle felicità. La stessa donna che era lampante avesse dentro sé infiniti pregi e tanto amore da dare… e che adesso sono orgoglioso lo stia donando a me.
Tornò a guardarmi negli occhi: “Ti sembra che un semplice gioco erotico possa inficiare la maestosità di tutto questo? Certo, anche per me è stato piacevolissimo al momento ed altrettanto traumatico dopo, lo ammetto, ma niente, assolutamente niente, in confronto a ciò che conta davvero, a quello che rappresenti nella mia vita, a quello che sono certo di rappresentare io nella tua.
Sono nelle parole che ti ho appena detto, per il mio modo di pensare, i veri aspetti di una persona.
Sono quelli i veri valori della vita.
Aver fatto sesso in maniera occasionale, oltretutto in una situazione decisa insieme e condivisa, non mi cambia nulla nel modo più assoluto”.
Fece una pausa. Il suo volto si rilassò in un sorriso, nel quale lessi tanta comprensione, dolcezza e quel pizzico di ironia che, fortunatamente, non lo abbandona mai.
“Ti dirò di più: se non ti amassi come ti amo, se non avessi di te la stima che ho, se non credessi ciecamente a tutto ciò che mi dici da sempre… ecco, riconsiderando come ti sei comportata e quello che hai combinato con Francesca ed Alberto…”
Si fermò ancora, questa volta facendo roteare un braccio avanti a sé. Con un certo compiacimento, mi sembrò, come se avesse voluto dire: “Mamma mia!”
Ci attaccò subito: “Penserei di avere accanto una veterana della trasgressione, un’attrice da Oscar e la più grossa mignottona, per dirla come l’hai detta tu, della Terra. Tutte e tre nella stessa persona.
Ma so per certo che così non è, e comunque non mi dispiace affatto condividerlo”.
Concluse, tornando serio: “Quindi non devi preoccuparti, tesoro, per me non è cambiato niente e mi auguro non lo sia anche per te”.
Mentre dicevo: “Ma certo che no, grande amore mio” mi accorsi che i lucciconi si erano trasformati in vere e proprie lacrime che scendevano copiose. Mi ero alzata della sedia e stavo piangendo di gioia, rassicurata, fra le braccia dell’uomo che amavo e che da quel momento sentivo di amare ancora di più.
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