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La navicella Saffo


di Membro VIP di Annunci69.it pinkoepallina
13.04.2018    |    19.969    |    9 8.4
"Con le parole, mai ero arrivata a tanto, mentre una mano di Mireille stava svolgendo un lavoro impeccabile sul mio clitoride ed io sul suo: stavolta venimmo..."
La convention della multinazionale per la quale lavoravo, in calendario da tempo, rappresentava un’occasione speciale per rivedere Parigi, una delle città che amo di più al mondo.
Avrei inoltre conosciuto Mireille, la mia corrispondente francese.
L’hotel Versailles era un brulicare di persone che andavano e venivano, io stazionavo curiosa ed eccitata nella hall scommettendo con me stessa, per gioco, di individuarla senza averla mai vista in volto.
A metà mattina vidi entrare una splendida donna che aveva sottobraccio una cartella col logo dell’azienda e puntai un euro. Alta, slanciata, lunghi capelli corvini, elegantissima nel suo tailleur panna su sandali in tinta e con tacchi vertiginosi, molto simili a quelli che portavo io. Vinsi la scommessa: era lei.
Monsieur Lechateau, il nostro coordinatore, che già conoscevo in quanto veniva spesso a Roma, me la presentò. Lei mi sorrise, io feci altrettanto e ci abbracciammo cordialmente, dopo le tante ore trascorse insieme al telefono nei mesi precedenti.
Nonostante Skype, WhatsApp e tutte le diavolerie moderne, avevamo preferito riservarci una sorpresa, proprio per il momento che stavamo vivendo.
Mi colpì molto, non soltanto per la sua avvenenza, ma anche per quel suo modo di parlare, ancora più apprezzabile dal vivo, con quella vezzosa ‘erre’ tipicamente francese e con quel gentilissimo modo di porsi che la caratterizzava.
Dopo essere state sedute accanto per tutta la prima giornata dei lavori ed aver familiarizzato ulteriormente, in tardo pomeriggio le chiesi: “Hai da fare? Ti va di accompagnarmi un po’ in giro per la città, prima di cena?”
“Caspita” rispose “mi piacerebbe moltissimo, ma domani pomeriggio Claudette, una mia cara amica pittrice, parte in tournée e starà fuori per quasi un anno. Le ho promesso di passare la serata insieme, cena compresa”.
“Ah, nemmeno ceni qui?”
“No. Però… però… aspetta un attimo, fammi fare una telefonata”.
Mireille si allontanò e tornò in pochi secondi con un sorriso raggiante: “Tutto a posto.
A Claudette non solo non dispiace, ma è felice che la mia amica italiana si unisca a noi”.
Un'ora dopo, il tempo di metterci un po’‘in ghingheri’, ci avviammo.
Claudette ci aspettava sotto casa, a rue Des Abbesses: l’avevamo avvertita col cellulare che stavamo arrivando.
Vidi venirmi incontro una rossa circa quarantenne dai capelli lucidi, ondulati e lunghi, veramente meravigliosi. Non straordinariamente bella, mostrava però un aspetto giovanile più che piacevole, oltre ad essere senza dubbio una donna carismatica e molto sexy.
Pittrice apprezzata, quotata e di una certa notorietà. Si presentò vestita letteralmente di stracci colorati, ma messi con tale incredibile maestria da farli risultare al pari di un abito di alta sartoria: era, a suo modo, elegante e particolare. Qualche mio conoscente un po’ provinciale l’avrebbe definita ‘eccentrica’.
“Mai stata sposata, né mai avuto un rapporto duraturo” mi disse quasi subito, a conferma della sua ‘eccentricità’.
Il programma: breve giro per Montmartre, come promesso, poi cena. La serata si sarebbe conclusa a casa sua, bevendo qualcosa.
Mentre passeggiavamo cinguettando disinvolte, consideravo quanto tutto il mondo fosse paese.
Sembravamo alla testa di uno stormo di storni: uno solo davanti e tutti gli altri dietro, a centinaia, a volteggiare nel cielo formando disegni mutevoli di attimo in attimo.
Avevamo infatti un numero considerevole di giovani uomini appresso i quali, seguendo precisamente il nostro percorso e guardandoci con ammirazione, proferivano di tanto in tanto garbati apprezzamenti.
In effetti tre donne così appariscenti insieme, così diverse e così variegate, una mora, una bionda ed una rossa, per giunta apparecchiate nel modo in cui eravamo, non è uno spettacolo comune in nessuna parte del mondo.
Intanto era giunta l’ora di cena. Lo Chamarré Montmartre, uno dei migliori ristoranti della città, ci aspettava con la sua cucina creativa. Ci lasciammo consigliare un mix di specialità che risultò veramente eccellente, accompagnato da due bottiglie di ottimo vino, un costosissimo Chateauneuf-du-Pape Cuvée Cadettes del 2003, espressamente richiesto da Claudette la quale evidentemente se ne intendeva, oltre ad essere una habitué del posto.
“Dai, dai, ragazze, ma che ci frega? Ve lo offro io, anzi vi offro proprio la cena e lo faccio più che volentieri… Ouìììì, vive la vie, viva la vita!”
Mireille aveva ragione a dire che la sua amica era cordiale ed estroversa. Anche molto generosa e spontanea, aggiungo. Per nulla superba inoltre, in quel paio d’ore non parlò mai di sé stessa né del successo che aveva e men che meno della sua posizione economica e sociale, peraltro evidente.
Ci si stava davvero bene insieme, così andai molto volentieri, come da scaletta, a finire la serata a casa sua.
Come può essere l’abitazione di un’artista affermata, nel quartiere degli artisti, in una delle città più belle del mondo? Ma splendida, naturalmente, un’opera d’arte!
Arredata in maniera informale e con grande gusto, con una combinazione di mobili antichi e moderni non facile da comporre e con tanti oggetti particolari provenienti dai più disparati angoli del globo. Con molti quadri, suoi e di altri autori, alle pareti e con diverse sculture distribuite ovunque.
Anche occhi distratti o disinteressati avrebbero capito subito che si trattava di un livello ‘superiore’.
Ero confusa da tutto quel lusso e pensavo che l’alcol fosse la causa più probabile del leggero stordimento che mi stava assalendo.
Al terzo bicchierino dell’‘obbligatorio’ Cointreau, aggiunto al vino della cena, dopo una mezz'oretta di chiacchiere e risate, accresciute dal mio improbabile francese, ebbi addirittura l’impressione di vedere la padrona di casa avvicinarsi con sguardo enigmatico alla sua amica.
Quest’ultima era in piedi davanti ad un magnifico acquario di enormi dimensioni, intenta ad osservare le decine di pesci tropicali coloratissimi che lo popolavano.
Subito dopo mi sembrò che le stesse appoggiando, da dietro, le labbra fra la base del collo e la spalla sinistra, dapprima lievemente, poi con sempre maggior pressione, mentre l’altra, per nulla sorpresa, lentamente si girava. La mia immaginazione arrivò persino a farmi vedere una lingua spuntar fuori da quelle splendide labbra carnose fino a giungere, altrettanto lentamente, ad una bocca che sembrava non volere altro che accoglierla, indi infilarcisi con voluttà.
Il tutto in un ambiente decisamente suggestivo, con musica soffusa e profumi orientali, illuminato soltanto dalle luci bianche e violette della vasca e da quella molto fioca color lilla di una avveniristica piantana, posta nell’altro lato dell’immenso salotto.
Nessun loro atteggiamento mi aveva fatto presagire, sino a quel momento, che avrei potuto assistere ad una scena come quella che sospettavo mi si stesse aprendo davanti. Guardando con più attenzione compresi che non era un’impressione, né un sospetto, né la conseguenza degli alcolici assunti.
Mi lasciai cadere, per smaltire l’effetto della sorpresa, su una comoda poltrona di pelle bianca.
Nel frattempo loro si stavano trasferendo verso un grande divano basso di fronte a me, anche questo di pelle bianca, con chaise longue. Vi si distesero e cominciarono a liberarsi degli abiti, scambiandosi baci e parole sempre più ardenti nella loro lingua: eccitante il solo sentirle.
Di tanto in tanto guardavano verso di me.
Dopo l’iniziale smarrimento ripresi coscienza su chi fossi realmente, sulle mie esperienze pregresse nello specifico, significative, e sul mio ‘bagaglio tecnico’, rilevante.
A quel punto ricordai a me stessa: “Probabilmente stanno osservando come rispondi a quello che per te potrebbe rappresentare un trauma. Forse pensano di scandalizzarti e aspettano una reazione per riderci su o forse traccheggiano per vedere se è il caso di provare a sedurti, chissà…”
Per togliermi il dubbio, mi alzai di scatto e mi diressi verso di loro, facendo questa considerazione: “Mi sa che ‘ste due non hanno ben capito chi si trovano di fronte, è arrivato il momento di provvedere”.
Una volta raggiunto il divano, la prima che mi venne a tiro fu Claudette. Le dissi, perentoria: “Spostati un po’, puttanella! Fammi posto”. Lei obbedì con prontezza, senza battere ciglio: compresi quindi che non scherzava.
Così, guardandola fissa negli occhi con voluttà, le allargai le gambe e mi chinai lentamente a baciare, leccare ed addirittura mordicchiare il suo sesso. L’eccitazione che avevo accumulato nel frattempo mi sembrava quella delle grandi occasioni.
Lei, a quanto capivo dai suoi gemiti, gradiva assai.
Stavolta la sorpresa fu loro, il mio modo di fare non era certamente da esordiente, al pari della naturalezza che mostravo con il mio atteggiamento divenuto sfrontato.
Alzando la testa ogni tanto potevo vedere che in Mireille, dopo lo stupore iniziale, montava la voglia di assaggiarmi. Lo notavo dal fatto che ogni tanto apriva gli occhi e mi guardava languida, sembrava chiamarmi, infatti sussurrò: “Avvicinati di più, ti prego. Ti ho mai detto che ti desidero da sempre, solo per la voce che sentivo per telefono? Quando ti ho vista, poi…”
Le risposi: “Eh, dolce collega viziosa, a sorprese siamo pari!” Impossibile comunque resistere al suo richiamo, aggiunsi: “Arrivo, porcellina, apri bocca e gambe”.
Mi avvicinai e le porsi le labbra, in mezzo alle quali lei introdusse subito la lingua.
Gustava nello stesso tempo il sapore della mia bocca e quello del sesso di Claudette, che nel frattempo si era portata con la testa verso il basso, per ricambiarmi il ‘favore’ di prima ed assaporare i miei umori.
Una ‘tenaglia’ estasiante.
Cominciai a sospirare, poi a gemere, poi a urlare e, con l’impennarsi dell’eccitazione, a prendere iniziative sempre più fantasiose e raffinate, sotto gli sguardi piacevolmente meravigliati delle mie partner che iniziavano ad acquisire piena consapevolezza su chi, sotto quel punto di vista, fossi io.
Dopo poco eravamo tutte e tre completamente nude fra il divano ed un tavolo di cristallo molto basso, sopra l’immenso tappeto a pelo alto su cui poggiavano.
Stava prendendo forma un armonioso insieme, composto da tre corpi di donna aggrovigliati che cessarono di essere tali e divennero soltanto dei terminali di piacere, con dozzine di bocche, centinaia di mani, migliaia di dita, infiniti sessi. Bocche e mani che cercavano affannosamente un’altra bocca, un seno, un clitoride o una qualsiasi altra parte ove attaccarsi, essendo divenuta zona erogena ogni centimetro della nostra pelle.
Chiudemmo diverse combinazioni di ‘cerchi’, inizialmente con Claudette che baciava il sesso di Mireille, che a sua volta baciava il mio. Poi a girare.
Ad un certo punto quest’ultima mi spinse verso la sua amica, sussurrando: “Vai, strusciatevi le fichette fino all’orgasmo, io intanto mi masturbo davanti a voi”.
La esaudimmo immediatamente, continuando a scambiarci baci teneri ed appassionati mentre la guardavamo o, per meglio dire, mentre la ammiravamo.
Mireille, sulla penisola del divano, muoveva freneticamente le dita sulla sua vulva, con la testa reclinata all’indietro ed i lunghi capelli neri che toccavano terra, in un’espressione di estasi accompagnata da gemiti. Era una scultura in movimento che si integrava perfettamente con tutte le opere d’arte presenti nella sala.
Raggiungemmo così, in momenti diversi, il nostro primo orgasmo, ma non ci fermammo.
Io rappresentavo la novità in un ménage che era evidente si protraesse da tempo, una novità da assaporare per molto tempo ancora, dolcemente ed esclusivamente al femminile.
Devo dire che, per quanto adori gli uomini e le loro caratteristiche morfologiche, in quel momento non ne sentivo affatto la mancanza… e neanche le mie amiche, credo.
Riprendemmo a baciarci in tre, senza fare altro di proposito, finché quella pratica non divenne quasi una tortura. Eravamo di nuovo nello Spazio Intergalattico dell’Eccitazione Stellare a pretendere di più, ad osare di più, pronte a ricominciare quell’esplorazione del Sistema del Massimo Piacere a bordo della navicella Saffo.
Mi mossi per prima, cercando di nuovo le curve meravigliose di Mireille, le dissi: “Vi adoro, mi state facendo impazzire”. Dopo una frazione di secondo, Claudette, ‘gelosa’, la prese e la fece distendere di fianco a lei con una gamba sulla spalla.
Iniziò a baciarla di nuovo sulla vagina, infilandole ripetutamente e prepotentemente quella lingua eccezionalmente lunga e corposa che nei suoi intendimenti di quel momento doveva rappresentare il membro di un uomo e che comunque ne faceva degnamente tutte le funzioni.
Ad ogni colpo più violento corrispondeva un leggero rinculo di Mireille verso una delle mie dita che aveva intanto cercato e trovato l’altro suo pertugio, quello posteriore, dandole un piacere doppio.
Con l’altra mano mi toccavo. Il concerto di mugolii, sospiri e gemiti da parte di tutte era melodioso, avrebbe deliziato qualsiasi orecchio presente.
Dopo molto tempo e diversi cambi di posizione eravamo di nuovo in preda a quella frenesia che precede l’orgasmo, con il desiderio comune di protrarre quei momenti all’infinito.
Io li vivevo da sdraiata supina, circondata dalle cosce sode e levigate di Claudette che avevo intorno alla testa e che palpavo con grande godimento. Nello stesso tempo contribuivo a rendere sempre più bagnata la sua vagina. Lo facevo attraverso colpi di lingua veloci e decisi, ricevendo in cambio il nettare che mi colava addosso e che assaporavo con voluttà ed immensa eccitazione.
Mi sfuggì: “Forza, ancora, di più, voglio una spremuta di sesso”. Con le parole, mai ero arrivata a tanto, mentre una mano di Mireille stava svolgendo un lavoro impeccabile sul mio clitoride ed io sul suo: stavolta venimmo tutte e tre proprio nello stesso momento.
Subito dopo fu piacevolissimo ‘spargersi’ per il salotto. Ci adagiammo ad una certa distanza l’una dall’altra, per osservare meglio e con tutta calma i visi ancora stravolti ed i corpi delle altre due, capaci di aver regalato, e ricevuto, tanto piacere.
Gli sguardi incrociati ed i sorrisi complici che in silenzio ci scambiammo nelle diverse combinazioni e per lunghi minuti alla fine della partouze, esprimevano appagamento, riconoscenza reciproca e consapevolezza di aver vissuto insieme dei momenti da ricordare a lungo.
FINE
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