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Parlo di me


di Membro VIP di Annunci69.it Scpettacolo69
03.06.2025    |    370    |    3 9.6
"Tra poco avrebbe penetrato il mio ventre, strumento di piacere per la mia umida carne, ma ignoravo che mi avrebbe preso per sempre, divenendo padrone di ogni mio più osceno desiderio e tramite..."
L’alfa e il segreto di Carmen
La coulotte intrisa di te, nel cassetto del comodino mi confermava che
era stato tutto vero, reale. Il tuo odore, assorbito e imprigionato dal
leggero tessuto nero, un tesoro da custodire gelosamente. Non avevo
voluto lavar via dal mio corpo il tuo profumo, certa che esso avrebbe
placato ogni rinato desiderio e colmato l’innegabile vuoto della tua
assenza. Inoltre mi parlava di te, aiutandomi a ricomporre, grazie alla
memoria olfattiva, i singoli fotogrammi del nostro primo e tanto
desiderato incontro.
“Dimmi che è stato vero”- ti scrissi la mattina successiva.
“Non vero, unico”. Sei sempre essenziale nelle tue risposte, ma
molto efficace; Bastano poche parole, addirittura un monosillabo per
rendere il tuo stato d’animo. Oppure il merito è del tono della tua
voce, così dolce e deciso nello stesso tempo. Lo avevo notato dalle
prime battute la sera della nostra conoscenza e, in verità, quella sera
non ci fu bisogno di numerose parole per creare un forte contatto
emotivo tra noi.
“ Ho telefonato a Carmen e le ho dato il tuo numero per inserirlo
nell’elenco. Ricordi chi è Carmen? Te ne ho parlato”.
Ricordavo molto bene. Carmen era una tua molto cara amica ed
anche collega, a cui avevi affidato i tuoi intimi segreti. Segreti di donne,
segreti d’amore. Lei custodiva, appuntati su un quaderno, le identità di
tutte coloro che erano state le donne della tua vita. Una sorta di lista.
In verità le liste erano due, parallele, una più consistente, l’altra meno,
proprio a causa della sua natura. Non conoscevo questa donna,
ovviamente, ma mi era simpatica “a pelle” e l ’avevo definita “ la tua
segretaria molto personale”. E sicuramente lei è una persona molto
speciale. E intelligente. D’altra parte lei è stata scelta da te per ricoprire
una funzione importantissima, e di questo può essere fiera. Simpatica Carmen, diligente e solerte, innamorata di te sin dalla notte dei tempi,
mai avrebbe tradito il vostro segreto. O meglio, il segreto di Carmen.
Tu sei una persona non comune, unica, e fuori dal comune sono le
tue scelte di vita.
Non banale in vita, tua intenzione è rendere ancor meno banale il
trapasso ad altra vita. Si sa che la paura della morte è una costante
dell’esistenza dell’uomo, il quale cerca di esorcizzare in tanti modi
questo spettro inquietante. Un modo ci sarebbe, basterebbe
epicureicamente non pensarci, perché se c’è la morte non c’è l’uomo e
viceversa. Semplice. Tu, invece, non sei spaventato dall’idea della
signora con la falce, né vuoi sfidarla in una partita a scacchi, come il
nobile cavaliere al ritorno dalle crociate. Vorresti, invece, rendere
giocoso questo accadimento, far sì che il giorno della tua dipartita sia
il giorno più “divertente della mia vita”- come tu lo definisci.. Ma se la
vita esclude la morte, e viceversa, questo aspetto ludico non dovrebbe
essere percepito da te, semplicemente perché non saresti più in vita.
Dunque sicuramente credi nell’esistenza di una vita oltre la morte,
delineandoti come persona molto carnale, ma che riserva ampia
importanza alla spiritualità.
Cosa ti saresti inventato per “animare” il tuo trapasso? Una sorpresa
geniale, di cui la tua personalissima segretaria sarà complice.
Nell’agenda di Carmen esistono due elenchi: in uno ci sono i nomi, ed
i relativi contatti, delle donne che hai davvero amato. Io la chiamo
scherzosamente “la serie A” e contiene meno nomi, anche meno delle
dita di una mano, a tuo dire. Nell’altra, i nomi delle fortunate, ma in
questo caso meno delle precedenti, che hanno contato abbastanza nella
tua vita, ma di cui non sei stato propriamente innamorato. Insomma,
una sorta di “serie B” sportiva, ed è la più densa di presenze.
La cosa interessante è che solo le appartenenti alla prima lista
dovranno necessariamente partecipare alle tue esequie,
opportunamente avvisate da Carmen. Inoltre, costoro saranno obbligate a portare un segno di riconoscimento, in modo che, tra tutti
i partecipanti, più o meno addolorati, queste signore potranno
riconoscersi tra loro. Questo sarebbe il risvolto più divertente, secondo
te, poiché la conoscenza reciproca potrebbe ingenerare delle dinamiche
particolari tra le prescelte, determinando eventualmente situazioni di
cui deliziarsi. Invece, le iscritte nella lista numero due, informate
dell’evento, non dovranno prender parte all’estremo saluto, e potranno
solo dispiacersi ognuna a modo proprio dell’accaduto. Tutto questo si
renderà realizzabile solo grazie alla disponibilità della cara, simpatica,
intelligente e, senza dubbio, ironica Carmen. Io non so in quale delle
due liste mi trovi, non vuoi dirmelo, per non togliere gusto alla
sorpresa. Peccato che forse non lo saprò mai, dato che, secondo la
legge di natura, avendo qualche inverno più di te sulle spalle, dovrei
precederti nell’aldilà, a meno di accidentali sovvertimenti. Quindi,
molto prosaicamente, chi vivrà vedrà.
Allontanando queste riflessioni, in un certo senso divertenti, sentivo
il bisogno di una prova tangibile dell’aver fatto l’amore con te.
Strusciai la coulotte sul viso e su tutto il corpo per far impregnare la
mia pelle del tuo odore persistente. Mi piace il tuo odore, mi piacque
subito non appena ti fui vicino, nella tua auto. Erano passati alcuni
mesi da quando ti avevo conosciuto e, tranne che in una foto, non ti
avevo più visto. Nel rivederti, tre mesi dopo, quel pomeriggio di fine
anno, mi accorsi che il tuo ricordo non era impallidito, ricordavo bene
i tuoi lineamenti, ormai erano familiari per me e, soprattutto, ricordavo
il tuo sguardo che mi aveva conquistato. La tua bellezza mi stordiva, la
situazione mi rendeva impacciata. I tuoi occhi nocciola striati di verde
dello stesso colore del maglione che indossavi. “Quanto sei carina” –
nella tue parole una dolcezza infinita, nella voce un’emozione che non
mi aspettavo da un uomo abituato ad ogni tipo di bellezza femminile.
Non mi sembrava possibile che ti fossi tanto vicino, che potessi
toccarti, sfiorare la tua mano, il tuo braccio. Solo piccoli sfioramenti, ancora per poco, finché eravamo in un posto troppo frequentato dai
miei conterranei.
Poi, poco distante, lontano da occhi curiosi, il primo contatto. Era
bello avere il tuo viso contro il mio, sentire le tue labbra, sentire il tuo
profumo mischiato al tuo odore. Non mi chiedevo cosa sarebbe
successo, ero ancora troppo confusa, ma sentivo nettamente il
desiderio di abbandonarmi completamente a te. “Sei troppo carina”-
continuavi a ripetere, nelle tue parole un sottofondo, appena
percettibile, di preghiera. “ Ho preso una camera in un albergo qui
vicino. E’ molto discreto”. Poi una pausa, quasi a farmi riflettere .
“Oppure preferisci prendere solo un caffè?”- Il tono si era fatto più
deciso, ma non per questo meno amorevole. Non riuscivo a dare una
risposta comprensibile, ti guardavo, sfioravo il tuo braccio, la tua
mano, avrei voluto gridare “Ti seguirei ovunque”. Poi, finalmente,
trovai le sillabe da mettere insieme: “Si, adiamo”. Volammo verso
quell’albergo di poche pretese, che ci offriva protezione da sguardi
indiscreti e, soprattutto, la possibilità immediata di confonderci, carne
con carne, desiderio con desiderio. Ricordavo che fossi alto, ma mi
apparivi infinito, immenso, mentre mi accoglievi nell’abbraccio del tuo
corpo. Che buon sapore i tuoi baci, che eccitanti e dolci le mani sul
mio corpo, ovunque; brividi dappertutto per la tua lingua che mi
esplorava l’orecchio.
Volevi gustarmi lentamente, scoprirmi pian piano, mentre mi
spogliavi con attenta delicatezza, anche se sentivo già la tua
eccitazione contro il mio pube. Avevo indossato una coulotte di pizzo
nero che scopriva generosamente le natiche; il reggiseno coordinato
metteva ancor più in evidenza il seno generoso; le calze autoreggenti
incontravano pienamente i tuoi gusti. Esploravo il tuo petto, ti
frugavo la schiena fino a toccarti i glutei, impazzivo ispezionando le
tue cosce. L’ultimo tuo segreto, non ancora rivelato, gemeva nei
pantaloni, reclamava attenzioni da quella donna “molto carina” il cui ensiero aveva spesso turbato la tua tranquillità di persona impegnata
in mille faccende.
Fui audace nell’andare alla ricerca della tua mascolinità ancora
ignota; tu lo auspicavi, ne avevi una voglia matta, tante volte il
desiderio delle mie mani che si impossessavano del tuo cazzo e ne
facevano l’uso desiderato aveva animato il tuo immaginario erotico.
Non era opportuno indugiare oltre, morivi dal desiderio di renderti
conto di quanto fossi “puttana”.
Te lo eri chiesto ogni giorno, a partire da quel primo sguardo,
quando era nata la bramosia di scoparmi selvaggiamente in qualunque
modo e in qualsiasi posto fosse possibile. Avresti osato seguirmi ,
quella sera stessa , in bagno, in giardino, in qualsiasi posto della terra
pur di entrarmi dentro, almeno per un istante.
Meraviglioso il tuo cazzo, maestoso, infinito, possente. Tra poco
avrebbe penetrato il mio ventre, strumento di piacere per la mia umida
carne, ma ignoravo che mi avrebbe preso per sempre, divenendo
padrone di ogni mio più osceno desiderio e tramite per catturarmi l’
anima. La tua nudità era sconvolgente, eri bellissimo ogni qualsiasi più
spinta immaginazione.
Ti piaceva il mio odore, ora volevi assaggiarmi e gustarmi,
banchettando tra le mie cosce divaricate, e io ti offrivo il mio cibo
delizioso senza temere confronti con altri cibi di cui ti saziavi
copiosamente. Mi facevi impazzire con la tua lingua, era la prima volta
che mi prendevi, ma conoscevi perfettamente i miei tempi, fermandoti,
riprendendo, accelerando o rallentando la meticolosa dedizione alle
varie parti della mia vulva. Ad un certo punto ebbi la chiara sensazione
che un fiotto di un qualche fluido si fosse riversato all’esterno,
scorrendo nell’alveo della mia vagina. Tu lo raccogliesti, bevendone fin
che ne potevi, e me lo portasti ad assaggiare posandolo nella mia bocca
con le tue labbra intrise di esso. Mi cibasti della mia stessa essenza.
“Ti voglio”- ti imploravo - “ti desidero amore”. Volevo fortemente
assaggiarti anche io, annusare il tuo più intimo odore e scoprire il
sapore di mare e spezie di quel pene, favoloso già alla vista e al tatto.
Ci scambiavamo, ora, baci e leccate contemporaneamente, ciascuno
con il sesso dell’altro sulla faccia, alla portata di lingua e labbra
opportunamente disposti, risucchiati in un vortice senza controllo.
“Lo voglio”- pensavo e gridavo - “dammelo”. Non so se per esaudire
la mia invocazione o perché i nostri bisogni coincidevano, entrasti in
me, con decisione, la strada spianata dalla intensa lubrificazione creata
dai miei umori e dalla tua saliva. Mi coprivi tutta, avevo bisogno di
sentire tutto il peso del tuo corpo su di me. La carne attraversata dalla
tua asta che sbatteva contro l’ingresso dell’utero, la sensazione di non
essere fatta di materia, ma da un concentrato di puro piacere che
partiva dalla vagina e si espandeva ovunque. L’annullamento di ogni
capacità razionale era segno che mi stavo perdendo con te e in te,
senza possibilità di ritorno. La tua furia travolgente , le mie urla
incontrollate preludevano all’arrivo della grande estasi, la “petite
mort” come la chiamano i francesi, e fu un’estasi simultanea, cosa
rara per chi fa l’amore la prima volta. Mi sembrò di morire in quel
momento, di entrare in un’altra dimensione, scossa dalle contrazioni
più viscerali, mentre mi riempivi il ventre con il tuo succo di vita,
distillato di te, uomo e maschio eccezionali.
Rimanesti ancora dentro di me, sopra il mio corpo che non avevi
intenzione di voler abbandonare; mi respiravi tutta, per fissarmi per
sempre dentro di te, mi pressavi con il tuo corpo quasi a farmi
diventare una tua seconda pelle.
Mi stavi amando quel pomeriggio di tardo autunno. Eri partito con la
voglia di scoparmi senza ritegno ed eri giunto, attraverso un viaggio
all’interno di me, che ti aveva fatto perdere ogni cognizione di te stesso
e del mondo, dentro la mia anima e ci volevi rimanere. Ed io ti volevo.
Gli amanti felici, ridono e chiacchierano dopo l’amore e giacciono
uno accanto all’altro per ritemprarsi e riacquistare le forze.
Rimanemmo così, immoti ma pieni di vita, paghi l’uno dell’altro
aspettando il risorgere delle energie e del desiderio. Di nuovo ci
mangiammo l’un l’altro, ci unimmo, impazzimmo
contemporaneamente. E fummo di nuovo felici.
“Grazie per esserci, e per quello che mi dai”- ti salutavo al telefono
ritornando a casa.
Mi struccavo, nel bagno della mia camera, e affidavo allo specchio le
mie emozioni.
Ero consapevole che la nostra situazione fosse particolare, non
potendo esternare al mondo il nostro legame; ma il mio augurio era di
riuscire a vivere questa nostra storia in modo da trarre tutto ciò che di
positivo potesse essere contenuto in essa.
Tu eri diventato il mio amore, come auspicavi, ed io cominciavo a
percorrere la via di questo amore in modo particolare, con gioia,
freschezza, levità, e non provavo scrupoli o sensi di colpa. Sapevo che
questo amore, per forza di cose sarebbe dovuto vivere nel segreto
dell'anima. Ma esso, fin dall’inizio, ha mostrato una caratteristica
particolare; quella di essere un amore che nulla chiede se non amore.
E' un amore che vive per alimentare se stesso, che non si pone altri
obiettivi se non quello di dare e ricevere amore. E' un amore per il
quale non esiste il tempo, che non si interroga sul futuro, ma vive in un
presente senza fine. Oserei dire che è un amore "assoluto", che non è
schiavo di sovrastrutture e che nulla vuole togliere alle rispettive vite
ufficiali, ma che forse aggiunge qualcosa a queste vite.
E per questo non spaventa.
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