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Camera d'albergo


di Sir_Robert
05.07.2018    |    11.766    |    1 6.2
"Ad un tratto sente la porta aprirsi, ha un lieve scatto, forse il timore che non sia lui, forse dato solo dall'attesa, non sa..."
Una camera d'albergo, una doppia uso singola, una donna (Adriana), 45 anni, magra, alta circa 1,60, sui 45 kg, bionda mossa, capelli lunghi, il tatuaggio di una farfallina sulla parte destra del pube; lei è in attesa, ansiosa, una sottoveste nera, corta, appena sotto i glutei che non riesce a nascondere, tacchi alti, una benda nera sugli occhi e null'altro addosso. Ha l'ordine di restare con le spalle rivolte alla porta della camera e il viso verso la finestra chiusa; davanti a lei un lampada con una luce leggera le disegna il corpo in chiaroscuro.
Aspetta una telefonata che confermi che il suo Padrone-amante stà per arrivare, deve solo rispondere al telefono senza dire nulla, solo il numero della camera, si è preparata tutto il pomeriggio, profumata, trucco leggerissimo, quasi inesistente; il giorno prima, con tutta la cura possibile, si è fatta depilare dalla sua amica Francesca, completamente, anche e sopratutto la figa, come piace al suo padrone, si è messa l'olio profumato su tutto il corpo, piuttosto sulle labbra della vulva e sul buco del culo, per renderli più morbidi.
Il telefono squilla. "camera 114".
Lei ha già avuto ordini precisi, deve spegnere il telefono, poggiarlo sulla scrivania, andare a tentoni ad aprire la porta della camera, solo uno spiraglio, tanto da non farla chiudere, ritornare in posizione ad attendere, non deve fare null'altro, neanche quando la porta si aprirà, neanche se dovesse entrare qualcuno che non è il suo Padrone, deve solo restare ferma lì, immobile, anche nel caso in cui qualcuno che non conosce la tocchi o la usi, solo immobile.
Passa circa mezz'ora, lei freme, comincia ad avere paura di avere dato qualche informazione sbagliata al suo Padrone, sa che poi la punizione sarebbe tremenda e se lo meriterebbe; l'attesa inizia a farle stancare le gambe, tenute sempre leggermente divaricate, come da ordini; le gambe snelle sui tacchi alti iniziano a farle male, ma deve ubbidire, senza "se" o "ma", deve farlo, perchè è giusto così, perchè il suo Padrone vuole così, perchè lei vuole solo il piacere del suo Padrone.
Al suo pensiero inizia a bagnarsi la vulva, lei non può toccarsi, deve restare ferma, ma si bagna lo stesso solo pensando a lui, vorrebbe toccarsi, ma non può e non lo fa.
Ad un tratto sente la porta aprirsi, ha un lieve scatto, forse il timore che non sia lui, forse dato solo dall'attesa, non sa.
Con delicatezza la porta si richiude, anche se a lei sembra che sia rimasta aperta troppo a lungo per una sola persona, crede che siano entrate più persone, ma non può girarsi, non può muoversi, non deve, non vuole.
Passano alcuni minuti, sente lievi rumori, passi, leggeri, ma nessuno si avvicina; ad un tratto una mano calda, forte, l'accarezza sulle spalle, la riconosce, è la sua, quella del suo Padrone, ne sente il profumo, la delicatezza unita alla forza, lei ha un brivido sulla schiena che finisce alla figa, sempre più bagnata.
Lui le accarezza la schiena, dolcemente, tutta, delicatamente, poi piano piano, sempre senza che nessuno dei due proferisca parola, inizia ad accarezzarle il sedere, le chiappe, le natiche, calde, vogliose di carezze, piano piano (troppo piano rispetto alla voglia che ha lei di sentire le sue dita sulla figa e dentro) la mano si fa più audace, esplora quelle natiche sempre più intimamente, ma lui le conosce bene, sono di sua proprietà, suo possesso, può farle quello che vuole e lei lo sa.
Ad un tratto lui con delicatezza ma con fermezza le fa capire che deve allargare le gambe, lei esegue l'ordine muto, ormai sa cosa vuole il Padrone e come lo chiede.
Le mani di lui iniziano a penetrare dentro le natiche, sul solco del culo, piano, prima toccando dolcemente il buco del culo (lei sta morendo di voglia e tende ad aprire le natiche per agevolare le sue mani), poi passando più in basso, sempre lui dietro e lei davanti che le dà le spalle, inizia a toccare la figa, bagnatissima, un lago, due dita esplorano l'interno delle labbra, vede con soddisfazione che ha messo l'olio, che sono morbide, lisce, ben depilate, pronte all'uso, come le vergini; la mano destra inizia a muoversi all'interno delle labbra della figa, piano, lentamente, inizia a toccare la clitoride, leggermente, senza pressione, un movimento rotatorio che fa andare in estasi Adriana, ma sa che non deve mugolare ne gemere ne godere ne muoversi senza che prima il Padrone le dia il consenso, quindi sta ferma immobile, con sforzo a controllarsi.
Lui, che la conosce bene e che sa che sta morendo dalla voglia di urlare di piacere e mugolare come una cagna, aumenta il ritmo, la tocca più velocemente, per farla soffrire ancora di più a non poter godere, tocca la clitoride con tre dita, cosa che la fa impazzire, non riesce più a trattenersi, sta per godere, ma lui sa quale è il momento giusto e smette di toccarla e a lei non resta che bloccare l'orgasmo prima che esploda, anche se fino ad adesso ha bagnato tutto il pavimento sotto di lei con il liquido uscito dalla sua figa.
Lei ansima, le mani sulla scrivania, le gambe larghe, il cuore che batte come impazzito, il sudore sulla fronte, sente il suo piacere che cola dalla figa sul pavimento, che ha formato una piccola chiazza, come un bicchiere di acqua caduto a terra.
Lui le accarezza la schiena, poi con forza le prende il collo, la costringe a piegarsi, fino a toccare il pavimento con il viso, con il culo per aria, inginocchiata, poi sente per la prima volta in quel giorno la sua stupenda voce: "lecca tutto con la lingua schiava, pulisci il pavimento, lo hai sporcato tu con il tuo liquido, devi pulirlo tutto per bene"; lei ubbidisce, contentissima di sentire la sua voce calda e non arrabbiata, farebbe qualsiasi cosa in quel momento, anche l'impossibile per lui.
Lei lecca, sente il sapore del suo liquido, è la prima volta, non le dispiace, peccato che non è caldo ormai, forse sarebbe stato più buono, come quando lui le fece leccare la figa di una ragazza che aveva appena scopato, lui aveva sborrato dentro la figa della ragazzina che aveva a sua volta sborrato ed era rimasto tutto il liquido di entrambi dentro la fighetta giovane; lui la fece sedere sopra la schiava e il liquido che colava dalla giovane figa doveva essere ingoiato dalla schiava; fu una esperienza stupenda per lui.
Appena finito di pulire tutto il pavimento, sentì la cerniera dei pantaloni di lui aprirsi, slacciarsi la cintura, abbassare di poco i pantaloni e la sua mano forte prenderle i capelli, alzarla di forza fino a che la bocca della schiava non fu all'altezza del cazzo semi moscio del padrone, lui prese il cazzo e lo infilò senza complimenti nella bocca calda e ancora umida di umori, spinse con forza e tutta la minchia finì dentro la bocca, fino alle palle.
Il cazzo continuava a crescere, ma lui non lasciava la testa della schiava, con il risultato di fare arrivare la cappella fin dentro la gola della schiava puttana (così lui la chiamava quando era soddisfatto del suo lavoro); lei stava veramente soffocando, non riusciva a respirare, sentiva che stava per rigurgitare tanto la minchia era lunga e grande e non sapeva cosa fare; non poteva opporsi, altrimenti la punizione sarebbe stata dura, ma non voleva neanche soffocare, quindi prese la decisione di muovere le tonsille quanto possibile per solleticare il glande del padrone; il risultato fu ottimo, lui apprezzò la variazione sul tema e per bontà lasciò la testa della schiava, che la tirò indietro quel poco che serviva per respirare, ma non fece uscire il cazzo, altrimenti poteva arrabbiarsi e punirla.
Iniziò piano piano a fargli un dolce pompino, sia con risucchio, sia con la lingua, senza fretta, cercando di lubrificare meglio possibile tutto il cazzo e piuttosto il glande, perchè immaginava cosa il suo Padrone volesse fare dopo e stava cercando di limitare in questo modo i danni al suo culo.
Continuò così per circa 20 minuti, con devozione, delicatezza, amore; il suo Padrone aveva un cazzo stupendo, abbastanza grosso e lungo (sui 18 cm), ma la cosa che a lei faceva impazzire era che durava anche tre ore a scoparla senza sosta e senza sborrare e che lo aveva circonciso, quindi un glande che dava molto piacere dentro la figa con le sue sporgenze (peccato che lui non la scopava spesso nella figa, forse una volta su dieci, preferiva di gran lunga il culo, che lei aveva stretto e che le dava molte sofferenze, per il piacere del suo Padrone).
Soddisfatto del pompino lui la alzò dai capelli, la girò, prese le mani e le legò insieme sulla testa, le diede uno schiaffo veramente forte e la buttò sul letto a pancia in giù, con il pube su di un cuscino messo apposta lì per farle alzare il culo; immediatamente, prima che lei si potesse riprendere, le allargò le gambe e le cosce e si posizionò su di lei, il suo petto sulla sua schiena, le gambe di lui che tenevano larghe le gambe della schiava, si prese in mano il cazzo duro come il marmo, lo appoggiò sul buco del culo della schiava senza lubrificarlo e fece finta di infilarlo dentro di colpo; lei si irrigidì e cercò d'istinto di stringere il culo per sentire meno dolore, ma visto che lui aveva solo fatto finta tirò un sospiro di sollievo e si rilassò; proprio in quel momento di relax della schiava, senza preavviso e con un forte colpo di reni, la inculò in un colpo solo, tutto il cazzo entrò dentro il culo della schiava puttana, che sentendo un dolore fortissimo e tutta quella mazza di carne dentro il suo corpo nella parte più stretta che aveva, restò senza fiato e senza poter gridare (ammesso che potesse farlo, visto che il suo Padrone non le aveva dato il permesso di gridare); lui iniziò a pompare con una forza terribile il suo cazzo dentro quel piccolo buco di culo, sembrava il gigante e la verginella, la mazza dura, calda, lunga che entrava ed usciva con forza, con sempre più forza, da un piccolo buco di culo da puttana; lui si divertiva molto così, sentiva che il dolore spaccava in due la puttanella e lui ci godeva, più lei sentiva dolore, più il suo cazzo si ingrossava per il piacere e più si ingrossava il cazzo, più lei sentiva dolore.
Dopo circa 20 minuti di inculata (piacevole per lui, dolorosissima per lei), tirò fuori il cazzo dal culo tutto di colpo, lo guardò e vide delle macchie di sangue sulla pelle, guardò il buco del culo della puttanella e si accorse che lo aveva proprio quasi rotto, era molto rosso, con delle piccole macchioline di sangue ai lati, contento del suo lavoro, disse a lei: "vuoi che continuo o che smetto?"; lei sapeva che se avesse chiesto di smettere, avrebbe iniziato nuovamente più forte di prima, mentre se diceva che voleva che continuasse a romperle il culo, lo avrebbe fatto volentieri; insomma, in qualsiasi delle due ipotesi, avrebbe continuato a romperle il culo; "Come desideri tu Padrone, sono la tua schiava e puttana, fai di me quello che vuoi" disse lei.
Non se lo fece ripetere due volte, avvicinò le sue labbra all'orecchio della schiava e le disse "così mi piaci puttana, ora ti faccio vedere le stelle"; quando lui diceva così....erano dolori; prese il cazzo, fece entrare dolcemente la cappella dentro il buco del culo, respirò forte per due o tre volte (intanto lei aveva stretto il buco del culo dolorante, in attesa della penetrazione) e con un colpo di reni mai visto affondò tutto il cazzo dentro al culo della puttanella, si aiutò addirittura con le gambe per fare più forza, con il risultato di entrare con tutto il cazzo nel culo fino alle palle, cosa che lui adorava, perchè lei si sentiva veramente la minchia dentro la gola, ma dalla parte del culo però; tirò ancora qualche colpo di assestamento finchè la parte bassa del glande non toccò il fondo, dandogli una sensazione pazzesca.....
Adriana, passato il dolore iniziale, cominciava a godere di quella penetrazione, sentiva tutta la minchia dentro, lo sentiva suo, in suo possesso, padrona per una volta del cazzo e iniziava a bagnarsi sempre più, anche perchè lui aveva iniziato a toccarle la figa e la clitoride con la sua mano destra, mentre la sinistra la appoggiava sulla schiena di lei, pesantemente, per non farla muovere mentre faceva i suoi comodi.
Lei iniziò a godere, sempre di più, mentre lui riprese a pomparla dentro il culo da troia, sempre a fondo, sempre togliendo il cazzo e rimettendolo dentro di colpo, tutto quanto, così per più di un'ora, in modo animalesco, mentre lei (dopo aver avuto il permesso dal Padrone) gridava tutto il suo godimento e scaricava in continuazione la sua sborra calda; non riusciva a fermarsi, tutto il dolore (tantissimo) si era trasformato in piacere, non riusciva a fermarsi dal godere, era esausta, non aveva più respiro, voleva smettere, ma il suo padrone continuava ad incularla, sembrava non volesse più smettere, erano da 3 ore su quel letto, ma lui sembrava sempre più convinto a passarci tutta la notte dentro il culo di lei.
Ad un certo punto sentì lui che le disse "puttana, adesso voglio sborrare nel tuo culo, ti raccomando, visto che è largo da tanto che ti ho inculato, cerca di stringerlo bene, almeno ti sborro dentro con soddisfazione".
Lei contentissima, strinse il buco del culo per quanto poteva, ma il cazzo era grosso, non era facile accontentare il padrone, che oltretutto aveva aumentato il ritmo della pompata, finchè ad un certo punto lei sentì che nonostante stringesse i muscoli del buco del culo, il buco si allargava sempre più, il cazzo lo allargava senza che lei potesse opporsi, sentì aumentare il ritmo dell'inculata e la cappella farsi più grossa, fino a che non sentì dentro le budella un getto caldo e persistente di sborra densa del suo padrone e un grugnito di gioia dalla sua bocca fece terminare quella inculata tremenda e lunghissima; lei felicissima di avere soddisfatto il suo amante, rimase immobile come piace a lui, con lui sopra, mentre il cazzo si ammosciava piano piano e si rimpiccioliva dentro al suo culo, facendo uscire le ultime gocce di sborra calda.
Quando lui si girò, lei gli pulì con la bocca e con la lingua quel cazzo che la faceva impazzire e morire dal godimento.
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