tradimenti
Il desiderio proibito SECONDA PARTE


09.05.2025 |
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"Sullo spesso tappeto del salotto, disposte in un perfetto cerchio di candele, Marta e Silvia lo aspettavano..."
Capitolo 4 – Il Gioco a TavolaIl ristorante era elegante, pieno di luce soffusa, conversazioni educate e tintinnii di posate. Marta rideva con un calice in mano, raccontando un aneddoto su una collega, mentre Silvia, seduta proprio di fronte a lei, ascoltava con un sorriso enigmatico.
Giulio era tra loro due. Letteralmente. Un uomo diviso in due. Una mano stretta alla moglie. L’altra che tremava sotto il tavolo, invisibile.
Silvia non aveva ancora detto una parola diretta a lui. Ma bastò lo sguardo. Quello sguardo. Pieno di fuoco e dominio.
Giulio si accorse solo dopo che Marta era andata in bagno. Appena la sedia si allontanò, Silvia si piegò verso di lui e gli sussurrò con lentezza:
“Hai messo l’auricolare come ti ho detto?”
Lui annuì impercettibilmente. L’auricolare era minuscolo, nascosto tra i capelli.
Un istante dopo, la sua voce gli arrivò nitida all’orecchio.
“Bravissimo. Ora… apri leggermente la zip dei pantaloni. Sotto il tavolo. Fallo ora.”
Giulio si guardò intorno. Nessuno sembrava fare caso a loro. Solo coppie, camerieri, e una musica jazz in sottofondo. Le dita obbedirono, tremanti.
“Bene,” continuò Silvia. “Ora, mentre tua moglie torna e si siede accanto a te… tu penserai solo a me. Solo alla mia lingua. Alle mie mani. Al mio corpo bagnato sul tuo. E mentre lei ti parla, io controllerò tutto. Ogni battito del tuo cuore.”
Giulio deglutì. Marta tornò e si sedette sorridendo, ignara.
“Che vi siete detti?” chiese, guardando Silvia.
“Oh, cose nostre,” rispose lei con malizia. “Famiglia.”
Poi, alzò il calice e brindò: “Alla complicità.”
Il calice di Giulio tintinnò, ma la sua mano tremava.
E poi accadde.
Silvia, con un gesto disinvolto, fece scivolare un piede nudo sotto il tavolo e lo posò esattamente tra le gambe di Giulio, che ebbe un sussulto trattenuto.
Lei iniziò a muovere il piede con maestria, esercitando una pressione lenta, ipnotica.
“Sei mio,” disse all’auricolare. “E ogni respiro che trattieni... mi appartiene.”
Giulio cercava di mantenere la conversazione con Marta, che parlava delle vacanze estive. Ma il piede di Silvia continuava, più deciso. Le parole gli morivano in gola. Un sorriso forzato sul volto, mentre dentro urlava.
Poi Silvia ritirò il piede e prese il cellulare. Lo poggiò sul tavolo, facendo in modo che Giulio lo vedesse. Sullo schermo, aperto a metà, un nuovo video: lui, inginocchiato davanti a lei nel salotto.
Un messaggio lampeggiava sotto.
“Se ti alzi adesso e vieni in bagno... ti concedo una ricompensa. Se resti... il video parte.”
Giulio fissò il display. Marta lo chiamò: “Tutto bene?”
Lui si alzò improvvisamente. “Scusate… torno subito.”
Silvia lo seguì con lo sguardo, poi si alzò a sua volta, lanciando a Marta uno sguardo complice. “Io vado a sistemarmi il trucco.”
Dentro il bagno, Giulio la trovò ad aspettarlo. Il vestito già sollevato sui fianchi, niente sotto. Lo guardò come una dea della vendetta e del desiderio insieme.
“Bravo. Hai superato la prima prova,” gli sussurrò.
Poi lo spinse contro il muro, e lo baciò con una fame che cancellò il mondo. Ogni paura, ogni freno.
Silvia aveva capito tutto: lui era suo. Anche quando fingeva di non volerlo.
Capitolo 5 – Il Triangolo Proibito
Il cellulare vibrò sul cruscotto dell’auto. Giulio, ancora col respiro sospeso per una giornata che sembrava già troppo lunga, scorse la notifica: una foto.
Un bicchiere di vino rosso, poggiato su un tavolino in vetro. La luce calda di una lampada, sfocata in secondo piano. E in primo piano, un dettaglio indecente: le gambe di Silvia, nude, accavallate, la seta trasparente del kimono che lasciava poco o nulla all'immaginazione.
Poi arrivò un audio, sussurrato come un morso all’orecchio:
“Vieni. Il vino è pronto. Io anche. Marta… sa che ho bisogno di compagnia. Ma non sa che tipo.”
La gola gli si seccò. Era una trappola, o un richiamo? Eppure il piede si mosse da solo sull’acceleratore, mentre la mente cercava di trovare un senso in tutto.
Quando arrivò, Silvia lo aspettava dietro la porta socchiusa. La luce era soffusa, una candela accesa tremolava su un mobile, proiettando ombre danzanti sulle pareti.
Lei era lì. In piedi, scalza, con indosso solo il kimono nero, trasparente come una promessa proibita. Ogni curva era un invito, ogni centimetro di pelle un campo di battaglia tra desiderio e colpa.
“Entra, Giulio…”
Chiuse la porta alle sue spalle. Il rumore fu definitivo, come un sigillo sul destino.
Lui la fissò, il cuore tamburellante.
— Che significa quel messaggio? Marta sa…?
Silvia non rispose subito. Prese il bicchiere di vino, lo portò alle labbra. Bevve piano, lasciando un filo scuro sulle labbra. Poi, si avvicinò a lui. Gli prese la mano. La fece scivolare lentamente sulla propria coscia nuda.
“Tu… sai distinguere tra ciò che è vero… e ciò che ti eccita troppo per essere negato?”
Lo spinse dolcemente sul divano. Si sedette a cavalcioni su di lui, e Giulio sentì il calore del suo corpo contro il suo. Le mani di lei iniziarono a liberarlo, una camicia sbottonata, una cintura sciolta con lentezza esasperante.
“E se ti dicessi che ogni sguardo che hai posato su di me, Marta lo ha previsto?”
— Non ci credo.
Silvia lo baciò. Un bacio che gli tolse l’aria. Poi si staccò, lo guardò con occhi accesi di un fuoco oscuro.
“Eppure sei qui. Lo stai facendo. E lei forse… guarda. Ascolta. O aspetta.”
Fece scivolare il kimono giù dalle spalle. Cadde come nebbia al suolo. Si alzò in piedi, nuda, lo sguardo che lo dominava. Lentamente, senza dire nulla, si girò di spalle. E lì, davanti a lui, il suo corpo sembrò scolpito nella luce dorata. Ogni curva un inno al peccato.
Si appoggiò alla parete. La schiena nuda, le mani sulle piastrelle fredde. Giulio si alzò come ipnotizzato. La raggiunse. Le baciò le spalle, scendendo lungo la spina dorsale, ogni centimetro un morso al suo autocontrollo. Le mani tremavano. La bocca si fece assetata.
Non parlavano più. Solo respiri. Fruscii. Pelle contro pelle. Ritmo che cresceva come tamburi in una danza tribale.
Silvia si voltò a un tratto. Lo prese per il viso. Gli occhi nei suoi.
“Sei pronto a perdere tutto per me?”
Giulio non rispose. Ma il suo corpo sì.
Dopo, nudi e avvinghiati sul divano, Silvia si alzò. Prese il cellulare dal tavolino.
Lui sobbalzò.
— Cos'è quello?
Silvia sorrise. Un sorriso da pantera sazia, ma ancora affamata.
“Un ricordo. Un documento. Un’arma.”
Premette play. Il video della loro ultima notte. I gemiti. I sussurri. Il suo nome urlato da lui.
“Ora il mio cognatino è nelle mie mani…”
Giulio la fissava, immobile. Il desiderio ancora vibrante nei muscoli, ma il gelo nel petto.
Silvia si chinò verso di lui, le labbra a un soffio dalla sua bocca.
“E tu non saprai mai… se quando torni a casa, Marta ti guarda con amore… o con disgusto. Forse… con entrambe.”
Un bacio rapido. Uno schiocco malizioso.
“A domani, Giulio. Ho nuovi giochi in mente.”
E con passo lento, sinuoso, si avviò verso la camera da letto, lasciandolo lì. Nudo. Sudato. Intrappolato.
Capitolo 6 – Il Risveglio di Marta
Era l'alba. La città si stendeva fuori dalla finestra come un corpo addormentato, avvolto nella bruma del mattino.
Giulio si rivestì in silenzio. Silvia dormiva ancora, nuda, distesa sul divano in una posa indecente, come se anche nel sonno sapesse di essere pericolosamente desiderabile.
Aprì la porta senza fare rumore. Un passo. Poi un altro. La libertà a portata di mano.
Ma sul pianerottolo… Marta.
In piedi. Immobile. Lo sguardo fisso su di lui. Occhi che non piangevano. Non tremavano. Solo... guardavano.
Indossava un cappotto blu. I capelli raccolti. Nessuna emozione evidente sul volto. E fu proprio quella calma, quella freddezza, a far tremare Giulio più di qualsiasi urlo.
— M-Marta… io posso spiegare...
Lei lo interruppe. La voce, tagliente come un bisturi:
“È da quanto? Un mese? Due?”
Silenzio. Il corridoio sembrava stringersi attorno a loro come un cerchio di fuoco.
“Sai qual è la parte divertente?” continuò Marta, avvicinandosi. “Che all'inizio... l’ho capito dal profumo. Il suo. Su di te. Poi ho iniziato a osservare. I tuoi ritardi. I tuoi silenzi. E Silvia… che si mordeva le labbra ogni volta che mi parlavi. Il gioco era già cominciato, e io l’ho lasciato fare.”
Giulio non riusciva a respirare.
Marta tirò fuori il telefono. Gli mostrò lo schermo.
Il video.
Il video.
“Ti sei mai chiesto chi ha messo quella telecamera in salotto? O pensavi che Silvia fosse l’unica a giocare sporco?”
Silenzio.
“Io l’ho messa. Per lei. Perché so chi è mia sorella. Ma non immaginavo che tu… ti saresti venduto così facilmente.”
Poi fece un passo avanti. Ora erano vicinissimi. Giulio poteva sentire il suo respiro, caldo e regolare. Ma quegli occhi… non erano più quelli della moglie che conosceva.
“E ora… voglio giocare anch’io.”
Gli porse un biglietto. Un indirizzo. Un orario.
“Ci vediamo lì. Stasera. Tu, io… e lei.”
Un sorrisetto, appena accennato. Poi si voltò e se ne andò. I suoi tacchi rintoccavano sul pavimento come una sentenza.
Giulio rimase lì. Immobile. Il biglietto tra le dita.
Silvia e Marta. Insieme.
Un gioco che ora si era trasformato in un triangolo oscuro, dove lui era solo una pedina. O forse… un premio.
Capitolo 7 – Il Ritorno al Punto Zero
L'indirizzo sul biglietto lo conduceva in una via elegante del centro. Un palazzo antico, silenzioso, dalle persiane verdi. Il portone era socchiuso.
Entrò.
Un ascensore in fondo al corridoio. Lo stesso modello del condominio di Silvia. Stessa pulsantiera, stessa porta a specchio. Salì, come fosse parte di un rito. Ultimo piano. La porta dell’attico era aperta.
Dentro, una sola luce soffusa, profumo di vaniglia e musica d’ambiente. E loro.
Marta, seduta sul divano. Elegante. Un vestito nero aderente che lasciava scoperta una spalla. Un calice in mano. Silvia, in piedi accanto a lei, con un body trasparente color carne e il solito sguardo da pantera. Sorridendo come se sapesse già tutto.
— Sei arrivato, — disse Marta, con voce morbida.
Giulio deglutì. Il cuore in gola.
— Marta… io… non so cosa…
Silvia lo interruppe, avvicinandosi lentamente.
— Siediti, cognatino. È ora che ti diciamo la verità.
E fu Marta a parlare, con calma chirurgica:
“Abbiamo deciso di divertirci un po’. Tutto è iniziato come una scommessa… Ma poi ci è piaciuto. Il video, la lavastoviglie, la messinscena… tutto. E tu, caro Giulio, sei stato un giocattolo perfetto.”
Silenzio. Giulio si alzò, provò a parlare. Ma Marta si avvicinò e gli sfiorò le labbra con un dito.
— Non serve che parli. Ti sei già consegnato a noi. E ora... sarai nostro.
Silvia si inginocchiò davanti a lui. Gli sfilò lentamente la cintura, lo guardò negli occhi, e sussurrò:
— Sei pronto a obbedire?
Marta, da dietro, gli sussurrava all’orecchio:
— E se dici no… il video va dritto al gruppo di famiglia. A mamma, papà, e anche alla tua azienda. Hai idea di che fine faresti?
Lentamente, Giulio smise di lottare. Si lasciò fare. Spogliato, umiliato, desiderato, spezzato… e rifatto a loro immagine.
La scena proseguì in un crescendo di gesti sensuali e comandi. Marta osservava. Silvia agiva. E Giulio… era diventato il loro oggetto.
Quando tutto fu finito, Silvia gli passò un collarino di pelle.
“Questo… lo indosserai la prossima volta. Saremo in tre. E sarà solo l’inizio.”
Giulio abbassò gli occhi. Non disse nulla. Ma nel fondo del suo sguardo… brillava qualcosa di nuovo.
Sottomissione.
O forse… eccitazione.
Capitolo Finale – Il Rito
La notte era scesa da poco sulla collina, avvolgendo la villa in un silenzio denso, quasi sacro. Giulio arrivò con il cuore che batteva come un tamburo. Nessun messaggio. Nessuna chiamata. Solo quella rosa rossa nella cassetta e la chiave nascosta sotto lo zerbino, come un invito muto a un altare proibito.
Aprì la porta e fu investito da una fragranza dolce, speziata, che gli tolse il respiro. Tende tirate, luci basse, la casa trasformata. Un luogo che non era più una casa, ma un tempio carnale.
Sullo spesso tappeto del salotto, disposte in un perfetto cerchio di candele, Marta e Silvia lo aspettavano. Erano nude. Non nel senso banale. Erano scoperte, presenti, offerte. I loro corpi brillavano di olio leggero, profumato. I capelli sciolti sulle spalle. Gli occhi fissi su di lui. E sul viso, quella calma che solo chi detiene il potere possiede.
— Benvenuto, Giulio, — sussurrò Marta. — Sei pronto a rinunciare al controllo? A lasciarti prendere completamente?
Giulio non rispose. Era già nel loro mondo. Lo sguardo perso nei loro movimenti, nel modo in cui Silvia si avvicinava con un lungo nastro di seta nera tra le dita.
— Mettiti in ginocchio, — ordinò Silvia. La voce era bassa, vellutata. — Oggi non sei nostro amante. Sei il nostro dono. Il nostro sacrificio. Il nostro possesso.
La seta gli bendò gli occhi. Subito dopo, un bacio caldo sulla bocca. Le labbra di Marta. Le mani di Silvia che gli slacciavano la camicia. Poi la cintura. Poi tutto il resto.
Giulio rimase nudo, esposto, vulnerabile. Con i polsi legati sopra la testa con una corda morbida e sensuale. Le ginocchia affondate nel tappeto. E loro due, che danzavano intorno a lui. A turno lo sfioravano con piume, con le dita, con le labbra.
Un morso sulla spalla. Un respiro sull’inguine. Un sussurro nell’orecchio:
— Non pensare. Non parlare. Solo senti.
Poi lo stesero lentamente sul tappeto, come una statua da adorare. Marta iniziò dal suo petto. Lentamente, passava la lingua lungo il profilo dei muscoli, scendendo. Ogni tocco lo faceva tremare. Silvia, nel frattempo, si inginocchiava tra le gambe di lui, baciando l’interno delle cosce, le ginocchia, risalendo come un serpente caldo.
— Non sei più un uomo, — sussurrò Marta. — Sei il nostro campo di gioco. La nostra tela. Il nostro Giuda… ma anche il nostro santo.
Il corpo di Giulio si contorceva tra le mani delle due sorelle. Era troppo. Troppo intenso. Troppo bello. Ogni centimetro di pelle era stimolato, baciato, morso, accarezzato.
Poi il ritmo cambiò. Marta si sedette sopra di lui. Lo prese lentamente, profondamente, guardandolo negli occhi anche se lui era ancora bendato. Silvia gli baciava i piedi. Gli accarezzava il petto. E quando Marta si sollevò, fu Silvia a prenderne il posto, senza una parola. Con un movimento pieno, deciso, che fece urlare Giulio.
Il piacere arrivò a ondate. Due, tre, dieci. Come se il tempo non esistesse più. Fino a quando il corpo di lui tremò. E si arrese.
Sudato. Esausto. Le mani ancora legate. Fu allora che Silvia gli sussurrò piano all’orecchio:
— Ora sei nostro. Completamente.
Marta rise dolcemente. Gli sfilò la benda dagli occhi. Lo guardò da vicino.
— Nessuna bugia. Nessuna fuga. Nessuna colpa. Solo verità. E la verità è che ti abbiamo trasformato. E tu… ci hai lasciato fare.
Lo sciolsero. Lo cullarono tra i loro corpi. E il silenzio che seguì non era più silenzio. Era un patto. Un giuramento non detto. Un dominio eterno.
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