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Il portiere


di rasss
13.09.2018    |    30.687    |    5 8.6
"Fremendo di piacere inarcò la schiena e si staccò dal suo cazzo..."
La mia compagna è un gran pezzo di figa, di quelle che quando torni a casa dopo averla incontrata ti ci fai su una bella sega immaginandola a pecora che lo prende in figa e nel culo o che ti fa un pompino con ingoio.
Alta, bruna, abbronzata, due tette grosse e sode, culo a mandolino. Sempre vestita con classe e con tacco alto.
Io dopo tre anni, ancora non riesco a incontrare una donna più bella di lei.
Sono molto geloso, ma con questo sentimento ho dovuto imparare a conviverci presto visto che dovunque andiamo gli uomini la scopano con gli occhi e anche per il fatto che sono spesso via per lavoro.
Durante le mie paranoie dovute alla gelosia, lei ha ribadito di essere fedele e che avendo scelto me come compagno di vita non avevo nulla da temere.
Tecla – così si chiama – da qualche mese mi ha chiesto di aiutarla a mettere a posto la cantina del nostro appartamento, invasa da cose accatastate alla rinfusa. Vorrebbe istallarci un mobile per riporre le sue innumerevoli calzature e delle scaffalature per il cambio di stagione.
Più di una volta le ho promesso che avrei messo ordine, ma per via del lavoro – che come dicevo spesso mi tiene lontano da casa – non ho potuto mantenere la parola data, con conseguente rabbia di lei.
Un giorno, rientrando in casa, mi informò di aver chiesto a quel viscidone del nostro portiere di darle una mano e che quest’ultimo aveva accettato volentieri.
Ho subito manifestato la mia rimostranza al fatto che il portiere la aiutasse. Infatti, il tizio, Salvatore, sulla cinquantina, peloso e con un addome prominente, conclamato puttaniere, non ha mai nascosto gli sguardi lanciati al culo di mia moglie. Anche in mia presenza non si è fatto problemi e, in qualche, occasione, dopo averla letteralmente “radiografata” mi ha persino lanciato occhiate di complicità.
Saperli nel locale cantine del condominio, soli, con quel testa di cazzo che le avrebbe certamente piantato gli occhi sul culo non mi faceva per niente impazzire.
Ad ogni modo, Tecla, che è caparbia come un mulo, se ne infischiò delle mie lamentele, comunicandomi che avrebbero riordinato la successiva settimana, durante la quale io sarei stato fuori per lavoro.
A malincuore, mi sono pertanto rassegnato all’idea.
Partendo per la mia missione, passai da Salvatore per dirgli di essere cortese con la mia signora e di tenere le mani a posto. Mi guardò con un sorriso beffardo e mi disse di non preoccuparmi, ché avrebbe fatto solo quello che Tecla gli avrebbe chiesto.
Il suo tono ambiguo non mi rassicurò affatto, ma forte della dichiarata fedeltà di Tecla e del fatto che non avrebbe mai ceduto alle avances di quel panzone viscido con l’alito avvinazzato e puzzolente di sigaro, partii.
Durante le telefonate serali, Tecla mi rassicurava che tutto procedeva per il meglio e che Salvatore era stato sempre cordiale con lei.
Il giovedì pomeriggio, avendo terminato il lavoro prima del previsto, decisi di tornare immediatamente a casa per dare una mano a Tecla, pensando che sarebbe stata felice dell’aiuto che tante volte le avevo promesso senza aver poi mantenuto la mia parola.
Arrivato in serata, non trovai Tecla in casa. In compenso era tutto un gran disordine. Sul divano c’erano diversi vestitini e perizomi di lei accatastati alla rinfusa, scarpe tutte intorno.
Qualcosa non tornava. La chiamai, ma non ebbi risposta. Feci il giro delle stanze, ma lei non c’era.
Un terribile presentimento mi fece venire un nodo in gola.
Tornai al divano e, d’istinto, presi i suoi indumenti e li annusai. Erano intrisi di un odore acre di urina e al tatto, in alcuni punti, erano macchiati e secchi.
Come un fulmine, mi precipitai nel locale cantine.
In fondo al corridoio si vedeva una luce fioca, la porta della nostra cantina era socchiusa. La aprii di scatto. Fu come un pugno nello stomaco.
Lui era disteso sulla schiena, con i piedi verso la porta. Lei, a cavalcioni su di lui, impugnava il suo cazzo (sorprendentemente enorme) come un bastone, e con gli occhi chiusi lo faceva scomparire nella sua bocca. Lui le teneva le mani sul culo e con un dito le penetrava l’ano roseo e dilatato.
Ogni tanto, con il braccio mandava indietro i suoi lunghi capelli e potevo vedere il cazzo di lui lucido della sua saliva
Gemeva la puttana. Era evidente che lui le stesse leccando la figa.
Neppure si era spogliata. Il vestitino che aveva era raccolto intorno alla vita. Tette e culo erano scoperti.
Quanta voglia di cazzo doveva avere se neppure aveva avuto il tempo di spogliarsi prima di saltare addosso a quel porco di mezza età.
Erano talmente presi che neppure si accorsero della mia presenza. Io non riuscivo a proferire parola.
Dopo che lui le ebbe riversato, mentre ansimava e grugniva, la sua sborra in bocca, lei ebbe un orgasmo.
Fremendo di piacere inarcò la schiena e si staccò dal suo cazzo. Ansimava e aveva la sborra che le colava dalla bocca. Con gli occhi ancora chiusi la raccolse con un dito che poi leccò oscenamente, mentre con il bacino si dimenava sulla bocca di lui. La figa completamente aperta e depilata glie l’avvolgeva quasi del tutto. Lui aveva rigagnoli del suo succo sulle guance.
Poi lei aprì gli occhi accorgendosi che ero lì.
Mi sarei aspettato che trasalisse e invece, con una incredibile naturalezza, mi sorrise e disse, quasi biascicando: “Salvo, amore, abbiamo un ospite, per oggi basta così”.
Lui si alzò con il cazzo ancora in tiro, e mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “spero di essere stato utile alla signora, qui sotto era pieno di ragnatele … Quando vuole sono a disposizione”.
La rabbia mi fece sobbalzare nel letto e mi svegliai.
Era stato un sogno, ma avevo il cazzo duro.
Mi segai, eccitato, ma tranquillizzato che il tutto era stato frutto della mia immaginazione.
Tornato a casa, andai in cantina. Tutto era in ordine, se non fosse stato per un vestitino di Tecla ammucchiato dietro un scatolone schiacciato come se qualcuno ci si fosse buttato sopra.
Passando dall’androne per ritornare in casa, notai che Salvatore non era in guardiola …
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