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Treno di notte per Madrid


di rasss
10.10.2019    |    18.259    |    16 9.5
"Non ingoiò subito il cazzo, ma in modo quasi ossessivo leccava solo quella parte..."
TRENO DI NOTTE PER MADRID
La cuccetta era davvero stretta, buia e soprattutto calda. Il volo soppresso all’improvviso per Madrid mi stava costando un viaggio internazionale in treno della durata di 24 ore.
L’unica fortuna era che, almeno, nello scomparto eravamo solo in due: io – ovviamente – e un ragazzo più o meno della mia età.
Lui era un bel tipo; un hipster di colore, magro, capelli corti e barba folta, abbastanza alto e molto tonico. Pensai che non doveva essere un gran conversatore visto che, per tutta serata, aveva letto ininterrottamente un romanzo senza mai distogliere lo sguardo dal libro. Comunque non tentati di intraprendere alcuna conversazione. Pensai che forse gli stavo semplicemente sul cazzo per idiosincrasia somatica.
Dopo un po’ di conversazione via whatsapp con mia moglie, spensi il cellulare, dissi buonanotte e mi girai di spalle nella speranza di riuscire almeno a dormire dopo quella giornata infernale in cui dall’aeroporto mi ero dovuto scapicollare in stazione per prendere l’ultimo treno della sera per Madrid e raggiungere il mio capo per lavoro.
Il ragazzo mi augurò buonanotte e lo scomparto si riempì di buio e silenzio.
Il finestrino leggermente aperto regalava un po’ di frescura al mio torso nudo. Il lenzuolo mi copriva fino alla cintola. Il rumore ricorsivo del treno e il dondolio del suo incedere iniziava a conciliarmi il sonno.
Tutto d’un tratto il ragazzo rompendo quel velo di silenzio mi chiede “ti dà fastidio se mi faccio una sega?”.
Che cazzo di domanda è? – pensai tra me e me. Certo che si, avrei voluto rispondergli. Ma dalla mia bocca uscirono altre parole. “Ma no – dissi – fai pure, non c’è problema”.
“Grazie”, mi rispose. “Sei molto gentile. Se ti va, puoi guardare”.
“Preferisco di no, non sono gay”.
“Non devi essere gay per guardare. Magari è solo un bello spettacolo che ti piace e basta”.
Mentre, con inaspettata loquacità, parlavamo, lui scostò il lenzuolo e lasciò svettare un cazzo che per dimensioni era simile ad una bottiglia d’acqua da mezzo litro: enorme.
Quel palo di carne nera era già bello in tiro. Dopo averlo scappellato, iniziò a ungere la cappella con la propria saliva che prelevava copiosa con la mano dalla sua bocca carnosa.
“Lo faccio per farlo scappellare meglio” – disse senza che io gli facessi nessuna domanda. “E poi mi piace sentire vederlo sporco di saliva mentre mi sego. Così immagino che sia quella lasciata dopo un pompino”.
Mentre parlava non smetteva di tenersi il bastone con la mano destra, mentre con la sinistra si accarezzava il pube e le palle.
“Se ti va puoi succhiarlo” – mi incitò.
“Ti ho già detto che non sono gay”, replicai.
“Ma che vuol dire?! Se non hai mai assaggiato una cosa da mangiare, non signfica che non sia buona o che non possa piacerti”.
Il discorso in effetti non faceva una piega, e mentre cercavo di trovare in me degli argomenti raziocinanti per controbattere, sentivo sempre più una strana e inaspettata eccitazione invadermi le viscere. Mi resi conto che avevo il cazzo in tiro e che quella situazione mi stava eccitando così tanto che avvertivo lo stimolo dell’eiaculazione senza neppure aver sfiorato il mio cazzo.
D’istinto glie lo dissi. “Ho il cazzo che mi scoppia”.
“Ora ti faccio vedere come è un vero pompino”, mi disse. Si alzò dalla sua cuccetta, e con un solo passo si piazzò in ginocchio davanti alla mia, tirò via il lenzuolo e mi afferrò il cazzo.
“A me piace il cazzo”, disse.
“Beh, lo avevo capito”, risposi oramai languido e disponibile.
Dopo questo scambio di battute si avventò sulla mia cappella. Si dedicò per qualche minuto solo a quella. Non ingoiò subito il cazzo, ma in modo quasi ossessivo leccava solo quella parte.
Sentivo crescerla a dismisura mentre mi veniva praticato il più bel pompino che io avessi mai potuto immaginare di ricevere. Persi ogni freno e mi lasciai andare. Ero disteso supino e completamente rilassato, le guance mi bruciavano. Mentre lui si dedicava al mio cazzo con passione, gli accarezzavo i capelli e la nuca. Lo facevo con delicatezza per paura di distorglielo da quello che stava facendo. Avrei voluto che durasse per sempre, ma so che non sarebbe andata avanti ancora per più di qualche minuto. Ero già colmo. Non avevo mai vissuto una situazione così eccitante.
“Sei bravissimo”, gli dissi.
Ignorò il commento. Evidentemente era consapevole di essere un maestro in quello che stava facendo.
“Hai la cappella rossa e grande come una palla da golf”, disse lui.
“Voglio venirti in bocca”, quasi supplicai.
“Certo; voglio che me la riempi di sborra la bocca. Fanne tanta. Svuotati bene … ho sete di te”. Mentre diceva così aumentò il ritmo e iniziò a scorrere con la bocca su tutta la mia asta, leccandola, igoiandola e baciandola, mentre con le mani mi tormentava con delicatezza le palle, l’interno delle cosce e il ventre.
Ero fuori di me. Pian piano realizzai che stavo iniziando a gemere e miagolare. Lui aumentava il ritmo e l’intensità, io cercavo di rallentarlo perché sentivo di non farcela più. Avevo continue scosse di piacere al bacino, che oramai si contorceva senza controllo. Mentre mi muovevo per ritardare il più possibile la fuoriuscita del piacere caldo e liquido che mi attraversava lentamente l’uretra, avvertivo la sua caparbietà nel non lasciare che il mio cazzo uscisse dalla sua bocca. Non voleva perdere la ricompensa per il suo lavoro.
All’improvviso mi liberai. Mentre lui continuava a pompare, io iniziai ad urlare per il piacere. Mi tappò la bocca con una mano e continuò ancora a ciucciare per regalarmi tutto il piacere possibile e per dissetarsi con la mia sborra vischiosa.
Non riuscivo a contenermi. Sentivo la sborra che continuava a fuoriuscire in gran quantità, a fiotti, come se non ci fosse una fine. Lo vedevo lavorare veloce con la lingua per recuperarne ogni goccia, raccogliere i rivoli che gli sfuggivano, ingoiare e assaporare.
Tutta quella dedizione per il mio cazzo non pensavo fosse possibile.
Quando si ritenne finalmente soddisfatto, si distese al mio fianco. Il contatto con il suo corpo nudo e sudato mi regalò brividi; era la prima volta che la mia pelle era a contatto con quella di un altro uomo.
Mi guardava negli occhi con intensità e mi accarezzava i capelli. Cercai e trovai il suo cazzo enorme e lo impugnai senza segarlo. Volevo solo tenerlo in mano per saggiarne la consistenza e le dimensioni. Era una sensazione bellissima. Mentre lo guardavo mi lasciavo inebriare dal suo alito caldo e profumato della mia sborra. Non sapevo come rompere gli indugi. Ero come tramortito. Ci pensò lui. Mi disse: “Voglio venire anche io”. Era giusto. Lo meritava. Mi aveva portato in paradiso. Era giusto che facesse di me quel che voleva. “Fai di me quello che vuoi”, gli dissi. Con dolcezza mi chiede “Ti piacerebbe prenderlo in bocca o preferiresti che io ti riempia il culo di sborra?”. “Non saprei. Mi piacerebbe provare entrambe le esperienze. Sono così curioso! Non ti nascondo che l’idea di succhiarlo, come tu hai fatto con me, però mi fa impazzire”.
Mi portai tra le sue gambe, lo scappellai e mi lasciai inebriare da quell’odore nuovo. Chiusi gli occhi e lo presi in bocca. Sapeva di buono. Prima di abbandonarmi al mio primo pompino ebbi solo il tempo di pensare che mi sarebbe piaciuto essere all’altezza delle sue aspettative e che la notte era ancora molto, molto lunga, e avevo tutto il tempo di farmi sfondare per bene il buco del culo.
Un viaggio di sola andata verso una nuova vita.
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