tradimenti
Ivana e il lampadario
di Dreamfree
08.10.2024 |
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"Scesi dalla sedia, ripristinai la catena di sostegno e risalii sulla sedia..."
Ivana e il lampadarioQuando suonò il campanello di casa ero sdraiato sul divano che guardavo la mia serie preferita alla televisione.
Il mio sguardo cadde sull’orologio appeso alla parete… “Le tre… chi è che rompe a quest’ora del pomeriggio?” pensai.
Mi alzai mi sistemai i pantaloni della tuta leggera da ginnastica, mi lisciai i capelli con le mani per ricomporli un poco ed andai ad aprire la porta.
Mi trovai davanti la signora Ivana del primo piano scala A con un vestitino giallo scollato da casa ed un paio di ciabatte pelose. “Ciao, ho un piccolo problemino e non so come risolverlo” disse sorridendo. “Cosa è successo?” chiesi, pensando che avrei dovuto interrompere il telefilm e perdermi il finale. “Stavo pulendo il lampadario facendolo girare e si è staccato dal soffitto... però non è caduto è rimasto attaccato con un filo blù”. La guardai stupefatto e preoccupato, “Mio marito torna da lavorare stasera per cena e se lo trova così credo che si arrabbierà un po'… mi puoi aiutare?” aggiunse sorniona con sguardo implorante. “Facendolo girare? E’ già buono che non ci sei rimasta attaccata” ribattei un po' seccato ma sbigottito. Decisi che non potevo lasciarla nei guai, presi la mia piccola cassetta degli attrezzi nel ripostiglio, le chiavi di casa e mi tirai dietro la porta dicendo “Andiamo”. Lei mi precedette scendendo le scale.
Il mio sguardo non poteva non cadere sul suo culo che ballonzolava ad ogni passo lasciando intravedere i sottili fili di un tanga che dai fianchi finivano in mezzo alle chiappe. La signora Ivana poteva avere una trentina d’anni, piccolina, un po' in carne ma non grassa, capelli biondi fino alle spalle che in quell’occasione portava raccolti sulla testa in uno chignon.
La incontravo abbastanza spesso in cortile, quando ero di riposo o rientravo dal lavoro. La vedevo arrivare, partire con l’auto o scaricare la spesa ed ogni volta era un saluto ed un sorriso; più di una volta notai quanto fosse carina in abiti da uscire. Credo che la sua attività principale fosse la casalinga.
Il marito arrivava sempre per ora di cena, a volte anche dopo, macchina grossa, sempre giacca e cravatta, credo facesse l’assicuratore e non avevano figli.
Scendendo la scala il mio sguardò cadde sui grossi polpacci e le ciabatte pelose e mi soffermai a pensare quanto fossero corte le gambe di una donna piccola senza scarpe con il tacco.
Arrivammo al piano terra, percorremmo il corridoio che portava alla scala A ed iniziammo a risalire la rampa della scala A. Camminando sempre davanti a me ed alcuni scalini più in alto, mi permise di insinuare lo sguardo sotto al vestitino giallo e poter apprezzare le cosce prive di cellulite. Sentii un intenso brivido, come una scossa elettrica che mi arrivò nel pene stuzzicando il suo sonno e facendolo gonfiare leggermente.
Arrivati davanti alla sua porta aprì con la chiave dicendo “Prego” ed invitandomi ad entrare. “Dov’è?” chiesi. “In sala, subito qui a destra” rispose. Come entrai nella stanza vidi il lampadario in tubi dorati con alcune piastre di vetri colorati sospeso ad una ventina di centimetri in mezzo al locale attaccato solo con il filo blù mentre il giallo, il marrone e la catena di sostegno penzolavano nell’aria, sotto di esso la sedia sulla quale era salita per pulirlo.
Aprii la bocca in segno di stupore e la guardai. Lei accennò un sorriso di imbarazzo “Non l’ho fatto apposta” disse mordendosi il labbro in modo erotico, stringendosi le mani una nell’altra sul ventre e contorcendosi le dita nelle mani.
Il mio sguardo divenne compassionevole. “Dov’è l’interruttore generale?” chiesi. “Dietro la porta di casa” e vi si avviò. La seguii. Staccai il generale e sentii la sveglia del forno emettere un fischio per poi spegnersi.
Tornai in sala, presi un cacciavite da elettricista, salii sulla sedia, tolsi la catena penzolante, afferrai il lampadario con una mano mentre con l’altra allentai il morsetto del filo blù. “Prendi” dissi passandole il lampadario. Mentre alzò le braccia mi cadde l’occhio nella scollatura sbottonata sul petto e notai attraverso il vestito i capezzoli indurirsi formando due grossi bottoni turgidi. Lei si accorse che il mio sguardo era concentrato proprio lì e guardandomi negli occhi accenno un sorriso. Afferrò il lampadario, La scossa elettrica si ripresentò aumentandomi ulteriormente le dimensioni del membro; adesso era evidente il gonfiore attraverso la sottile tuta. Posò il lampadario sul tavolo. Scesi dalla sedia, ripristinai la catena di sostegno e risalii sulla sedia. “Passami il lampadario” dissi, e lei lo fece. Agganciai la catena al soffitto, allacciai i fili stringendoli nei morsetti quando sentii la sua mano sfiorarmi il cazzo. “Oppss… scusa” disse. “Oppss… nessun problema” risposi. Lei mi guardò negli occhi maliziosa ed appoggiò la mano aperta sul membro accarezzandolo “Mmmh però” disse, “Faccio del mio meglio” ribattei guardandola negli occhi con un cenno d’intesa. Lei non stacco lo sguardo dal mio e in tutta risposta iniziò a calarmi lentamente i pantaloni della tuta e le mutande stando attenta ad una mia reazione contraria che naturalmente non ci fu, sempre più giù fino alle ginocchia mettendo in bella vista in mio cazzo già quasi in erezione totale, mi prese i testicoli in mano, mi baciò la cappella e sorrise. Quando vide che chiusi gli occhi ed alzai la testa in segno di piacere lo aspirò completamente in bocca ed iniziò a pomparlo lentamente accompagnandolo con la mano. Il livello di erezione arrivò al massimo. Era un piacere, da in piedi sulla sedia, vederlo entrare ed uscire dalle sue labbra.
Si fermò, lentamente si slacciò i bottoni del vestito giallo iniziando dall’alto mettendo lentamente in mostra due belle tette, non troppo grandi, con le aureole rosee ed i capezzoli turgidi, sfilando le maniche corte e lasciandolo cadere alle spalle per poi voltarsi di schiena, inchinarsi a 90° e calarsi il tanga bianco. Io non mi feci attendere, da sopra la sedia finii di calarmi pantaloni e mutande, li sfilai, scesi, sfilai anche la maglietta bianca, le presi le spalle da dietro ed iniziai a massaggiarla, lei alzò la testa in segno di piacere e lentamente le mie mani si spostarono sui suoi seni morbidi, li afferrai tra le mani per poi concentrarmi sui capezzoli e strizzarli tra le dita provocando un gemito. La voltai, i nostri sguardi si incrociarono nuovamente, sguardi che pregavano di non smettere. La spinsi lentamente indietro fino a farla sedere sul divano per poi inginocchiarmi tra le sue gambe ed allargarle con le mani fino a mettere in mostra una splendida piccola figa con il pelo cortissimo e ben curato ed un buonissimo profumo di sesso. Iniziai a baciare quella fessura aperta per poi spostarmi a mordicchiarle l’interno delle cosce e ritornare lì per saettarle il clitoride con la lingua ed affondarla fino al suo interno e poi ricominciare.
Le sue mani mi tenevano la testa forzandomi contro il suo sesso mentre muoveva il bacino su e giù ed io continuai ascoltandola ansimare di piacere.
Risalii baciandola sul pube, poi sul ventre fino al seno dove le mordicchiai i capezzoli turgidi, le presi le mani, la alzai, la voltai, lei appoggiò le mani sulla spalliera del divano e mi presentò il fondoschiena mettendosi a 90 gradi.
Appoggiai la cappella tra le grandi labbra e delicatamente lo spinsi nella sua vulva, un mugolio di piacere uscì dalla sua bocca ed iniziai a pomparla tenendola per il bacino e tirandola a me. Il cazzo entrava e usciva da quella figa stretta mentre le sue piccole labbra lo abbracciavano come una pompa scorrendo avanti e indietro con lui. Pensai che fosse troppo asciutta così mi fermai, le allargai i glutei e le sputai nel solco, la saliva attraversando il buco del culo scese tra le labbra ad inumidire l’amplesso; ripresi a scoparla in modo ancora più energico. I mugolii si fecero sempre più intensi e rapidi fino a che dalla sua bocca uscirono le parole “Ah.. godo.. godo.. non fermarti” mentre le sue contrazioni mi stringevano ritmicamente il cazzo dentro la figa. Ancora qualche colpo ed anche il mio momento era giunto, estrassi l’arnese, la voltai e la spinsi a sedersi sul divano, non feci in tempo ad infilarglielo in bocca che una serie di potenti schizzi le riempì la faccia per poi colarle sulle labbra semichiuse. Mi guardò negli occhi e sorrise mentre con il dito indice si tirava un po' del mio succo in bocca simulando il gesto di assaggiare ed apprezzarne il sapore.
Rimasi stupito quando si alzò d’improvviso, andò a prendere i miei abiti e me li porse dicendo “La settimana prossima devo pulire il lampadario della cucina”, mise l’indice in bocca tra lo sperma e aggiunse “Se ho bisogno ti posso chiamare?” chiese e sorrise maliziosamente. “A disposizione” risposi. Mi vestii in pochi secondi mentre pian piano mi spingeva verso la porta con il mio sperma che le colava sulla faccia. Uscendo riattaccai il contattore generale “Sai dove trovarmi, ciao” dissi ed uscii. Scesi la scala A, percorsi il corridoio e risalii la scala B verso il mio appartamento ritrovandomi a canticchiare We are the champions. “Grazie Ivana” pensai.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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