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tradimenti

Scacco alla regina


di Pprossa
01.06.2025    |    515    |    0 9.2
"Portai la sua mano al mio uccello..."
(continua da: Il Collega)

"Nicola, pensi che ti dica la verità?" mi chiese Gioele, con espressione che oscillava fra il sorpreso e lo scettico. "La vita è una giostra," proseguì.

"Nicola, ma che...?" intervenne Giada, interrompendo Gioele.
"Hai detto qualcosa, amore?" Il cuore mi batteva all’impazzata. Le sorrisi, guardandola.

Tornai a guardare Gioele.
Mi aveva giurato che si trattava dell'aspetto di mia moglie e del bisogno di possederla. Mi aveva giurato di essere interessato a lei solo per una scopata. O a qualcosa del genere.
Supposi di non potergli fare la predica sul fatto di ingannare qualcuno.
Capivo come va il mondo. Le persone gentili che giocano rispettando le regole perdono. Le persone che sono disposte a fare di tutto, sono loro a vincere.
Se Gioele la voleva, doveva trovare un modo per averla. Quale che fosse. Io non avevo intenzione di mettere in discussione la sua ossessione. Io avevo la mia.

Alzai un sopracciglio e scossi la testa. Cercai di ignorarlo. Dovevo comportarmi come una persona normale. Tirai mia moglie in piedi e la baciai, un bacio casto. "Scusa, amore. Sei bellissima."

Gioele ci osservò, anticipando la mia intenzione di uscire dall'ufficio, con lei. "Nicola, aspetta. Sei sicuro di non essere infuriato per ciò che ti ho detto?" Scossi la testa, sorridendo. Lui proseguì: "Se non ne sei turbato non ti dispiacerebbe se io..."
Il mio sguardo andò a Giada. Cazzo! Quel vestito. In quel momento non me ne fregò un cazzo di essere normale. Non me ne fregava un cazzo di niente tranne che di aprirle le gambe e farla venire, assaporare il sapore della sua fica.

Ma potevo farcela. Gioele voleva giocare a quel gioco. Voleva sfidarmi come io avevo sfidato lui.
Pensai che sarebbe stato divertente osservarlo mentre ci provava con mia moglie. Pensai che doveva essere eccitato. Potevo biasimarlo? Ero eccitato anch’io.

I miei pensieri furono interrotti. Giada fece un sorriso pudico, poi ci guardò.
"Se volete scusarmi. Devo andare, un attimo."
"Certo." disse Gioele.
Poi Giada si allontanò. Girò dietro l’angolo. Verso il corridoio con i bagni.

Il cuore mi batteva all’impazzata. I miei pensieri si facevano risentire. Quel bastardo era lì. Si sarebbe mosso?
"Scusa." Non aspettai una risposta. Mi diressi verso il bagno. Dietro l’angolo. Verso lo spazio buio e silenzioso. Il rimbombo dei miei passi era confortante. Ma non era abbastanza. Non riuscivo a raddrizzare i miei pensieri.
Poi la porta del bagno delle donne si aprì. Giada uscì in corridoio. Mi guardò fisso negli occhi.

"Amore, stai bene?"
"No."
"È stato quando..."
Non volevo rispondere a quella domanda. Non riuscivo a pensare a quella domanda. Non riuscivo a pensare.
"Hai indossato quel vestito per lui?"
"Non so di che parli." Si allontanò dalla porta. Si avvicinò a me. Le sfiorai il polso con la mano.
"Sì, invece."
"Non so cosa tu..."
"Sì che lo sai, amore." Le mie parole le fecero dilatare le pupille. "Tu sai cosa stai facendo. Ma non sai quanto sia pericoloso questo gioco."
"Me la caverò." La sua voce si alzò, assunse quel tono fiero di sfida. Pensava di potermi sfidare e farla franca. Si sbagliava.
"È questo che vuoi, amore? Vuoi scoprirlo? Lui ti ha toccata?"
"Non so di che parli." Ma i suoi occhi annuivano, seriamente.

"Vuoi che ti ordini di metterti in ginocchio proprio qui? Che ti ordini di aprire la tua bella bocca così la posso scopare?"
Giada diventò paonazza. "O forse vuoi che lui ti metta le mani sopra la testa. Che ti inchiodi al muro così che tu non possa fare resistenza mentre ti apre in due."
"Io..."
"Cosa vuoi, amore?" Ero stufo di giocare. Volevo farmela. Continuai: "È una domanda semplice. Devi rispondere sì o no. Vuoi venire con me, o con lui?"
"Nicola, tu sei pazzo!" mi strattonò.
"Dimmi che non lo avresti baciato se non fossi entrato." Risposi, infuriato.
Mi guardò negli occhi. "Se vuoi che smetta, dimmi di smettere..." mi disse. "Pensavo che non mi avresti più toccata." proseguì.
Alzai un sopracciglio: "seriamente?"

Giada annuì. Iniziò a piangere "Sei uno stronzo! Cercavo le tue attenzioni da molto, molto tempo." singhiozzava. "Io non avevo mai fatto giochi come questo prima d’ora. Mi ero a malapena permessa di prenderli in considerazione. Solo quando ho sentito delle voci su Gioele. Anche allora, pensavo solo a te. Mi chiedevo cosa volessi. Se avessi un'amante." La guardavo, sbigottito. "Io voglio da te tutto quello che Gioele mi offre. Tutto quanto. Volevo le tue mani sul mio corpo. Voglio che il tuo corpo affondi nel mio. Voglio le tue richieste sconce."

In quel momento, con i suoi occhi azzurri lucidi di lacrime fissi su di me e la sua voce rotta dal pianto. In quel momento, lo seppi. Non era semplice curiosità. Era il fuoco nei suoi occhi. Il tono supplichevole nella sua voce. "Sì." ammisi con un filo di voce.

Era un gesto intelligente o stupido? Era meglio soffrire per questo desiderio represso o era meglio ottenere quello che volevamo? Resistere era da testardi. Cedere...

"Vieni qui." le dissi.
Le mie dita si arricciarono intorno al suo polso. Lo strinsi forte mentre allungavo il braccio per aprire la porta del bagno.
La trascinai dentro. La inchiodai al muro. Chiusi la porta e feci scattare la serratura.

"Vorresti che ci fosse lui?" le chiesi "Vorresti che lui ti faccia venire?"
Le sue pupille si dilatarono. La sua espressione si tramutò.
"Voglio qualcun altro? Forse. Ma di sicuro voglio... "
Divenni un lupo.
"Dovrai fare alla svelta allora. Ho voglia di ucciderlo."
"Sì." Non era una supplica. Giada non stava supplicando per lui.

"Tira su il vestito." Lei lo tirò su lungo la coscia, sempre più in alto.
"Fermati." I miei occhi andarono alla sua pelle esposta. Alla parte superiore della coscia.
"Porta la mano sulla coscia." La sua mano sfiorò il tessuto. "Più in alto."
Giada trascinò la mano un po’ più in alto. "Più in alto." Lo fece di nuovo. "Finché non senti appena la pressione."
Giada trascinava la mano sempre più in alto, sempre più in alto. Finché non fu quasi arrivata.
Iniziò a gemere quando il dito le sfiorò il clitoride.
"Guardami, amore." I suoi occhi azzurri si fissarono su di me.
"È così che ti tocca?" le chiesi. "Con le dita sul clitoride? O spinge quelle dita luride in profondità nella tua fica?"
"La seconda che hai detto... di solito." Giada sosteneva il mio sguardo. Si toccava in modo più deciso.
La tensione cresceva rapidamente. La mia erezione era evidente. La volevo da morire, ma ero calmo e paziente. Aspettai.

"Tu lo guardi.." sorrisi, ironico, e proseguii, "... di solito. Oppure, gli slacci i pantaloni e avvolgi le dita intorno al suo uccello? Vuoi accarezzarlo fino a farlo venire nella tua mano? Vuoi che ti ordini di metterti in ginocchio così che possa venirti in bocca. Che ti ordini di metterti a quattro zampe così che possa... Cazzo!"

I miei occhi si chiusero per un secondo. Imploravano di restare chiusi, ma il mio corpo voleva seguire i suoi ordini. I miei occhi si aprirono.
La tensione nel mio sesso era così forte da fare male. Mi tremavano le mani e le ginocchia. Il mio mondo era diventato nero. Vedevo solo la luce accecante di Giada.
"Bellissima." Le misi una mano sui fianchi. La aiutai a restare in piedi. Poi la abbracciai. La tenni stretta a lungo, poi le parlai, duro. "Inginocchiati!"

Giada rimase scossa. Si stupì del mio cambio repentino.
"Inginocchiarmi? Nicola, sono tua moglie! Non puoi trattarmi così!"
Le risposi con un ghigno triste.
"Non farmelo chiedere due volte, amore."
"Se no?" La mia testa si riempì di pensieri di punirla.
"Non otterrai quello che vuoi" risposi.
"E cosa voglio?"
Non potevo rispondere a quella domanda. Sapevamo entrambi la verità.
Indicai il pavimento. "In ginocchio."
Praticamente cadde. Si sedette sui talloni e mi guardò, aspettando il mio prossimo ordine.

"È questo che vuoi, vero, amore? " I suoi occhi si spalancarono. "Vuoi il suo uccello."
Giada annuì leggermente. Il cuore mi stava scoppiando. Avevo bisogno di lei. Di sapere.
"Vuoi che Gioele ti immobilizzi a terra e ti scopi? O forse vuoi che lui venga in quella bella bocca?"
Si passò la lingua sulle labbra. "Sì."
"Sì?"
"Sì, amore."
Era quello che Giada voleva. Potevo perderla.
"Gioele ti userà. Sarai un contenitore per il suo piacere. Ne sono sicuro. Ma, cazzo, credi che per me sarà divertente scoprirlo? Mia moglie un contenitore per un altro uomo!"
Giada alzò gli occhi, incrociando il mio sguardo. Mi guardo fiera, "No! Non sarà divertente."

Basta! Mi avvicinai abbastanza per prenderle la mano. Le sue dita si allungarono in avanti. Strinsi di più la presa. Al punto che lei ansimò.
"Vuoi sentire il mio uccello, amore?"
Lei mantenne lo sguardo su di me. "Posso dirti di no?"
Avvicinai un po’ di più la sua mano. Quasi al punto in cui doveva essere. Cazzo! Stava tremando. Mi guardava, con un’espressione carica per metà di rabbia e per metà di desiderio.
"No! Non puoi. Vuoi assaggiare la sua sborra, e non la mia?"
Fece un’espressione sorpresa, ma non esitò. "Sì." Cazzo!
Alzai di un tono la mia voce. Le presi la testa fra le mie mani, "Vuoi che Gioele scopi la tua bella bocca?"
"Sì."
"Chiediglielo, allora."
"Chiederglielo?" Io annuii.
"Quando torneremo lì, glielo chiederai." I suoi occhi chiari si spalancarono. Era come se stesse per dire "chi cazzo ti credi di essere? Mi rovini il gioco, stronzo.
Era così. Quello non era affatto un gioco leale. Io non potevo giocare pulito. Lei doveva saperlo. Non le avrei mai permesso di divertirsi.

Giada fece un respiro profondo. "Per favore."
"Per favore?" Alzai un sopracciglio.
"Per favore, non farmelo fare." Lo disse come se fosse una sfida. Non aveva intenzione di implorare.

Portai la sua mano al mio uccello. Sospirò, mentre mi stringeva sopra i pantaloni. Passai il suo pollice sulla mia erezione, premendo il tessuto contro la mia pelle. Cazzo, era già troppo bello.
Giada si mise a sedere dritta. Alzò il petto, puntandolo verso di me in un gesto che era metà orgoglio e metà "guarda le mie tette perfette. Le farò toccare, assaggiare, sentirle intorno al suo uccello, dipingerle con il suo sperma. Voglio tutto con lui."
Era quello che voleva anche lei.

"Glielo dirai, amore. Dirai: per favore Gioele, scopami la bocca."
Lei alzò lo sguardo su di me. I suoi occhi erano più luminosi, più ardenti.
Fece un respiro profondo. Espirò lentamente.
"Per favore, Nicola. Non farmelo fare."
Fanculo! Ero già troppo in là. Non volevo spingerla troppo. Non la prima volta con il bastardo.

"Apri la bocca, amore." Lei esitò, ma lo fece. "Di più." Lei aprì di più.
"Labbra intorno ai denti. Tieni la lingua sul fondo della bocca. Tienila premuta contro di me, così posso scoparti in gola."
"Stronzo!"» sospirò.
"Con Gioele non vorrai fare la figura di un'adolescente."
Le misi una mano dietro la nuca. Pensai di rovinarle la pettinatura. Gioele avrebbe capito che era stata scopata come si deve.
"Mani dietro la schiena. O sui miei fianchi." Non le diedi il tempo di rispondere. Mi slacciai i pantaloni. Tirai i boxer da parte. Le tirai la testa verso il mio uccello. Cazzo!
Le sue labbra mi sfiorarono la punta. Poi fu la sua bocca morbida e calda. Non le diedi tregua. Le spinsi in bocca in profondità. Lei gemeva contro il mio uccello. Si mise le mani sulle cosce. Poi le mise sui miei fianchi. Pensai al collega. Per ora... Cazzo! Mi tirai indietro e spinsi di nuovo dentro. Chiusi gli occhi.
Per un momento, mi godetti la sensazione della sua dolce bocca impegnata con lui. Le diedi qualche secondo per abituarsi alla mia lunghezza. Poi mi tirai indietro e spinsi di nuovo dentro. Mi guardava da sotto in su, con il fuoco negli occhi. Le tremavano le cosce. Lo voleva. Voleva essere sua.
Potevo spingerla di più. Portarla oltre. Più vicino a ciò che desiderava. Le strinsi di più i capelli. Poi le tirai la testa sul mio uccello. Appena appena. Giusto il tempo che lei lo sentisse. Poi di più. Di più. Cazzo!
Le tenevo la testa con entrambe le mani. Una per tenerla ferma. L’altra per tirarle i capelli e farla gemere. Le affondai dentro senza posa. Movimenti duri e veloci che le dilatavano le labbra. Teneva la lingua premuta contro di me mentre la riempivo con spinte incessanti. I suoi gemiti diventarono più forti. La vibrazione mi fece tremare. Cazzo, era troppo brava. E sapere che sarebbe stata sua.
Qualche altra spinta e venni. Le affondai dentro, venni nella sua bella bocca, finché non ebbi niente da dare. Poi mi tirai indietro. La guardai deglutire a fatica.
"Brava, amore. Lui non lo dimenticherà." Le sue pupille si dilatarono.
"Si divertirà con te."

Tornai nell'ufficio per primo. Giada aspettò un minuto, poi ci raggiunse.
Gioele ebbe bisogno di un secondo per capire. Giada arrossì.
Guardai prima lui, poi lei. Le dissi: "Amore, ti dà fastidio che Gioele? " feci una pausa, "Forse dovresti chiederglielo."
Gioele sorrise. Scosse la testa: "Sporcacciona."
Forse doveva darmi fastidio, ma invece no. Me lo fece solo desiderare di più. Come potevo essere soddisfatto e provare rabbia allo stesso tempo? Era contro ogni logica. Aprii la porta e uscii, lasciandoli soli.
Ero fuori di testa. Ma mi sbagliavo a preoccuparmi. Avevo accettato la sua sfida.
Ma quello non era perdere. Era vincere. Avrei ottenuto tutto quello che volevo. Sorrisi.
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