tradimenti
La ragazza in vacanza - 2

02.05.2025 |
1.999 |
3
"Emisi un piccolo gemito, ma Fulvio infilò il grosso dito dentro di me, chinandosi per farmi tacere..."
In Estate ho scoperto di avere una fame che non poteva essere placata. Una fame di uomini, di corpi che si intrecciavano con il mio.
Una necessità primordiale, un desiderio che scorreva nelle mie vene e che non mi sforzavo nemmeno di reprimere.
Alla fine, il piacere è stata una costante in questi due mesi nella Val di Non, qualcosa di cui non ho potuto fare a meno, un bisogno tanto essenziale quanto l’aria che respiravo. E non mi interessava se ci fossero voci nell’ambiente che mi hanno etichettata per questo. Avevo bisogno di qualcuno per placare il tumulto che mi divorava.
Sono Alba, ho ancora diciannove anni. Compirò vent’anni soltanto tra due giorni. Dicono che sono di una bellezza animalesca, una di quelle ragazze che, per via di una sensualità naturale difficile da tenere sotto controllo, gli uomini si girano a guardare per strada.
Il mio ragazzo, Alessandro, era rimasto a casa. Lui vive in un mondo popolato da persone ricchissime e bellissime, poco avvezze a mescolarsi con ragazzi e ragazze di ceto inferiore, quasi temano che, così facendo, possano essere contagiati dalla loro mediocrità.
Io disprezzo questa categoria di individui e, in situazioni normali, me ne sarei tenuta lontana chilometri.
Eppure, non solo Alessandro è diverso, ma il fatto che si dia a me in maniera totale, e che quando ci ritroviamo insieme si mostri per chi è veramente, mi fa sentire speciale e desiderata, come se il rapporto con questo rampollo mi assicuri una forma di riscatto verso le mie origini, in una maniera che ora mi riempie di sensi di colpa.
Come se non bastasse, Alessandro possiede una presenza maledettamente sensuale: la voce calda, i movimenti fluidi ed eleganti, il savoir-faire da ragazzo di mondo e il suo fisico tonico, che pare non averne mai abbastanza di me, cospirano per rendermi succube di ogni suo sguardo e di ogni sua parola.
Anche a letto, dove solitamente amo tenere salde le redini del gioco, divento mansueta e servizievole. Non avevo mai incontrato nessuno che avesse tanto ascendente su di me, e questo mi aveva disorientata e al tempo stesso ammaliato.
- - -
Tutto è iniziato il primo venerdì delle vacanze. Il tempo era bruttissimo. Fuori imperversava uno di quei temporali che sicuramente avrebbe fatto allagare molte zone. Con due amiche, anziché andarcene in qualche locale, avevamo deciso di ordinare una pizza e starcene a casa a parlare dei nostri uomini come solo tre ragazze sanno fare, consapevoli che in questo mondo, per i maschi, le donne sono prede da cacciare, niente di più, niente di meno.
Le nostre risate erano state interrotte dallo squillo di un cellulare. Avevo osservato Miranda rimanere all'ascolto, sogghignando, mentre raccoglieva i capelli biondi e lucenti in una coda di cavallo. Poi, era tornata da noi.
“Ci sarà anche Fulvio quest'Estate.” disse e io rabbrividii. Maledizione!
Miranda mi stava guardando a bocca aperta. Non sono mai stata capace di mentire, infatti la mia bocca si aprì e si chiuse un paio di volte, senza un suono.
“Alba, non ci posso credere! Dopo tutto quello che ti ha fatto!”
Il mio cervello cercava disperatamente una spiegazione, ma invano. Continuavano a tornarmi in mente quei momenti. Mi aveva trattata come una merda e poi era uscito di nascosto con me per due mesi. Non ho mai detto a nessuno che stavamo insieme, tranne che alle mie due amiche.
Pensai ad Alessandro. Sarebbe stato geloso del mio passato?
“Cosa facevate esattamente quando stavate insieme?” chiese Gisella, lasciandosi cadere accanto a me sul divanetto nei pressi della finestra. Mi si era avvicinata con aria cospiratrice e gli occhi che brillavano.
Mi dispiaceva deluderla, ma non avevo intenzione di raccontare i miei segreti.
“Andavamo al cinema, passeggiavamo nel parco, ci baciavamo.”
“Tutto qui? Non ti credo." Aveva insistito, sospirando e appoggiandosi allo schienale contro la finestra.
Prima che potessi rispondere, Miranda era scoppiata in una risata: "Alba, non credo ti sia scordata il tuo primo pompino."
Gisella scosse la testa e rise, divertita. "Allora raccontamelo adesso. Ti è piaciuto già dalla prima volta?"
Fulvio era un ragazzo di diciott'anni di cui ero cotta, ma lui guardava solo quelle più grandi, solo quelle con cui poteva fare sesso. Così gli feci credere che anch’io facevo qualcosa e dovetti dimostrarglielo.
"È stato lui il primo a venirti in bocca?" chiese Gisella.
Sbuffai, ma ormai mi avevano coinvolta. Risposi: "era un tipo piuttosto esigente, già la seconda volta ha preteso di venirmi in bocca facendomi credere che tutte le altre con cui era stato gliel’avevano succhiato a quel modo. E io scema gli ho creduto e gliel’ho concesso. Soddisfatta?"
"No, tesoro, siamo solo all’inizio delle confidenze."
- - -
Era trascorsa una settimana da quella serata tra amiche.
Indossavo un abito leggero di seta gialla, stretto in vita da una cintura sottile dello stesso tessuto, che evidenziava l’aspetto slanciato delle mie forme e lasciava scoperte le gambe nude. Calzavo sandali leggeri di pelle chiara che accentuavano la mia eleganza. Ero seduta sul bordo della fontana accanto a Fulvio.
Erano cinque anni che non lo vedevo. Lo sognavo dall’indomani del suo addio, ma da quel giorno erano passati cinque anni. Per tutto questo tempo era come se non fosse mai andato via. Dalla mia mente. Dal mio corpo. Era sempre stato con me. Nonostante abbia cercato di corrodere il suo ricordo non ci sono mai riuscita.
È questa la maledizione di quell’amore: non potere dimenticare. Fin dal nostro primo incontro eravamo stati legati da un tessuto connettivo impalpabile, fatto di una materia spirituale che mi aveva resa partecipe della sua esistenza. A Sandro non ho mai raccontato di lui. È un qualcosa di intimamente mio. Sandro avrebbe preteso delle risposte.
L’aria odorava di tempesta, ne sentivo l’elettricità formicolare addosso.
“Era ora di parlarci meglio, Alba." mormorò, accarezzandomi con il dito. Mi sorrideva, aspettando pazientemente che mi girassi verso di lui. Cercavo di mantenere un’espressione impassibile, ma era difficile faccia a faccia con lui.
Odio quanto sia incredibilmente affascinante. La sua pelle è di una sfumatura dorata e sfoggia capelli castano chiaro, raccolti all’indietro in una coda di cavallo. Solo per questo può essere definito bello, ma c’è anche il suo corpo. Torreggiava vicino a me, facendomi sentire come una bambola indifesa.
C'era una parte traditrice di me a cui la cosa stava piacendo. "No!" Mi dissi, rifiutando di riconoscere questo pensiero, Alessandro non lo meritava. Mi voltai per non guardarlo più negli occhi.
Trattenevo il respiro e guardavo l'angolo della fontana mentre la mano di Fulvio saliva in alto sul mio corpo, prendendo un seno. Con il pollice, formava dei cerchi intorno al capezzolo.
Il suo tocco lasciava una traccia di calore, che s’incendiava nel mio ventre. Un respiro affannato emerse dentro di me, mentre il suo tocco mi tracciava tutto il corpo.
“Mm, sì,” vibrò, strofinando il bocciolo prima di scoprirlo, chinarsi e baciarlo.
Sussultai, girandomi verso di lui, scioccata. Eravamo in strada.
Fulvio si limitò a sorridere e spostò la mano sull’altro seno per un momento, poi la fece scivolare sul ventre. Mi ritrovai a guardare il suo viso, in particolare il modo in cui gli occhi erano incollati ai miei, mentre la mano si abbassava ancora di più. Sicuro. Potente.
Il mio stomaco si restrinse, la pressione iniziò a crescere in mezzo alle mie cosce. Le spalancai spontaneamente e la mente andò in subbuglio. Fulvio sorrideva, cogliendo l’opportunità, e infilò la mano tra le mie gambe.
“Che brava,” esclamò, toccando dolcemente con i polpastrelli del medio e del primo dito. Cercavo di muovere le braccia, volendo respingerlo, ma, mentre lui continuava a massaggiare tra le pieghe e sul clitoride, mi ritrovai a cedere. Spalancai le cosce per dargli spazio, e lui sorrideva, mettendosi due dita in bocca prima di infilarle dentro di me.
Sussultai mentre una deliziosa sensazione si diffondeva nel mio ventre e fino alle gambe. Fulvio spinse dentro e tirò fuori le dita diverse volte, mentre il mio respiro si faceva affannoso.
Lui sogghignò. “Così stretta e bagnata. Non vedo l’ora di averti avvolta intorno al mio cazzo,” mormorò, sorridendo. Intanto, continuava a spingere le dita dentro e fuori, approfondendo i movimenti, facendo sì che io faticassi a tenere il respiro sotto controllo. I capezzoli iniziavano a pizzicare. Emisi un piccolo gemito, ma Fulvio infilò il grosso dito dentro di me, chinandosi per farmi tacere. “Bello, vero?” mormorò al mio orecchio, stringendo tra i denti il lobo. Poi, fletté il polso e spinse ancora più forte la mano, accelerando il movimento, scatenando una frenesia di gemiti e sussulti. “Ricordo che ti piace farlo forte, Alba. E informerò anche i miei compagni. Ci prenderemo cura di te e della tua fighetta stretta.”
Poi, mi baciò di nuovo il capezzolo, continuando ad affondare la mano. Le sue dita erano rudi, esigenti e possessive, eccitando ancora di più la lussuria deplorevole che continuava a consumare me.
Ero dolente, improvvisamente bramosa del suo tocco, sebbene fosse un ragazzo terribile, così come tutti i suoi amici. Tremavo, disgustata dalla strana e terribile ondata di desiderio che mi stava consumando. La stessa parte traditrice della mia mente che trovava Fulvio irresistibile mi fece venire voglia di spalancare ulteriormente le gambe. Ma la lucidità ebbe il sopravvento, e chiusi le cosce non appena lui rimosse la mano tra le mie gambe.
“Che succede?” disse sottovoce, dando una pacca sulla mia coscia. Sogghignò leggermente, si leccò due dita dopo averle infilate in bocca. Lo vidi rialzarsi.
Sentii un brivido lungo la schiena mentre cercavo di sistemarmi il vestito corto intorno alle gambe. Immediatamente, il mio sguardo si posò su Fulvio, che mi stava sorridendo, sistemandosi la cintura.
Intravidi l’erezione nei suoi pantaloni e rabbrividii, ma non per il freddo. Un brivido di desiderio intriso di timore iniziò a scorrere dentro di me.
Il viso di Fulvio era calmo. Il mio respiro, ancora accelerato per la fatica piacevole, stava tornando normale. Mentre fissavano lo sguardo in un punto di fuga lontano, verso le montagne, mi chiese: "Cosa facciamo, allora?"
Non ero pronta a fronteggiare quella realtà. Mi persi a scrutare il buio e cercai di aggrapparmi disperatamente alle ragioni del mio cuore. Mi sentii travolgere dall’intima consapevolezza che non potevo sfuggire al mio destino ma, anzi, dovevo andargli incontro.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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