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tra due .....01 trovarsi


di iltiralatte
01.06.2025    |    287    |    0 8.7
"— Vado a prendere la macchina..."
Trovarsi

L’aria nella sala operatoria era densa di concentrazione.
Leo non udiva il brusio discreto dei colleghi, non percepiva la lieve vibrazione delle macchine che scandivano il tempo con i loro bip cadenzati.
C’erano solo lui e quel cuore aperto sotto la fredda luce della lampada chirurgica.
L’istinto era la sua forza: una qualità innata che, sin da giovanissimo aveva decretato la sua professione e gli conferiva una sicurezza che nessun altro, anche se più anziano di lui, poteva vantare.
Con mani ferme muoveva il bisturi con lentezza millimetrica, seguendo la delicata trama dei vasi sanguigni.
Il cuore era lì, pulsante, vulnerabile, affidato a lui.
Un errore, anche solo una minima distrazione,avrebbe potuto significare la fine di una vita.
— Pinza!
Ordinò senza distogliere lo sguardo e porgendo la mano.
L’infermiera gli appoggiò sul palmo lo strumento richiesto ed egli lo serrò con mano decisa.
Aveva in precedenza ripetuto quel gesto moltissime volte.
Il suo respiro era controllato, la sua mente un calcolo costante tra rischio e necessità.
Ora veniva il momento critico: chiudere la micro-perforazione senza compromettere il flusso sanguigno.
La lampada evidenziava il leggero tremolio del tessuto cardiaco, ogni battito era un promemoria del tempo che scorreva.
Una pulsazione troppo accelerata oppure un battito troppo lento ad ogni secondo avrebbe determinato il destino del paziente.
Leo trattenne il fiato per un istante.
Compì il movimento finale: il monitor registrò un battito regolare.
Il cuore riprese a battere normalmente: l’intervento era riuscito,
Un respiro più profondo, finalmente liberatorio.
Aveva vinto la sua battaglia; almeno oggi.
L’intervento era durato sei ore.
Sei ore di concentrazione assoluta, di movimenti precisi, di respiri controllati.
Leo era stato destato nel cuore della notte, chiamato per salvare una vita che si aggrappava al battito incerto di un cuore ferito.
Lui c’era.
Lui era di turno.
Il paziente era stato fortunato.
Nel suo studio, Leo si lasciò cadere sulla poltrona con un sospiro pesante.
Il camice era ormai un ricordo, abbandonato nell'armadietto dello spogliatoio, ma il peso dell’intervento era ancora tutto sulle sue spalle.
La porta si aprì senza preavviso, e il Primario entrò con un sorriso soddisfatto.
— Bel lavoro, Leo.
— Intervento impeccabile.
Leo sollevò lo sguardo e annuì, stanco.
La gratificazione era piacevole, ma non bastava a sciogliere la tensione accumulata.
— Sono distrutto,
Ammise senza remore:
— Ho bisogno solo di una cosa: acqua.
— Piscina.
— Silenzio.
Il primario lo osservò per un istante, come se stesse valutando la sua resistenza residua.
Poi, con un sorrisetto quasi ironico ma affettuoso, afferrò un foglio e scarabocchiò qualche parola sopra prima di porgerlo a Leo:
— Ecco la tua prescrizione: un’ora di nuoto. Immediata.
Leo lo guardò, poi scoppiò a ridere.
— Stai tranquillo
Concluse il Primario:
— L’ospedale sopravvivrà anche senza di te.
— Lo ritroverai qui al tuo ritorno.
— Vai e rilassati te lo sei proprio guadagnato.
Leo si alzò ed uscì: la piscina lo aspettava.
L’acqua lo accolse con la solita, rassicurante freschezza.
Leo si immerse senza esitare, lasciando che ogni bracciata portasse con sè un po’ della tensione accumulata.
Il ritmo delle vasche era regolare, cadenzato, un flusso che annullava i pensieri e riportava il controllo.
Dopo un’ora di nuoto, si sollevò dal bordo della piscina e avanzò verso la sua sdraio.
Sognava già il tepore del sole sulla pelle, il silenzio, il relax meritato.
Ma qualcosa non quadrava.
La sdraio non era libera.
Una ragazza era comodamente distesa su di essa, le gambe accavallate, gli occhiali da sole ben piantati sul naso, del tutto ignara della sua presenza.
Leo si avvicinò con educazione:
— Scusa, credo ci sia un errore.
— Questa è la mia sdraio.
La ragazza abbassò gli occhiali e lo fissò con un’espressione calma, quasi divertita:
— Ne dubito,
Rispose tranquilla mostrandogli un foglietto:
— Ecco il mio cedolino."
Leo presi il foglio e lo esaminò brevemente, quindi si chinò sulla sua borsa, tuttora posata di fianco a quel lettino.
I due cedolini coincidevano era evidente un errore da parte del gestore della piscina.
La ragazza ne convenne ed gli lasciò il biglietto perché potesse mostrarlo al gestore.
Quest’ultimo, dopo un rapido controllo, ammise senza esitazione: aveva sbagliato a registrare il posto:
— Mi scusi dottore, provvedo subito ad assegnarle un nuovo posto.
L’addetto assegnò un nuovo posto ma questo , a Leo, non andava proprio bene:
— Leonzio, hai sbagliato e devi rimediare.
— Quella ragazza mi piace non assegnarmi un posto lontano da lei.
Il sorvegliante guardò Leo con occhio critico mentre il viso gli si illuminava in un sorriso complice:
— Ma allora anche lei è umano dottore.
— Questa è la prima volta che la noto interessarsi ad una donna!
— Abbia fiducia in me, torni alla sdraio e mi attenda.
A Leo non restava che obbedire e tornò alla sdraio dove rese alla proprietaria il suo ticket.
Passarono pochi istanti e Leonzio arrivò trascinandosi uno strano armamentario.: si avvicinò alla ragazza e prese la parola:
— Mi perdoni signorina ma è successo un increscioso errore.
— Ho assegnato due volte lo stesso lettino ed ora non ho più spazio per ulteriori posti.
— Posso rimediare solo sostituendo la sua sdraio con un Solarium VIP.: cioè a due posti.
— Posso comunque garantire sul mio onore che il dottore è una persona estremamente corretta.
La ragazza inarcò un sopracciglio:
— Va bene Leonzio, di te mi fido.
— Fai pure
Si alzo per consentirgli di installare l’attrezzatura.
Leo si sistemò sul nuovo lettino accanto a Mila, ancora percependo il lieve formicolio della fatica nelle braccia.
Aveva insistito con Leonzio, e ora si trovava lì, vicino a lei.
Si passò una mano tra i capelli ancora umidi e, con tono pacato, le rivolse la parola:
— Mi spiace per il disturbo
— Non era mia intenzione creare confusione per il posto.
Mila lo osservò per un istante, poi sorrise appena:
— Tranquillo, alla fine abbiamo guadagnato un lettino matrimoniale.
Leo ridacchiò:
— Già.
— Un lusso inaspettato o una premonizione?
Un attimo di pausa, poi aggiunse:
— Visto che siamo finiti qui fianco a fianco … mi sembra giusto presentarci.
— Mi chiamo Leo."
La ragazza si voltò leggermente, tendendogli la mano con un gesto naturale:
— Piacere, Mila.
Le loro dita si sfiorarono in una stretta decisa, ma rilassata.
Leo si appoggiò allo schienale del lettino, finalmente rilassato.
Il sole era piacevole, e il silenzio condiviso con Mila non gli dispiaceva.
Dopo qualche minuto però fu lui a rompere il ghiaccio.
— Devo dire che oggi Leonzio si è superato
Mila sorrise:
— Un vero artista nella risoluzione dei problemi.
Leo annuì, poi aggiunse con naturalezza:
— Comunque, questa piscina è un po’ la mia seconda casa.
— Quando riesco, vengo sempre qui.
Mila lo guardò incuriosita:
— Quindi sei un habitué?
Leo ridacchiò.
— Diciamo che ho bisogno di posti come questo.
— Il mio lavoro è piuttosto intenso."
Mila incrociò le braccia, osservandolo:
— Di cosa ti occupi?
Leo si passò una mano tra i capelli.
— Sono un chirurgo.
— Ormai piuttosto noto, a quanto pare.
Mila sollevò un sopracciglio:
— Wow.
— Direi che la tua fama ti precede.
Leo fece spallucce:
— Forse; tuttavia qui dentro cerco solo di essere una persona normale.
Mila sorrise, poi inclinò leggermente il viso:
— Io invece sono al tuo opposto.
— Disoccupata, in cerca di lavoro.
— E, dettaglio non trascurabile … non so nuotare.
Leo la guardò sorpreso:
— Davvero?
Mila fece una smorfia:
— Uso la piscina solo come solarium.
— Sono la pecora nera di questo posto.
Leo rise:
— Beh, per fortuna oggi hai guadagnato un lettino di lusso.
Mila annuì, rilassandosi:
— Almeno qualcosa va per il verso giusto.
Il sole scaldava l’atmosfera, e la conversazione scorreva fluida.
Leo si sistemò meglio sul lettino, stirando le gambe per rilassarsi.
Il sole era caldo, la compagnia piacevole, e la conversazione scorreva naturale.
Dopo un istante, guardò Mila con curiosità.
— Che tipo di lavoro stai cercando?
Domandò con tono interessato.
Mila sospirò, incrociando le braccia:
— Ho un diploma da segretaria.
— Ho avuto qualche esperienza, ma ora sono ferma da un po’.
— Sto cercando un lavoro stabile.
Leo annuì lentamente, riflettendo.
Poi un sorriso gli sfiorò le labbra:
— Io sto cercando proprio una segretaria.
Mila lo fissò, sorpresa:
— Sul serio?

— Sul serio.

Leo giocherellò con il bordo del suo asciugamani:
— Mi serve qualcuno che gestisca le mille cose che mi sfuggono.
— Il mio lavoro è totalizzante, e spesso non ho il tempo di occuparmi della parte organizzativa.
Mila lo osservò con espressione divertita:
— Quindi la piscina ti ha portato una potenziale segretaria?
Leo fece spallucce:
— A quanto pare, sì.
— Dipende da te.
— Se vorrai, potrai raggiungermi domani nel mio studio verso le 9
— Ci siederemo e vedremo se la cosa può funzionare.

La piscina brillava sotto il sole del tramonto, con riflessi dorati che tremolavano sulla superficie dell’acqua.
Leo e Mila erano ancora lì, rilassati sul lettino, mentre la conversazione procedeva fluida.
A un certo punto, Leo si girò verso di lei con naturalezza:
— Che ne dici di continuare la serata a cena?
Mila sollevò lo sguardo, un po’ sorpresa:
— A cena?
— Sì, niente di complicato.
— Voglio farmi perdonare per averti rubato il posto a bordo vasca.
Mila sorrise.
L’idea non le dispiaceva affatto:
— Va bene, accetto l’invito.
Leo annuì, soddisfatto, e si alzò senza fretta:
— Perfetto.
— Vado a prendere la macchina.
Quando Mila lo seguì fuori dalla piscina, il suo passo rallentò di colpo.
Davanti a lei, lucida ed imponente, c’era una Ferrari Roma rossa che sembrava appena uscita da una rivista patinata.
Mila sbarrò gli occhi:
— Questa è la tua macchina?"
Leo, divertito dalla sua reazione, si appoggiò al tetto dell’auto con un sorriso:
— Sì, perché?
— Ti intimorisce forse?
Mila scosse la testa, ridendo piano:
— Non so … mi attendevo qualche cosa … di più discreto."
— Discreto e noioso.
Leo aprì la portiera per lei:
— Vieni, ti porto in un posto speciale.
Mila entrò, osservando l’interno impeccabile dell’auto.
Stava già preparandosi mentalmente a qualcosa di straordinario.
Arrivarono davanti al ristorante ed il suo stupore fu ancora maggiore: si trattava del locale più elegante della città, il tipo di posto che si vede nei film.
Lampadari scintillanti, tavoli perfettamente apparecchiati, un’atmosfera che trasudava raffinatezza.
Mila si fermò per un momento davanti all’ingresso.:
— Leo … questo è il miglior ristorante della città.
— Non sono vestita adeguatamente!
— Indosso solo uno straccetto.
Leo si toccò uno zigomo con naturalezza_
— Dovevo fare le cose per bene.
— "Mila, fidati … la classe non dipende dai vestiti, ma da chi li indossa.
— Tu sei perfetta così.
Mila lo guardò con un sorriso quasi incredulo, poi accettò la mano che lui le porgeva.
Quella serata, senza dubbio, sarebbe stata indimenticabile.
Le luci soffuse e il profumo delicato del vino creavano l’atmosfera perfetta. Voleva che quella serata fosse speciale.
Mila, seduta di fronte a lui,in un separé si godeva l’ambiente con un sorriso leggero.
Non era abituata a tanta attenzione, e la galanteria di Leo iniziava a farle piacere più del previsto.
Leo, impeccabile nei modi, non perdeva occasione per dimostrarsi premuroso: le serviva il vino con naturalezza, attento a ogni dettaglio; le domandava di sé; ascoltandola con sincero interesse; di tanto in tanto, le faceva piccoli complimenti, mai invadenti, ma sottili ed eleganti.
Mila rispondeva a quei gesti con sorrisi sempre più lunghi e con sguardi che si soffermavano un istante in più del necessario.
L’aria tra loro stava rapidamente cambiando.
A un certo punto, ella poggiò le mani sul bordo del tavolo e lo osservò con curiosità:
— Dimmi sei sposato?
Domandò con naturalezza.
— Secondo te?
Controinterrogò Leo
Mila guardò le sue mani.
Mani da chirurgo, lisce, accurate, senza un solo segno ma i chirurghi spesso non portano anelli che potrebbero ostacolare la loro azione.
Scosse la testa vinta:
— Non saprei proprio ma dal tuo comportamento sembri decisamente libero.
Leo sorrise:
— Invece ho un harem: un gineceo tutto mio

A questo punto Mila si confessò:
— Sto innamorandomi di te.
— Anche se tu avessi veramente un harem vorrei farne parte.
Leo fece un sorriso di lato, scuotendo appena la testa.:
— Con i miei turni massacranti, non ho mai avuto il tempo di conquistarmi una donna.
Mila lo studiò per un istante, poi abbassò lo sguardo sul bicchiere, come riflettendo.
— Be’, direi che ora stai recuperando bene.
Leo si permise un piccolo sorriso:
— Dici?

— Lo confermo
Mila sollevò il calice in un gesto spontaneo:
— A questa cena perfetta.
Leo brindò con lei.
Il bicchiere sfiorò quello di lei in un leggero tintinnio.
Poi accadde qualcosa di magico.
Un violinista tzigano, che vagava tra i tavoli, si fermò proprio accanto al loro.
Il suono si diffuse morbido e avvolgente con una melodia intensa, quasi ipnotica.
Leo e Mila si guardarono, come catturati da quel momento.
Senza bisogno di parole, Mila sorrise in un modo che non lasciava adito a dubbi.
Leo allungò una mano verso la sua.
Lei la afferrò, senza esitazione.
Le loro dita si strinsero piano, come sigillo di una nuova promessa.
Decidere di vivere insieme fu naturale.
Non c’era bisogno di gesti teatrali, di grandi dichiarazioni.
Lo sapevano entrambi.
Il violinista continuava a suonare.
Tra le note, una nuova canzone aveva preso vita.
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