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trio

Il Collega


di Pprossa
27.05.2025    |    3.703    |    4 9.4
"Non volevo pensarci, non volevo pensare, ma soltanto vivere mandando affanculo il buonsenso, come fa la maggior parte della gente..."
"Hai sentito?"mi sussurrò con fare timido. "Che cosa dovrei aver sentito?" mormorai in risposta, ma non riuscii a trattenere un tono sarcastico. Stavo cercando di capire se il suo commento fosse un insulto o un complimento.
"Nicola, tua moglie mi piace. Non posso nasconderlo, mio grande amico."

Avvertii un tormento che, con il passare dei minuti, si andò trasformando in una furia silenziosa. Scesi in strada con la testa ancora piena della voce di Gioele. Ogni frase che aveva pronunciato sembrava disegnata per insinuarsi nei miei pensieri come spine avvelenate.
Aveva parlato di passione nata per caso. Di fragilità. Di sincerità: "La verità è che non so come dirtelo, Nicola."

Sono Nicola. Sono un Avvocato. Ho Quarantasei anni e Giada è mia moglie da vent'anni. Gioele mi aveva appena confessato di volerla scopare. Non sapevo se prenderlo come un complimento, anche se avevo dei forti dubbi al riguardo.

Se non fosse stato per l’arrivo di Giada, avrei continuato a tormentarmi. Mi sentivo ancora tutto in subbuglio per aver passato quei minuti con Gioele. Era stato duro da sostenere, e mi aveva lasciato spossato.

Lei sorrideva. Occhi annebbiati, espressione dolce, intensa soddisfazione. Era felice. Ero felice per lei. Fantastico. Mi si stringeva il cuore.
Non andava bene. Niente di tutto quello che avevo sentito andava bene. C’era solo un modo. Cambiare la nostra routine.

Le avevo aperto la porta del sedile posteriore, facendole cenno di entrare. Giada scivolò dentro, stupita.
Ciò che avevo in mente aiutava a diminuire la mia frustrazione, ma stava aumentando la tensione che avevo dentro. Salii e mi misi alla guida. "Amore, sarà una giornata piena di sorprese."

La guidai attraverso un grande magazzino esclusivo. Mi riempii le braccia di cose costose e la condussi in un camerino.
Iniziai con la biancheria intima. Le consegnai una dozzina di reggiseni della sua taglia. Tutti sexy, alcuni di pizzo. Poi un abito nero, che le lasciava la schiena scoperta. La guardai a lungo. Inclinai la testa da un lato e la studiai. Il vestito era bellissimo. Le avvolgeva il corpo sottile, creando l’illusione di curve morbide.
"Mi piace moltissimo..." le dissi. "ma adesso spogliati, tesoro."

L’intero camerino era riservato a noi. Le mie dita le sfiorarono i fianchi. La feci girare in modo che fosse di fronte allo specchio. Guardava il riflesso mentre slacciavo il vestito. Lo feci scivolare dalle spalle e lo lasciai cadere a terra. Era quasi nuda, ed io completamente vestito.
"Cosa..." Giada sospirò quando le mie dita le sfiorarono la schiena. "Amore, cosa stai facendo?"
La guardai nel riflesso dello specchio "Non sei così ingenua. Sai esattamente cosa sto per fare."
"Oh!"
Sganciai il reggiseno e lo feci scivolare dalle spalle. "Ora metti le mani contro lo specchio e fai esattamente quello che ti dico."

La costrinsi a guardare lo specchio. A piantare i palmi contro la superficie liscia.
"Guarda." Le accarezzai la guancia con il dorso della mano. Mi vedeva trascinare i polpastrelli lungo il suo collo, sul suo petto, sui suoi fianchi. Le sfiorai il collo con le labbra. Un bacio morbido. Poi le succhiai la pelle. Le passavo le mani sullo stomaco, sul petto, sulle cosce. Mentre la mia eccitazione cresceva la mia mente volava su prati sconosciuti.
Lentamente, le mie mani si posarono sui suoi seni. Con i pollici giocavo con i suoi capezzoli, mentre le baciavo il collo e le spalle. Poi, le premetti l’inguine contro il culo. Ero duro.
"Senti l'effetto che mi fai, amore?" Spingevo. "Ricordi quando lo volevi sempre in bocca o dentro di te?"
La sentii abbandonarsi al mio tocco.
Giada iniziò a muovere i fianchi e a strofinare il culo contro il mio inguine fino a quando non incominciò a gemere. Le misi subito le mani sui fianchi. "Stai ferma, amore." Lei annuì.

Trascinai le mani sul bordo delle sue mutandine. Poi le abbassai. Sempre più giù. Sempre più giù.
La accarezzavo, premendo il tessuto setoso contro il clitoride.
Giada inarcò la schiena di mezzo centimetro. In questo modo la mia mano le premeva contro, ma io mantenni il mio tocco morbido. Lento. Facendola tremare. Ansimare. Volevo stupire, ma volevo che mi amasse.

Infine, le feci scivolare le mutandine fino alle ginocchia. Lei le scalciò via con i piedi. Era nuda. Ed io vestito.
E vedere il nostro riflesso la fece bagnare di più. E ciò mi fece eccitare di più.
La guardavo attraverso lo specchio, guardavo l'altro volto, il mio, e non mi riconoscevo. Gioele!
"Sei nervosa, amore?"
"Un po’. Potrebbero sentirci."
"Ti ricordi quando lo facevamo al cinema, nei locali?"
Sorrise, ma solo un po’. "Vuoi scopare qui? Che t'è preso, amore?"
La guardai di nuovo negli occhi attraverso il riflesso. "Non ti scopo, adesso." Strinsi le labbra. "Quindi, come vuoi venire, amore? Sulle mie labbra? Sulla mia mano? Sulla tua?"
"Uh..." Cercava di trovare le parole per rispondere, ma non ci riusciva.
Feci scivolare il braccio intorno alla sua vita e tenni il mio corpo contro il suo. Lasciai volteggiare le mani vicino al suo interno coscia. Le sfuggì un sospiro dalle labbra. Il suo corpo vibrava, tremava.
"Per favore" disse. Le accarezzai le cosce un po’ più forte. Un po’ più in alto.

Tenevo gli occhi chiusi, assimilando ogni tocco, ogni respiro, terrorizzato da ciò che vedevo. Gioele!
Le mie dita le sfiorarono il clitoride. Cazzo. Era scossa dal desiderio.
Portai una mano al suo petto e iniziai a giocare con i capezzoli. Giada inarcò la schiena, premendo il pube contro la mia mano. Un sospiro di piacere le uscì dalle labbra. Con la punta delle dita, le disegnavo dei cerchi intorno ai capezzoli. L’altra mano la accarezzava. Sempre più forte. Più veloce. Gemeva. Troppo forte. Ma non m’importava. Più veloce, più forte, di più.
Dentro di lei cominciava a montare l’orgasmo. Eravamo vicini. Quasi. Il successivo tocco delle mie dita la mandò in delirio. Nient’altro che pura, profonda estasi.

Aprii gli occhi. La guardai mentre mi guardava. Era sorpresa, soddisfatta.
Sentiva il mio uccello duro contro il suo culo: "Nicola, io... non capisco."

- - -

La mattina si prospettava faticosa. La riunione con i collaboratori era stata lunga e improduttiva. Camminando per i corridoi, ripensai alla serata precedente.
Avevo cenato con Giada. Avevamo parlato, sorriso, e aspettato il sonno insieme, distesi sul divano.
Giada aveva preso bene la mia follia.

Entrai nel mio ufficio.

Rimasi sbalordito. E fissai, sorpreso, Giole e Giada che sorridevano. Giada indossava un vestito rosso, largo e leggero, abbottonato davanti, che nascondeva le sue forme sensuali.
Mi fece venire voglia di far saltare quei bottoni, ma la presenza di Gioele mi faceva sentire stanco e confuso.

L’agitazione prese il sopravvento, e mi vidi come un quattordicenne innamorato. Questo mi innervosì ancor di più. Non dissi nulla. Mi avvicinai.

In uno stato fra l’ansioso e il depresso mi accinsi a fare il mio dovere. Afferrai Giada e la baciai con vigore. La desideravo al punto che mi tremarono le gambe. Il profumo dei suoi capelli e l’odore della sua pelle mi invasero i sensi e mi resero ancora più fragile.
Gioele era lì. Non volevo pensarci, non volevo pensare, ma soltanto vivere mandando affanculo il buonsenso, come fa la maggior parte della gente.

Ci ritrovammo sul tappeto. Le alzai il vestito, non riuscivo più a pensare, avevo solo urgenza di penetrarla, ma Giada mi fermò e mi guardò negli occhi. Mi sorrideva, ma c’era un’ombra in quel sorriso, come un macigno di condanna. "Sei pazzo?" mi chiese.

Quella domanda mi turbò. Rimasi interdetto per qualche istante. Mi ripresi e indicai il volto paonazzo di Gioele: "Perché non mi hai detto che la conoscevi?"
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