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Come Cenerentola


27.05.2025 |
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"Con mia sorpresa si inchinò davanti a me e mi sfilò le scarpe dal tacco a spillo che avevo indossato partendo da casa: le sue mani accarezzarono lentamente le..."
Lui sta guardando un’immagine a schermo intero sul suo pc, lo vedo sorridere e toccarsi veloce la patta come accade quando è eccitato.Mi piace cogliere quel gesto anche perché so che i pensieri che lo provocano sono quasi sempre rivolti a me, e, che dire, sono piccole soddisfazioni dopo una vita insieme.
“Cosa guardi di così interessante? Posso vedere anch’io?”
Mi avvicino e mi siedo sul divano, buttando un occhio allo schermo ed un bacio alla sua bocca.
“Sto scegliendo una nuova foto per il nostro profilo e da una chiavetta quasi dimenticata è spuntata questa…”
Ora capisco la sua emozione, guardandomi ritratta seminuda davanti ad una vetrata, quella vetrata, provo anch’io una fitta piacevole di eccitazione, ripenso agli incontri con Mark, allo stupore della prima volta in particolare, quando diventai per una sera l’unica protagonista delle sue fantasie e di quelle del mio uomo.
Iniziò tutto con un invito improvviso.
“Usciamo a festeggiare, stasera?” mi chiese Lui al mattino, alzandomi con un dito il mento perché potessi fissarlo negli occhi che brillavano già di voglia nemmeno tanto repressa.
“Perché, no?” gli risposi “ho giusto un vestito nuovo da farti vedere, spero ti piacerà”.
“Io invece spero che ti piaccia la persona che voglio farti conoscere. E’ un artista con molti interessi, potrebbe magari farti un bel ritratto, chissà…”
La curiosità di vivere una serata diversa mi accompagnò tutto il giorno donandomi un piacevole senso di eccitazione e di attesa e quando finalmente salimmo in macchina vidi che anche lui era parecchio “su di giri”.
“Sarà un’esperienza nuova, ti fidi di me?” mi chiese e per risposta gli sorrisi, non occorrevano parole.
Circondati da un tramonto infuocato d’inizio estate lasciammo la nostra città e raggiungemmo un paese della bassa bresciana, fermandoci nel cortile di una villetta isolata e recintata da una foltissima siepe.
Ad accoglierci c’era Mark e ne fui subito ammaliata a causa della sua gentilezza vecchio stampo, della sua voce dall’accento esotico, del sorriso caldo e da un modo di guardarmi insieme dolce e profondamente perverso: era un uomo già maturo, alto, indossava abiti chiari ed informali ma non sciatti, portava i capelli grigi e lunghi raccolti in un originale ed insolito chignon da vero artista.
“Benvenuta, mia cara” fu il suo saluto e per la prima volta in vita mia ricevetti un inaspettato e galante baciamano.
La stretta di mano che scambiò con Lui mi parve invece forte e potei notare un cenno di intesa ed uno scambio di sorrisi che potevano solo essere di complicità, di accordi già presi e forse di lunghe telefonate.
“Entrate, accomodatevi, ma prima di tutto vorrei sapere che numero di scarpe porti, amica mia”.
La domanda giunse inaspettata, la risposta mi uscì a bassa voce e lo spiazzò: “Un piedino di fata, da Cenerentola, non me lo aveva detto, ma a dire il vero non ho pensato di chiederlo…scusatemi se mi assento un momento”.
Rimasti soli ci guardammo, ero confusa, Lui mi sorrideva senza parlare sdraiato comodamente sul divano ed allora per passare il tempo girai lo sguardo intorno, colpita dal locale in cui eravamo entrati, chiaramente lo studio di un artista poliedrico perché ovunque c’erano quadri ma anche fantasiose opere composte in vari materiali.
Mi resi conto che i soggetti di tutti quei lavori erano corpi femminili ma pure scarpe, cappelli e oggetti comuni alle donne che erano ritratte in colori vivaci, plasmate nella creta, riprodotte con scampoli di tessuto o fili di metallo: ogni oggetto era di ottimo gusto, le immagini e le composizioni comunicavano insieme sensualità ed armonia.
“Eccomi, scusate l’attesa” ci disse Mark che venne verso di me con una scatola da cui estrasse un paio di sandali dalla zeppa altissima e dal tacco vertiginoso, e continuò :“Vieni, cara, sostieniti con le mani a questo tavolino e lascia che mi occupi dei tuoi piedini”.
Con mia sorpresa si inchinò davanti a me e mi sfilò le scarpe dal tacco a spillo che avevo indossato partendo da casa: le sue mani accarezzarono lentamente le mie caviglie e lo vidi poi allungarsi verso il pavimento per aiutarmi ad infilare le calzature che aveva scelto per me.
Sentivo le sue dita tremare e vederlo disteso a terra mi mozzò il fiato, mi procurò insieme disagio e piacere, ma dovevo badare soprattutto a non sbilanciarmi tenendo ben strette le mani sul bordo di un tavolino alto simile a quelli dei bar.
“Lasciami rendere omaggio a queste piccole dita, fammi ammirare da qui sotto lo spettacolo delle tue gambe ed aprile un po’ perché possa gustare la visione del tesoro tra le tue cosce”.
Guardai Lui, seduto sul divano di fronte e lo vidi sorridere toccandosi appena la patta ancora chiusa.
Mark si alzò lentamente, le sue mani e la sua lingua conobbero a fondo le mie caviglie, la morbidezza dei miei polpacci e del retro delle ginocchia; sospirò quando mi trovò già bagnata tra le cosce, sentii forte il calore della sua bocca e il fiato che ne usciva.
“Lui è stato di parola, hai veramente poco sotto al vestito, fammi vedere meglio”.
Continuavo a stringere il tavolino perché mi sentivo girare la testa, Mark fece scendere le spalline del mio abito e rimasi rivestita solo dal pizzo della guepiere e dal velo delle calze nere.
Ivo si alzò dal divano, venne verso di me ed appoggiò le mani sopra le mie, guardandomi fissa negli occhi sorridendo e baciandomi con grande eccitazione mentre Mark posava la bocca sul mio collo e mi faceva sentire un’erezione potente sul mio culo nudo.
Sussultai, non avevo mai ricevuto attenzioni simili: ”Tranquilla, ci gioca e basta, non succederà altro”.
Mark, lo capii pur non vedendolo, era ben dotato ma quella sera e finché ci frequentammo usò il suo uccello solo per stuzzicarmi facendomi sentire quanto gli piaceva passarmelo sul corpo e bagnarlo coi miei umori.
Sollecitava la mia voglia esplorandomi lentamente e senza toccarmi con le mani, assaporava la mia pelle con le labbra e mi faceva rabbrividire di piacere solleticando la mia fica bagnata con la punta e l’asta del suo uccello.
Poi, quando il mio Lui non riusciva più a rimanere solo spettatore, quando la mia voglia passava il punto della sopportazione, Mark ci guardava fare l’amore tra noi, toccandosi prima con gesti ampi e tranquilli e poi con voglia crescente dall’angolo più lontano della stanza illuminata a volte da candele, altre da luci soffuse, come se anche noi fossimo un’opera da lui creata per il suo solo piacere,
Le fotografie furono invece un desiderio di Ivo ma Mark studiò attentamente il modo in cui pormi, la luce da far filtrare dalla porta a vetri che portava al giardino, le scarpe adatte ad essere il mio ornamento.
Quella sera d’estate festeggiai il mio cinquantesimo compleanno, provando per la prima volta la sensazione di essere corteggiata e stuzzicata da un altro uomo che non fosse in compagnia della sua donna.
Potemmo mettere in pratica e con grandissimo piacere reciproco la fantasia di un triangolo che ci aveva accompagnati per anni mentre facevamo sesso tra noi soli, grazie ad un uomo speciale.
Mark sollecitava nel mio uomo la fantasia, gli trasmise il gusto del voyerismo raffinato mentre fece crescere in me la sicurezza di essere desiderabile nonostante i miei difetti.
Fu il “nostro” mentore, non un intruso, non un sir Stephen come in Histoire d’O, tra noi ci fu complicità e rispetto; pensiamo di essere stati per lui il simbolo della normalità nella vita reale al di fuori del mondo dell’arte.
Col tempo divenne anche il nostro accompagnatore nelle serate con alcune coppie amiche.
Ricordo la sera in cui passammo da casa sua per poi andare insieme ad una festa privata: “Entrate almeno per un caffè, mentre finisco di prepararmi come si deve”.
Lo scoprimmo nervoso e preoccupato mentre guardava gli abiti disposti con cura in gradazione di colore dentro un grande armadio: “Non ho la più pallida idea di cosa indossare, non sono mai stato invitato ad un’orgia”.
Scoppiammo a ridere, vedendolo in preda dell’ansia e mi permisi di consigliargli il suo solito abbigliamento: “Tanto non rimarrai vestito per molto” gli dissi per prenderlo in giro, ben sapendo che quella sera non sarebbe accaduto granché e ottenni l’effetto di renderlo ancora più titubante.
Poi col tempo si rilassò, gli piacque essere inserito nell’ambiente swinger, capirne le dinamiche, rendersi conto che le “orge” non piacevano nemmeno a noi.
Lo ammaliò soprattutto guardare i giochi tra noi donne, talvolta portava con sé un blocco per disegnare le scene che ammirava sempre in disparte e senza intervenire.
Lo scoprimmo quasi timido, preoccupato di “non essere all’altezza” per proporsi come amante, tanto da farlo considerare come una magnifica ed impossibile preda tra le nostre amiche..
Solo raramente, ma dopo molto tempo dal suo primo ingresso nella nostra comunità trasgressiva, rimase ammaliato dalle grazie di qualche Signora che gli confessò la voglia di gustare il suo cazzo notevole ed in quelle occasioni fu sorprendente ed eccitante vederlo perdere un po’ il suo aplomb da artista-voyeur per trasformarsi in un satiro ingordo.
Esistevano però sempre i momenti più intimi, quelle che lui chiamava le “nostre sedute d’arte”.
Gli piaceva farmi posare con ragazze esili e quasi mascoline, algide e fredde pur nel loro splendore e con loro mi sentivo veramente come Cenerentola di fronte alle sorellastre.
Quelle donne bellissime entravano come folate di vento nello studio, chiedevano istruzioni al “Maestro” con le loro voci dagli accenti più strani: “Come mi vuoi oggi? Abbracciata alla Lory, o devo leccargliela o che cosa?”.
A volte mi raccontarono delle loro vite frenetiche, così diverse dalla mia ed anche il sesso con loro fu sempre altrettanto veloce e vorace, sembrava che volessero placare in fretta una fame che le bruciava.
Se ne andavano poi in un turbine di abiti colorati, odore di sigaretta e fame (di amore, di sesso o di gelato) mai placata, mentre io rimanevo lì, seminuda e languida, morbida, eccitata dalle loro attenzioni e dagli sguardi dei due uomini che raramente venivano chiamati a partecipare.
Ma come per tutte le favole, e quella di Cenerentola non fa eccezione, giunse la parola “Fine”.
La vita d’artista portò Mark lontano dall’Italia verso altre esperienze e non sapemmo mai cosa fu delle bellissime scarpe che collezionava ed adorava far indossare alle “sue” donne; noi non abbiamo mai più trovato un amico così raffinato, ma forse nemmeno lo cerchiamo, capiamo che abbiamo vissuto un’esperienza che ha toccato la perfezione ed ogni altra potrebbe solo farcela rimpiangere.
Di Lui ci rimane qualche fotografia, un vecchio numero di una rivista d’arredamento dove compare il “Maestro” davanti alla vetrata ed un’opera che fa bella mostra di sé in casa nostra anche se solo noi ne conosciamo la vera storia.
A volte qualcuno ne chiede la provenienza o notizie dell’autore: “E’ un regalo, non sappiamo altro” è la nostra risposta ma, sempre, veniamo attraversati da una piacevole fitta di eccitazione e da un senso doloroso di nostalgia.
Ora però parlerò ancora col mio Lui e gli chiederò cosa nasconde il suo pc, voglio cercare altre fotografie sulle quali scrivere e fantasticare.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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