tradimenti
Autogol


03.06.2025 |
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"Da quella sera lui ci fu sempre, anche solo nei nostri pensieri, io ti parlavo della sua voglia, di come ti avrebbe presa, della possibilità che tuo marito..."
Ti guardo, hai gli occhi chiusi, come non capita mai quando siamo insieme, e mentre lui è dentro di te, è la tua bocca a dirmi quanto ti piace, anche se in verità non parli. Hai voluto farlo così, tenere strette le mie mani ed avermi di fronte, come se lui non esistesse ed invece ti sta regalando le sensazioni che io non potrò mai farti provare.
Vorrei baciare le tue labbra ma mi trattengo, tu sai che io sono qui, le tue dita intrecciano le mie così forte da farmi quasi male.
Penso che, sì, abbiamo scelto bene, lui è quello giusto per te, per noi.
La prima volta che ti parlai fu perché mi intenerì la tua solitudine.
Vi avevo incrociati mentre entravate in quel locale, lui sempre davanti, come è abituato a fare, non l’ho mai visto aspettarti quando camminavate insieme o facevate sesso.
Tu eri quasi nascosta, i tuoi passi titubanti dicevano: “Non vorrei essere qui!”
Mi colpì il tuo sguardo che cercava già un angolo dove nasconderti, indossavi un abito non adatto a quella serata, troppo serio, coprente, ebbi l’impressione che tu fossi capitata lì senza che lui ti spiegasse cosa avresti trovato.
Ti persi di vista, perché nell’aria si respirava la voglia di divertirsi ed io sentivo la stessa voglia già dal mattino, era un martedì grasso da festeggiare con i soliti amici trasgressivi.
Ho sempre rabbrividito quando alle feste i ragazzi dicevano: ”Quella è una tipa da tappezzeria, l’ho portata solo per pietà”.
Gli uomini non cambiano (ti ricordi? Abbiamo scoperto che ambedue avevamo amato Mimì e le sue canzoni), non cambiano, sanno essere brutali, e quella sera lui ti lasciò sola, senza accompagnarti e proteggerti come avrebbe dovuto invece fare.
Si allontanò dalla saletta in cui vi avevo notati e lo intravvidi vagare per le stanze, tenendosi quasi da subito il cazzo in mano, segandosi mentre era ancora vestito.
Ti ritrovai da sola, seduta nell’ombra quando forse era già passata più di un’ora, pensai di presentarmi e ricordo che ridemmo quando scoprimmo che i nostri nomi erano così simili tra loro.
“Beh, allora dobbiamo vedere se abbiamo altre cose in comune!” ti dissi e tu mi guardasti prima con sospetto ma poi quando presi posto con te nell’ombra ti lasciasti andare e sopportasti la mia curiosità.
“Cosa ti piacerebbe fare, posso chiedertelo? Credo che in questo momento siamo solo noi due senza…alcun impegno!”
Ti feci ridere ancora, forse non eri abituata a tanta sfrontatezza, non da un tipo di persona come io sono, come forse ti sembrai da subito, nascosta dal mio vestito in pizzo azzurro (falsamente, in verità, l’apertura posteriore dava poco spazio alla fantasia) mentre intorno si vedevano corpi nudi, tette e culi all’aria.
“Coccole, carezze, sentirmi desiderata, ecco cosa vorrei” mi confidasti: mi bastò sfiorarti il viso e nacque la nostra stupenda intimità.
A te e a me piacciono le coccole, riceverle e farle.
Prenderci il tempo per esplorare i corpi altrui e chiedere tempo per farci esplorare.
Quella sera ci conoscemmo, scoprii un’affinità che non avevo mai trovato con nessuno, tranne che col mio Amore.
Ti abbandonasti quando scovammo una stanza vuota, piccola, solo per noi, come se fosse stata creata per i nostri desideri.
Poi col tempo capimmo che non serviva nascondersi, a volte non ce n’era nemmeno la possibilità, bastava solo allontanare coloro che pensavano di averti, averci, a loro disposizione.
Successe che i nostri gesti suscitassero meraviglia, a me piaceva sussurrarti parole dolci ma anche dirti che qualcuno si stava masturbando in tuo onore, ammirando quanto eri bella, nuda, femmina, desiderando di essere al mio posto mentre mi inebriavo del tuo piacere.
Fu una sera, dopo la dolcezza ed i nostri orgasmi, che ti vidi guardarlo.
Una delle tante sere in cui, frequentando più o meno le stesse persone, ci incontrammo e sorridendo ci dicemmo il solito: “Toh, guarda un po' chi c'è!”
Scherzavamo, perché magari ci eravamo sentite al telefono, solo poche ore prima: tra di noi c’era uno strano pudore, nella nostra vita “reale” non parlammo mai di quei nostri incontri, come se uscendo dalla casa o dal club in cui ci spogliavamo per fare sesso, diventassimo persone diverse, che devono avere solo pensieri da donne "perbene" e nessun desiderio.
Non era la prima volta che quell’uomo solitario si sedeva all’angolo di un letto o di un tappeto mentre noi ci accarezzavamo piano: ci ammirava, tenendo ferme le mani sulle cosce, non accennava a toccarsi come facevano gli altri.
Avvicinai le labbra al tuo orecchio e ti sussurrai: “Lo stai guardando fisso, lo sai? E’ un bel ragazzo, che ne dici?”
“Che sciocchezze che ti escono questa sera, cosa ti immagini?”
“Lo immagino con te, vorrei vedervi, giurami, se ne hai il coraggio, che non ti piacerebbe.
La tua fica non mente, è puro miele in questo momento, assaggia”.
Un tarlo, un’idea, un gioco, iniziò così, mentre ti facevo leccare le mie dita bagnate di te stessa.
Da quella sera lui ci fu sempre, anche solo nei nostri pensieri, io ti parlavo della sua voglia, di come ti avrebbe presa, della possibilità che tuo marito ci vedesse e magari soffrisse un po’ di più.
Perché lui non ti dava nemmeno la soddisfazione di un commento, non ti cercava, vagava da un letto all’altro, abbandonandoti, come sempre.
Non ci guardava mai con gli occhi pieni di eccitazione, come faceva invece il mio ("Bellissime, uno spettacolo della natura", erano i suoi commenti più tiepidi.
Ma anche: "Quando vi baciate fissandovi negli occhi, il tempo si ferma...")
Ed ora non stai perdendoti nei miei occhi, respiri piano, la tua bocca si socchiude appena, le tue mani incrociano le mie poi si staccano perché vuoi abbracciarmi, accarezzare le mie spalle, scendere leggere sul mio seno.
Finalmente: “Baciami”, mi dici, ti sento di nuovo un poco mia, colmi quel nuovo senso di solitudine e di stupore insieme, solo miei stavolta, che però scompaiono mentre ci esploriamo con lo sguardo l'anima.
“Leccala come mi ha detto che sai fare così bene” sussurra e per suggerirmi come posso avvicinarmi alza i tuoi fianchi, tu ti appoggi sulle ginocchia, senza staccarti mai del tutto da lui.
Scivolo sotto di te, appoggio la mia bocca sul tuo clitoride, tu la cerchi, la trovi, ti abbassi e quasi smetti di respirare quando io gusto il sapore dolce della tua fica e lui riprende a muoversi lentamente.
E finalmente gridi tutto il tuo piacere, liberi un orgasmo nuovo, pieno, che affogava nella tua malinconia e nel senso di incompletezza dei nostri giochi.
Lui si muove, lo vedo a pochi centimetri dalla mia bocca, aumenta le spinte, io mi sfilo, tu cerchi le mie labbra, mi baci ancora e ancora gridi.
Sento anche tuo marito gridare al piano di sotto, stanno guardando tutti la partita, forse qualcuno ha fatto gol, a noi non interessa.
Digito queste parole in una giornata di sole, assaporando ancora la magia che ormai è solo un ricordo.
Qualcuno, che mi è vicino mi ha detto: ”Scrivi, pensala come era allora…”
Lei era un’anima da consolare, una sfida, un’amante dolce e sorprendente, la donna che mi ha reso più donna, che mi ha fatto piangere in silenzio di rabbia.
“Lascialo, ti fa soffrire! Sei una persona forte, puoi farcela anche senza di lui!” le ho quasi urlato l’ultima volta che siamo rimaste sole dopo che il nostro compagno di giochi si era rivestito e lanciandoci un bacio se ne era andato da una delle tante stanze in cui ci ha raggiunte negli anni.
“Un marito è per sempre, Loretta” mi ha detto ed ho capito che aveva trovato, forse, una nuova dimensione, aldilà dei tradimenti del suo uomo, della solitudine, del disinteresse che lui usava come un bisturi per torturarle il cuore.
Gli uomini non cambiano, vero ma le donne non imparano nulla dalle canzoni.
Ci siamo riviste per caso qualche domenica fa, invitate con i nostri compagni per un pranzo organizzato da amici che non sapevamo avere adesso in comune.
Lei era sorpresa di vederci, ha trovato giusto le parole per dire: “Qui al mio fianco, c’è una sedia libera, è per una donna, voi maschi avete bisogno di spazio, vieni Loretta, tu stai dappertutto.”
Mi sono seduta, le ho sorriso e ho allungato una mano sotto al tavolo, lei l’ha stretta forte e ho sentito solo un sussurro: “Mi manchi”.
“Davvero?” le ho chiesto, “non hai più risposto alle mie chiamate”.
Sottovoce mi ha raccontato di una malattia, di un cellulare smarrito e della pandemia.
E prima di tornare silenziosa, mi ha guardata per un attimo e mi ha confidato, facendo un mezzo sorrisino: “Ma a lui piace sempre il calcio, ora segue la sua squadra quasi ovunque.
Io invece resto a casa, mai da sola, non a tutti gli uomini, ho scoperto, interessa solo il pallone…”
Mi ha stupita ed insieme rincuorata questa nuova donna che adesso sicuramente domina l’ombra in cui cerca riparo.
Mi piace pensare che ieri sera, aldilà del mare che ci divide in questi giorni, lui ha guardato la partita insieme ai soliti amici.
La sua squadra del cuore ha perso, stavolta, niente Coppa com’era successo allora, chissà dove e con chi eri tu, amica mia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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