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Lui & Lei

Bocca a bocca


di carisbo
27.01.2019    |    6.459    |    2 9.3
"Fermai la macchina sotto casa sua e aspettai che scendesse ma non lo fece, invece chiese: «Ti ha dato fastidio baciarmi in quel modo?» «No», risposi..."
Ci conoscevamo da almeno venti anni.

La prima volta che la vidi avevo 19 anni, lei 24, io lavoravo come passa carte in uno studio di avvocati, lei dietro il bancone della cancelleria del tribunale, io portavo i documenti, lei li protocollava e timbrava; quattro futili chiacchiere nell’attesa, qualche caffè alla macchinetta nel corridoio, niente più di questo.

Quando smisi di lavorare per quello studio non capitai più in tribunale e per due anni non la vidi, poi una sera andai al cinema, mi sedetti e lei era lì accanto a me; era sola e dopo quattro passi e un pezzo di pizza nel centro commerciale mi disse che doveva andare a prendere l’autobus per tornare a casa e così mi offri di accompagnarla con la mia macchina.
Parcheggiai davanti al suo portone, un colpo di fortuna che mi fece pensare che l’universo mi stesse dicendo qualcosa così azzardai.
«Se salissi cinque minuti?», mi guardò stupita e pensai: “ora mi manda a quel paese”, invece andò diversamente.
«Fammi capire, ci stai provando dicendomi che duri solamente cinque minuti?», disse; mi sentii mancare il respiro e probabilmente divenni rosso come un pomodoro maturo, aspettavo solamente il benservito e invece aprì lo sportello e nel farlo disse: «Perché no, dai sali».

Durai più di cinque minuti ma non fu comunque una grande serata, troppo teso e intimorito, quando tornai a casa ero convinto che non l’avrei mai più rivista così quando quindici giorni dopo mi telefonò e con voce allegra mi chiese: «Ti va di andare al cinema?» rimasi molto più che stupito.
La seconda volta andò meglio e “andiamo al cinema” divenne una sorta di codice, a volte chiamava lei a volte io.

Si andò avanti così per un paio di anni, senza picchi, un cinema, una pizza e un po’ di sesso senza troppi fronzoli.

Un giorno mi chiamò, mi disse che sarebbe dovuta andare a un convegno in Belgio, la collega con la quale doveva partire si era ammalata, se ero disposto a pagare per il cambio di biglietto aereo avrei potuto prendere il suo posto, albergo e pasti erano già pagati.

Accettai.

Dopo avere passato un sabato mattina tra aerei e treni, avere mangiato in una tavola calda della stazione di Lovanio e avere passato il pomeriggio ad ascoltare una noiosissima conferenza sui sistemi giudiziari europei tenuta da un relatore che parlava in fiammingo si arrivò al buffet nella sala appositamente allestita dell’albergo.
Stavo riempiendomi il piatto quando la udii salutare qualcuno, mi voltai e vidi che stava abbracciando un tizio elegantemente vestito, alto, ben messo fisicamente, parlottavano, lei mi vide, mi fece un cenno, mi avvicinai e mi presentò, il volto dell’uomo mostrò un velo di delusione, mi salutò cordialmente e altrettanto cordialmente si congedò.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?», chiesi.
«No, il fatto che alcuni anni fa durante uno di questi convegni abbiamo passato la notte insieme e da allora è tradizione ogni volta che ci incontriamo», spiegò.
«Gli ho rovinato la serata»
«Credo proprio di si», rise.
Usciti dall’albergo per una rapida fumata nel gelo notturno mi stupì con una domanda personale; non avevamo mai fatto discorsi personali, a dire la verità non avevamo mai parlato molto di niente altro che non fosse l’attualità.
«Hai mai fatto una cosa a tre?»
«Con due donne intendi?»
«Intendo a tre in generale»
«No», risposi ma non avrei voluto farlo.
«Qualche anno fa una mia amica mi propose di passare la serata con lei e il marito, compivano 25 anni di matrimonio e voleva fargli un regalo speciale»
«E tu eri il regalo?»
«In un certo senso»

Silenzio.

«Sai quale è il problema con due donne e un uomo?», riprese improvvisamente, «Che c’è un solo uomo», spense la sigaretta nel posacenere esterno a fungo, «Se le due donne non sono neppure un po’ lesbiche viene male, il tutto si riduce più o meno a fare i turni»
Silenzio.
«Stai dicendo che con due uomini sarebbe più eccitante?»
«Per una donna eterosessuale come me sicuramente»
«Stai cercando di dirmi qualcosa»
«Se lo proponessi cosa diresti?»
«Vuoi fare una cosa a tre con il tizio di prima?»

Silenzio.

«Non mi sono mai trovato a mio agio con gli uomini nudi ma non voglio rubarti questa fantasia, se vuoi possiamo provarci, ma non garantisco nulla»
Mi guardò con un sorriso raggiante.

Un’ora dopo mi trovavo nudo, sdraiato accanto ad un altro uomo nudo, lei altrettanto nuda in ginocchio davanti a noi teneva in mano entrambe le nostre erezioni accarezzandole lievemente e con aria perplessa disse: «Non so da dove cominciare».
Dopo un quarto d’ora lei era in ginocchio sulla poltrona a spompinarmi mentre me ne stavo in piedi dietro lo schienale e osservavo con una certa apprensione lo sconosciuto che se la scopava energicamente a pecorina.
Dopo un altro quarto d’ora mi trovai in qualche modo escluso dal gioco, loro erano sul letto, lei sopra di lui che la abbracciava o meglio teneva avvinghiata mentre affondava i colpi dal basso, sembrava eterno, sembrava dovesse durare per sempre, in piedi in mezzo alla stanza non sapevo cosa fare, ebbi l’impressione che si fosse dimenticata di me.
Andai in bagno e mi guardai allo specchio, patetico, nudo, con un po’ di pancetta flaccida e una timida erezione annoiata.
Sul marmo del lavandino c’era una sua scatola di crema idratante, la aprii, era morbida, vellutata, la passai tra le dita e sparì, non era untuosa, era setosa, mi guardai nuovamente allo specchio e come quella prima sera in macchina mi dissi: «Perché no?».
Tornai in camera, mi inginocchia dietro di lei, infilai due dita nella crema, un attimo di titubanza e le passai nello spacco tra le natiche, sfiorandole appena l’ano, mi sembrò di udire un impercettibile gemito, continuai e dopo un paio di minuti, non senza apprensione, provai a far scivolare un dito nell’ingresso posteriore, questa volta sentii distintamente il gemito, infilai anche un secondo dito, un altro gemito.
Presi la decisione, infilai il pene nella scatola di crema, fino in fondo, lo tirai fuori, lo afferrai alla base, lo puntai sul buco, chiusi gli occhi e lo spinsi dentro. Ottenni un sussulto e un rantolo. Rimasi fermo diversi secondi poi iniziai a muovermi lentamente, poi con più decisione, le afferrai i glutei cercando di imitare quel tizio che stava sotto di lei, riuscii a prendere il ritmo e a fatica andammo in sincrono, lui davanti e io dietro.
I gemiti divennero ben udibili e sincronizzati con i miei movimenti, in quel momento mi resi conto di non sentire quasi nulla, forse avevo esagerato con la crema o ero talmente concentrato che il mio amico si era trasformato in una sorta di tubo insensibile, non so quanto andai avanti ma improvvisamente lei piantò le braccia sul letto, alcuni suoni gutturali furono immediatamente seguiti da un brivido e sentii le contrazioni iniziare, spinsi più rapidamente e a fondo fin quando con un rapidissimo e acuto sibilo si lasciò cadere come una bambola spenta, ci fermammo entrambi e dopo qualche secondo con un filo di voce la udimmo dire: «Uscite».
Si stese sul letto ansimante osservandoci, si sistemò i cuscini dietro la schiena, prese i seni nelle mani e ce li offrì: «Qui, venite qui».
Lo sconosciuto si inginocchiò sopra di lei, afferrò il suo pene e con pochi colpì le ricoprì il seno destro di una notevole quantità di sperma, lei mi fissò e con gli occhi indicò il seno sinistro, mi impegnai e infine anche io riuscii a darle ciò che chiedeva.
Si osservò, si alzò in ginocchio tenendoli ben sollevati e ordinò: «Metteteci la faccia !», lo sconosciuto mi guardò e io guardai lui, chiusi gli occhi e ubbidii, senti l’umido appiccicoso sul naso e sulla fronte, sentii la sua mano dietro la mia testa che mi spingeva verso di se e quando riuscii ad allontanarmi e riaprii gli occhi vidi lo scintillio nei suoi, mi girai e nuovamente vidi lo sconosciuto fissarmi con la faccia piena del suo stesso sperma, come lui vide la mia nelle stesse condizioni.

Non ho grande memoria di ciò che accadde dopo, mi svegliai con una flebile luce che filtrava dalle tende, lei dormiva con la faccia affondata nella mia ascella destra, fu una strana sensazione, era la prima volta che ci svegliavamo nello stesso letto, ero sempre sgattaiolato via subito dopo, lei stessa mi disse subito: «Prima di addormentarti vattene, la mattina voglio svegliarmi da sola».

Aspettai.

Si svegliò stiracchiandosi, aprì gli occhi e mi vide, mi omaggiò di un sorriso, parlò con voce assonnata, «Avevi mai fatto anale?» mi chiese a bruciapelo, nuovamente come la sera prima avrei voluto non rispondere ma lo feci, «No».
«Neppure io» e nel dirlo mi accarezzò il petto baciandomi una spalla, fece scivolare una mano sotto il lenzuolo, mi accarezzò i peli del pube, tirò via il lenzuolo, mi sorrise, l’erezione mattutina era in pieno vigore, scivolò verso di essa, lo baciò, mi strizzò i testicoli, li leccò, poi scese più in basso e sentii la sua lingua sul mio ano, un brivido mi percorse e improvvisamente levò la testa, mi fissò negli occhi con aria beffarda e il suo dito scivolò dentro di me causandomi un altro brivido, questa volta di stupore, mi sorrise compiaciuta, ne infilò un secondo, continuò a farli entrare e uscire e infine continuando quella manovra lo prese in bocca e cominciò a lavorarlo.
Andò avanti fino alla fine, senza mai tirarlo fuori, venni nella sua bocca mentre le sue dita sembravano voler uscire dal mio ventre.
Alzò la testa, le labbra semiaperte mi permisero di vedere la sua lingua galleggiare sul liquido bianco lattiginoso, si avvicinò alla mia faccia e a tradimento mi baciò in bocca, afferrando la mia lingua con le labbra e succhiandola, il mio sperma viaggiava tra di noi rumoreggiando nel risucchio, colava sulle labbra, gocciolava dal mento misto a saliva, avevo istintivamente chiuso gli occhi, mi afferrò la mano destra, la tirò verso di se e la piazzò tra le sue gambe, capii e feci ciò che mi stava chiedendo mentre continuava a baciarmi appassionatamente.
Percepii il suo orgasmo avvolgere le mie dita, si staccò dalla mia bocca, un filamento biancastro e denso ci unì ancora per un istante e infine crollò sul mio petto respirando affannosamente.

Sentivo il mio stesso sperma colarmi sulla guancia e scivolare sul collo.

Scendemmo a fare colazione senza dire una parola, poi ci recammo in aeroporto per il volo di ritorno nel più totale silenzio.

Fermai la macchina sotto casa sua e aspettai che scendesse ma non lo fece, invece chiese: «Ti ha dato fastidio baciarmi in quel modo?»
«No», risposi.
«Lo rifaresti anche se non ti cogliessi di sorpresa come stamattina?»
«Si» Il suo volto si illuminò.
Scese dalla macchina, recuperò il suo bagaglio e chinandosi davanti al finestrino prima di avviarsi al portone mi guardò per qualche secondo prima di dire: «Ti va di andare al cinema sabato prossimo?»
«Certo», risposi.
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