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Gay & Bisex

Un percorso strano


di carisbo
18.04.2019    |    17.734    |    9 9.5
"Una sera di un Aprile freddissimo a Copenhagen, seduti al tavolino esterno di un bar, con la copertina sulle gambe che da quelle parti è d’ordinanza, ..."
Eravamo ragazzini appena iscritti all’Università quando avvenne la prima volta, un’uscita a quattro che speravamo finisse in un certo modo dette il via a qualcosa di diverso.
Le ragazze erano in vena ma un po’ stronzette, ci proposero un gioco e noi trovandolo tutto sommato innocuo accettammo.
Cominciò così.
Loro nude su un divano, noi nudi sul divano di fronte, ognuno si masturbava per conto suo ma dopo qualche minuto le due ragazze si guardarono e ognuna portò la propria mano tra le gambe dell’altra ridacchiando poi una disse: «Fatelo anche voi», ci guardammo perplessi, l’eccitazione era tanta, la promessa di qualcosa di più ci convinse, obbedimmo.
Feci una sega al mio amico mentre lui la faceva a me, le due ragazze si alzarono, si inginocchiarono ai nostri piedi e cominciarono a leccarci le palle, dicendo: «Non smettete», dopo un po’ non riuscii a trattenermi, venni e prima ancora che finissero le contrazione anche il mio amico cedette, le due ragazze risero di cuore.
«Andate a darvi un ripulita, noi vi aspettiamo a letto»
In bagno, davanti al lavandino, con le mani sporche ognuno dello sperma dell’altro ci guardammo e ridemmo, ci ripulimmo e tornando in camera loro erano lì, entrambe sul letto a gambe aperte.
Fu una lunga e bella notte.
Finita l’Università e trovata una quadra economica iniziammo a fare dei viaggi all’estero, soprattutto nei paesi del nord Europa, ogni tanto si rimorchiava, più spesso no e in quei casi finivamo la serata masturbandoci di fronte a un porno su uno dei canali forniti dai vari alberghi. Ognuno per conto suo, ma con il vezzo di sincronizzare gli schizzi.
Una sera di un Aprile freddissimo a Copenhagen, seduti al tavolino esterno di un bar, con la copertina sulle gambe che da quelle parti è d’ordinanza, notammo lo sguardo incuriosito di una signora qualche tavolo più in là, avrà avuto sui 40 anni, una decina più noi, era bella, ben vestita, ci fissava, il mio amico prese l’iniziativa, alzò il boccale che teneva in mano e lo mosse invitando la signora a raggiungerci al nostro tavolo.
Lo fece.
Parlammo una buona mezz’ora e capimmo che ci aveva presi per una coppia gay, non smentimmo l’equivoco perché entrambi avemmo l’impressione che la cosa la eccitasse e difatti era così.
Quando l’atmosfera si fu scaldata e fu chiaro a tutti che la signora stava velatamente mandando dei messaggi fui io a prendere l’iniziativa: «Non è nostra abitudine esibirci ma se le interessa, se può essere utile al suo “scopo”», sottolineai volutamente la parola scopo lasciandole intendere ciò che speravo intendesse, «Potremmo segarci per lei», ci osservò bevendo il suo drink.
«Ognuno per conto suo o …»
«Ovviamente io sego lui e lui sega me»
Finì il suo drink senza dire nulla fino a un «Ok» che procurò ad entrambi un inaspettato principio di erezione.
E fu così che ci ritrovammo nella nostra camera, distesi nudi sul letto, a segarci a vicenda mentre la signora in piedi davanti a noi si passava la mano destra tra i peli del pube e con la sinistra si accarezza leggermente i seni, dopo qualche minuto salì sul letto in ginocchio, si pose in mezzo a noi e iniziò a solleticarci i testicoli, ci guardammo negli occhi e venni, lei rise, si spostò, si mise a cavalcioni sul mio amico, si sdraiò su di lui, gli mormorò qualcosa in un orecchio poi prese ad andare su e giù con regolarità.
Intanto io avevo ripreso vigore e mi stavo masturbando da solo guardandoli, improvvisamente il mio amico le dette una manata sul sedere, lei smontò rapidamente e lo prese in bocca, lo succhiò per bene e quando la aprì lasciò che lo sperma cadesse fuori, sul pene da cui era appena uscito, si pulì la bocca con l’angolo del cuscino, mi guardò, «Tocca a te».
Mi salì sopra, se lo infilò, si avvicinò al mio orecchio e sussurrò, «Quando stai per venire dammi una manata sul culo».
Così feci, anche con me smontò rapidamente, lo prese in bocca, lo succhiò e lasciò che lo sperma fuoriuscisse e mi colasse tra i peli e sui testicoli, nuovamente si pulì la bocca con l’angolo del lenzuolo.
Prese qualcosa dalla borsa, un flaconcino, andò in bagno, sentimmo scorrere l’acqua e distinguemmo chiaramente il classico rumore di un gargarismo, si rivestì e prima di andarsene disse ridacchiando: «Se siete veramente froci vi piacciono un po’ troppo le donne», chiuse la porta e ci lasciò così, nudi e felici.
La sera successiva, dovendo partire presto la mattina, decidemmo di rimanere in camera, filmino porno e sega, ci sdraiammo nudi sul letto, partì il film, eravamo già in erezione e senza pensarci, come per un riflesso condizionato invece di afferrare il mio pene afferrai il suo, si voltò mi guardò, si mise a ridere e fece altrettanto, risi anche a io e ci masturbammo reciprocamente come se fosse la cosa più normale del mondo.
Dal quel momento nei nostri viaggi fu sempre così.
Un paio di anni dopo capitammo a Lille, nel Nord della Francia, quando ci presentammo alla reception con le valigie la ragazza dietro il bancone ci sorrise, digitò sul computer e ci dette due chiavi elettroniche e da sotto il bancone un prese un piccolo opuscolo che ci allungò insieme alla ricevuta, «Alcuni dei nostri servizi», disse, «You are welcome!», aggiunse uno strano sorriso.
Arrivati in camera ci accorgemmo che dentro l’opuscolo, oltre ai vari servizi dell’hotel e agli orari e costi del servizio in camera c’era anche un piccolo depliant che publicizzava dei massaggi di coppia dei quali si poteva usufruire direttamente in camera e un paio di biglietti da visita di locali del posto.
Cenammo in un piccolo bistrot e decidemmo di provare quei locali, il primo si chiamava Le Trou ma subito sotto c’era la scritta “Bears House” e l’insegna di un omone grande e grosso sopra l’ingresso lasciava pochi dubbi sulla natura del posto, passammo oltre, il secondo si chiamava Amenity, entrammo e capimmo che la natura non era diversa dal precedente: era un gay bar, uscimmo immediatamente.
«Ma ci ha presi per froci?»
«Mi sa di si»
Ridemmo ma la cosa ci fece riflettere.
Il giorno dopo, rientrando la sera in hotel c’era nuovamente la ragazza del primo giorno, ci salutò, ci chiese se ci stavamo divertendo, gli rispondemmo che la città era bella ma i locali che ci aveva consigliato non erano di nostro gusto, rimase stupita, in francese ci chiese, «Io pensavo …», le scappò un sorrisetto, «Non a tempo pieno», commentai io ridendo senza rendermi conto che stavo alimentando l’equivoco; lei rise evidentemente divertita.
Nei due giorni successivi incrociammo spesso la ragazza della reception e sempre ci sorrise amabilmente tanto che il mio amico si fece convinto che ci stava mandando dei segnali, gli dissi che non mi sembrava proprio, era solamente gentile.
L’ultima sera lo vidi staccarsi prima di raggiungere l’ascensore, dirigersi al bancone e in uno stentato francese chiederle: «A che ora stacca?», non udii la risposta e nemmeno la contro risposta del mio amico ma la sentii ridere di gusto, vidi il mio amico dire qualcos’altro senza udire nulla e la faccia dalla ragazza diventare prima seria e poi trasformarsi in un sorrisetto singolare e prendere un leggero rossore abbassò lo sguardo sulla tastiera del computer e fece palesemente finta di fare qualcosa.
Appena le porte dell’ascensore si chiusero gli chiese: «Cosa le hai detto?».
«Che se vuole vedere due uomini che si segano a vicenda può raggiungerci in camera quando stacca»
«E cosa ha risposto?»
«Nulla ma si è messa ridere», aprì la porta della camera, «Comunque stacca alle 2», chiuse la porta, «Le ho detto che la aspetteremo»
All’una dissi, «Tanto non viene, non hai visto che ha distolto lo sguardo?»
«Aspettare non costa nulla»
Aspettammo. Passarono le due, alle due e trenta eravamo abbastanza certi che fosse il caso di andare a dormire quando un tocco lieve bussò alla porta, il mio amico si tolse l’accappatoio rimanendo nudo e mentre si dirigeva verso la porta lo gettò nell’armadio chiudendolo dentro, istintivamente anche io tolsi il mio e lo gettai sulla poltrona.
Aprì.
La ragazza era là fuori, con un pesante giaccone indosso e la borsetta sottobraccio, istintivamente fece un passo indietro ma non scappò, sorrise e entrò.
«L’abbiamo aspettata», disse lui, «Siamo qui per lei», aggiunse e proseguì, «Se vuole spogliarsi per approfittarne meglio …», allungò le braccia come per prenderle il giaccone e lei dopo un attimo di titubanza gli porse la borsa e si slacciò il giaccone ma rimase ferma, vidi che osservava il mio pene che senza che me ne accorgessi era ormai in piena erezione, arrossì ma si tolse il maglione e mentre attaccava i primi bottoni della camicetta disse: «Cominciate pure».
Ci sdraiammo sul letto, ognuno prese in mano il pene dell’altro e cominciammo un lavorio molto lento, non volevamo rischiare di accelerare i tempi, la situazione era già abbastanza eccitante.
Si tolse la camicetta, i pantaloni, tutto con molta lentezza, infine rimase nuda, era mingherlina, aveva due piccoli seni e una folta peluria biondastra tra le gambe che lisciò con una mano. Rimase ferma così alcuni minuti. Lei osservava noi e noi lei, poi si mosse, salì sul letto, accarezzò i testicoli del mio amico, poi gli prese il pene in mano, io mollai la presa, lei continuò per pochi secondi, abbassò la testa e lo prese in bocca, io mi segai più rapidamente ma poi mi fermai, osservai e presi coraggio, mi spostai verso di lei, le divaricai le gambe, mi sdrai sul letto e comincia a lavorarla con la lingua, capii subito che le piaceva, presi altro coraggio, le afferrai il sedere, la tirai su mettendola a quattro zampe, mi posizionai dietro di lei, gliela accarezzai un po’ poi la penetrai mentre lei continuava a succhiare il mio amico.
Improvvisamente si gettò di fianco facendolo uscire, rimasi stupito, ancora di più quando con il pene del mio amico stretto alla base mi fece chiaramente intendere di volerlo condividere con me, un brivido mi percorse la schiena, ero eccitato fino a questo punto?
Evidentemente si perché in men che non si dica mi ritrovai con il pene del mio amico in bocca mentre lei gli leccava le palle e qualche minuto dopo mi ritrovai con una palla in bocca a guardare negli occhi quella ragazza che succhiava l’altra, facemmo a turno per un po’ quando lei me lo passò rapidamente avrei dovuto intuire ma non ero lucido, feci appena in tempo e metterlo in bocca che sentii il fiotto colpirli le tonsille, istintivamente pompai di più fino a svuotarlo mentre lo sperma colava fuori tra i peli del suo pube, lo estrassi ansimante, non immaginavo fosse così “soffocante” fare un pompino.
Lei aveva gli occhi che brillavano, la stesi, le aprii le gambe e la penetrai, mentre ero sopra di lei piccole gocce di sperma cadevano dalla mia bocca finendole sul seno, sembrava rapita da questo, dopo qualche minuto vidi il mio amico inginocchiarsi sul letto, con il pene nuovamente vigoroso, lo avvicinò al suo volto e lei lo accolse nella sua bocca ancora una volta, un cenno d’intesa tra di noi, lo estrassi mentre lui si spostò verso il basso e ci scambiammo i posti, lei non ebbe problemi a prendere ciò che era appena uscito da lei in bocca e il mio amico la penetrò, quando fu il momento lo tirò fuori e le venne sul ventre, quasi subito dopo anche io le venni sul seno.
Se ne era andata da dieci minuti, ero sdraiato sul letto con il pene semi eretto ripensando ai fatti, gli occhi semichiusi, improvvisamente sentii una bocca sul mio membro, li aprii, il mio amico mi stava spompinando, fu lo stupore a non farmi reagire immediatamente e il piacere a non farmi reagire proprio superato lo stupore, venni in fretta.
«Io sono venuto due volte, te ne dovevo una», disse mentre con il dorso della mano si toglieva dei filamenti di sperma dal mento.
Quando la mattina lasciammo l’albergo la ragazza non c’era e ci dispiacque molto.
Nei viaggi successivi la fortuna non ci arrise molto le donne e nella primavera successiva ci trovammo a notte fonda a segarci davanti al solito film porno, passò la scena di un 69 e lui disse: «Ci proviamo?».
«Dici sul serio?», risposi.
«Tanto ormai …».
E visto che io ero quello più pesante mi trovai sotto, era decisamente scomodo con un uomo, il suo pene mi sbatteva contro le tonsille dandomi fastidio e le palle sul naso, non sapevo bene cosa fare ma ci provai e a un certo punto prendemmo il ritmo giusto e mi lasciai andare; venni e prima ancora che avessi concluso la mia eiaculazione sentii la mia bocca riempirsi, stava venendo anche lui, gli afferrai i glutei e lo succhia con più vigore ma la posizione non era l’ideale, mi stavo strozzando e inghiottii per non soffocare.
L’estate passò senza problemi e al primo viaggio autunnale ci trovammo a Segovia, inutile dire della quantità di battutacce che ci ispirò quel nome.
Quattro giorni senza neppure l’idea di poter concupire una donna ma avevamo imparato a ovviare e anche se ormai il 69 ci riusciva abbastanza bene preferivamo spompinarci a turno, era più comodo.
L’ultima mattina entrai nell’enorme doccia della camera d’hotel che lui era già insaponato, attesi che mi lasciasse il getto e lo vidi di schiena mentre si strofinava i capelli, il mio pene andò in erezione involontaria e la punta colpì il suo sedere, se ne accorse, non disse nulla ma smise di strofinarsi e chiuse l’acqua, non saprei dire perché ma gli passai una mano tra le natiche, lui non si mosse, allora presi in mano il mio pene, lo feci scivolare nel solco e a tentoni trovai l’ingresso e lo penetrai, si appoggiò alle piastrelle inarcando la schiena e rendendomi più facile i movimenti, lo cinsi, sentii sul polso la sua erezione, la afferrai e presi a smanettarlo mentre me lo inculavo.
Andai avanti finché potei poi uscii senza venire, venirgli dentro mi sembrò troppo, si voltò, gli accarezzai le palle, mi voltai, appoggiai le mani alla parete e gli ofrii il mio culo, lo sentii entrare e fare ciò che doveva.
Anche lui uscii senza venire, ci guardammo faccia a faccia, prendemmo in mano i nostri propri peni e ci segammo fino a venire con grandi schizzi ognuno sul pene dell’altro.
Il viaggio di ritorno lo facemmo in silenzio e nei successivi diciotti mesi non ci vedemmo più, nessun viaggio, qualche like su facebook di tanto in tanto e niente altro.
Un giorno mi arrivò un messaggio, diceva: “Tra un mese sono dieci anni da Copenhagen, ci facciamo un alto”.
Organizzammo e ci vedemmo direttamente in aeroporto la mattina della partenza, come se non fosse mai accaduto nulla.
La prima sera andammo nel bar dove avevamo incontrato quella signora che ci aveva accusato di non essere abbastanza froci, seduti a uno dei tavoli la riconoscemmo mentre si avvicinava al nostro.
«Salve, ne è passato di tempo», disse.
«Che coincidenza», risposi io, «Dopo dieci anni tutti nello stesso posto?»
«Quale coincidenza? Io qui ci vivo e vengo in questo bar tutte le sere per il mio drink rilassante», mandò giù il drink d’un fiato, «Allora questa notte me lo offrite uno spettacolo più convincente dell’altra volta?»
Il mio amico e io ci guardammo negli occhi.
Mezz’ora dopo eravamo uno di fianco all’altro sul letto, io me lo inculavo vigorosamente a forbice facendogli una sega con la mano libera mentre la signora si sditalinava con la lingua di fuori, «Ora si», commentò e si sditalinò più rapidamente.
Salì sul letto, ci divise, prese il mio amico, gli saltò sopra e se lo infilò, li osservai da dietro e presi una decisione, puntai il pene sui testicoli del mio amico e feci in modo di farlo scivolare nello stesso buco dove era lui, ci riuscii, la singora inarcò la schiena sorpresa, «ODDIO!”, urlò, prendemmo il ritmo e la scopammo all’unisono, «DioDioDio», ripeteva, come un solo uomo uscimmo, la rivoltammo e le venimmo uno sul seno destro e uno sul sinistro, senza nessuno cenno d’intesa ci scambiammo i posti e io leccai lo sperma sul seno opposto a quello sul quale ero venuto e il mio amico fece altrettanto, la signora rideva a crepapelle passandoci le mani tra i capelli.
Dopo dieci minuti ce la stavamo inculando a turno.
Continuammo a viaggiare insieme e se non trovavamo una donna poco male, ci segavamo, spompinavamo e inculavamo in allegria e almeno due volte l’anno tornavamo a Copenhagen da quella signora che ci aspettava sempre con impazienza.
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