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Lui & Lei

Tre e Quattro


di carisbo
15.05.2019    |    4.767    |    2 8.2
"Ogni tanto qualcuno si allontanava per rispettare la consegna di non venire fino a che lei non lo avesse deciso e tornava dopo un po’, sapevo per esperienza..."
Un paio di orecchini d’oro mi sembravano un bel regalo, era un compleanno importante, di quelli che si compiono una sola volta nella vita, non volevo sbagliare, quindi le proposi di venire con me in gioielleria per sceglierli, disse di si, ma davanti alla vetrina ci ripensò, volle andare via, non capii ma mi adeguai, andammo a cena in un ristorante e la riaccompagnai a casa, facemmo l’amore.
«Ci sono cose nella vita che diciamo sempre “farò, farò, farò”, pensando di avere chissà quanto tempo, poi il tempo passa e ci rendiamo conto di non poterle più fare», mi disse guardandomi negli occhi dal suo cuscino, «C’è una cosa che vorrei fare prima di diventare una patetica attempata, vorrei quello come regalo da te».
«Vuoi lanciarti con il paracadute?», era una battuta per sdrammatizzare perché capii che stava per fare una richiesta difficile da esaudire.
«Vorrei farlo con due uomini e ovviamente vorrei che uno di quelli fossi tu»
Non eravamo sposati e neppure conviventi, eravamo amici di letto da moltissimi anni e amanti da relativamente poco, la richiesta mi spiazzò.
«Non mi trovo molto a mio agio con altri uomini nudi, figuriamoci in un simile contesto, però se è questo che desideri non vedo motivo di non farti contenta», mi sorrise, «Però spero che tu abbia un candidato perché se devi mettere un annuncio per cercarlo la cosa assumerebbe contorni squallidi».
Scattò a sedere sul letto, «Ho diverse idee in mente, devo solamente vagliarle bene e capire quale possa essere quello più adatto»
Ma il tempo passava, il suo compleanno si avvicinava e ogni volta che chiedevo notizie mi diceva sempre che ancora non aveva deciso. Che ci stesse ripensando?
Una settimana prima della data prevista per l’evento sembrava aver trovato una soluzione.
«Prima di proporre la cosa voglio avere la tua autorizzazione perché c’è un problema», inspirò per darsi coraggio, «Ci sarebbe un mio ex compagno del liceo, sono trenta anni che è innamorato di me, mi telefona ai compleanni e alle festività per farmi gli auguri, è una bravissima persona, mi sta simpatico e lo farei felice, poi ci sarebbe un ex collega che hanno recentemente trasferito, mi è venuto dietro per dieci anni, è simpatico e gentile», mi fissò e concluse, «Io vorrei proporlo a entrambi».
«Così non sarebbe più una cosa a tre ma una cosa a quattro».
«Esatto»
«Tre uomini insieme? Pensi di …», mi interruppe, «Non lo so, ma se non ci provo avrò dei rimpianti, preferisco dei rimorsi»
«Ok», confermai. In realtà non mi andava bene per nulla ma ormai non potevo tirarmi indietro.

Venne il giorno, lei ci conosceva tutti da decine di anni, noi non ci conoscevamo, quindi trovò interessante lasciarsi da soli in salone mentre lei si preparava nella sua camera, fu una conversazione imbarazzantemente banale, a nessuno interessava conoscere gli altri e tutti eravamo convinti che sarebbe stata la prima e l’ultima volta che ci saremmo visti.
A interrompere quella patetica fiera del vacuo arrivò il segnale convenuto, il cellulare lasciato sul tavolino squillò sulle note di Heaven is a place on hearts. Era pronta.
In silenzio ci alzammo e in fila indiana raggiungemmo la stanza degli ospiti, destinata a spogliatoio, ci spogliammo con lentezza e imbarazzo, rimanendo nudi uno di fronte all’altro, in attesa, come da istruzioni.
La porta si aprì e lei entrò, completamente nuda, ci osservò, poi fece il discorsetto che si era preparata.
«Non ho la minima idea di cosa succederà, siamo qui per divertirci, quindi divertiamoci, però ricordatevi che è la mia festa e devo divertirmi principalmente io, quindi siate gentili, non voglio dirvi cosa fare, non lo so neppure io vi do solamente due piccole regole. La prima», mi si avvicinò e mi prese per mano, «Lui è l’unico a poter usare l’ingresso posteriore, è chiaro?», gli altri due assentirono timidamente con la testa, «La seconda regola: fate quel che volete così come vi sentite di farlo ma se in un qualsiasi momento dovessi dire BASTA vi fermerete tutti immediatamente e vi ritirete il più velocemente possibile in questa stanza. E’ chiaro anche questo?», assentimmo convintamente tutti, «Bene», si voltò, sul mobile c’era una clessidra, la girò, «Quando sarà finita uscite, non prima», la girò, uscì e chiuse la porta.
Era una clessidra grande e durò moltissimo o almeno a noi sembrò così ma infine l’ultimo granello cadde e aprimmo la porta.
Le luci del salone erano spente, alcune lampade a piantana, evidentemente comprate per l’occasione, erano state rapidamente disposte strategicamente secondo un ordine che probabilmente aveva studiato per giorni, puntavano tutte verso l’alto con la conseguenza che non esisteva fonte di luce diretta, solamente riflessa, nel tavolino sui divani c’era una sfera opaca che emanava una luce dorata, lei era in ginocchio su un cuscino davanti quella luce che le adornava il contorno mantenendola in una parziale ombra, ci fece cenno con le mani di avvicinarci e senza parlare ci indicò le posizioni, io al centro.
Ci osservò immobile poi prese uno per mano i membri degli altri due e fissò i suoi occhi nei miei, poi guardò anche gli altri due.
«Quando sentite che state per venire fate un passo indietro prima che sia troppo, voglio che veniate tutti insieme, una sola volta, dopo lunga sofferenza».
Si avvicinò e mi leccò i testicoli e quando fu ben dritto lo prese in bocca mentre continuava a masturbare gli altri due, poi a turno li prese in bocca tutti, li lavorava pochi secondi per uno, poi allungò un po’ di più i tempi.
Il primo a fare un passo indietro fu il suo ex collega, dopo un paio di minuti anche il compagno di scuola e poco dopo anche io.
Si alzò e andò a sedersi sulla poltrona tra i due divani, aprì le gambe fino a metterle sui braccioli e mi indicò, la raggiunsi, vidi il cuscino per terra davanti alla poltrona, capii, mi inginocchia e iniziai a leccargliela finché non mi allontanò e fu il turno degli altri due.
A un certo punto si alzò e ci fece cenno di seguirla, ci portò nella sua camera da letto, erano accese solamente le luci dei comodini, si sdraiò sul letto.
«Fate quello che volete, ma ricordatevi le regole».
Cominciammo a baciarla ovunque, poi a leccarla, dopo una decina di minuti aveva i capezzoli turgidi come mai li avevo visti, dopo mezz’ora il suo vecchio compagno di scuola era sotto e dentro di lei, il suo collega di lavoro in ginocchio davanti a lei che lo spompinava e io mi ero accomodato nell’ingresso posteriore, dove lavoravo piano, la situazione non era particolarmente di mio gradimento ma volevo che comunque si divertisse lei.
Ogni tanto qualcuno si allontanava per rispettare la consegna di non venire fino a che lei non lo avesse deciso e tornava dopo un po’, sapevo per esperienza che questi stop&go avevano due effetti: il primo era che ogni ripartenza corrispondeva a una corsa più lunga, il secondo era che più volte si esperiva questa pratica e per più lungo tempo si andava avanti più abbondante e violenta sarebbe stata l’eiaculazione.
Ogni tanto mi facevo da parte anche io, più che altro per osservare la scena da una prospettiva diversa ed assicurarmi che tutto andasse bene, quando i nostri sguardi si incrociavano, anche in quel momento in cui li aveva entrambi in bocca, riuscì a farmi il segno convenzionale che voleva dire “tutto ok”, diversamente sarei intervenuto.
Dopo circa tre ore decise che ne aveva abbastanza e anche i nostri cazzi urlavano pietà, mi invitò a sdraiarmi sul letto, si sedette sulla mia faccia di modo che potessi leccargliela e invitò gli altri due a mettersi al suo fianco porgendoli i seni affinché le succhiassero i capezzoli, bastarono pochi colpi di lingua, vidi la fessura aprirsi e chiudersi rapidamente e un fluido biancastro e denso finirmi in piccoli spruzzi sul naso, negli occhi e sulla fronte, rimanemmo così, tutti e quattro fermi per qualche minuto, poi si sedette sul bordo del letto, ci fece mettere davanti a lei e li succhiò a turno, quando fu il mio mi guardò negli occhi e mi strizzò le natiche, era il segnale convenuto, mi lasciai andare e le venni in bocca fino all’ultima goccia, un’eiaculazione così potente, prolungato e copiosa, dopo tante ore di tira e molla che non riuscì a trattenerla e ne tentare di farlo la massa gelatinosa trovò un’altra via di uscita e improvvisamente esplose dalle sue narici, per mio conto sentivo le gambe molli e un leggero disorientamento, mi feci da parte e la osservai indicare agli altri due di venirle in faccia, prima uno poi l’altro, anche loro avevano molto da dare e non un solo centimetro del suo volto rimase libero, le gocciolava dal mento sui seni, respirava a fatica facendo bolle di sperma dal naso, mi fece un cenno.
Aprii la porta della camera da letto e dissi: «Signori lasciamola sola», ubbidirono educatamente, li accompagnai nell’altra camera e tornai da lei, era rimasta nella stessa posizione, con le dita cercava di togliersi lo sperma dagli occhi arrossati, ancora non respirava bene non essendo riuscita a liberare le narici, visto che non vedeva bene con quella roba incollata alle ciglia la accompagnai in bagno tenendola per mano, le pulii la faccia con un asciugamano, mi sorrise e con un filo di voce mi disse: «Mandali via».
Lo feci adducendo la necessità di riprendersi, furono comprensivi e in silenzio si rivestirono e lasciarono l’appartamento. Tornai in camera e sentii lo scroscio dell’acqua della doccia.
La attesi con l’asciugamano pronto, la asciugai, la baciai in fronte, «Tutto a posto?», le chiesi, «Si», mi rispose con un filo di voce abbracciandomi.
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