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Lui & Lei

La Signora del Pompino


di carisbo
22.03.2019    |    27.425    |    15 9.4
"«E’ brava!», rise di gusto, «A te fa i pompini vero?»..."
Nella mia posizione è abbastanza frequente che si presentino degli imprenditori per offrire i loro servizi, dagli elettricisti, agli idraulici, alle ditte delle pulizie come nel caso di specie; la scelta avveniva in base alla qualità di ciò proponevano, ai costi e anche, a quanto c’era da guadagnarci personalmente, non c’è da scandalizzarsi, ogni ditta prevede di “scontare” una quota delle fatture, quindi di incassare un pagamento leggermente inferiore all’importo fatturato, ogni ditta ha una sua percentuale di sconto applicabile e a parità di offerta lo sconto diventa dirimente.
Quella mattina si presentò una donna, dall’età indefinibile tra i 40 e i 50, di altezza media, minuta, con una testa piena di capelli castani, snocciolò per buoni 10 minuti tutte le qualità della sua ditta, i costi, i materiali usati, la lasciai parlare come facevo sempre e alla fine chiesi, come facevo sempre.
«Quale è la percentuale di sconto?»
«Ecco in verità siamo una ditta molto piccola e giovane che offre piccoli servizi a piccoli importi, se ci mettessimo anche a fare gli sconti non ci rimarrebbe molto una volta pagate le tasse», mi fissò, in attesa di una mia reazione che non ci fu, stavo pensando che aveva ragione e siccome mi faceva simpatia ero comunque propenso a darle l’appalto, alla fine dei conti si trattava veramente di pochi spiccioli ma la signora forse interpretò male quel mio silenzio e fece una proposta che mai prima avevo udito da dietro quella scrivania: «Però posso farle un pompino», alzai gli occhi dalle carte stupefatto.
«Prego?», chiesi.
«Ogni mese, quando porto le fatture e prendo gli assegni invece di farle uno sconto le faccio un pompino», la fissai sempre più stupefatto, «Anzi se vuole gliene faccio uno subito così può farsi un’idea, senza impegno, se poi non prende la mia ditta non vengo a chiederglielo indietro», rise.
Ero esterrefatto, la osservai frugare nella borsa e estrarne un preservativo.
Quando uscì dal mio ufficio aveva un contratto firmato e io ero molto più rilassato.
Ogni mese si presentava puntualmente, consegnava le fatture, prendeva gli assegni e tirava fuori dalla borsa un preservativo.
Dopo pochi mesi mi resi conto che i lavori che le avevo assegnato venivano fatti con puntualità ed efficienza, ricevevo sempre meno lamentele e anche qualche complimento e anche il lavoretto che mi faceva tutti i mesi sotto la scrivania aveva i suoi pregi, era efficiente e professionale, mancava un po’ di trasporto ma era normale che fosse così.
Iniziai ad assegnarle molti più lavori e un mese, dopo avere messo tutti gli assegni nella borsa, riuscì a stupirmi ancora una volta; si bloccò a metà del pompino, si rialzò.
«Mi ha dato molti lavori ultimamente, forse un pompino al mese ora è un po’ poco, aggiungiamo una scopata ogni tre mesi?», la guardai basito mentre si toglieva gonna e slip, nuda dalla cintola in giù, con le mani sui fianchi, «Preferisce sdraiata sulla scrivania oppure mi appoggio e lei mi lavora da dietro?».
Scelsi la pecorina in piedi perché mi imbarazzava guardarla in faccia ma con quella donna le sorprese erano evidentemente appena agli inizi.
Dopo qualche tempo mi telefonò una mia carissima amica con le mie stesse funzioni in un’altra ditta.
«Certo che ne conosci di gente strana!», esordì.
«Cosa intendi?»
«Mi hai mandato una email consigliandomi una ditta di pulizie», capii immediatamente, la signora mi aveva chiesto se potevo farle un po’ di pubblicità, garantì che avrebbe fatto le stesse condizioni anche ai miei amici, e io avevo fatto un copia incolla e mandato delle email alla rubrica di lavoro, non mi resi conto che c’erano anche delle signore in quella lista.
«Ti ha dato problemi?»
«Ma sai cosa mi ha detto quella tizia quando è venuta qui», attesi con curiosità,«Mi fa: lo sconto non posso farglielo ma se vuole gliela lecco», la sentii ridere, «E poi ha aggiunto, se vuole gliela lecco subito, senza impegno, così testa il prodotto», mi venne da ridere.
«E tu cosa gli hai risposto?», ci furono alcuni secondi di silenzio.
«E’ brava!», rise di gusto, «A te fa i pompini vero?».
«Si», ammisi, la sentii ridere di nuovo e riattaccò senza aggiungere altro.
Ormai assuefatto alla routine la attendevo per il solito scambio mensile, assegni contro pompino, un giorno la segretaria annunciò il suo nome ma quando aprì la porta non era lei, le assomigliava ma non era lei, sembrava una sua versione giovane, molto più giovane, 25 anni al massimo.
«Buongiorno, mia madre ha avuto un piccolo incidente, una caviglia slogata, dovrà rimanere a casa per un po’»
Deluso compilai gli assegni e li consegnai alla ragazza che li mise nella borsa mentre ripresi a picchiettare sulla tastiera del computer, con la coda dell’occhio vidi che frugava nella borsa, mi girai, aveva un preservativo in mano.
«Devo farle un pompino, giusto?», non risposi, ero sotto shock, «Sono questi gli accordi con mia madre non è vero?»
La ragazza era meno professionale, più amatoriale ma anche meno formale, mi leccò anche le palle, cosa che la madre non aveva mai fatto.
Il mese successivo tornò la signora, camminava benissimo ma aveva lo sguardo spento, sembrava triste, prese gli assegni.
«E’ rimasto soddisfatto di mia figlia?», si informò.
«Soddisfattissimo», risposi con titubanza.
«Bene», frugò nella borsa, mi fissò.
«Ho dimenticato di prendere i preservativi», non capivo se era dispiaciuta oppure no, fece spallucce, chiuse la borsa, «Lei è una brava persona, la conosco da anni, questa volta facciamo senza».
La volta successiva il preservativo neppure lo cercò.
Poi venne la volta della scopata trimestrale, si spogliò, si appoggiò alla scrivania e mi disse: «Vada tranquillo, sono in menopausa da anni, venga pure dentro».
Qualcosa era cambiato.
Ogni tanto tornava la figlia, adducendo sempre un pretesto diverso.
Il tempo passò e venne quello di Natale, si presentò l’ultimo giorno prima della chiusura per festività, mi spettava la scopata trimestrale e così fu ma mentre, ero in piedi dietro di lei da qualche minuto, avevo la netta impressione che scorresse più fluidamente del solito e mentre ragionavo sul fatto che forse potesse essere eccitata, cosa che non era mai stata, sentii la proposta che non mi aspettavo, «Non so quali siano i suoi gusti ma se vuole può, come regalo di Natale provare anche l’altro ingresso», mi fermai di colpo, lei se ne accorse, «Se le va», aggiunse.
Osservai le sue natiche, le aprii con le mani, l’ingresso posteriore mi occhieggiò, marrone scuro, perfettamente definito, leggermente dischiuso, decisi che mi andava, lo estrassi, umidiccio e già lubrificato naturalmente lo puntai e lo infilai, per la prima volta la sentii gemere, mi detti da fare per alcuni minuti ma non volevo venirle dentro, lo tirai fuori e la feci girare, la spinsi sdraiandola sulla scrivania, mi inginocchia e iniziai a leccargliela.
Era pelosa e bagnata, ansimò e in pochi minuti la osservai venire, mi alzai in piedi, con il pene eretto in mano, «Vorrei venirle sul seno, non l’ho mai visto», mi guardò.
«E non lo vedrà mai», scese dalla scrivania, si inginocchiò, alzò la maglietta, «Questo è tutto quello che posso offrirle ormai».
Non aveva i seni, due cicatrici in diagonale su un petto piatto, erano rosse, ancora a loro modo vive, abbastanza recenti. Non dissi nulla, non potevo offenderla, mi smanettai e le schizzai sulle cicatrici.
Il mese successivo venne nuovamente la figlia, così come quello dopo ancora; lei si ripresentò giusto in tempo per la scopata trimestrale, prese gli assegni e si spogliò, ma questa volta integralmente, si tolse tutto, non si appoggiò alla scrivania, si diresse verso il divano nell’angolo e rimase in piedi davanti ad esso, anche io mi spogliai totalmente, la raggiunsi e appena fui di fronte a lei si inginocchiò e iniziò a leccarmi i testicoli, non lo aveva mai fatto, poi lo prese in bocca e sentii la differenza, non era più professionale, era passionale.
Dopo dieci minuti ero seduto sul divano e lei andava su e giù sopra di me mentre io le stringevo i glutei mordendole il collo e baciandole le cicatrici e fu da lì, da sopra le sue spalle che con il mezzo occhio che sporgeva vidi la mia segretaria sulla soglia, probabilmente incuriosita dalla lunga permanenza e dagli strani rumori aveva deciso di dare un’occhiata, feci finta di nulla, non volevo rovinare il momento della signora del pompino, rimase lì, ad osservare la scena, decisi di ignorarla certo che non si fosse accorta che io mi ero accorto.
«Voglio leccargliela», le sussurrai all’orecchio, lei si alzò lasciandolo uscire, piantò le ginocchia sul divano e me la mise in faccia, lasciando la mia erezione in libera visione alla segretaria.
Dopo tutti quegli anni era libera, ansimava e gemeva e quel che ricopriva la mia faccia mi diceva plasticamente che si stava divertendo, infine venne con un gemito strozzato.
Si inginocchiò, lo prese in bocca e si dette da fare, alzai lo sguardo e vidi la segretaria, era rimasta lì tutto il tempo, ci guardammo lungamente negli occhi ma per me il momento era giunto, li chiusi e mi lasciai andare, lei accolse tutto nella sua bocca, aprii gli occhi, la segretaria non c’era più, volsi il mio sguardo verso di lei, ci guardammo, vidi il movimento della glottide, non dissi nulla.
Ci rivestimmo e prima che andasse via la baciai lievemente sulle labbra, mi venni istintivo, forse perché avevo capito tutto, lei non si sottrasse.
Non la vidi più.
Dopo due settimane una telefonata della figlia mi informò dell’ora e della data del funerale, ci andai e trovai la chiesa piena, uomini e donne, c’era anche la mia amica che mi aveva telefonato ridendo, era in lacrime.
Quando venne il tempo la figlia si presentò all’incasso, era triste ma nel contempo sembrava serena, prese gli assegni, li mise al sicuro nella borsa e mi guardò.
Si alzò, si spogliò riponendo con cura i vestiti sulla sedia, rimase nuda, aveva un seno sodo e un triangolo castano e peloso, fece il giro della scrivania e si fermò dinnanzi a me, mi inginocchia, le baciai il ventre e infilai la mia lingua nella sua fessura, mi lasciò fare finché non fu soddisfatta, fece un passo indietro.
«Si alzi», lo feci, si inginocchiò a sua volta, mi sbottonò i pantaloni, mi calò le mutande, era già ben dritto, alzò la testa e guardandomi mi disse: «Mia madre mi ha detto di riservarle un trattamento speciale», lo prese in bocca senza preservativo e cominciò il suo lavoro.
La segretaria ci colse così, io in piedi lei in ginocchio, rimase sulla porta con la mano sulla maniglia, ci guardammo senza distogliere lo sguardo e quando venni questa volta non chiusi gli occhi e mantenni il contatto visivo, chiuse la porta solamente quando lei lo fece uscire e un rivolo di sperma le colò sul mento.
Si rivestì in silenzio, «Ci vediamo il mese prossimo», disse e se ne andò.
Alla fine della giornata lasciai l’ufficio, chiusi la porta, la segretaria si stava mettendo il giaccone per andare via, ci guardammo per interminabili secondi, «Le va di prendere un caffè insieme?», azzardai.
«Si», mi rispose senza esitazione.
In ascensore le misi una mano sul sedere, non disse nulla, le strizzai un gluteo infilando parte della mano nello spacco, si voltò sorridendomi.
«Ho un solo seno», disse, strizzai di più, la conoscevo da 15 anni e non me ne ero mai accorto, le sorrisi, mi sorrise anche lei.

Prendemmo il caffè, andammo a cena insieme, parlammo come non avevamo mai fatto prima e la mattina mi svegliai nel letto della mia segretaria con un solo seno dopo avere passato una delle notti più incredibili della mia vita.
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