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Lui & Lei

ESTASI BRUCIANTE


di arrotino80
26.04.2025    |    97    |    0 6.0
"La sua casa odorava di vino rosso e ambra..."
Quella notte, Veronica non voleva solo dominare. Voleva spingermi oltre ogni limite.

La sua casa odorava di vino rosso e ambra. Appena entrai, mi accolse con uno sguardo che non lasciava spazio a interpretazioni: silenzio e obbedienza. Era vestita con una camicia di seta nera, appena sbottonata, e delle autoreggenti che lasciavano intravedere cosce nervose, cariche di tensione. Si limitò a puntare il dito verso di me e poi verso il pavimento.

Mi spogliai in silenzio. Sentivo il suo sguardo addosso come se fossero dita. Lei sorseggiava vino, seduta sul divano, le gambe accavallate, le labbra piegate in quel sorriso sporco che mi faceva impazzire. Mi sentivo esposto, vulnerabile, eccitato. Avevo già il respiro corto, e ancora non mi aveva nemmeno toccato.

Poi si alzò.

Prese una candela accesa e una ciotola colma di cubetti di ghiaccio dal tavolino. Il contrasto tra quei due oggetti parlava chiaro: sarebbe stato un gioco di opposti, di estremi. E io ne ero il terreno di battaglia.

Mi bendò con un foulard di seta. L’oscurità mi fece perdere ogni riferimento, ma amplificò ogni altro senso. Il suono dei suoi passi sul parquet sembrava lontano, poi improvvisamente vicino. Mi fece inginocchiare davanti a sé, e il profumo della sua pelle, caldo e speziato, mi travolse.

“Stasera,” sussurrò, “voglio che tu perda completamente il controllo.”

Le sue mani fredde scivolarono sul mio petto, mi fece rabbrividire. Poi il ghiaccio: un cubetto disegnava una linea lenta lungo il torace, fermandosi proprio all’inguine. Il mio cazzo era già duro, pulsante, e il contrasto tra il freddo del ghiaccio e il calore interno era una tortura deliziosa.

Poi sentii la cera calda colare sul ventre. Un bruciore acuto, breve, ma profondissimo. Gemetti. Lei rise piano.
“Ti piace, vero?”
Mi prese per i capelli e sollevò la mia testa, mi baciò con una violenza dolce, mordendo le mie labbra, affondando la lingua con fame.

Poi mi fece sdraiare a pancia in giù sul letto.

Salì sopra di me, con lentezza, e sentii il calore del suo sesso nudo strofinarsi sulla mia schiena. Un gemito le sfuggì dalle labbra. La sua eccitazione era palpabile, densa. Mi fece sussultare con un nuovo colpo di cera sulla scapola, poi passò subito il ghiaccio sulla ferita, come per confondere il cervello, per farmi perdere il senso del tempo e del corpo.

“Adesso stai fermo.”

Iniziò a muoversi sopra di me, con un ritmo lento e crudele, simulando la penetrazione con i fianchi, lasciando che il calore della sua figa si sfregasse contro la mia pelle. Ogni movimento era calcolato. Ogni sospiro, ogni risata bassa, ogni pausa tra una tortura e l’altra serviva a costruire qualcosa di più grande: la distruzione del mio controllo.

Poi si voltò e mi guardò con occhi carichi di fuoco.
“Striscia.”

Mi fece scendere dal letto e camminare carponi sul tappeto, mentre lei si sedeva sopra una poltrona. Allargò le gambe, lentamente, senza staccare gli occhi da me. Si accarezzava, e io potevo solo guardare. Poi mi fece inginocchiare davanti a lei.

Mi guidò con le mani fra le cosce, mi costrinse a leccarla. Il suo sapore era intenso, la sua umidità mi inondava la bocca. Lei gemeva, tirandomi i capelli, controllando il ritmo del mio piacere e del suo.

Quando fu soddisfatta, mi spinse di nuovo sul letto.
“Ora ti voglio dentro.”

E finalmente si abbassò su di me, prendendomi con tutto il corpo. Non c'era più alcun gioco: era puro sesso, istinto, fusione. Mi cavalcava con potenza, con fame, con quel ritmo spezzato che mi portava ogni volta sull’orlo senza lasciarmi cadere.

Poi si fermò.

Mi guardò, sudata, i capelli incollati alla fronte.
“Voglio che mi distruggi adesso.”

Mi sollevai, la presi per i fianchi e la girai a pancia in giù. La penetrai con forza, con furore. Le mie mani stringevano i suoi fianchi, le sue unghie scavavano il letto, i suoi gemiti diventavano grida.

“Sì… scopiami… fammi male… fammi tua…”

La piegai, la presi in bocca, le affondai dentro ovunque, senza tregua. Lei si offriva, si apriva, si consumava tra le mie mani. Ogni posizione era una danza furiosa, un nuovo modo per distruggerci e ricrearci.

Venimmo insieme. Un urlo muto, un’esplosione che ci attraversò fino al midollo.

Rimanemmo fermi, i corpi incollati, il respiro affannoso.

Lei mi accarezzò il petto, ancora tremante.
“Questo era solo l’inizio,” sussurrò.
“Adesso riposati. Fra poco ricominciamo.”

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