Lui & Lei
Quello che non so


15.07.2025 |
529 |
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"Lei stringeva, si contraeva, poi mi montava sopra, lasciandomi lì a guardarla mentre sfregava il clitoride sul mio pube e si faceva godere..."
La verità è che noi uomini non sappiamo davvero cosa vuole una donna.O meglio: pensiamo di saperlo. Ci illudiamo che il corpo sia la chiave. Che farla godere, farla urlare, squirtare, tremare, significhi aver capito tutto. Ma non è così. L’ho imparato a mie spese, più volte. E ogni volta è stato uno schiaffo più forte.
Con lei, Giulia, credevo di aver trovato la formula perfetta.
All’inizio era travolgente. Ci facevamo a pezzi. Ogni volta sembrava una scopata da fine del mondo. Lei diceva che non aveva mai provato niente del genere. Mi chiamava il suo "animale educato". E io mi sentivo un dio, sì, perché la guardavo tremare, contorcersi, sudare, venire in sequenza come un fiume in piena.
Eppure anche lei, dopo un po’, ha smesso. Prima i pompini, poi l’anale, poi il resto. Alla fine nemmeno si spogliava più. Solo silenzi. Solo "non mi va". Solo "non oggi". Ma all’inizio, Dio, all’inizio...
Era il terzo appuntamento. Ma sembrava che ci conoscessimo da una vita.
Sul divano di casa mia, le mani si cercavano e le bocche si azzannavano. Ma non andavo mai di fretta. Lei lo sentiva. Le toccavo appena il collo, con la lingua che le scivolava sotto l’orecchio. Le mutandine bagnate si stampavano sulla pelle come un segreto. La prendevo piano, salivo dalle caviglie, poi dietro le ginocchia, e solo dopo, con lentezza chirurgica, aprivo le sue gambe e le baciavo l’inguine sopra la stoffa.
Le piaceva essere stuzzicata, provocata. Quando gliele sfilavo, le mutandine, non diceva niente. Solo un respiro lungo. Poi le aprivo la patatina con due dita e ci infilavo la lingua come un serpente curioso. Era liscia, pulita, profumata. Perfetta. Il mio naso premeva sul clitoride mentre la lingua le cercava il punto più sensibile.
E quando la sentivo tremare, cambiavo bersaglio: andavo dietro.
Il suo buco del culo era stretto, chiuso come un segreto vergine. Ma bastava passarci sopra la lingua e già lo sentivo rilassarsi, aprirsi piano, curioso di me. Lei gemeva. Diceva "no", ma lo diceva con la voce di chi vuole solo che insisti.
E così facevo.
Le infilavo dentro la lingua. Profondo. Giravo. Spingevo. Lei tremava. Diceva “oddio”, diceva “ancora”, diceva “non smettere”.
Poi, quando il suo respiro diventava troppo agitato, mi tirava su per la maglietta e me la strappava via. Voleva sentirsi piena. E io glielo davo.
Mi saliva sopra e lo infilava da sola, bagnatissima. Il mio cazzo spariva dentro di lei in un unico colpo, e lei cominciava a cavalcarmi come una puttana indemoniata. Le chiedevo se voleva il dito nel culo. E lei annuiva con gli occhi chiusi.
Uno. Poi due. Scivolavano senza fatica, mentre il mio cazzo le sfondava la figa e le dita le aprivano l’altro buco. Lei si contraeva. Si tendeva tutta. Poi veniva, con la faccia piegata, gli occhi girati all’indietro.
Era solo il primo.
Dopo pochi minuti ero di nuovo duro. Le aprivo le cosce, la prendevo da dietro. Ma non bastava. Volevo di più. Le spingevo piano l’asta nel culo. All’inizio faceva la ritrosa. Poi cedeva, con un "vieni, entra, fammi male".
E io lo facevo.
Glielo mettevo dentro piano, poi più forte. Lei gemeva, si lanciava indietro. Mi urlava di scoparla forte, più forte. Le prendevo i fianchi, glielo piantavo dentro tutto. Lei stringeva, si contraeva, poi mi montava sopra, lasciandomi lì a guardarla mentre sfregava il clitoride sul mio pube e si faceva godere.
Al terzo orgasmo lei era stanca. Ma io no.
Le tenevo aperto il culo, infilavo altre due dita dietro al mio cazzo, spingendolo verso la sua vagina da dentro. Il mio cazzo diventava un ariete tra due muri sottili. Lei si contorceva, urlava, si aggrappava alle mie braccia.
"Sto venendo! Dio, sto venendo!"
Diceva che così non l’aveva mai sentito. Che le toccavo il punto G dall’altra parte, che era come essere sfondati da dentro e fuori insieme.
Alla fine ne aveva fatti cinque. Cinque orgasmi. Io avevo finito con una sega, sopra la sua schiena, esausto e fiero.
Era perfetto. Troppo perfetto.
E poi? Poi è cominciata la discesa.
La volta dopo: “Non ho voglia del culo oggi.”
Quella dopo ancora: “Solo un po’ di coccole.”
Poi: “Ho il ciclo.”
Poi: silenzio.
E io mi chiedo: perché?
Perché una donna che gode così tanto, smette di desiderare il tuo corpo?
La risposta, forse, è che per loro il sesso non è mai solo sesso. È connessione. È coinvolgimento mentale, sottile, invisibile, fatto di parole dette e non dette. Di attenzione. Di cura.
Io pensavo bastasse il cazzo. Ma il cazzo non basta. Nemmeno se la fai godere come un’attrice porno.
E allora forse la soluzione è cambiare schema.
Niente storie lunghe.
Solo desiderio.
Solo fame.
Solo fuoco che brucia in fretta e si spegne prima di diventare cenere.
Forse non è amore.
Ma almeno non è silenzio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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