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Nel Nome del Padrone – Capitolo 3


06.06.2025 |
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"Le sue mani afferrarono la mia testa..."
Non era più solo un gioco. Non era più solo eccitazione solitaria davanti allo schermo. Qualcosa era cambiato.DominEmozioni aveva iniziato a rispondermi più spesso, quasi ogni giorno. I suoi messaggi non erano lunghi, ma arrivavano sempre puntuali. Precisi. Misurati. Ogni parola sembrava scelta per affondare nel punto giusto, come una lama che non taglia subito, ma scava.
La conversazione era passata dai giochi leggeri, dai complimenti provocanti, a qualcosa di più diretto, più concreto. "Non serve solo una gola. Serve la tua mente. Il tuo silenzio. La tua obbedienza." E ancora: "Se non sei pronto, dimmelo. Ma se resti, resti nudo."
Ogni volta che il suo nickname appariva tra le notifiche, un brivido mi correva lungo la schiena. Rispondevo subito, con ansia e piacere. E lui lo capiva. Lo sfruttava. Mi chiedeva dettagli sempre più precisi su cosa indossavo, su come mi depilavo, su quanto tempo passavo a pensare alla mia bocca come a uno strumento, non più parte del mio viso, ma del piacere di qualcun altro.
Una sera, mi scrisse solo questo: "Hai già pensato a chi ti sborrerà per primo in faccia?"
Non risposi subito. Lessi e rilessi quella frase, lasciandola agire dentro di me. Poi, come se non fossi più io a scrivere, digitai: "Credo tu sappia già la risposta."
La risposta arrivò quasi istantanea: "Sì. Ma non sarò io. Non ancora."
Era l'inizio di qualcosa. Una promessa non detta. Un'escalation inevitabile.
E io lo sapevo.
Ero pronto a lasciarmi guidare.
Fu una mattina, all’alba. Il telefono vibrò sul comodino. Avevo dormito poco. Mi girai nel letto, stropicciandomi gli occhi. Era lui.“È il momento di sporcare il tuo viso.”
Lessi quel messaggio più volte. Sapevo benissimo a cosa alludeva. E prima ancora che potessi formulare una risposta, arrivò subito un secondo messaggio:
“Voglio che vedi Sergio. Che ti inginocchi per lui. Che prendi tutto in gola. Ma non devi ingoiare. Lascia che ti venga addosso. Sulle labbra. Sul viso. E filmati. Voglio vederti subito dopo. Senza pulirti. Solo così saprò che sei pronto.”
Mi si chiuse la gola. Lo stomaco si attorcigliò in un nodo denso. Era il primo vero ordine. La prima missione precisa, definita, con un obiettivo da raggiungere. Potevo dire di no, lo sapevo. Ma la risposta, dentro di me, era già scritta.
“Lo faccio.”
DominEmozioni lasciò passare qualche secondo, poi replicò con tre parole secche:
“Non deludermi. Cane.”
Quel termine, usato così, per la prima volta, mi fece rabbrividire. Non di paura. Di desiderio. Di riconoscimento. Avevo un ruolo. Uno scopo. Un padrone a cui rispondere.
Scrissi a Sergio poco dopo. Nessun giro di parole, nessuna esitazione. Solo un messaggio asciutto:
“Se sei libero oggi pomeriggio, passo da te. Come l’ultima volta.”
La sua risposta arrivò in meno di dieci minuti:
“Garage. Alle cinque. Da solo.”
Sentii il cuore accelerare. Mi feci una doccia lunga, calda. Mi depilai con cura. Indossai uno slip aderente, un jeans leggero e una maglietta neutra. Presi anche il secondo telefono, quello dedicato a tutto questo mondo, e impostai la fotocamera su registrazione veloce.
Stavo per fare qualcosa che non avrei mai raccontato a nessuno. Stavo per lasciarmi sporcare il viso dallo sperma di un uomo.
E non avrei ingoiato. Avrei solo mostrato. E obbedito.
Per lui. Per me. Per DominEmozioni.
Alle cinque in punto ero lì, davanti al suo garage. La serranda era già socchiusa, segno che mi aspettava. Respirai profondamente, cercando di contenere l’agitazione che mi agitava il petto e le gambe. Bussai piano, con due dita. Un gesto timido, ma deciso. Entrai.
Lui era lì, in piedi, appoggiato al banco degli attrezzi. Indossava una canotta scura e un paio di pantaloni da lavoro. Non disse nulla. Mi guardò soltanto. Gli occhi scesero lentamente dal mio viso al petto, poi giù, verso il punto dove i jeans aderenti mostravano l’ombra della mia eccitazione. Mi fermai a pochi passi da lui. Nessuna parola. Solo sguardi. Fu lui a rompere il silenzio.
— Sai cosa fare, no? —
Annuii. Senza parlare, senza protestare. Mi inginocchiai.
Aprì la patta dei pantaloni con calma. Io non osai guardarlo negli occhi. Quando lo sentii estrarlo, il cuore accelerò. L’odore mi colpì subito. Un misto di pelle, sudore e desiderio maschile. Forte. Crudo. Reale.
Mi avvicinai, tremando leggermente. Il cazzo era duro, teso. Più grosso di quanto ricordassi. Con le labbra lo sfiorai appena. Poi, lentamente, iniziai a prenderlo in bocca. Non c’era dolcezza, non c’era affetto. Solo bisogno. Solo comando.
Lo feci entrare sempre più a fondo. Sapevo che non dovevo ingoiare, che dovevo lasciarmi usare come un contenitore da sporcare. Ero lì per quello.
Sergio cominciò a spingere con più decisione. Le sue mani afferrarono la mia testa. Nessuna parola. Solo i suoi respiri più corti. Più caldi. Più sporchi.
Quando sentii le sue cosce irrigidirsi, chiusi gli occhi. Una spinta. Una seconda. Poi il suo cazzo esplose.
Non mi mossi. Lasciai che mi venisse sul viso, sulle labbra, su una guancia. Sentii il calore appiccicarsi alla pelle. Restai fermo. Respirando piano.
Con una mano afferrai il telefono. Aprii la fotocamera. Mi inquadrai ancora inginocchiato, con il viso sporco. Schiacciai “rec”.
Non parlai. Mostrai solo. Poi inviai il video. A DominEmozioni.
La notifica vibrò sullo schermo pochi minuti dopo l’invio del video per DominEmozioni. Era lui.
Mi sentii tremare ancora prima di aprire il messaggio. Lo sapevo che mi stava osservando. Che stava giudicando.
Il testo era breve, ma tagliente:
“Così ti voglio. Così ti plasmo. Hai obbedito, hai mostrato. Ma ora devi andare oltre. Voglio che ti lasci sporcare da uno sconosciuto. In un posto pubblico. Dove non sei tu a scegliere. Dove conta solo che sei una bocca, un viso, una preda. Lo voglio ripreso. Lo voglio sentire. Lo voglio vero. Sei pronto a essere usato davvero?”
Mi mancò il fiato. Un estraneo.
Un cazzo che non conoscevo. Un volto che non avrei rivisto. E io lì, in ginocchio, in un luogo scelto da altri, rischiando di essere visto, scoperto, sorpreso. Mi passò davanti agli occhi l’idea di uno dei posti elencati sul sito. Quei parcheggi secondari. Quelle aree industriali dopo il tramonto. Gli angoli dei boschetti dietro certi campetti di provincia.
Lessi ancora il messaggio, poi un secondo arrivò, come un sigillo:
“Sporcati. Ma non lavarti subito. Fammi vedere cosa sei diventato.”
Un terzo messaggio arrivò, chiaro e secco:
“Deve usare il preservativo. Per la tua sicurezza. Ma devi raccoglierlo. E fartelo scivolare addosso. In viso. Voglio vedere il momento esatto in cui accetti la sua sborra sul tuo volto. E lo voglio vedere bene.”
In quel momento capii che il vero passo avanti non era solo accettare l’umiliazione. Era desiderarla. Cercarla. Prepararmi a essere davvero il suo cane. E stavolta, in pubblico. In balia dell’ignoto. In bocca a uno sconosciuto.
Passai ore a leggere e rileggere gli annunci. Cercavo un uomo che fosse deciso, ma non pericoloso. Qualcuno che sapesse cosa fare, ma che rispettasse almeno il limite imposto da DominEmozioni: il preservativo.
Ne trovai uno. Aveva scritto qualcosa di semplice, diretto. Diceva di essere disponibile per giochi rapidi, nei parcheggi della zona industriale, e che non amava perdere tempo. Lo contattai con un profilo anonimo, senza foto. Gli dissi che ero pulito, ma inesperto. Che volevo farmi usare solo per essere sporcato. Accettò. Gli spiegai che avrei voluto fosse ripreso, senza mostrarlo in volto. Che doveva venirmi in faccia… ma con il preservativo.
Rispose con una risata virtuale:
“Strano, ma eccitante. Porto io il condom.”
Ci demmo appuntamento dietro un capannone abbandonato, in una stradina sterrata poco lontano dal centro sportivo. Arrivai con largo anticipo. Restai chiuso in macchina, il cuore che batteva fortissimo. Quando lo vidi scendere dalla sua auto, seppi che era lui.
Mi fece cenno con il mento di seguirlo nel piccolo sentiero tra gli arbusti. Nessuna parola. Solo silenzio e tensione.
Mi inginocchiai. Lui si sbottonò i jeans. Lo vidi estrarre il preservativo, lo srotolò con calma, poi infilò il cazzo duro, gonfio e sconosciuto. Non mi guardava. Mi teneva per la nuca, e cominciò a spingere.
Sentivo la sua eccitazione crescere. Io respiravo appena. Il suono del preservativo che sfregava tra le mie labbra riempiva l’aria. Dopo pochi minuti, il suo respiro cambiò. Spinse forte. Si irrigidì. E venne.
Si tolse con un gesto rapido, poi si sfilò il preservativo e, senza dire nulla, lo strinse tra le dita, puntandolo al mio viso. Il liquido caldo uscì lento, denso. Mi scese su una guancia, sul mento, sulle labbra. Chiusi gli occhi.
Sentii lo scatto della mia fotocamera. Avevo avviato il video prima che iniziasse tutto. Rimasi lì, immobile, con il viso segnato dallo sperma di uno sconosciuto. Quando lo riaprii, lui era già lontano, diretto verso l’auto.
Solo allora, presi il telefono. Inviai tutto a DominEmozioni. Il file, una nota audio con il mio respiro, e un messaggio:
“Ho eseguito. Come volevi. Non ho scelto. Mi sono fatto scegliere.”
E attesi. Sporco. Tremante. Euforico. Sapevo che nulla sarebbe più stato come prima.
E non volevo tornare indietro.
Dopo l’invio del video, rimasi per ore a fissare il telefono. Nessuna risposta. Nessuna notifica. Nessun segno.
Mi sentivo come sospeso. Avevo fatto ciò che mi era stato chiesto. Avevo superato un altro limite, uno che non avrei mai immaginato nemmeno di sfiorare. E ora, il silenzio. Un silenzio che pesava più di ogni comando.
Mi guardai allo specchio prima di lavarmi. La pelle ancora macchiata, un velo appiccicoso a ricordarmi ogni secondo. Le labbra arrossate. Il mento segnato. La vergogna, l’eccitazione, la soddisfazione. Ma anche una nuova fame.
DominEmozioni lo sapeva. Quel vuoto non era casuale. Era voluto. Uno spazio per lasciarmi marcire nel mio stesso desiderio. Per darmi tempo di sentire quanto fossi cambiato. E quanto volessi ancora di più.
La notte seguente, prima di dormire, mi arrivò solo un messaggio:
“Ora lo sai. Ora sai cosa sei.”
Lo lessi mille volte. Non aggiunse altro. Ma bastava. Bastava per farmi restare sveglio con l’immagine di quell’istante: in ginocchio, il cazzo sconosciuto che spinge, e la sborra che mi segna come un marchio.
Era solo l’inizio. E lo sapevamo entrambi.
Nel silenzio, cresceva una nuova voglia: che fosse lui a farlo. Lui a marchiarmi davvero. Ma per questo… dovevo meritarmelo. E attendere il prossimo ordine. Quel silenzio non era una pausa. Era un avvertimento.
E io… lo desideravo più di tutto.
Il messaggio arrivò dopo tre giorni. Un tempo lungo, abbastanza da farmi agitare, rileggere ogni cosa inviata, chiedermi se avevo sbagliato, se avevo deluso. E invece no. Il silenzio era stato solo un modo per scavare più a fondo.
“Hai fatto il primo passo. Ora sei pronto per altro.”
DominEmozioni mi lasciò una nota vocale. Il suo tono era calmo, sicuro. Quasi paterno. Ma diretto, autoritario.
“Voglio che ti spogli lentamente. Davanti alla fotocamera. Con le luci accese. Voglio vedere tutto. Poi voglio che ti giri, che ti chini. Voglio vedere il tuo buco. Voglio che indossi quegli slip minuscoli, quelli sfacciati. Li hai già comprati? Bene. Ora voglio che tu ti faccia fotografare da uno sconosciuto. Sì, hai capito bene. Ti farai fare una foto con indosso solo quegli slip. E poi, davanti a lui, ti toglierai tutto. Ti farai fotografare di nuovo, nudo. Devi mostrarti. Devi esistere per come ti sto formando.”
Il cuore mi saltò in gola.
DominEmozioni aggiunse anche il luogo. Una zona appartata di un parco della periferia, vicino a un parcheggio segnalato su uno degli annunci del sito. Dovevo andarci e farmi scegliere. Dovevo essere io a prendere il rischio.
Il giorno seguente, indossai quegli slip provocanti sotto i jeans e mi recai nel luogo indicato. Il telefono acceso, il cuore in corsa. Dopo pochi minuti, un’auto si fermò. Un uomo scese. Mi guardò. Poi fece cenno col mento.
Mi avvicinai. Gli spiegai cosa volevo. Lui sorrise appena. “Lo faccio, ma poi sparisco.” Annuii.
Mi tolsi i jeans. Restai solo con quegli slip. Poi, lentamente, li sfilai.
Lo sconosciuto scattò due foto. Una con gli slip. Una senza. Ma non si accontentò.
"Hai un bel corpo..." disse a bassa voce, mentre si sfilava i pantaloni. "Ora toccami. Fallo venire. Me lo devi. E ti devi far sporcare."
Mi bloccai per un istante. Ma poi pensai a DominEmozioni. Al suo ordine. Alla fiducia che aveva messo in me. Dovevo obbedire. Mi inginocchiai. Lo toccai. Lo masturbai finché il suo respiro si fece affannoso. E infine, con un gemito sordo, venne. Uno spruzzo caldo e appiccicoso che mi colpì sul petto, sul collo, sul viso.
Non dissi nulla. Rimasi fermo, respirando piano, sentendo quel liquido colare lentamente.
Lui si rivestì in fretta e se ne andò senza una parola.
Rimasi lì, sporco, umiliato… e più eccitato che mai.
Scattai una foto. Registrai un breve video. E inviai tutto a DominEmozioni.
Il mio corpo, la mia obbedienza, la mia vergogna… erano ora tutte sue.
Il messaggio di DominEmozioni arrivò poche ore dopo.
“Bravissimo. Finalmente inizi ad agire senza più pensare. Senza filtri. Senza difese. Ti stai consegnando.”
Sentii un brivido attraversarmi. Le sue parole erano come lame sottili che affondavano piano, lasciando un calore nuovo. Era soddisfatto. E io… io ero felice come un cane che ha fatto bene il suo dovere.
Ma poi il messaggio continuò:
“Ora che sei così… potresti meritarti un premio. Potrei essere io a finirti addosso. A sporcarti, davvero. Ma non ancora. Non adesso. Prima, un’ultima prova.”
Una fitta al petto. Un misto di delusione e desiderio. Avevo sperato che fosse il momento, che finalmente sarebbe stato lui. Ma no. Non ancora.
Il messaggio finiva così:
“Domani riceverai l’istruzione. Dovrai superare te stesso. Solo allora sarai pronto per me.”
Chiusi gli occhi. Il corpo ancora sporco. L’anima più sporca ancora. Ma la voglia… la voglia saliva.
Sapevo che avrei obbedito. Qualsiasi cosa chiedesse. Perché ormai… non ero più mio.
Il giorno seguente, di prima mattina, il messaggio arrivò. Un link. Un indirizzo. Una nota vocale.
“Oggi andrai lì. È un posto appartato, lo conosci. Porta con te quegli slip piccoli. Questa volta non sarai tu a cercare. Sarà uno a trovarti. Devi essere visibile. Devi essere provocante. Devi offrirti. Non solo con il corpo, ma con l’intento. E lui... farà il resto.”
Il cuore batteva a mille. Il luogo era una piazzola seminascosta, segnalata nei forum, vicino a un’area dismessa della zona industriale. Avevo letto di incontri lì, ma mai avevo pensato di andarci davvero. Oggi era il giorno.
Mi vestii con cura. Pantaloni larghi, sotto quegli slip sottili, trasparenti. Senza nulla altro. Niente calze. Niente scuse. Raggiunsi la zona in auto, parcheggiai, scesi e camminai lentamente verso l’area segnalata, fingendo disinvoltura. Ma dentro, il caos.
Un uomo era lì. Più grande. Seduto sul cofano della sua auto. Mi osservava. Non disse nulla. Io mi avvicinai. Sapevo cosa dovevo fare.
Mi girai. Abbassai i pantaloni. Rimasi solo con gli slip. Mi girai ancora. Lo guardai.
Poi mi allontanai di qualche passo e presi il telefono. Con le mani tremanti, sistemai l’inquadratura su un punto stabile dell’auto. Sapevo che DominEmozioni voleva le prove. Tutto doveva essere registrato. Tutto doveva essere reale.
Mi misi in posa, girandomi. Scivolai lentamente fuori dai pantaloni, mostrando il tessuto sottile degli slip. Poi, con un respiro profondo, li tolsi. Rimasi nudo. Davanti a uno sconosciuto. Davanti alla fotocamera. Il cuore martellava.
Mi inginocchiai. L’uomo si avvicinò. Si sbottonò i pantaloni senza dire una parola. Era già duro. Lo presi in mano. Lo masturbai lentamente. Lui gemette piano. Un respiro caldo, pesante.
Quando fu vicino all’orgasmo, tirò fuori un preservativo. Lo indossò velocemente. Continuai a stimolarlo finché lo sentii fremere tra le dita. Un brivido. Poi lo sussulto.
Il preservativo si riempì in fretta, caldo e teso. Me lo porse. Io lo presi con rispetto, con tremore. Aprii la punta con lentezza e lo spremetti sopra un bicchierino trasparente portato con me, come DominEmozioni aveva ordinato.
Il liquido denso colò piano. Poi, senza esitazione, lo sollevai e lo versai sul viso. Mi scattai un primo piano. Gli occhi socchiusi. Il mento bagnato. La bocca leggermente aperta.
Registrai tutto. Ogni gesto. Ogni istante. Era ciò che dovevo fare. Era la prova finale. Il mio atto di fede.
Tornai in auto tremando. Ma prima di partire, inviai tutto a DominEmozioni: il video completo, la foto, un messaggio vocale in cui descrivevo ogni sensazione.
Poi restai lì, fermo, con il cuore in gola e la pelle che pulsava.
Ero pronto.
O almeno... così credevo.
Passarono ore. Silenzio. Nessuna notifica. Nessun cenno.
Poi, quando ormai stavo per spegnere il telefono e provare a dimenticare tutto, arrivò un messaggio. Era suo. DominEmozioni.
Un vocale breve. Secco. “Hai fatto bene. Ma siamo solo all’inizio.”
Poi una foto. Non di lui. Ma di un oggetto: una gabbietta per il pene, nera, con piccoli fori e un lucchetto.
“Ora inizia la vera obbedienza. Presto ci vedremo. Prepara la tua bocca. Dovrà dimostrarsi degna.”
Mi tremarono le mani. Ero scosso, esausto, ma anche… acceso. Il vuoto che avevo sentito nei giorni precedenti si colmò in un istante. Con una promessa. Con un ordine futuro.
Mi sdraiai, con il cellulare stretto al petto, ancora sporco, senza forze. La mia mente correva veloce. La pelle sembrava trattenere il calore di quel seme anche dopo la doccia.
Poi, come in un riflesso, scrissi un solo messaggio. Non a lui. Ma a un altro numero. Quello che avevo salvato mesi prima. Quello di Sergio.
“Dimmi quando vuoi sentirle ancora, quando vuoi usarle...”
E ci allegai una foto. Le mie labbra, lucide di gloss. Gonfie. Umide. In attesa.
Chiusi il telefono. Questa volta, senza tremare.
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