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Il mare calmo della sera. 1- Prologo


19.05.2025 |
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"Nell’aria denso e pungente è il profumo del gelsomino; effonde la sua fragranza trasportata da un vento leggero, sibilante, assorbita dalle narici aperte..."
Una luna suadente e sorridente riflette la sua splendente bellezza sul mare calmo della sera. Piccole onde ne increspano la superficie regalando sinuosità e movimento all’apparente piattezza. La spiaggia di sabbia fine inizia a scomparire ai miei occhi quasi come inghiottita dalla notte che cala lenta e decisa sulla realtà che mi circonda. Ammiro estasiato le numerose stelle che si affacciano con occhi brillanti ad osservare attente il mio viso alla stessa stregua di putti sorridenti che annunciano la serenità dell’animo. Appoggio le mie mani frementi sulla balaustra in ferro battuto, ne assorbo la frescura e l’umidità come spugna intrisa di umori piacevoli. Nell’aria denso e pungente è il profumo del gelsomino; effonde la sua fragranza trasportata da un vento leggero, sibilante, assorbita dalle narici aperte alla gioia del luogo. Una tavola elegantemente apparecchiata sostiene, assai fiera, piatti di finissima bianca porcellana, bicchieri di cristallo stanno sull’attenti come pedoni su una scacchiera, posate scintillanti in bell’ordine disposte. Una rosa dal lungo stelo, candida nella sua eleganza, poggia le sue radici ormai recise in un vaso di cristallo in cui piccole luci artificiali galleggiano statiche sull’acqua di un colore azzurro intenso. Una candela accesa spande un debole bagliore come le luci sul mare annunciano la presenza di pescatori intenti alla pesca con le lampare. Sedie in ferro battuto dalle agili forme sormontate da candidi cuscini a garantire l’assoluta comodità dei corpi che abbracceranno. Grandi vasi di terracotta accolgono come madri piante di un verde intenso, fiori dai colori sgargianti che assorbono l’umidità della notte, arbusti carichi di gemme preziose che genereranno nuove vite. Una piccola colonna in marmo, eredità di un’antica cultura tramandata dagli avi, sorregge orgogliosa una statua erosa dalle intemperie, accarezzata dalla pioggia, schiaffeggiata dal vento, offesa da un sole invidioso. Schiamazzi distanti di onde che, giocando tra loro come bimbi sorridenti, si infrangono sulla battigia.Un campanello trillante annuncia, come fosse un paggio di corte, il suo arrivo, bramata, anelata, voluta, desiderata. Mi muovo lento osservando con un’ultima, attenta ed interessata occhiata, che tutto abbia un ordine elegante, raffinato, conforme al risultato reclamato. Appoggio la mia fremente mano sulla maniglia e lentamente consento all’aria della sera di accomodarsi nella mia casa, di visitarla, di coccolarla mentre i miei occhi iniziano a scorgere la sua bellezza, la sua sensualità, la sua eleganza naturale, il suo viso sorridente, i suoi occhi ammiccanti. Visione sublime del mio piacere. Indossa un abito nero, lungo fino a lambire le ginocchia, un filo di perle bianche a cingerle il collo, un filo gemello a legarle il polso destro, calze leggermente velate a coprire la nudità delle sue gambe, alto décolleté nero lucido con cinturino alla caviglia per donare raffinatezza a piedi curati. In mano una piccola borsa che cela preziosi oggetti della sua intimità, due anelli ad abbellire le sue dita affusolate.
Sorride, imbarazzata dal mio sguardo indagatore; sorrido, incantato ed orgoglioso del suo aver soddisfatto le mie richieste.
Le prendo la mano, accosto le mie labbra ad essa a voler quasi assaporare la sua pelle, quasi ad inalare il suo profumo: ”Ben arrivata, Madame”.
“Grazie, Monsieur”, dice la sua voce rotta da un leggero e sensuale imbarazzo.
Entra con passo lento, cadenzato. Vedo la sua nuca dai capelli sciolti che, facendo piccoli movimenti a destra e a sinistra, osserva incuriosita mentre la mia mano si affretta a chiudere la porta quasi guidata da una mente che teme che il desiderio riesca a scappare. Il suo abito mette a nudo una schiena dalla pelle vellutata, cela un fondoschiena seducente, uno spacco provocante si rivela ai miei occhi, le sue calze disegnano una riga scura che, correndo da sotto la gonna fino ai talloni, fa nascere estasi nella mia mente.
Si volta lentamente, sorride; il suo viso, come opera d’arte, ha per cornice capelli illuminati dalle numerose candele accese che hanno invaso la sala in cui, io e lei, finalmente, esistiamo.
Da molto tempo ci rincorriamo l'un l'altra.
Lei, incontrata per volere del Fato nella rete dagli stretti nodi che si lascia attraversare solo dalle sensazioni più forti; quelle che la mente ama assorbire per trarne un piacere intenso, concreto, profumato, puro, trasparente, sublime;
adorata nella rete della sensualità che guida il piacere del corpo e dell’anima attraverso i paletti della timidezza, della solitudine, del timore.
Donna in carriera, moglie e madre affettuosa, figlia rispettosa; ma ha sempre forzatamente represso dentro di sé il desiderio di essere semplicemente femmina e di essere guidata alla conoscenza di nuove forme di piacere.
Adesso ha trovato il coraggio di essere se stessa, di porsi con fiducia nelle mie mani nella piena sicurezza di essere entrata in un luogo mentale senza tempo e senza spazio, libera di sentire pienamente il piacere.
Senza proferire verbo, la prendo per mano e la conduco lentamente sulla terrazza affinché anche lei goda della brezza salmastra e della luna sorridente.
È palesemente tesa, mi osserva attenta e silente mentre verso nei flute il Piper appena stappato e mi sorride imbarazzata quando le porgo il bicchiere: “Alla Sua avvenenza, Madame!”.
La mia mano si appoggia sul suo fianco e lentamente scivola sui suoi lombi mentre la conduco alla balaustra a rimirar il mare calmo della sera.
“Un bellissimo panorama Monsieur, pescatori intenti a svolgere il loro lavoro e a godere della loro passione, mentre la splendida luna li guida. Passione, profondo e intenso sentire, libertà di espressione; è tanto tempo che queste emozioni non mi avvolgono”.
C'è un evidente dolcezza e rammarico nelle sue parole mentre da dietro le sfioro delicatamente il collo seguendone la forma con piccoli baci umidi.
Brevi ma sonori refoli di piacere fuoriescono dalla sua bocca semiaperta mentre i suoi occhi abbassano le palpebre per godersi appieno la sensazione di brivido che le percorre tutto il corpo; la sento forte attraverso le mie mani poggiate sul suo ventre e sul petto aderente alla sua schiena nuda.
“Ho un regalo per Lei, Madame” le sussurro nell'orecchio destro mentre, rubandolo quasi dalle sue dita serrate, le tolgo il flute adagiandolo, insieme al mio, sulla balaustra.
Dalla tasca della giacca estraggo un cofanetto di legno di ciliegio elegantemente intarsiato con l'immagine di un puttino ad ali spiegate e lo porgo alla sua vista chiedendole di aprirlo. Le sue mani tremano emozionate e curiose mentre solleva il coperchio ed i suoi occhi si sgranano alla vista di un plug anale in vetro, trasparente e lucente, decorato alla base con una splendida rosa di cristallo. Lo libera dalla custodia lentamente, osservandolo da ogni angolazione col sorriso malizioso della donna sensuale che sente di essere considerata finalmente femmina, ma pienamente consapevole di esserla sempre stata.
“Un tributo alla Sua femminilità ed alla Sua avvenenza, Madame. Intrigo, passione, trasgressione e piena libertà di essere saranno le pietanze della nostra cena su questa terrazza appena illuminata dalla luna e da candele danzanti, mentre le onde placide del mare ci regaleranno il nostro sottofondo musicale”.
Il suo viso, spostandosi lentamente sulla destra, rivela il luccichio degli occhi da me tanto anelato, le sue labbra quasi tremanti si avvicinano alle mie dando vita ad un lungo bacio col quale le nostre lingue iniziano una strenua danza che a tratti si trasforma in una lotta senza limiti.
Con grande delicatezza guido la mano che stringe il plug verso la mia bocca. Lo lecco, lo succhio, deposito su di esso quanta più saliva possibile.
Con grande lentezza lo avvicino, ancora ben stretto tra le sue dita, alla sua di bocca. Lo lecca, lo succhia, deposita su di esso quanta più saliva possibile a fare compagnia alla mia, guardandomi negli occhi con l'intensità dell'eccitazione.
“Nel momento esatto in cui questo gioiello farà parte di Lei, Madame, nulla sarà come prima. È disposta a varcare la soglia di un mondo nel quale Lei ed io saremo una unica entità?”.
“Si, lo voglio con tutta me stessa” risponde, con assoluta sicurezza e desiderio.
Le dita della mia mano destra afferrano decise il plug all'altezza della rosa di cristallo sottraendolo alle sue dita. Spostandomi di un paio di passi indietro, le chiedo di porre le braccia tese lungo i fianchi e, soltanto con le dita, iniziare a tirare sù l'elegante abito. Ammiro estasiato il rivelarsi lento delle sue cosce adornate da autoreggenti alla cui sommità troneggia una corona in pizzo nero. Scorgo i suoi bianchi e torniti glutei che danno impedimento allo scorrere agevole del tessuto; non indossa intimo, perché così le avevo chiesto di presentarsi a me.
“Poggi le mani sulla balaustra e faccia un passo indietro piegandosi in avanti!”.
Le sue natiche si dilatano quel tanto che basta, guido il plug direttamente sul buco, spingo delicatamente ruotandolo a lungo. Sento cedere il suo sfintere, percepisco la sua dilatazione, ascolto i suoi profondi respiri accompagnati da piccoli gemiti e, in quell'istante, affondo.
Tutto dentro!
Un intenso suono di dolore-piacere scappa dalla sua bocca aperta e si libra nell'aria; stringe e avvolge il plug come qualcosa che ormai le appartiene, un prezioso idolo che necessita di essere custodito con dedizione.
Dopo qualche secondo di immobilità, si solleva in posizione eretta, si volta con leggiadria, un ampio sorriso le illumina il volto e, con l'abito ancora arrotolato attorno ai fianchi, si avvicina a me. Allunga le braccia sulle mie spalle, avvicina le sue labbra alle mie. Mi bacia con grande trasporto: “Adesso Le appartengo, Monsieur”, poggiando il suo viso sul bavero della mia giacca.
Le mie mani scivolano lungo la sua schiena seminuda, superano il tessuto arrotolato dell'abito, afferrano con decisione i suoi glutei e, stringendola forte a me: “Mi appartieni, sei la Mia fedele cagna, adesso!”.
Abbasso con estrema accuratezza le spalline dell'abito scoprendo il suo florido seno, sfioro con il dorso della mano un capezzolo già ribelle che svetta su una areola color caramello, imprigiono con forza l'altro tra pollice e indice.
I gemiti si fanno più profondi, il labbro inferiore viene deliziosamente martoriato dagli incisivi, gli occhi sgranati e attenti nei miei.
“Rimani così, non muoverti” le dico mentre mi dirigo a recuperare lo zaino di pelle nera lasciato sul divanetto nell'angolo della terrazza. Lo poggio sulla sedia, ne apro la cerniera con estrema lentezza guardandola negli occhi. Rovisto in esso alla ricerca di ciò di cui ho bisogno e, una volta trovato, lo estraggo ponendolo all'altezza del suo viso in bella vista.
Un collare di cuoio con annesse pinze per capezzoli appare davanti ai suoi occhi; una poco velata espressione di sorpresa la coglie, ma silente non distoglie lo sguardo dal mio.
Mi avvicino. Cingo il suo collo con lo spesso cuoio, stringendolo bene con le cinghie, ed allungo le catenelle sul suo petto nudo. Ciascuna delle pinze trova collocazione sui capezzoli.
“Senti dolore?”
“Si, Monsieur”
“Desideri che ti liberi, affievolendo così il dolore?”
“No Monsieur, pur soffrendo, desidero godermi questa forte sensazione di costrizione fino a quando Lei riterrà opportuno”
“Bene, sono compiaciuto della tua resilienza, anche perché si trasformerà presto in piacere”
Allungo le mani sui suoi fianchi e, spingendo in basso l'abito, la denudo completamente.
Umori caldi e profumati le colano tra le cosce, arrivando fin quasi alle caviglie. Il mio dito indice la percorre lenta dall'ombelico al monte di venere ornato da una leggera e ben curata peluria, spingendosi sulla clitoride, già svettante turgida, e perdendosi tra grandi labbra dischiuse, bagnatissime e calde.
Ogni movimento in sù ed in giù del dito, dalla clitoride al perineo e viceversa, le regala brividi di piacere, anelando una seppur minima penetrazione che adesso sicuramente non otterrà.
Dallo zaino, rimasto sulla sedia, tiro fuori una scatola con un grande fiocco bianco. La apro, osservando i suoi occhi attenti e curiosi; ne estraggo un kimono di pizzo nero molto trasparente, lungo fin quasi alle caviglie e con manica a tre quarti.
Le vado dietro e la aiuto ad indossarlo, lasciando la cintura slacciata e penzolante sui fianchi.
Sposto la sedia e la invito a sedersi a tavola. Lei, adagiatasi con il culo pieno e pulsante sui morbidi cuscini, accavalla la gamba destra sulla sinistra e poggia gli avambracci sul bordo del tavolo, non lasciando trasparire alcuna espressione di fastidio, in elegante e sensuale attesa.
Mi seggo anch'io, spostando il mio zaino ai piedi del tavolo; verso altro Piper e alzando il bicchiere insieme a lei: “Cin, alle tue nuove esperienze di piacere!".
continua
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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