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IL FASCINO BURINO DI ROMA 3 – LA BOMBONIERA DEL BATTESIMO


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    2.307    |    0 9.1
"Ero del tutto sfatto e di me restava ben poco..."
Ci avevo preso troppo gusto. Entrambi i fratelli mi scopavano regolarmente e, lo ammetto, mi piaceva moltissimo. Le contrazioni del loro cazzo e gli schizzi li sentivo con estremo godimento, tanto che mi tenevo la sborra dentro. Certe volte stringevo l'ano finché non potevo che andare al bagno. Aveva deciso di non esagerare e li avevo evitati per mesi. Mi ero preso una gran cotta per Fabio, ma decisi che era meglio puntare sul rapporto con Francesca, la mia ragazza. Tutto andò bene fino a quando Massimo non ci invitò al battesimo dell'ultimo nato in una locanda dalle parti di Ostia.
Il gestore era un tipo piccoletto, sudaticcio, con il riporto e le idee poco chiare su come gestire un ristorante. Potevo dirlo con certezza, avendo lavorato in diverse strutture alberghiere e ristorative per pagarmi gli studi.
La vicinanza di Fabio mi permise di ingannare il tempo che, viceversa, sarebbe stato terribilmente noioso.
Complice il vino, le mie attenzioni si fecero più audaci. Lentamente accostai a lui la mia gamba, sino ad entrare in contatto con la sua coscia. Fabio, però, mi gelò con un’occhiata.
A fine pranzo, evidentemente brillo, Massimo mi fissò passandosi in bocca il collo della bottiglia di birra a mo’ di pompino. Un po’ incazzato e preoccupato che la mia ragazza capisse qualcosa, mi alzai di scatto, dicendo che avevo bisogno di una boccata d’aria, generando un ghigno ironico sul viso dei due fratelli.
Massimo mollò l’erede piagnucoloso alla moglie e mi seguì con la scusa del fumo. Accese una sigaretta e, appartatosi con me sul retro non perse tempo. Si afferrò il pacco e: "Oh, sta zucchina vole sapè se’ c’hai ancora appetito!"
Cercai di reagire, spingendolo lontano. A pochi metri c’erano la moglie con la prole, la mia ragazza e una decina d’invitati tra parenti e amici: "Ma che sei scemo? Vuoi che ci scoprano?"
- "Di chi c'hai paura? Ah, ho capito...Che te credi che Fabio è geloso? O ce speri che ce diventa?"
Mi ribellai, innervosito da quella verità: "Togli 'ste mani, cazzo! E parla a bassa voce!"
Massimo m'appoggiò con prepotenza al muro, avvicinò la sigaretta accesa al mio viso e con un’aria incazzata mi raggelò: "Si nun te stai bono, te spengo a cazzotti."
Iniziò a baciarmi con violenza. Mi passò la lingua per ogni dove, mentre sentivo tutti i suoi muscoli premermi e il cazzone duro strusciarsi sul mio. Risposi al bacio e insieme iniziammo a passarci la saliva. Staccatosi, mi sputò sul viso e iniziò a leccarlo, facendomi sentire gli aguzzi peli della barba. Fermandosi e raccoglie tutta la bava che poteva, mi sputò ancora una volta, ma nella bocca spalancata.
Si fermò a guardarmi: "Maledetto! Me stai a fa diventa' frocio!"
Il pomo d’Adamo sembrava impazzito, stretto com’era dal collo della camicia, da cui facevano capolino i ricci peli neri all’altezza della gola. Si levò la giacca, mostrando la camicia sudata.
Tenendomi per la nuca m’accostò alla sua gola: "Leccami!"
Gli toccai il pacco, lo lappai come un cane, godendo del suo sapore asprigno.
Mandando lampi dai suoi occhi verdognoli, riprese la sigaretta che aveva appoggiato sul piano di una finestra. Aspirò e, tastandosi la grossa protuberanza che sembrava voler uscire.
Allungai la mano sui suoi pantaloni che in un attimo si aprirono lasciando spuntare l'uccello, che pian piano iniziai a menare.
Mi sussurrò allorecchio che voleva di piu e riuscì a convincermi piuttosto facilmente ad appartarci. Conosceva un posto sicuro, un magazzino che il cuoco lasciava sempre aperto.
Chiusosi la porta alle spalle: "Vedi d’allarga’ er culo, che c’avemo poco tempo!"
Mi slacciai i pantaloni, mi calai le mutande. Piegatomi, quello mi infilò il dito medio nell’ano - "Ummh... Bravo, sempre pulito e profumato te voglio" - generando in me un guizzo di dolore e di goduria.
Gli sbottonai la camicia, gli baciai i capezzoli con avidità. Gli passai la lingua dalla gola lungo tutto il torace. Stuzzicai l’ombelico e mi fermai. Quello mi fece cenno di continuare. Sceso alla cintura, gli slacciai i pantaloni che lasciarono svettare il suo bel cazzone duro. Gli solleticai l’asta, gli mordicchiai la cappella, fino a che, facendo guizzare il sesso, me lo infilò in bocca: "Dai bello… Fatte sto dolcetto!"
Ero eccitatissimo. Non persi tempo. Lo accarezzai un po' e poi lo presi in bocca con passione, facendolo scorrere tutto nella mia bocca, avvolgendogli la cappella con la lingua, mungendolo golosamente, calcandomelo fino in fondo.
Massimo, facendo guizzare i pettorali: "Lo dico sempre a mi' fratello. Sei mejo de bocca che de scopata… Ma appoggiate ar muro, va, che te sfonno!"
Fece scorrere il sesso turgido tra le mie natiche. Si fermò. Sputò tra le chiappe e, attendendo che la saliva colasse fino all’altezza dell’ano, si inumidì il glande. Quindi, avendo costatato la mia piena remissività, prima infilò solo la punta e poi mandò a fondo senza molte difficoltà. Due colpi profondi e secchi, giusto per assestare lo spazio e: "Ummhhh... Hai preso più cazzi te che ‘na mignotta."
Infilzato come un insetto alla parete, emisi gemiti strozzati mentre quello spingeva sempre con maggiore vigore chiedendomi se fosse più bravo lui o il fratello.
Sentivo che il suo uccello andava a cercare le pareti del mio sfintere in maniera da provare un piacere più intenso nello strofinarcelo, ma le mie pareti, pur avvolgendolo completamente, si divaricavano sempre più ad ogni affondo. Continuò ad incularmi per più di venti minuti. Il mio culo, non più tanto allenato, cominciava a perdere elasticità. Era completamente prosciugato, quando sentii due affondi maggiori e subito dopo lo sperma caldo che inumidì il fondo le mie viscere.
Fissando, tra le mie gambe divaricate, i polpacci pelosi di Massimo e i suoi pantaloni calati sulle scarpe, percepii un conclusivo vigoroso affondo: " ‘Tacci tuaaa…"
Mentre Massimo estraeva il pene ancora gocciolante del suo sperma biancastro, la porta si spalancò e una voce rauca esordì: "‘E che cazzo! Manco a chiude' la porta..."
Impaurito e imbarazzato, toltomi da sotto, senza neanche guardare chi fosse, cercai di coprirmi rapidamente. Provai a scappare, ma i calzoni calati non furono certo d’aiuto.
Chiesi: "Ma chi è?"
E il nuovo arrivato, smuovendosi il pacco: "So’ la bomboniera!"
Massimo sorrise della battuta: "E’ Gennaro, l’amico mio: er cuoco."
Mentre cercavo una risposta accettabile alla presenza di uno che, durante il pranzo di un battesimo, non avrebbe dovuto abbandonare mestoli e padelle, Massimo mi indirizzò lo sguardo: "Me devi da’ ‘na mano a pagà il conto!?"
Non era stata una vera e propria domanda, neppure un ordine, forse una semplice affermazione.
- "Ne hai fatte anche di peggio" - e mi disse di non preoccuparmi che sarebbe rimasto lì vicino a tenermi d'occhio.
Senza aspettare risposta aveva aggiunto: "La tu’ ragazza è andata a casa co’ Fabio. Tranquillo. Tutto a posto, al massimo se la scopa. E che sarà mai? Ormai semo de famiglia, no? Speramo solo che non la ingravida!"
- "Vaffanculo!" - ma in quel preciso momento valutai che Francesca in effetti era una gran bella ragazza, con due bocce dure e una fighetta depilata.
- "E lo so che te piace parecchio Fabietto mio. Mi sa che sei più geloso de lui che della donna tua, eh? Gli ho detto che te ne venivi con me, che stavamo a compra’ le sigarette. Magari era meglio dì il sigaro, tanto mica è scemo!"
Gennaro gli passò il conto da pagare. Lo squadrai. Era un bel tipo sui quaranta-quarantacinque anni, alto, brizzolato con un po' di pancetta. Non un modello, ma neppure da buttar via.
Massimo, insoddisfatto: "Ah oh… Solo ‘sto sconto?"
- "E capirai, pe' na' scopata!"
- "Sta bono, che quanno te lo scopi, cambi idea!"
- "E’ roba usata e l’hai pure riempito. Vai, va… che tu moglie te cerca e devi paga'."
- "Ma vaffanculo! Che lo volevi pure vergine? An’vedi sto stronzo!"
Provai a farfugliare qualcosa, ma il cuoco aveva già chiuso la porta alle sue spalle con due mandate: "Così non ci disturba nessuno. Ce manca pure che entra qualche cameriere. Facciamo na' cosa veloce."
Si strofinò le mani villose sul grembiule lurido e si mise dinanzi a me. Mi sfiorò il volto fino alle labbra, sostenendo che ero davvero carino e che Fabio gli aveva detto di non preoccuparsi, che mi fotteva sia lui sia il fratello, che in fondo gli faceva anche piacere che mi scopasse, ma che avrebbe dovuto raccontargli tutto. Ancora una volta Fabio si era rivelato ciò che era. Ancora una volta mi ero invaghito di uno stronzo, di un mezzo magnaccia, così come era successo con Gianni ai tempi del liceo.
Voleva vedere quanto potessi essere troia? Bene. Fissai il cuoco, gli sorrisi.
"Datti da fare”
Tirai fuori il suo cazzo e cominciai a menarglielo a tutto spiano, mentre la sua mani si insinuava dappertutto. Mi solleticó il culo con un dito che si insinuó all’interno strappandomi un gemito più forte degli altri. Mi spinse verso il basso, voleva che glielo prendessi in bocca. Mi accucciai e un attimo dopo il suo cazzo era dentro la mia bocca che lo succhiavo avidamente. Me lo spinse dentro con forza ed io sentii le palle che sbattevano sul mento. Leccai anche loro, lo lisciai con la lingua finché non si scostò da me. A cazzo duro andò verso uno scaffale. Tornò con un barattolo di crema pasticcera. Ne mangiò un po’ inzuppandoci dentro due dita e poi mi fece sdraiare su una cassetta di legno, con il culo all’insù: "Sei splendida tesoro!"
Mi allargai le chiappe con le mani, in modo da rendere il più agevole possibile la penetrazione.
Godendo di quella visuale, mi versò della crema tra le natiche. La sentii scendere e poi percepii chiaramente la sua lingua che la raccoglieva.
Si allontanò nuovamente, ritornando con un cetriolo. Puntò, forzò e mi inculò.
Continuando a far uscire ed entrare il cetriolo, lo sperma di Massimo iniziò a colare fuori e a renderlo sempre più lucido e lubrificato. Solo a quel punto, il cuoco poggiò la cappella, mentre mi stava dando del cornuto, garantendomi che in quel momento la mia Francesca come minimo stava sbocchinando Fabio: "Quello, secondo me te l'ingravida! Se Massimo t'ha detto così, vuol dire che so' d'accordo e magari invita pure un paio d'amici. A Fabietto je piace da matti fa lo stronzo!"
Il suo pene, tozzo ma bello duro, scivolò dentro e fuori di me: "E' carina la tua ragazza... L'ho vista al tavolo..."
Intanto con la lingua e i denti stuzzicava e giocava con il mio collo, massaggiando di tanto in tanto ora il mio petto ora il mio sedere.
- "Lo prende in culo?"
- "No!"
- "Ah, allora sei tu la mignotta della coppia!?"
Il cuoco se la cavava egregiamente senza mai esagerare con l'intensità della scopata.
Inaspettatamente mi strinse il cazzo e iniziò a segarmi, chiavandomi con cattiveria e ferocia. Il suo cazzo scivolava dentro e lui si arcuava con la schiena quasi a volerne dare di piu' e piu' a fondo possibile.
Complice la ritmica masturbazione del mio pisello e la sensazione di pienezza che mi regalava il suo attrezzo tra le chiappe, ebbi un orgasmo magnifico che si riversò per terra.
Toccava a lui. Sfiorai con le dita quel sesso che si muoveva dentro di me.
Con un'espressione compiaciuta, il cuoco mi afferrò per le spalle e mi tirò il più possibile, in maniera che il cazzo mi arrivasse più a fondo possibile. Tenendomi i fianchi, mentre mi diceva porcate e oscenità.
Stava per venire, lo sentivo. Ero del tutto sfatto e di me restava ben poco. Quello, fregandosene, mi afferró la testa e me lo sbatté dentro la bocca dove, un attimo dopo, una serie di fiotti mi tolsero quasi il respiro. Ingoiai tutto a fatica. Restò piantato dentro la mia bocca, mentre il suo piacere mi scendeva in gola. Lo sentii smosciare. Aveva finito con me ed anch’io ero sfinito. Mi lasciò la testa e crollai in terra come un sacco vuoto. Quindi, si rivestì con calma.
Lasciai di fretta il magazzino, ridotto in uno stato pietoso. Cercai di trascinarmi fino alla sala ricevimenti. Mi accostai al tavolo per verificare che fine avesse fatto la mia fidanzata. Era fuori, nel parcheggio, con gli altri invitati prossimi al rientro.
La storia che Fabio l'avrebbe riaccompagnata era una fandonia, tanto che era lì ad aspettarmi ancora al tavolo con una sigaretta in bocca. C'era solo lui e un cameriere che riordinava il bancone dei caffè, distante per fortuna.
Mi doleva il culo, le gambe non mi reggevano. Non gli rivolsi la parola, fingendo non fosse lì.
Stavo per indirizzarmi verso l'uscita, quando mi chiese indispettito: "Hai gradito la bomboniera?"
- "Tutto molto gradito, grazie. Bella giornata con un finale, direi, esplosivo." - risposi prontamente.
Si mise entrambe le mani sul pacco: "E a me non mi ringrazi?"
Cercando frettolosamente la giacca, puntai sulla competizione fraterna: "È sempre una garanzia avere a che fare con il tuo fratellone."
- "Che c'entra mio fratello?"
Rimasi muto, ma ridacchiai in modo evidente.
Indispettito: "Oh, allora? Che vuoi dire?"
- "Niente! Che voglio dire? Si vede che è il maggiore! È uomo d'esperienza, uno capace di farti gustare a fondo dall'aperitivo fino al dolce, per non parlare della farcitura abbondante, calda, densa..." - mentre lo sguardo incazzato di quello mi seguiva mentre andavo via.
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