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Yakez il turco


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
03.09.2023    |    16.871    |    20 9.8
"Sentii la punta del suo uccello spingere e entrare..."
Trovai l’ascensore occupato. Non avevo nessuna voglia di farmi tre piani a piedi. Attesi, finché pigiai il pulsante di chiamata e sentii il sibilo dell’ascensore che scendeva. Le porte si aprirono ed entrai. Spinsi il bottone del piano e mi poggiai alla parete, stanco. Mi sarebbe piaciuto poter riposare, ma avevo chiamato il portiere dello stabile per ridipingere gli interni della cucina.
Ero in un periodo di stanca, di noia. Neppure la mia dirimpettaia, che usciva con camicette scollatissime e minigonne vertiginose, avrebbe stimolato la mia parte attiva. Facevo sesso con la mia compagna, questo sì, ma più per abitudine che per altro. Certo, continuava a piacermi, ma era come se fossimo diventati “familiari”, privi di quello stimolo di novità che, indubbiamente, pungola l’eccitazione.
Il sig. Yakez si presentò con il figlio, Kedar. Cinquantenne in gran forma dai capelli ancora nerissimi e dai baffi corvini, Yakez faceva il portiere durante la settimana e l’artigiano “in nero” nel week end. Era di origine turca e si occupava di quel grande condominio alla periferia di Roma in cui mi ero appoggiato temporaneamente per motivi di lavoro. Era alto, aveva grandi occhi neri, privi di arguzia, e un fisico slanciato.
Il figlio aveva poco più di trent'anni. Dieci-quindici centimetri più alto del padre, era un gran bel maschio dagli occhi verdi e mostrava il corpo di chi fa palestra, di chi si curava, con tanto di barbetta finto trasandata. Da ragazzo aveva deciso di dedicarsi all'insegnamento delle arti marziali e aveva avuto un certo successo. Un giorno, uno degli studenti gli aveva consigliato di perseguire seriamente la carriera da modello. Era partito alla grande, partecipando anche a sfilate importati, finché aveva ingravidato una ragazzotta del quartiere che gli aveva stroncato ogni ambizione.
Yakez, appena entrato in casa, cominciò con la storia che occupava le lamentele della portineria da tempo: “Sono stanco di trovare le buste dell’immondizia dietro la porta del palazzo”.
“Ancora? Ma che dice?», replicai pensando che eravamo in un edificio su cui i graffitari avevano disegnato ti tutto. Che differenza avrebbe potuto fare una busta in più o meno d’immondizia sul prospetto?
- “La prossima riunione scoprirò chi è il colpevole”.
Diceva di essere un “sensitivo” di avere la grande dote, quella di percepire i segnali provenienti dall’esterno.
Cercai di riportare il discorso sul perché dell’appuntamento: “Signor Yakez, cercherò di aiutarla a scoprirlo, intanto vogliamo andare in cucina?”
Come fossero stati dei primari ospedalieri, esaminarono la stanza, presero le misure e, infine, mi presentarono un buon preventivo. Mi garantirono di poter svolgere il lavoro il giorno dopo e che l’avrebbero terminato in massimo entro la domenica sera. La cosa mi andò a genio. Pagai un acconto per il materiale e stabilimmo che il giorno conclusivo avrebbero preso il saldo.
Nel fine settimana non lavoravo e decisi che li avrei comunque tenuti d’occhio. La mia compagna non ne voleva neppure sentir parlare. Diceva che il portiere era un tipo laido: passava le sue giornate a guardare siti porno e a tentare di allungare le mani sulle signore. Non era l'unica a non trovarlo a posto. Un giorno, commentando quello che guardava senza neppure nascondersi, il compagno della mia dirimpettaia, Ginetto, aveva commentato ironicamente: “Deve farsene di seghe quello lì.”
In realtà nessuno lo avrebbe mai licenziato da quando aveva notato un uomo sospetto che si aggirava intorno al palazzo. Aveva avvisato i residenti e aveva raccomandato loro di stare all’erta e di avvisarlo di qualsiasi movimento sospetto. Sventata un'occupazione, gli intrusi erano stati accompagnati fuori dal condominio e pestati a dovere da lui e dal figlio.
Segaiolo o meno, Yakez si era presentato puntualissimo all’appuntamento con il figlio a seguito.
Durante i lavori di ripulitura delle pareti, dalla mia stanza potevo sentire chiaramente le loro voci.
- “Pa’, stasera c’ho le gare in palestra. Che dici?”
- “Che ti devo dire? Se la signora ti ha chiamato e sta sola, tra un po’ bussi e ti fai fare una pompa lo stesso. Veloce, ti fai pagare e ritorni, perché qui il lavoro va finito”.
Il ragazzo sghignazzò: “Çok hoş ve büyük bir aletim var, değil mi? Eppure... Mica le basta a quella!”
- “Metti il preservativo, che tua madre, poi, mi rompe se ingravidi di nuovo qualche donna. Che la prima puttana già te la sei sposata. Gliel’ho detto che almeno stiamo sicuri che non sei frocio.”
- “Oh, pa’. Sempre sta storia di mia moglie! E poi a me mi piace fottere a pelo, ma stai tranquillo che sburro nel culo della signora. Poi chiedo se vuole che ci vai pure tu!”
- “Bravo. Tua madre da quando sta in menopausa manco le pompe mi fa più.”
- “Oh… Pa’ e dai. Cazzo! Non mi dire le cose tue e di mamma”.
Incuriosito, uscii dalla mia stanza, fingendo di dover andare a prendere qualcosa dal frigo e ridacchiando tra me e me per le battute di quel cornutone di Ginetto.
Il ragazzo girava per la stanza e mentre camminava si toccava il cazzo guardandomi. Non si stava masturbando, ma se lo accarezzava piano, si accarezzava le palle per poi tornare a giocare istintivamente con il cazzo: “Stiamo dando fastidio con le chiacchiere? Si sente dall’altra stanza?”
- “No, figuratevi. Siamo tutti uomini…” - risposi con finta disinvoltura, ma con il fuoco nelle vene.
Il ragazzo si sentì in dovere di aggiornarmi sul discorso, come se fosse stato difficile potersi inserire in ambiti così articolati: “Stavamo dicendo di una signora, dove abbiamo fatto l’ultimo lavoro, che s’è fatta scopare!”
- “C’ha pure delle gran belle tette.” - commentò il padre, sorridendomi con addosso la tuta da lavoro sudicia di colore.
Mentre lui mi diceva ciò che, non riuscivo a staccare gli occhi dal rigonfiamento. Dopo pochi attimi, credo si sia accorto che lo fissavo golosamente ed io, distogliendo lo sguardo e giusto per non perdere l’occasione di sentirmi alla pari: “Ti ha fatto pure la spagnola la mia dirimpettaia?”
Yakez, colta la piena complicità e una volta capito di aver svelato involontariamente di chi si trattasse, non si fece pregare e raccontò che l’aveva chiamato per avere consigli sulle proprietà gastronomiche di spezie come la curcuma, lo zenzero o il cumino. Mentre lui spiegava, lei girava per casa mezza nuda, con una vestaglietta che, aprendosi, mostrava le sue mutandina bianche che nascondevano a stento una foresta di peli. Si era avvicinata a lui, si era strusciata con le tettone che gli avevano fatto tirare il pisello. Lui aveva solo slacciato i calzoni con disinvoltura. La signora aveva fatto il resto.
Dopo un succosissimo pompino, si era portata il cazzo tra le tette, stringendole dolcemente. Aveva iniziato a muoverle su e giù e, appena la cappella arrivava a tiro, le aveva dato puntualmente un colpo di lingua. Le tettone ormai erano arrossate per lo sfregamento, quando lui le aveva imbrattato seno e viso.
Il figlio aggiunse: “C’ha anche un bel culo!”
Ed io: “Te la sei fatta pure tu?”
Yakez: “Bocca, figa, culo. Tutto! E una volta ha partecipato pure il marito. Ha pure provato a metterlo in culo a mio figlio, ma gli ho detto che noi in famiglia il culo lo fottiamo, ma non ce lo facciamo aprire”.
Ironizzai: “E bravo Ginetto! Chi l’avrebbe detto? Ma gli avete fatto lo sconto sui lavori extra almeno?”
Risero di nuovo.
Commentai di non aver mai avuto tanta complicità con mio padre e che il loro rapporto era invidiabile per certi versi. Quindi, ritornai in camera con una voglia indecente di segarmi, ma mi trattenni, sapendo che da lì a poco avrebbero finito.
Li sentii parlottare ancora, ma cercai di non interessarmene più di tanto per non andare fuori di testa. Per fortuna cominciarono a ciarlare in turco ma, nonostante i miei sforzi, iniziai incredibilmente a eccitarmi pensando a quella scena raccontata. Masturbandomi di nascosto, come quando ero adolescente, minuto dopo minuto, non riuscii a sottrarmi al senso di quelle battute e all’idea delle loro mani che si allungavano sul corpo della vicina.
Andarono via ma dopo poco ritornarono, interrompendo la mia sega davanti a un porno gay sul pc, dicendomi che c'erano delle ricevute da firmare per dei pacchi che erano arrivati. Le avevano messe all’interno di una rivista pornografica evidentemente sporca di sperma, credo per fare un cosa simpatica tra uomini, visti i discorsi fatti in precedenza. Aprendola, Yakez lasciò in bella vista la pagina con la foto di una ragazza che stava facendo un pompino. Ridacchiando: “Abbiamo suonato alla vicina che non c'è. Visto che prima ci siamo dimenticati di lasciartele, siamo passati."
Il ragazzo, fissandomi il pacco:" Disturbiamo? E’ tornata la tua compagna?”
Avevo l'uccello che a mezz'asta premeva i pantaloni della tuta che indossavo in casa. L'audio del filmato non lasciava molti dubbi, ma senza scompormi più di tanto, mi avvicinai al pc e lo chiusi, sperando non avessero visto il monitor: “No, non ancora. Rientra tra un paio d’ore. Visto che ci siete, volete un caffè? Stavo per farmelo.”- fu la prima cosa che mi venne in mente per cambiare argomento.
-“Grazie, volentieri.”
Li sentii parlare tra loro in turco. Sembravano non essere d'accordo su qualcosa. Tornai in soggiorno con un vassoio, mentre l'elastico lento della tuta, cedevole, mi lasciava scoperto mezzo culo senza mutande. Caló un silenzio imbarazzante. Bevvero anche il caffè restando in silenzio, solo guardandosi più volte tra loro. Yakez era seduto sul divano, io e il figlio, un po' imbarazzato, sulle poltrone. Cercai di stemperare l'ambiente. Scambiammo parole inutili e, sinceramente, non vedevo l’ora che andassero via per correre a masturbarmi. A un certo punto, però, il padre disse al figlio: "Şimdi öne çıkacağım, eğer zenginse onu birlikte sikeriz ama annenin bilmemesi lazım!"
Quello annuì, senza aggiungere nulla.
Yakez allungò la mano sul divano accanto a sé e mi disse: “Vieni qui, che ti voglio dire una cosa.”
- "Pa'..." - cercò di dire il figlio, dubbioso.
- "Ben senin babanım ve itaat etmelisin! Lascia fare a me" - e, tornando a me - "Vieni, vieni qui".
Andai a sedermi e, subito, mi mise una mano sulla coscia, indicandomi la rivista che era stata aperta sul tavolino del salotto: “Tu non sai cosa succede da noi nei bagni turchi. Siamo gente aperta da certi punti di vista. Mio figlio è nato in Italia, deve ancora capire certe cose degli uomjni turchi. Magari a te piace vedere cosa fa la tua sorellina lì sul giornale? Vuoi essere al posto a suo? E che problema c'è? Basta che poi la cosa resta tra noi. Abbiamo una certa reputazione qui nel quartiere, tu hai una donna, io e lui siamo sposati..."
Io me ne stavo zitto, intimidito, fingendodi essere stato scoperto, ma ovviamente la situazione mi piaceva alquanto.
L'uomo mi passó le dita tra i capelli, tirandomi a sé mentre mi baciava. Dedussi che era sicuramente un uomo appassionato nel sesso.
Si staccò da me: “Gliel'ho detto prima a mio figlio che, anche se sembri uno con la puzza sotto il naso, ti piace il cazzo di maschio. Adesso te lo do prima io da succhiare, visto che sei quello che sei, e poi il mio ragazzo”.
Non negai, non mi sottrassi alla proposta, non ci pensavo proprio.
Il figlio prese coraggio, si alzò e si mise a sedere nell’altro posto del divano. Mi poggió un braccio sulle spalle, si accostó e mi bació delicatamente sul labbro superiore o inferiore. Dubbioso, non esageró con la lingua durante il primo bacio per poi giocarci in un secondo tempo alternandosi al padre. Quando subentrava il ragazzo, l'altro mi baciava sul collo, le guance e la fronte. L'idea di avere padre e figlio che mi baciavano insieme in quel modo, toccando e giocando, forse per errore, tra loro con le lingue, mi fece perdere ogni inibizione. Sembrava che il mio cuore volesse saltare fuori dal petto, ero eccitato, sudato, incredulo e sentivo il sangue pulsare nelle vene del mio cazzo durissimo.
Il ragazzo si staccò da me e si slacciò la cintura: “Prendilo in bocca come fa la tua sorellina”.
- "Baciami ancora" - gli proposi mentre afferravo l’asta e cominciavo a muoverla dolcemente, sentendola indurirsi ulteriormente.
- "Guarda che poi ti innamori e io sono un ragazzo fedele".
Mi sorrise e io allungai l'altra mano verso il padre: “Bravo”.
Mi chinai. Non potevo resistergli, e non volevo. Diciamo che la sua dote migliore era quella dell'intuito ma quella nascosta ai più.
Mi misi a carponi sul divano e la mia lingua iniziò a lambire l’asta nodosa. Cominciai avidamente a succhiarla e a leccarla. Sentivo le sue vene pulsare nella bocca.
Il figlio mi abbassò pantaloni e mutande. Mi sculacciò, mentre continuavo a leccare il cazzo del padre che gradiva sempre di più; “Non avere fretta che non scappiamo.” Il suo respiro divenne pesante. Si capiva che l’orgasmo stava per arrivare. E arrivò. Fu un attimo e sentii dentro la bocca la cappella ingrossarsi e pulsare, poi un getto caldo di sperma mi scese giù per la gola. Rallentai il movimento e gli feci sprizzare anche l’ultima goccia. Tolsi il cazzo di bocca, mentre mi guardava con occhi acquosi. Gli feci vedere il suo sperma e lo ingoiai tutto. Sorrise. Poi la mia lingua roteò attorno alla cappella per ripulirla.
- “Lo sapevo che eri proprio una di quelle pompinare che ci provano un gran gusto. Sei meglio della tua vicina.”
Il figlio si alzò e, dopo avermi lubrificato con olio da cucina, infilò una mano tra le mie cosce: “Adesso che hai finito con papà, prendi il mio. Vieni qua, so che muori dalla voglia di succhiarlo di nuovo".
Incominciai a leccargli l'interno delle cosce fino ad arrivare all’uccello per prenderlo in bocca. Me lo fece succhiare per un po’, poi mi fermò e mi fece alzare, facendomi segno di sedergli accanto. Mi accarezzò e poi si alzò. Si sistemò in piedi, di lato al divano. Il suo uccello dritto e grosso stava sopra al bracciolo: “Adesso te lo faccio gustare nel culo”.
Non si mosse, ma mi indicò con un movimento del mento la punta del suo cazzo. Mi girai sul divano e spinsi il mio sedere sino al suo uccellone scuro. Lui m’infilò la mano nelle natiche e iniziò a massaggiarmi con l’indice: “Un po’ di pazienza. Adesso te lo do, lo prenderai tutto dentro e ti piacerà".
Sentii la punta del suo uccello spingere e entrare. Morsi il cuscino del divano. Mi riempì di forza, tenendomi in posizione con le sue grandi mani. Cominciò a pompare. Spingeva, spingeva, sentivo le sue palle che si appoggiavano tra le mie natiche. Intanto, mi sussurrava qualcosa di sconcio, mi chiedeva se mi piacesse, mi incitava a prenderlo dentro fino in fondo.
Mentre il ragazzo mi sbatteva, il padre si alzò, prese la moka del caffè e se ne versò dell’altro in tazzina. Bevve e commentò: “Vedi come scopa bene il mio Kedar?”
Il ragazzo in vena di mostrare al padre orgoglioso le sue qualità: “Girati un po’.”
Mi aprì, mi sollevò le gambe e ricominciò a scoparmi, guardandomi in faccia. Era davvero un gran bel tipo. Il sudore rendeva il suo corpo ancora più plastico. Le vene gli pulsavano sul collo, gli occhi spalancati ma lucidi di eccitazione, i pettorali e i muscoli delle braccia erano tesi nello sforzo. Vedevo il suo cazzone infilzarmi e potevo solo immaginare il suo culo pelosetto che, ritmico, si contraeva a ogni spinta. Il solo immaginarlo mi era sufficiente.
Yakez si avvicinò, sorseggiando il caffè: “Allora? Ti piace come ti monta, eh?”
Altro che sfilate. Il ragazzo avrebbe potuto avere un gran futuro nel porno. Quando si sfilò, il genitore mi accarezzò il culo, mi allargò le chiappe e ammirò il mio buco pulsante e lucido come aveva fatto nel verificare la tinteggiatura della cucina: "Bel lavoro".
Quindi, si rimise in poltrona e, guardandoci, cominciò a menarselo.
Kedar mi fece mettere di schiena a terra e ricominciò a scoparmi con foga. Una dozzina di colpi ben dati, mi fecero trasalire dal piacere, mentre il suo sudore mi gocciolava sulla schiena e io lo incitavo come una ninfomane. Un gemito mi fece capire che era arrivato il suo momento. Kedar mi venne dentro come un fiume in piena. Lentamente si fermò. Lo tirò fuori e sentii lo sperma fuoriuscire dal mio retto e colarmi tra le chiappe.
Yakez si avvicinò: “Ora tocca a me”.
Lo guardai: “No, basta.”
- “Ma che basta e basta. Hai detto due ore? Ci sta il tempo per un’altra!”
Spinse in fondo, stringendo forte con le mani il mio culo. Ero con la faccia sul tappeto, ma si capiva che mi piaceva come mi stava prendendo.
- “Vedi che ti piace farti scopare ancora?!”
Fece una ventina di volte dentro e fuori. Poi iniziò a spingere sempre più rapidamente e con forza, tirandomi i capelli.
- “Dillo quanto te li godi i nostri cazzi turchi!”
- “Oddio, devo sborrare...” – dissi, segandomi rapidamente.
- “Siii, godi! Godi!” – e lo ricacciò dentro fino ai coglioni.
Mi grugnì sul collo, sferrando il colpo finale, quello più forte e violento: “Ooooh siii. Ti piscio dentro!”
Yakez si ripulì il cazzone con un cuscino del divano. Io, stravolto, ero ancora sul tappeto, cercando di riprendermi. II portiere si accostò, mi accarezzò un fianco: “La prossima volta che siamo dalla signora vicino, bussiamo e scegliamo il culo migliore così lo diciamo pure al marito cornuto”.
Stanco dell'ironia e temendo che sul serio mi sputtanassero nel condominio: “Ohhh...Ora basta!”
- "Va bene, va bene... Si scherza!" - mi fece andando verso l'uscita.
Il figlio riprese la rivista porno, la arrotolò e se ma mise nella tasca posteriore dei jeans. Attento che il padre non lo sentisse, si avvicinò e mi sussurrò: “Quando c’hai voglia, fammi uno squillo. Ho un amico, un elettricista, che ti può aggiustare la cappa della cucina. Veniamo tutti e due e ti facciamo assieme. E' uno a posto, garantito”.
Secondo me, al di là di quello che potesse pensare il padre, di come andassero certe cose tra uomini il ragazzo lo sapeva già alla grande.
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