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Inculato da un mio dipendente - parte 7


di gattino0123
26.11.2023    |    10.946    |    35 9.8
"Mentre sto parlando di me, mi interrompe per un attimo e mi spiazza con un: “ma lo sai che sei proprio bello? Hai un viso che trasmette carezze e voglia di..."
Sono passate ormai due settimane dal mio ultimo incontro con Stefano. Certo, in ufficio abbiamo interagito per tutto ciò che concerne l’area lavorativa, ma sempre in modo freddo e distaccato, senza mai sfociare in chiacchiere extra lavorative o rapporti personali.
Nella mia testa risuonava spesso l’ultima frase che mi aveva detto a casa mia: “mi piace vederti stare male” e iniziavo finalmente a mettere insieme i tasselli del mosaico. Tante volte mi aveva detto frasi cattive, che andavano a colpire mie fragilità che lui aveva captato quasi scientificamente, e non avevo più nessuna intenzione di lasciarglielo fare, mi ero ripromesso che mi sarei allontanato da lui e così sarebbe stato.

C’erano solo due problemi: lui continuava a piacermi, tra l’altro anche tanto, e mi mancavano i nostri rapporti sessuali. Farmi dominare da lui a letto non era mai stato un problema, anzi, ci incastravamo in modo impeccabile, quello che piaceva a lui piaceva esattamente anche a me, funzionavamo alla perfezione, i nostri corpi e i nostri ormoni si stimolavano magistralmente a vicenda. Tutto il resto, però, stava diventando decisamente tossico: la voglia di umiliarmi e di trattarmi male erano cresciuti a dismisura, dovevo allontanarmi per il mio bene e il mio orgoglio.

Va detto che lui mi stava facilitando la cosa. Da due settimane mi stava letteralmente ignorando, non ho mai capito se lo facesse per far crescere in me la voglia di vederlo o se effettivamente mi cercasse solo quando aveva voglia, fatto sta che senza i suoi approcci io mi sentivo aiutato nella disintossicazione.

E uso questo termine non a caso, perché non posso dire che stavo bene. Esattamente come un alcolista, sapevo perfettamente che stare lontano dalla bottiglia mi permetteva di non stare male, ma allo stesso tempo avevo una fortissima voglia di bere e avvicinarmi alla mia dipendenza. Certe volte, quando sentivo la voce di Stefano o quando lo vedevo camminare per i corridoi, restavo letteralmente incantato, quasi a bocca aperta per il suo modo di fare che tanto mi attirava, ma avevo sempre resistito alla tentazione e non avevo fatto mai il primo passo verso di lui.

Arriva finalmente la prova del nove, ovvero quando una mattina arrivo in ufficio con una camicia rosa, niente di eccentrico o poco virile, una camicia come tante altre. In un momento in cui sono solo, Stefano si avvicina a me e inizia a sussurrare al mio orecchio.

Stefano: “Bella camicia da finocchio ti sei messo stamattina, come se non bastasse già la tua faccia e farlo capire al mondo intero”.
Io: “Bella faccia da stronzo che hai stamattina. E nel tuo caso non servono i vestiti a comunicarlo, c’è già il tuo carattere di merda che parla per te. Ah, e ti ricordo che sono il tuo capo, non ti permettere mai più di rivolgerti con me in questo modo”.

Le parole mi escono di getto, quasi come se non vedessi l’ora di potergli rispondere in modo piccato. Stefano, che inizialmente mi stava parlando con un sorriso beffardo, cambia espressione e mette su il suo solito sguardo incattivito, tipico in lui quando qualcosa non gli andava bene. Mi chiede di seguirlo in bagno, inizialmente rifiuto, ma dopo la sua insistenza decisa scelgo di seguirlo. Lungo il tragitto ho il cuore in gola, penso a tutto ciò che è successo tra noi in quel bagno ma stavolta ho intenzione di affrontarlo e non tirarmi indietro.

Compie il solito rituale, apre la porta della toilette e mi fa cenno di entrare, ormai ho capito che per lui quel gesto equivale ad avere sin da subito il controllo su di me, come se io potessi entrare solo perché era lui ad ordinarmelo.

Stefano: “Adesso ripetimi quello che hai detto prima, se ne hai il coraggio”.
Io: “Ti faccio il riassunto così forse ci arrivi anche tu, sei uno stronzo e se provi a rivolgerti in quel modo nei miei confronti ti finisce male, sono il tuo capo”.
Stefano: “Il mio capo? Ma lo vuoi capire che tu sei un essere inferiore?”. Nel dirlo mi molla uno schiaffo, cosa che aveva già fatto altre volte, solo che stavolta la mia reazione e ben diversa rispetto al passato: lo spingo con forza verso l’altra parte del muro, provocando in lui una reazione di forte stupore, mi guardava con gli occhi sgranati.

Io: “Inferiore sarai te, viziatello”. Sapevo perfettamente che dargli del viziato lo mandava fuori di testa, era già successo in passato, ma questa volta volevo ripagarlo con la sua stessa moneta. Mentre stava per rispondermi incazzato, apro la porta del bagno e corro via, senza dargli modo di ribattere, esattamente come faceva lui ogni volta che mi diceva qualcosa di cattivo nei miei confronti.

Stefano sparisce per un’ora, credo avesse bisogno di sbollire la rabbia, quando rientra torna a lavorare con un livore visibile, tanto che nessuno ha il coraggio di avvicinarsi a chiedergli spiegazioni. Prima di andare via, lo incrocio sulle scale che portano verso l’uscita, si avvicina di nuovo a me per sussurrarmi qualcosa: “dopo quello che hai fatto oggi scordarti per sempre che io mi possa avvicinare a te, tu per me non esisti più”.

Sono sicuro che lui avesse capito perfettamente quanto mi piacesse e quelle sue parole erano un modo per punirmi, come se per lui vedermi o meno fosse indifferente, mentre per me sarebbe stata una punizione implacabile non poter più fare sesso con lui. Non so se avesse ragione, fatto sta che la mia dipendenza nei confronti di Stefano diventava sempre più una realtà. Ero fiero di averlo allontanato, ma io lo volevo ancora fortemente, i nostri incontri sessuali a casa mia erano un ricordo che mi provocava forte eccitazione e benessere. Non poterli più avere mi facevano stare in un limbo malsano, ero arrivato al punto in cui stavo male con lui ma stavo male anche senza di lui.

Per fortuna in azienda sono settimane di lavoro intenso, che mi aiutano a distrarmi da Stefano e dalla sua presenza. Per rinforzare l’organico, è stato assunto un nuovo manager: Alberto, 38 anni, alto 1.90, capelli biondo scuro e particolarmente palestrato, con un petto vistoso e due braccia che lasciano trasparire ore e ore di palestra alle spalle. Non sono mai stato attratto dal genere uomo palestrato, ma Alberto era oggettivamente un bell’uomo e si faceva notare.

Non ci siamo ancora presentati, sta conoscendo altri colleghi e sta familiarizzando con altre aree del nostro ufficio, ma noto che mi guarda spesso da lontano. Tra l’altro non in modo occasionale o labile, no, mi guarda insistentemente, tanto da mettermi anche un po’ in imbarazzo, anche per limite mio che in queste situazioni non so mai come comportarmi. Nel pomeriggio arriva finalmente a presentarsi anche da me.

Alberto: “Ciao, sei Simone, sbaglio? Mi hanno parlato tantissimo di te, dicono che sei bravo. Faticavo a credere fossi tu, sembri giovane per essere un manager”.
Io: “Ciao, benvenuto in azienda. Non credere alle voci, non sono poi così bravo, sono solo qui dentro da tanto e ormai mi sono fatto tanti amici che tendono ad esagerare. Ah, ho 32 anni, non farti ingannare dal mio viso, un po’ di esperienza l’ho maturata anche io”.

Chiacchieriamo un po’, mi guarda con un sorriso smagliante e rassicurante, mi mette quasi in soggezione ma mi trasmette anche benessere. Ha un modo di parlare tanto pacato, mi sembra una persona piacevole e risolta, mi mette a mio agio e alla fine mi metto a parlare con lui in maniera sciolta, quasi come se fosse una specie di flirt, dimentico quasi il contesto dell’ufficio. Quando Alberto si allontana, due mie colleghe si avvicinano e iniziano a spettegolare con me: “hai visto quanto è bello? Hai visto che fisico? Hai visto che ti mangiava con gli occhi? Dai, ammetti che ti piace” e così via, mi stanno mettendo in imbarazzo ma mi piace questo clima disteso.

Purtroppo, nonostante il bel clima che si era creato, la mia mente si sintonizza di nuovo sul tema Stefano. Magari quel mio approccio con Alberto lo aveva ingelosito, magari lo avrebbe portato a cambiare il modo di rapportarsi a me, magari avrei visto un nuovo Stefano. E, invece, magari un bel niente. Mi giro a guardarlo e stava fissando il suo schermo, come se nulla fosse, totalmente disinteressato a quello che stava accadendo intorno. Mi sento uno stupido ad essermi fatto tutti quei film mentali nel giro di 30 secondi, stavo facendo ancora l’errore di pensare a Stefano e soprattutto di vedere in lui ciò che non è.

Passano i giorni e gli sguardi tra e Alberto si fanno sempre più frequenti. Adesso non è solo lui a cercarmi visivamente, ogni tanto capita anche a me di buttare l’occhio verso di lui. Non ho ancora capito se mi piace, fisicamente sono più attratto dai tipi asciutti come Stefano, ma mi diverte stuzzicarlo un po’ e ricambiare questo gioco di sguardi.

Oggi Claudia mi ha detto di aver visto Alberto guardarmi insistentemente il culo, non ci avevo fatto caso ma la cosa mi lusingava parecchio. Ho sempre amato e allenato particolarmente il mio lato B, mi piace anche metterlo in evidenza con pantaloni aderenti, per cui il mio ego si risolleva sempre quando vedo degli apprezzamenti più o meno velati verso il mio sedere. Così, non appena vedo Alberto da solo davanti la macchinetta del caffè, ne approfitto per raggiungerlo.

Io: “Allora, come stanno andando questi primi giorni da noi? Ti piace l’ambiente?”.
Alberto: “Non potevo chiedere di meglio, dove lavoravo prima erano tutti così musoni, qui è diverso”.
Io: “Anche a noi fa piacere averti qui, ti assicuro che sento solo complimenti nei tuoi confronti”.
Alberto: “Sono contento, ma sono io che devo farli a te. Sei proprio bravo come mi avevano detto e poi hai un ottimo gusto nella scelta dei vestiti, quei pantaloni ti stanno proprio bene”.

Rispondo con un semplice grazie, non ho mai imparato a reagire bene ai complimenti, sto per cambiare argomento ma Alberto rilancia: “hai buon gusto anche nella scelta dei ristoranti? Stasera mi piacerebbe cenare fuori, ti andrebbe di farmi compagnia?”. Accetto volentieri e suggerisco un ristorante lontano dall’ufficio, non mi va di generare pettegolezzi e chiacchiere inutili.

Raggiungiamo il ristorante e, durante la cena, scopro nuovi aspetti della sua vita: è divorziato, con due figli, matrimonio felicissimo ma la moglie non riusciva ad accettare la sua bisessualità, mentre lui aveva bisogno di esplorarla un po’ più da vicino. Mentre parla non posso fare a meno di notare il contrasto tra il suo fisico imponente e i suoi modi di fare gentili, è proprio una persona a modo.

Mentre sto parlando di me, mi interrompe per un attimo e mi spiazza con un: “ma lo sai che sei proprio bello? Hai un viso che trasmette carezze e voglia di protezione”. Lo ringrazio e realizzo che in realtà non mi sentissi bello da diversi mesi, avevo concentrato le mie attenzioni solo su Stefano, abbandonando qualsiasi altra interazione con altri uomini. E Stefano non mi aveva mai fatto sentire bello, tendeva sempre a sminuirmi su ogni aspetto della mia vita, la mia faccia non gli trasmetteva voglia di proteggermi, anzi, a suo dire avevo la faccia da schiaffi.

A fine cena Alberto mi propone di bere qualcosa da lui, accetto più che volentieri perché la serata era stata estremamente piacevole. Scopro che abita in un attico in zona Brera, una delle aree storiche e più centrali di tutta Milano. Da casa sua si vedono i palazzi storici, mi appoggio ad una delle vetrate e penso subito che ne debba fare di anni di lavoro per potermi permettere anche io una casa così. Non appena mi volto, lo ritrovo a pochi centimetri da me, si avvicina e mi bacia: mi avvolge con le sue braccia muscolose, mi abbraccia e mi bacia con passione, quel senso di protezione che diceva a cena adesso lo sento tutto addosso.

Alberto: “Voglio farlo dalla prima volta che ti ho visto”. E continua a baciarmi.
Io: “Oddio, meglio qui che davanti all’amministratore delegato e tre quarti d’ufficio, non pensi?”. Dico ridendo e continuando a baciarlo, anche lui sorride.
Alberto: “Ma si, che male c’è? Se si fossero scandalizzati per un bacio, pensa a come reagirebbero con quello che voglio fare adesso. Seguimi”.

Mi fa piegare a novanta con le mani poggiate sul divano e mi abbassa i pantaloni: “ecco un’altra cosa che voglio fare dalla prima volta che ti ho visto”. Mi abbassa anche gli slip e inizia a baciarmi le chiappe, le bacia con passione, prima la destra, poi la sinistra e viceversa. Le bacia, le lecca, non c’è un centimetro del mio culo che non passi sotto la sua attenzione. Mi palpa le natiche e poi torna a baciarle per bene: “Simo hai culo fotonico, te lo giuro, mai visto un culo così”.

Non ho neanche il tempo di rispondere che sento le sue mani forti che mi allargano le chiappe e la sua faccia sprofondare verso il mio buchetto. Lo lecca come si deve, sento la sua lingua roteare attorno al buco per poi fare su e giù come una spatola, inizio a gemere in maniera incontrollata, mi sta mandando al settimo cielo questo servizietto. Come se non bastasse, con le mani allarga ancora di più il mio buchetto e inizia ad entrare con la lingua, fa avanti e indietro come se mi scopasse con la bocca. Inizia ad infilare un dito e poi rituffa la faccia verso il mio culo, leccandomi il buchetto senza sosta, ripentendo più volte questa sequenza.

Gemo e ansimo fortissimo, ci sa fare tantissimo con la lingua, mi sta dimostrando con i fatti tutta la passione che aveva dichiarato per il mio culo.
Alberto: “Vieni qui, torniamo verso la vetrata”. Mi fa poggiare con le mani contro il vetro e inizia a scoparmi forte da dietro”.
Io: “Oddio, no, fermati, e se ci dovessero vedere i tuoi vicini?”.
Alberto: “Peggio per loro, sarebbero solo invidiosi perché io mi scopo uno come te e loro no”. Sorride e riprende a scoparmi. Ho la faccia contro il vetro, il culo che si apre dopo i colpi ripetuti del suo cazzo, e intanto dentro mi sento bene, mi sento desiderato.

Dopo avermi aperto per bene davanti la vetrata, mi prende per mano e mi accompagna di nuovo verso il divano, sento la sua mano che mi stringe in modo deciso ma allo stesso tempo dolce, quasi come se mi volesse guidare. Alberto si siede sul divano e mi fa mettere a cavalcioni, con la faccia rivolta verso di lui: “impalati un po’, goditelo Simo”. Mi siedo sul suo cazzo e lo faccio entrare pian piano dentro di me, faccio su e giù sul suo palo, lo sento tutto dentro fino in fondo. Mentre lo prendo tutto, chiudo gli occhi per l’eccitazione e sento le mani di Alberto che passano dalla schiena fino alle chiappe, sento che mi avvolge con le braccia e intanto mi incula a dovere con il cazzo.

Mentre mi scopa ci guardiamo negli occhi, vedo il suo sguardo sereno su di me, sembra godere del mio godimento, è una sensazione che non provavo da molto tempo. Intanto da sotto sento dei colpi forti di bacino, non sono più io ad impalarmi con il suo cazzo, adesso a lui a spingere con forza dentro di me, fino ad inondarmi completamente con la sua sborra. Restiamo per un po’ in questa posizione, entrambi ansimanti, mentre ci guardiamo negli occhi con sguardo complice.

Mi rivesto, Alberto mi accompagna fino alla porta, quasi come se volesse accertarsi che fosse tutto ok. Prima di andare via mi bacia ancora con passione, mi abbandono completamente tra le sue braccia forti e mi sciolgo con quel bacio dolce, ne avevo proprio bisogno.

Alberto: “Ti lascio andare solo se mi prometti che domani ti rivedrò con un altro paio di pantaloni aderenti”.
Io: “Questa promessa è facile da mantenere, è più facile che il nostro capo azzecchi un congiuntivo che trovare un paio di pantaloni larghi nel mio armadio”. Ridiamo di gusto e vado via, tra l’altro con la voglia non troppo velata di restare lì tutta la notte.
Mentre mi dirigo verso la macchina mi giro per un attimo verso la terrazza di Alberto, non riesco a smettere di pensare a quello che ci eravamo detti durante la cena: adesso, dopo molto tempo, mi sento di nuovo bello.

Continua.
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