Gay & Bisex

la multa


di passivo43
07.02.2008    |    26.942    |    2 9.0
"Il primo schizzo si sborra mi arrivò quasi in bocca..."

D’accordo, riconosco di non essere il miglior autista in circolazione e neppure un abile parcheggiatore. Il fatto, vedete, è che sono un tipo tremendamente distratto: ho sempre mille pensieri per la testa mentre guido, tanto che mi ritrovo a commettere infrazioni di ogni tipo. Quella volta era il mio conto in banca a preoccuparmi: a quanto pare ero andato seriamente in rosso, visto che il bancomat mi era stato bloccato. Così, uscito dal lavoro, guidai fino alla mia banca per farmi fare un estratto conto. Parcheggio, come il solito, non ce n’era, per cui accostai l’auto ad un’altra già in sosta senza ovviamente accorgermi che le avrei ostruito il passaggio e, contando di metterci non più di qualche minuto, feci un salto fino allo sportello.

In realtà la coda si rivelò ben più lunga del previsto e, per farmi dire che ero sotto di più di un milione, mi ci volle invece una bella oretta. Amareggiato e depresso dalla notizia, non capii subito per quale motivo non riuscivo a scorgere la mia macchina nel posto in cui l’avevo lasciata. Essendo il mio catorcio piuttosto vecchio e malandato ho sempre escluso il furto a priori per cui me ne rimasi lì, inebetito e con una faccia, a quanto pare, talmente idiota, da richiamare l’attenzione di una donna sulla porte di un negozio lì accanto.

“Sono stati i vigili: gliel’hanno portata via! Io ho provato a dirgli di aspettare un attimino, che il padrone arrivava subito, ma loro: niente! Se la sono caricata col carro attrezzi e se la sono portati chissà dove. Le conviene andare direttamente in municipio, sa. Ma non si era accorto che era in divieto? L’abbiamo visto tutti, ma mi spiaceva disturbarla per avvertirla. Vede, anche mio cognato un giorno.”

Non lo nego: mi veniva da piangere. Prima la stangata in banca, poi la macchina. Quanto mi sarebbe costato tutto ciò? E, soprattutto: con quali soldi avrei pagato la multa? Per di più ‘sta vecchia che proprio non la smetteva di parlare.

Col morale a pezzi, senza neanche degnare la donna di uno sguardo, avviai i miei stanchi passi verso il comando della polizia municipale, dall’altra parte della piazza.



All’interno dell’ufficio, per difendersi dall’afa pomeridiana estiva, le persiane erano state socchiuse, per cui mi ci volle un attimo per distinguere i due vigili che, alla scrivania, sembravano immersi in una montagna di lavoro burocratico. Senza perdere tempo spiegai che ero il padrone dell’auto e che mi dispiaceva moltissimo, che ero stato trattenuto in banca più del dovuto e che non avevo fatto caso di aver parcheggiato in un posto tanto infelice ma che, se mi fosse data la possibilità, promettevo che da allora sarei stato sicuramente più avveduto. Non batterono ciglio. E uno dei due sparò la cifra della multa. Un cifra, semplicemente, terribilmente, assurda.

Per la seconda volta nel giro di una decina di minuti dovetti trattenere le lacrime per lo scoraggiamento e le gambe cominciarono a tremare. A quanto pare la cosa fu evidente perché uno dei due, abbandonata l’espressione di durezza di un attimo prima, si alzò e avvicinandosi, mi chiese se mi sentivo bene. Poi mi prese per il braccio e mi fece sedere su di una poltrona mentre l’altro mi porgeva un bicchiere d’acqua che bevvi avidamente. “Non è possibile. Tutte a me.” Mi ricordo che cominciai. E, come se mi trovassi di fronte al mio amico più caro e messa da parte ogni dignità, cominciai a sfogarmi, raccontando tutte le mie disgrazie. E, una volta cominciato, non la smettevo più. Mi rendevo conto che i due ogni tanto si lanciavano un’occhiata di intesa ma a quel punto non me ne fregava più niente: continuavo a parlare e a lamentarmi, senza ormai curarmi della pietosa impressione che, sicuramente, stavo facendo. Fui interrotto bruscamente. Fu quello moro, dall’aria da bravo ragazzo a parlare, con un tono inaspettatamente dolce e comprensivo. “Beh, si calmi ora. Magari vediamo cosa si può fare per la sua multa. Lei dice che avrebbe veramente problemi a pagarla. Cosa sarebbe disposto a fare perché le venisse cancellata?”

Non credevo alle mie orecchie. “Ma tutto, tutto. Qualunque cosa. Ditemelo voi, e io lo farò.”

I due si scambiarono l’ennesimo sguardo di intesa ed un gesto affermativo col capo. Poi il biondino si guardò intorno, per vedere, pensai, se c’era qualcun altro nell’ufficio oltre a noi. Poi si alzò, si avviò verso l’uscita ma, con mia grande sorpresa, anziché varcare la soglia, sospinse il portone e lo chiuse a chiave, prima di riavvicinarsi a noi. Non capivo. Entrambi ora avevano uno sguardo complice e un sorrisetto che non prometteva niente di buono. Cominciai ad innervosirmi, non vedendo dove volessero andare a parare. Ma l’arcano fu presto svelato. Lo stesso biondino, di cui fino allora non avevo ancora sentito la voce, si avvicinò a me che ero ancora seduto sulla poltrona ed esordì in questo modo:

“Un modo per sistemare le cose ci sarebbe. Se lei si mostrasse gentile con noi, probabilmente quella multa potrebbe addirittura finire nel cestino, non è vero Luigi?”

Mi girai verso l’altro. Anche lui era in piedi ora, e la mano destra era sulla patta e scorreva lentamente in su e in giù. Mi sorrise anche lui. Fu solo a quel punto che capiì la situazione. Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata e il mio cervello a lavorare. Sarebbe forse stato degradante posto in quel modo ma, avevo forse alternative? Dove avrei preso in caso contrario i soldi per pagare l’ingiunzione? Deglutii. Guardai uno e l’altro con occhi diversi. Il biondino era un tipo esile ma ben fatto: uno sportivo sicuramente, magari un podista. Il moretto invece era decisamente più massiccio e dalla camicia si intravedevano forme da culturista.

Fu proprio lui ad abbassare la lampo dei suoi calzoni d’ordinanza e ad infilarsi la mano nelle mutande. A quel punto non c’era più la benché minima possibilità che io avessi mal interpretato le loro parole. Lo guardai negli occhi ed abozzai un timido cenno di consenso al che mi tirò fuori il suo arnese.

Era un cazzo di mezza grandezza, sorprendentemente già mezzo duro. Dal punto in cui ero, seduto sulla poltroncina, ce l’avevo proprio di fronte al viso. Mi chiesi un’ultima volta se fosse corretto ciò che stavo per fare, ma poi decisi di spegnere il cervello e di lasciarmi portare dall’istinto. Avvicinai la bocca al suo membro. Lo presi in mano dolcemente. Stava ancora crescendo, dischiudendosi in un’erezione di tutto rispetto. Quando la cappella fu ben visibile non resistetti più e accostai le mie labbra a quella delizia.

Le mie labbra indugiarono un po’ intorno alla parte rosea che si faceva sempre più scura, per gustarne appieno il sapore ma il proprietario, con un colpo di reni, colto evidentemente dall’impazienza, me lo spinse tutto in bocca.

Com’era bello sentire che diventava sempre più duro nella mia bocca. Mi sentii afferrato per i capelli per imprimermi il giusto ritmo. Mentre l’affare scivolava dolcemente dentro e fuori dalla mia bocca avvertii la mia erezione che cominciava ad essere insofferente nei calzoni. “Come pompi ben, cazzo!” sentii dire da quello a cui stavo facendo il servizietto. Ed effettivamente sembrava che se la stesse godendo mica male da come lo sentivo ansimare.

Ora il suo cazzo era al massimo del suo vigore e ormai faticavo a tenerlo tutto in bocca. Mi scostai un attimo per riprendere fiato e mi girai verso l’altro. Era già completamente nudo. Aveva, come avevo indovinato, un fisico agile e scattante. Quello che non avevo indovinato era la grandezza del suo uccello: sproporzionato rispetto al corpo, appariva enorme. Feci per avvicinarmi a lui ma sentii un ordine perentorio:

“Spogliati!”.

A quel punto non attendevo altro. Mi strappai il più velocemente possibile tutto ciò che avevo indosso, mentre con la coda dell’occhio intravedevo il moro che, già completamente nudo anche lui se non per gli anfibi di ordinanza che continuava a calzare, liberava con violenza il tavolinetto da tutte le riviste che vi erano appoggiate per poi sedercisi a cavalcioni. “Vieni qui!”, abbaiò di nuovo con un tono che non ammetteva repliche. Mi avvicinai a lui mi face salire sul tavolino a quattro zampe per poter continuare la pompa che era stata interrotta. Ricominciai da quella posizione a godermi quel delizioso gioiellino pompando avidamente l’asta. All’improvviso avvertii un paio di mai che si appoggiavano alle mie natiche, cominciando a d accarezzarle, sempre più vicine al mio buchetto. Avvertii una pressione crescente proprio lì: mi stava per penetrare con un dito. Lentamente, e molto dolcemente, l’indice del biondino si fece strada dentro di me. Sussultai quando lo sentii tutto dentro, mentre cominciava ad entrare e ad uscire aritmicamente.

Ero sempre più eccitato. Cominciai a pompare con più foga, arrivando proprio fino alle palle.

La sua eccitazione si faceva ogni momento più palese e il suo ansimare diventava sempre più simile ad un rantolio.

Senza segni di preavviso lo sentii venire: un fiotto di caldissima sborra mi riempii completamente la bocca. Dovetti deglutire in fretta per accogliere tutta quella che stava arrivando. Non ricordo di averne mai bevuta tanta in vita mia: sembrava non finisse mai. Mi staccai solo dopo averne ingoiata fino all’ultima goccia.

Il dito del biondino, con mio estremo rammarico uscì dal mio culetto e mi sentii afferrare per i fianchi e girare a pancia in su. Mi chiesi cosa mai mi sarebbe aspettato ora, ma non mi ci volle molto a capire. A quanto pare, una pompa al moretto, non era proprio bastata. Divaricando le gambe si mise a cavalcioni su di me e io mi ritrovai davanti al viso, non più il suo magnifico cazzo, ma il suo straordinario e durissimo culetto. Non persi tempo: afferrai le sue chiappe, le divaricai e cominciai a passare la lingua sul buchetto.

Avevo pensato che volesse chinarsi a prendere in bocca la mia, orai dolorante, erezione. Mi sbagliavo. Avendo il campo visivo occupato dal culetto di Luigi (si chiamava così?) non potei vedere quello che stava facendo il biondino, ma lo capii solo quando sentii un caldissimo culo che calava lentamente sul mio cazzo, autoimpalandosi, con l’aiuto del collega che stava dirigendo l’operazione (tutt’altro che difficile, ad onor del vero, vista la facilità con la quale il mio uccello entrò nel caldo buchetto del biondino).

Non ci potevo credere: al comando dei vigili urbani ero sdraiato su un tavolino, inculando un bellissimo ragazzo e leccando il culetto di un altro. Dalla posizione in cui ero difficilmente riuscivo a muovere il bacino per dare delle belle pompate, ma il tipo sembrava arrangiarsi egregiamente movendosi in su e in giù, lungo la mia asta, lanciando, ogni volta che arrivava a toccare le mie palle con le sue natiche, rantolii di estrema soddisfazione.

Sapevo che, in quella situazione, non sarei durato a lungo. Mi staccai un attimo dal buco del moretto per prendere fiato e quello che vidi mi eccitò ancora di più: i due prodi vigili, uno col mio cazzo in culo e l’altro con il culetto ben massaggiato dalla mia lingua, girati uno verso l’altro, si stavano scambiano un lungo e appassionato bacio. Quello fu troppo. Per quanto doloroso per la mia schiena, cominciai a stantuffare nel culetto del biondo. Mi sentii gridare: “.vengo.” mentre riempivo il suo culo di caldi fiotti. Quasi contemporaneamente lui, probabilmente eccitato dal mio ritmo, esplose in un orgasmo tale che riuscì a bagnare tanto il petto del suo collega quanto il mio. Sarei rimasto volentieri un quella posizione a riprendere il fiato, ma i due si rialzarono quasi subito. Ero pronto a rivestirmi ed ero sicuro che i due avrebbero fatto lo stesso, invece, incuranti del fatto di essere ancora grondanti di sborra, su diressero verso il mio culetto e, mentre il biondo mi divaricava le gambe, il moro cominciò a leccare avidamente il mio buco, come per lubrificarlo.

Rimasi interdetto. Nessuno dei due sarebbe stato pronto per prendermi, ora.

Per lo meno non subito. Dove volevano andare a parare? Fu solo allora che, dalla posizione in cui ero, scorsi un movimento in fondo alla stanza. Rimasi impietrito dallo stupore. Seduto alla scrivania nell’ombra stava seduto quello che sembrava il capo dei vigili. Mentre il mio culetto veniva abbondantemente lubrificato dalla saliva di uno dei due con i quali avevo appena scopato, il personaggio misterioso che, fino a questo momento si era goduto,a mia insaputa, lo spettacolo, si alzò e si diresse verso il nostro gruppetto.

Lo ricordo ancora perfettamente. Era un tipo enorme. Sarà stato più di uno e novanta per, almeno, un centinaio di chili. Arrivò fino davanti a me e mi fissò bene, mentre gli altri due non battevano ciglio. Io ero sdraiato davanti a lui, nudo e coperto di sborra, mentre un uomo mi teneva le gambe divaricate ed un altro mi leccava il culo. Capii che mi stavano preparando per lui. E infatti lui, fino ad allora ancora completamente vestito, si sbottonò la patta ed estrasse il cazzo più grosso che avessi mai visto. Un affare enorme, da vero pornoattore, già completamente duro.

Non parlai: sapevo cosa mi aspettava. Sapevo che non si sarebbe semplicemente masturbato guardandomi. Fece semplicemente un gesto e i due si spostarono, consentendogli di avvicinare quella bestia al mio povero culetto. Cercai di facilitargli l’operazione, divaricando il più possibile le mie chiappe e stringendo i denti per il dolore che sapevo avrei provato ma che, stoicamente accettavo.

Ma, sorprendentemente, lui non fu affatto brutale. Anzi, avvicinò il suo viso al mio e mi diede un bacio da lasciarmi senza fiato. Poi puntò la cappella sul mio sfintere e, piano piano, con estrema delicatezza, cominciò a ficcarlo dentro.

Non posso negarlo: ebbi male. Ma il modo col quale mi prese fu terribilmente dolce. Fu molto lento. Ci mise almeno cinque minuti per infilare tutta la spaventosa cerchia nel mio povero culetto e solo allora cominciò il movimento di bacino.

Cazzo, non ho mai più preso un cazzo del genere! Mi stava lentamente trapanando e io mi sentivo questa cosa dura ed enorme che mi sembrava arrivasse fino allo stomaco. Il mio cazzo cominciò a secernere, lentamente ma costantemente, liquido spermatico come non mi è mai più successo. Il bestione stava aumentando il ritmo della sua chiavata mentre io mugolavo di piacere. Era tanto il piacere che provavo dal quel cazzo enorme che sentii che stavo per venire di nuovo. Il primo schizzo si sborra mi arrivò quasi in bocca.

Lui, eccitato probabilmente dal mio orgasmo, cominciò a pompare con un ritmo sempre più frenetico fino a quando non avvertii dentro il mio culo il suo cazzone che si contraeva in spasimi infiniti mentre mi inondava completamente.

Invece di ritirarsi subito rimase per un po’ ansimante sopra di me. Poi mi guardò negli occhi e mi diede un altro, caldissimo bacio. Poi, sempre senza proferire parola, si ritrasse e ritornò nell’oscurità.

Ho preso, ovviamente altre multe nella mia vita. Ma con mio estremo dispiacere per nessun’altra sono stato “punito” nello stesso modo.


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