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Gay & Bisex

REGALO RADICAL CHIC 2


di SERSEX
03.07.2025    |    1.046    |    2 8.1
"Dopo ore di sudore e respiri affannati, Leon si staccò da Giò con lentezza, mentre Matteo si ritirava in bagno per una doccia ristoratrice, il respiro ancora pesante, il cuore che batteva forte, ..."
Il tragitto fu breve. Un vecchio scooter, la sella calda che bruciava contro i sottili pantaloni di lino, l’odore di Matteo davanti a lui, misto a shampoo, tabacco e sudore secco.
Giò gli teneva le mani sulle anche, poco convinto, ma ogni frenata era una scusa per strusciarsi appena di più. Nessuno dei due parlava. Ma entrambi respiravano in un altro modo.
L'appartamento era in una laterale di via Marconi. Terzo piano, persiane socchiuse. Odore di lenzuola usate e basilico, finestre aperte a lasciar entrare la sera afosa.
Appena dentro, Giò vide lui. Il compagno. Alto, più grande, sui quarant’anni. Seduto sul divano, a torso nudo, pantaloni larghi e un libro aperto in mano.
Alzò gli occhi, e gli bastò uno sguardo per capire.
Matteo lo annunciò solo con un cenno. Un sorriso storto.
«Te lo dicevo che avresti gradito.»
L’altro non rispose. Ma poggiò il libro, lentamente. E si alzò.
Si chiamava Leon, lo scoprì dopo. Ma in quel momento era solo corpo. Sguardo. Presenza.
Passò accanto a Giò, lento, e lo annusò. Gli si fermò dietro, e senza dire nulla, gli sfilò la camicia dalle spalle. Le dita erano calde, sicure. Il respiro, vicino alla nuca.
Matteo intanto si spogliava con calma, lanciando i vestiti su una sedia, restando nudo senza imbarazzo, il cazzo già mezzo duro che si muoveva libero mentre si avvicinava.
«Qui nessuno recita,» disse piano, mentre si inginocchiava davanti a Giò, «o sei dentro… o te ne vai.»
Ma Giò non voleva andare via. Aveva già chiuso gli occhi.
Le mani di Leon lo tenevano fermo dai fianchi, mentre Matteo gli slacciava i pantaloni di lino, li tirava giù piano, facendoli scendere fino alle caviglie. Le dita sfioravano la pelle, morbide ma affamate.
Matteo si chinò ancora, il fiato caldo sulle cosce di Giò. Gli sfilò gli slip bianchi, on più immacolati ormai, tirandoli giù con i denti. Il cazzo di Giò scattò libero, gonfio, lucido di desiderio non detto.
«Che bello sei,» sussurrò Leon dietro di lui, passandogli le mani sul petto, stringendo i capezzoli tra le dita.
Giò non rispose. Ma lo sentì tutto.
Le labbra di Matteo ora erano lì, a pochi centimetri. Gli occhi rivolti verso l’alto. Uno sguardo che chiedeva permesso, ma già lo stava prendendo.
E quando cominciò a succhiarglielo, lentamente, bagnato, profondo, Giò si lasciò andare. La testa indietro, le mani nei capelli corti di lui. Mentre dietro, Leon gli baciava la schiena, le spalle, le reni, scendendo sempre più giù. Una lingua umida che si insinuava tra le chiappe, apriva, esplorava.
Non era una cosa. Era un rito.
I due lo leccavano insieme, da davanti e da dietro, sincronizzati.
Uno che gli succhiava il cazzo fino in fondo, senza vergogna, fino a sentirne l’aroma in gola.
L’altro che gli apriva il culo con le mani e ci affondava la lingua come in un frutto.
Giò tremava. Aveva il cuore che gli batteva tra le gambe.
Quando Leon si alzò, gli baciò l’orecchio. E glielo sussurrò piano, come una promessa.
«Ora ti scopo.»
Leon non aspettava, non aveva bisogno di permessi.
La sua mano affondò subito tra le gambe di Giò, la pelle era calda e umida, il suo cazzo duro come un metallo incandescente. Le dita di Leon scesero fino a raggiungere il buco già dolce e pronto, umido di anticipazione.
Con un dito lento, quasi crudele, Leon iniziò a pungolare, a spalancare quel passaggio, mentre con l’altra mano stringeva i fianchi di Giò con una presa ferma, decisa.
Matteo continuava a succhiare il cazzo di Giò, risalendo lento con la bocca, mordendo appena il glande, facendolo sobbalzare di piacere. Le mani gli stringevano i capelli, tirandolo giù più forte. Il sapore di saliva, di sudore, di carne e desiderio era un miscuglio che avvolgeva Giò come un’onda bollente.
Poi Leon infilò un secondo dito, profondo, rubando un gemito di Giò che si confondeva con il suono rauco di Matteo che gli ingoiava il cazzo.
«Sei mio,» sussurrò Leon, la voce roca, come una promessa, «e io voglio sentirti urlare il mio nome.»
Giò cercava di trattenersi, ma tutto dentro di lui era già in fiamme. Il corpo reagiva da solo, e il respiro diventava più corto, affannoso, intriso di un bisogno quasi disperato.
Leon si ritirò solo per un attimo, per afferrare il preservativo che aveva preparato con cura. Lo srotolò lentamente, con mani abili e forti. Poi si fece avanti, il cazzo di lui già bagnato e pulsante, incorniciato dalle dita di Giò stesso, che tremavano.
La prima spinta fu lenta, un’esplorazione crudele e dolce insieme, che fece piegare Giò in avanti, con la bocca spalancata in un gemito strozzato. Matteo continuava a succhiarlo, accompagnando ogni movimento con un ritmo deciso, la lingua che gli accarezzava il glande mentre il cazzo di Leon apriva il suo culo con ogni colpo.
«Sporco,» ringhiò Matteo, tirando più forte le palle di Giò, «sei un cazzo sporco da leccare.»
Leon cominciò a muoversi con più vigore, ogni colpo un richiamo, un comando. Giò sentiva la pelle arrossata, il culo che bruciava di piacere e dolore insieme. Era un’estasi dura, profonda.
Matteo si alzò e gli infilò due dita in bocca, gliele fece succhiare, crudele e possessivo, mentre gli tirava la testa indietro per sbattergliela contro il collo. Giò non riusciva a pensare, solo a sentire.
«Urla il tuo piacere,» gli ordinò Leon, «fammi sentire quanto adori il cazzo.»

E Giò urlò. Sordo, rabbioso, affamato.
Il mondo esplose in quegli attimi di fiamma, sporco, lento, vero.
E mentre la notte si chiudeva intorno a loro, la stanza piena di odori e desideri, nacque qualcosa di più.
Qualcosa di sporco, di vero, di indimenticabile.

Dopo ore di sudore e respiri affannati, Leon si staccò da Giò con lentezza, mentre Matteo si ritirava in bagno per una doccia ristoratrice,il respiro ancora pesante, il cuore che batteva forte, troppo forte.
Si sdraiò accanto a lui sfiorandogli il fianco con la punta delle dita. Quel contatto era leggero ma scatenava tempeste dentro entrambi.
«Non ti lascio andare,» mormorò Leon, la voce rotta, quasi fragile, «non voglio che tu vada via stanotte.»
Giò aprì gli occhi e per la prima volta vide qualcosa di diverso in quello sguardo — non solo il braccio duro del desiderio, ma un’intensità nuova, una dolcezza che faceva male.
Leon si girò verso di lui, i capelli arruffati, il sudore che gli colava sulla fronte, e con un sorriso incerto aggiunse:
«Credo di… di amarti. Davvero. E non so come sia successo, ma è così.»
Giò lo fissò, il cuore che gli scoppiava nel petto, la pelle ancora bollente di quello che avevano appena vissuto. Era pazzesco, impensabile, eppure…
Sì, era così anche per lui.
Si avvicinò lentamente, sfiorando le labbra di Leon con le sue, con un bacio che non aveva solo sesso dentro — ma una promessa, un inizio.
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