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Piero: Il mio essere gay Atto 2


01.07.2025 |
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"Il sapore della sua pelle, salato e dolce, mi riempie i sensi, e il suo profumo, un misto di agrumi e desiderio, mi fa girare la testa..."
È il 29 luglio 1988, e l’aria di questa sera d’estate è pesante, un abbraccio umido che sa di citronella e gelsomino. Ho diciotto anni oggi, e il giardino di casa mia è vivo: lucine colorate penzolano dai rami del ciliegio, il barbecue sfrigola sputando fumo e profumo di carne bruciacchiata, e dalla radiolina portatile esplode “Take on Me” degli A-ha, il sintetizzatore che mi fa vibrare il petto. Ho invitato solo gli amici più stretti, quelli che conosco da una vita, ma il mio cuore è altrove, incastrato in un ricordo di due anni fa, quella notte con Cristian, quando il mondo si è capovolto e ho scoperto una parte di me che ancora non capisco.Marco è qui, come sempre. È il mio migliore amico dai tempi delle elementari, quando ci dividevamo merendine e ci sporcavamo di fango giocando a pallone. Le nostre case, a pochi isolati di distanza, sono state il nostro rifugio: pomeriggi a fare i compiti, serate con film in VHS, segreti sussurrati sotto le coperte. Marco, con i suoi capelli castani sempre un po’ ribelli, il sorriso che scalda come il sole d’estate, gli occhi nocciola che sembrano leggermi dentro. Stasera, però, c’è qualcosa nei suoi occhi, un’intensità che mi fa tremare. O forse sono io, che dopo quella notte con Cristian vedo tutto diverso, come se ogni tocco, ogni sguardo, potesse nascondere un desiderio che non oso nominare.Bevo una birra, il sapore amaro che mi pizzica la lingua, ma non riesco a rilassarmi. Marco ride con gli altri, la camicia bianca aperta sul petto, la pelle dorata che brilla sotto le lucine. Ogni volta che mi guarda, sento un nodo allo stomaco, un calore che non è solo dell’estate. È sempre stato così? O è quella notte di due anni fa, quando ho sentito il cazzo di Cristian nella mia mano, che ha cambiato tutto? Quella notte mi ha aperto una porta, e ora non so come chiuderla.La festa si calma, il barbecue si spegne, lasciando nell’aria un odore di carbone e carne. La radiolina passa a “Every Breath You Take” dei Police, la voce di Sting che canta di ossessione, e io mi sento nudo, anche se sono vestito. Marco mi fa un cenno, il solito, come mille altre volte. “Vieni, Pierino,” dice, con quel soprannome che mi dà da quando avevamo sei anni. “Devo parlarti.”Lo seguo, il cuore che batte troppo forte, fino al ciliegio in fondo al giardino. È un angolo nascosto, lontano dalle lucine e dagli sguardi degli altri, dove l’odore dolce dei frutti maturi si mescola al profumo dell’erba scaldata dal sole. Siamo soli, avvolti dall’ombra e dal suono lontano della musica. Marco si appoggia al tronco, le mani in tasca, e mi guarda. I suoi occhi sono diversi, pieni di una vulnerabilità che mi spiazza.“Buon compleanno, Piero,” dice, la voce bassa, quasi un sussurro. “Diciotto anni. Sei grande ora.”Sorrido, ma è un sorriso teso. “Già,” rispondo, bevendo un sorso di birra per nascondere l’imbarazzo. Il sapore fresco mi resta in bocca, ma non calma il battito del mio cuore.“Posso dirti una cosa?” chiede, e c’è una nota di paura nella sua voce, qualcosa che non gli ho mai sentito. Annuisco, incapace di parlare.Si avvicina, e il suo profumo – dopobarba agli agrumi, misto a sudore estivo – mi avvolge. “È da un po’ che ci penso,” dice, esitando. “A te. Non solo come amico. Cazzo, Piero, quando ti guardo, sento qualcosa che mi manda fuori di testa.”Le sue parole sono un pugno, un fulmine. Non riesco a credere che stia succedendo, che Marco, il mio Marco, stia dicendo questo. Per anni è stato il mio migliore amico, il ragazzo con cui ho condiviso ogni risata, ogni paura. Ma ora, sotto il ciliegio, con l’odore dell’estate che ci circonda, capisco che c’è sempre stato qualcosa di più, qualcosa che ho ignorato per paura.“Marco…” balbetto, ma non so cosa dire. Lui si avvicina ancora, il suo viso a pochi centimetri dal mio. “Non voglio rovinare quello che abbiamo,” sussurra. “Ma non ce la faccio più a fingere.”E poi mi bacia. È un bacio timido, dolce, ma carico di un fuoco che mi brucia dentro. Le sue labbra sanno di birra e di qualcosa di più dolce, come miele scaldato dal sole. Le sue mani mi sfiorano la schiena, e per un momento il mondo sparisce. Non ci sono la festa, gli amici, il 1988 con le sue regole non dette. Solo noi, nascosti, con le cicale che cantano e Sting che sussurra in sottofondo.
Non so come siamo finiti nella mia stanza, lontano dagli occhi degli altri. La festa continua fuori, ma qui dentro è un altro mondo. La porta è chiusa, la luce della lampada sul comodino getta ombre morbide sulle pareti. La radiolina, che ho portato su, suona “With or Without You” degli U2, la voce di Bono che parla di un amore che fa male. È perfetto, troppo perfetto per noi.Siamo seduti sul letto, così vicini che sento il calore del suo corpo. “Sei sicuro?” chiede Marco, la voce bassa, gli occhi pieni di una dolcezza che mi spezza. Annuisco, anche se non sono sicuro di niente. Voglio solo lui, anche se so che è un rischio, che potrebbe distruggere tutto. Il suo cazzo, visibile sotto i jeans, mi attira come una calamita, e so che lui sente lo stesso per me.Ci baciamo, un bacio più profondo, più urgente. Le sue mani scivolano sotto la mia maglietta. Ci spogliamo piano, con gesti incerti, nascosti dall’ombra della stanza. L’odore della sua pelle, un misto di sudore e dopobarba, mi inebria, e il sapore delle sue labbra è dolce, caldo, come miele. Ci sdraiamo, i nostri corpi che si intrecciano in un abbraccio febbrile. Ci esploriamo a vicenda, un’intimità che è un misto di desiderio e affetto, un equilibrio perfetto tra fame e cura. La sua pelle è calda, il suo tocco gentile ma deciso, e ogni movimento è una danza che parla di anni di amicizia che si trasformano in qualcosa di più. Mi perdo nel suo calore, nel ritmo del suo respiro, nel modo in cui il suo cazzo preme contro di me, duro, vivo, un simbolo del suo desiderio. È diverso da Cristian: con Marco c’è una dolcezza che mi fa sentire al sicuro, anche se il mondo fuori ci minaccia. Ci muoviamo insieme, i nostri corpi che si completano, il piacere che ci unisce in un momento che sembra eterno. L’odore di lavanda del gel che usiamo si mescola al profumo della sua pelle, e la musica di Bono ci avvolge, amplificando ogni sensazione.
È un’esplosione di emozioni, un vortice di calore e intimità. Il suo cazzo, duro e caldo, è un invito che non posso rifiutare, e il mio risponde con la stessa urgenza. Ci stringiamo, i nostri respiri che si mescolano, il sudore che ci unisce. Ogni tocco è una scoperta, ogni gemito una confessione. Il sapore della sua pelle, salato e dolce, mi riempie i sensi, e il suo profumo, un misto di agrumi e desiderio, mi fa girare la testa. Il piacere è intenso, non solo fisico, ma emotivo: è il peso di anni di amicizia, di risate condivise, di segreti sussurrati, che si trasformano in questo momento. Ci perdiamo l’uno nell’altro in un 69 inteso, i nostri corpi che parlano un linguaggio che le parole non possono dire. È un’unione profonda, ma la paura mi stringe il petto: questo desiderio, questo amore, potrebbe distruggere tutto. Marco mi guarda, i suoi occhi pieni di una tenerezza che mi fa male, e so che anche lui lo sente, questo terrore di perdere ciò che siamo. Eppure, in questo istante, con la sua pelle contro la mia, il mondo non esiste. C’è solo lui, il suo cazzo, il suo calore, il suo sapore, e il mio cuore che batte per lui. La nostra unione che si rinsalda bevendo l'uno il piacere dell'altro. Ma mentre ci abbracciamo, sudati e ansimanti, la realtà si insinua. Questo non è solo desiderio. È amore, e l’amore nel 1988 è pericoloso. La nostra amicizia, il nostro rifugio, è a rischio. Vale la pena? Non lo so, ma non riesco a smettere di volerlo.
Qualche giorno dopo, Marco viene a casa mia. È un pomeriggio caldo, la casa vuota, i miei genitori via. Siamo soli, e l’aria è carica di tensione. Non parliamo di quella notte, ma è lì, tra noi, un segreto che ci unisce e ci divide. Sediamo sul divano, fingendo di guardare “Miami Vice”, ma i nostri occhi si cercano. La radiolina suona “Careless Whisper” di George Michael, il sax che mi fa venire i brividi.“Piero,” dice Marco, rompendo il silenzio. “Quella notte… cazzo, non riesco a pensare ad altro. Voglio sentirti ancora, voglio te.”Le sue parole mi colpiscono, e il desiderio mi travolge. “Anch’io,” sussurro, la voce incrinata. Mi spoglia piano, con una dolcezza che mi scioglie. Le sue mani, calde e sicure, mi accarezzano ovunque, e il suo respiro sul mio corpo è una carezza. Mi bacia, mi esplora, il suo profumo di agrumi e sudore che mi inebria. Mi abbandono a lui, eccitato, vulnerabile, alzando le gambe per offrirgli tutto di me. Usa un gel profumato alla lavanda, il freddo che si scalda sulla mia pelle, e mi prende con una forza che è amore puro.
Ogni affondo è un’esplosione di piacere, un misto di vigore e dolcezza che mi fa tremare. Il suo cazzo mi riempie, mi completa, e ogni movimento è una promessa, un grido d’amore. Il profumo di lavanda si mescola al suo odore, caldo e muschiato, e il suono dei nostri gemiti si intreccia con la musica. Mi masturbo, il ritmo dei suoi colpi che mi spinge al confine del piacere, e veniamo insieme, un’esplosione che ci unisce in un istante perfetto. Il mio piacere mi inonda la pancia, il suo mi avvolge dentro, un calore che mi segna. Rimaniamo sdraiati, ansimanti, la sua mano che accarezza la mia pelle, il suo respiro sul mio collo. È un momento di intimità assoluta, la sua voce, un sussurro, dice: “Cazzo, Piero, ti voglio troppo.” Ma so che questo amore è fragile, che il 1988 non ci perdonerà. La paura di perdere la nostra amicizia, il nostro passato, mi stringe il cuore. Eppure, in questo momento, con il suo corpo contro il mio, il suo profumo che mi riempie, non voglio altro. Solo lui.
I giorni passano, e io e Marco viviamo in un limbo di sguardi rubati e momenti nascosti. Il desiderio è una droga, ma ogni tocco è accompagnato da una sofferenza sorda. Il mondo fuori è ostile, pieno di giudizi. La nostra amicizia, costruita in anni di risate e confidenze, è in bilico. Nel suo garage, una sera, l’odore di olio motore e legno vecchio nell’aria, Marco mi guarda. “Piero, non so come fare. Ti voglio, cazzo, ma ho paura.”Le sue parole sono uno specchio delle mie. “Anch’io,” dico. “Ma non voglio smettere.”Ci abbracciamo, nascosti nell’ombra, con “Nothing’s Gonna Stop Us Now” di Starship che suona piano. È un momento perfetto, ma fragile. Non c’è una risposta facile, forse non c’è un futuro. Ma con il suo calore contro di me, il suo profumo che mi riempie, voglio crederci, anche solo per ora.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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