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In soffitta con la cugina


di ClaudioGusson
11.07.2012    |    68.007    |    8 9.6
"Così, tremolante, appoggiai ubbidiente le labbra al centro di quella nicchia di piacere..."
C’è sempre una prima volta.

Tutto ebbe inizio, quando avevo solo quattordici anni.
Le vacanze estive erano appena incominciate.

Vivevo in un casolare di campagna. Una fattoria, costruita al tempo del fascio. Il caseggiato, di tipo colonico, oltre alla mia famiglia, accoglieva anche quella di mio zio. Era difficile distinguere i due nuclei, poiché vivevamo in perfetta simbiosi. L’abitazione, seppure divisa in due appartamenti distinti, aveva il solaio in comune.

Quell’estate stavo iniziando a strimpellare le prime note su una vecchia chitarra, comprata al mercatino dell’usato. Lo strumento non era un granché, ma, in quel momento, rappresentava una soluzione vitale per combattere la noia, che, altrimenti, avrebbe caratterizzato quella calda estate.

I miei tre fratelli maggiori ed i quattro cugini mi avevano costretto a rifugiarmi nella soffitta, perché non sopportavano il casino che facevo con quello strumento infernale.
Diversamente da loro, non amavo la vita dell’oratorio. Il parroco era pedante e cercava di tenerci occupati in attività ludiche che consideravo stupide e alquanto infantili.
Insomma, ho preso la distanza dagli altri facendo vita solitaria, come il nostro grande poeta Leopardi.

Tuttavia non ero sempre da solo; per fortuna c’era Sara, la mia cugina preferita. Era una ragazza estroversa e sempre solare. Ogni tanto mi raggiungeva nel solaio, perché le piaceva cantare le canzoni di Battisti.
Per farle cosa gradita, imparai in fretta le note delle canzoni più famose del sommo cantautore; così, insieme, potevamo cimentarci a squarciagola in un coro assordante. All’epoca lei aveva diciotto anni. Era una ragazza molto bella. Aveva capelli neri corvini, occhi verdi e pelle candida come la neve, ed ero perdutamente innamorato di lei. Purtroppo era anche fidanzata. Questo, in ogni modo, non rappresentava un ostacolo per il mio cuore, poiché ero maledettamente cotto di lei.

A causa di quel sentimento non corrisposto odiavo lo stronzo che le ronzava attorno.
La soffitta era diventata il ricettacolo dei vecchi mobili in disuso. Tra questi c’erano due vecchie poltrone ed un divano. Sara, in quell’estate afosa, doveva affrontare gli esami di maturità, perciò era perennemente attaccata ai libri.

Spesso mi raggiungeva, e con passo felpato, quasi silente, compariva all’improvviso davanti ai miei occhi, tenendo in mano i grossi tomi.
Quando entrava accennavo ad alzarmi per lasciarle il locale, lei, sorridente, m’invitava a restare, incitandomi a continuare a strimpellare le corde della chitarra. Si allungava con delicatezza sul divano e, incrociando le gambe, si concentrava nella lettura.
Il caldo era insopportabile, e qualche volta, senza alcun imbarazzo, in considerazione del rapporto di parentela che ci legava, si presentava in costume da bagno o addirittura in mutande e reggiseno.

Per me quei momenti diventavano un vero e proprio tormento mentale.
Le mie mani vagano sulle corde della chitarra senza alcuna logica, giacché la testa era totalmente stordita dalla visione del suo corpo sensuale, adagiato magnificamente sul sofà in posizioni superbe, che stimolavano la passione morbosa dei miei sensi.
Turbato da quella visione celestiale, inventavo mille scuse per sottrarmi, mio malgrado, da quello incanto.
Di solito correvo a chiudermi dentro il bagno dove mi cimentavo in sublime seghe, dedicate alla mia bellissima e conturbante cugina.

Un desiderio che pensai irrealizzabile, si avverò inaspettatamente come un miracolo.

Un pomeriggio, molto afoso, simile ai precedenti, mentre ero nel solaio, impegnato a strimpellare sulla solita chitarra, la mia attenzione fu destata da urli provenienti dal cortile.
Mi precipitai alla finestra e notai Sara, arrabbiata, che stava strattonando violentemente il suo ragazzo. Lui incassava l’assalto senza reagire, evitando il suo sguardo. Ad un certo punto lo vedo correre verso la vecchia fiat 127, salire ed avviare il motore.
Sara, mentre lui fuggiva, raccolse una pietra e la scagliò colpendo il cofano.
Il sasso rimbalza e finisce sul lato della strada. Era la prima volta che vedevo mia cugina incazzata in quel modo. Devo ammettere di essermi impressionato moltissimo.

Alcuni minuti dopo, Sara mi raggiunge nella soffitta. Il suo volto è cupo e non mi degna d’alcuno sguardo, anzi mi passa sui piedi lanciandosi sul divano con la faccia in giu.
Il volto era completamente immerso nelle braccia incrociate. In quel momento non sapevo cosa fare, ero molto intimorito da lei, quasi spaventato.
Ad un tratto provai compassione perché la sentivo singhiozzare.
Così, facendomi forza, decisi di avvicinarmi a lei. M’inginocchiai al lato del divano e, accarezzandole il capo, le sussurrai parole dolci, di conforto con voce commossa dall'emozione.
In quegli istanti drammatici non potei fare a meno di osservarla attentamente, e notai che il suo sedere rotondo, in tutta la sua superba sensualità, provocante, si mostrava ai miei occhi.
Quella visione mi provocò un forte scossone all’inguine, che passò alla schiena, facendomi vibrare come un fuscello.
Davanti a quella vista, come prima reazione, ebbi una poderosa erezione del cazzo che oscenamente si era ingrossato agitandomi. In quegli istanti, il tepore del suo corpo di donna adulta mi turbava fortemente i sensi.

Era la prima volta che mi accostavo ad una donna con tanto desiderio in corpo. Ero un adolescente quindi non riuscivo a controllare la reazione del mio corpo.
Le emozioni che stavo provando erano insolite, ma straordinariamente piacevoli.

Finalmente Sara si accorge di me, alza il capo e mi fissa con gli occhi ancora bagnati dalle lacrime; poi mi attira a se, stringendomi in un forte abbraccio.
Improvvisamente mi trovai con il viso immerso nei suoi capelli e le labbra a contatto con la pelle del suo collo.
Rimasi stordito dal profumo e folgorato dalla fragranza femminile di quel corpo rotondo e morbido. Così, stimolato da quegli efflui iniziai a stringere forte e ad accarezzare la schiena.
In quello istante, inconsapevolmente, mi trovai con una mano che vagava all’interno delle cosce. Immediatamente percepì il calore e la morbidezza della pelle ed il tepore che emanava la figa, attraverso la sottile stoffa delle mutandine.

Dio mio, ero dannatamente eccitato, e non mi rendevo conto di quello che stavo facendo.
Continuai ad accarezzarla senza aspettare il suo consenso, con il palmo della mano iniziai a sfiorare il gonfiore delle labbra vaginali, che si percepiva da sotto la lieve stoffa delle mutandine, avvertendo sensazioni inaudite. Mi sembrava di toccare il cielo.
D’istinto, cominciai a baciarle il collo. Lei non diceva ancora nulla, lasciandomi fare tutto quello che la mente suggeriva.

“Mario… fermati! mi stai soffocando!

Quelle parole mi ghiacciarono il sangue ed il respiro si fermò in gola.
Poi, ripresi a respirare regolarmente quando mi disse, con voce rotta dal desiderio.

“Aspetta! Non si fa così! Devi controllare il tuo impeto! Ora calmati!

In effetti, mi ero buttato sopra di lei come un leone, e le mani sembravano quelle di una belva affamata che si accaniva sulla preda senza lasciarle scampo. Sorridente aggiunse:

“Ei cuginetto! sei diabolico, hai fatto venire voglia anche me! Siediti sul divano!

Mi sedetti al suo posto. Lei si inginocchiò di fronte, mi accarezzò le gambe fino alla zip sbottonandomi i pantaloncini.
Dopo averli sfilati, iniziò a palparmi le mutande, in corrispondenza del cazzo.

“Caspiterina! Sei così giovane ma dotato! Fai vedere cosa c’è qui sotto?

Così dicendo, mi abbassò le mutande fino a metà coscia. Appena vide il cazzo, sgranò gli occhi, osservandolo intensamente. Poi il silenzio fu rotto dalle sue parole:

“Mmm E’ proprio quello che ci vuole per rendere la pariglia a quello stronzo!

Mi fissò il cazzo mordendosi le labbra. Anche lei si era eccitata, come me.
Lei diversamente da me, aveva già avuto esperienze con il suo ragazzo. Sapeva il fatto suo. Così, con mani esperte e delicate, cominciò a spostare con dolcezza la pelle tesa del cazzo, senza stringerla forte, per tutta la lunghezza del nerbo.
Quindi, serrandolo saldamente, la fece scivolare veloce sulla massa dura, iniziando una lenta e sublime sega. Quel contatto diretto mi provocò un forte tremore ai reni. La sua azione sul cazzo mi dava un piacere quasi incontenibile, ed il corpo, non ancora abituato a quelle forti sensazioni, sussultava.

“Mario! Tremi tutto! E’ la prima volta?
“Si!

Quel “si” sembrò scatenare la sua libidine. Il suo sguardo rifletteva una morbosità incredibile. Era dannatamente eccitata dall’idea di iniziarmi ai piaceri della carne.
Infatti, spinta da bramosia, si piegò sul mio grembo e con la bocca carnosa ed avida afferrò la cappella rossa e lucida come una biglia di vetro, accogliendola interamente nella cavità orale; poi continuò ad ingoiarlo fino a farmi toccare il fondo della gola. La sua lingua ogni tanto, seguendo il profilo della cappella, leccava delicatamente l’asta fino a lambire i coglioni.
Dio mio, mi sembrava di svenire. Il caldo avvolgente della sua bocca pareva un soffio di fuoco.
Stavo per abbandonarmi al piacere estremo di quel sublime pompino, quando avvertì il freddo dell’aria, aveva interrotto bruscamente il contatto con la sua bocca.

Sara si era reso conto della mia inesperienza, forse, aveva colto i primi segni di godimento suscitato dal pompino. Si fermò in tempo ad evitare una sborrata precoce.

La guardavo perplesso perché non capivo che cosa avesse in mente.
Poi finalmente la vidi alzarsi in piedi, e davanti ai miei occhi, iniziare a spogliarsi con movimenti lenti e sinuosi, come se stesse seguendo un motivo musicale che solo lei poteva sentiva.
La camicetta, sbottonata lentamente, svolazzò ai suoi piedi. La gonna, aperta su un fianco, costretto dalla forza di gravità, scivolò lungo le gambe, sino ad assottigliarsi attorno alle caviglie. Stessa sorte toccò al reggipetto, che scoprì un seno superbo, appuntito, seguito poi dall’indumento più intimo, che rivelò, per la prima volta ai miei occhi, il santuario del piacere, che da quel giorno diventò il capriccio dei miei pensieri.

La figa, coperta da un folto pelo nero e riccio, si era materializzata come d’incanto davanti al mio naso.
Sara si allontanò da me ed andò a sedersi sulla poltrona di fronte; spalancando le gambe. Sorridente mi fece segno di avvicinarmi a lei.
Dio, quanto era bella.
Io, con tutta la titubanza e l’insicurezza di un adolescente, mi avvicinai a lei, come si fa a scuola davanti alla maestrina, imbarazzato, col cazzo che oscenamente sporgeva dal grembo, duro come l’acciaio.

“Vieni! Inginocchiati davanti a me!

Da buono scolaretto eseguì alla lettera il suo comando.

“Guarda! Ti piace?
“Si!

Aveva le cosce spalancate al massimo.
Con le dita della mano si era aperta la figa mostrandomi la carne viva. Finalmente, era la prima volta che la vidi, com’era fatta.
Scoprì con sorpresa che non era come l’avevo immaginata. Ai miei tempi era assai difficile procurarsi una rivista porno.
Notai stupito un botticino sulla sommità, due labbra frastagliate sporgenti fra due spesse prominenze coperte di peli, al centro si scorgeva la carne viva, color rosa, che brillava come se fosse stata unta da una sostanza oleosa.

“Dai! leccala!”

Quell’invito mi sembrava assurdo; tuttavia, sentivo dentro di me un forte istinto naturale di assecondarla. Così, tremolante, appoggiai ubbidiente le labbra al centro di quella nicchia di piacere. Fui subito investito da una forte fragranza, che non era cattiva, anzi scombussolava i sensi.
Stordito da quel forte effluvio, mi ritrovai con la bocca immersa nella morbida peluria, completamente unta dagli umori vaginali.

“Ora lecca! mmmmmmm

Sara emise un leggero lamento. Mentre io avevo le vertigini, e i brividi che palpitavano nelle zone lombari.
Dopo i primi colpi di lingua, diventai più audace e la leccata più forte. Da come gemeva capivo che stavo deliziando quella fonte di piacere.
Sara, agitando i fianchi, dimostrava di gradire la mia azione, nonostante l’inesperienza. Per spronarmi mi toccò i capelli, spettinandoli, mentre si dimenava frenetica in modo serpentino.
Ad un tratto, stringe le cosce e mi afferra il viso, costringendomi a fissarla negli occhi. Il suo sguardo era lucido, lasciava trasparire i pensieri sconvolgenti, era eccitata, e si notava una bramosia quasi animalesca.

Con voce rauca, indotta dal godimento:

“Vieni! Avvicinati con il cazzo alla figa!

Con quella frase capì che era giunto il momento di battezzare il cazzo.
Tremavo come una foglia all’idea di varcare quel santuario di piacere. Fu la sua mano esperta a guidarmi.
Lo afferrò saldamente con una mano, mentre con l’altra si aprì l’ingresso della figa, poi puntò la cappella in mezzo alla carne viva e spinse lo scoscio verso di me.

“Mmmmm

Un lieve gemito le uscì dalla sua bocca.

La sua audacia non si placa, tenendo il cazzo fermo, lentamente, si avvicina, fino a far collimare il suo monte di venere al mio grembo, facendo così entrare interamente il resto del nervo dentro di se.

“Mmmmmm si iiiiiiiii

Appena il caldo della sua fica mi avvolse il cazzo, la spina dorsale vibrò come una corda di chitarra. Ebbi l’impressione di aver immerso il cazzo in un forno. Era dannatamente piacevole.

“Dai! Adesso muoviti dentro di me veloce! cugino fottimi forte!

Non me lo feci ripetere una seconda volta. Iniziai a spingere con impeto senza regole, guidato sola dalla mia passione. Le afferrai le natiche, le sollevai puntando le ginocchia sul bordo della poltrona, e iniziai a pompare velocemente in profondità, spingendo come un folle dentro quel tabernacolo di piacere.
La sua figa era calda ed accogliente. Il mio cazzo spariva dentro di lei ad un ritmo convulso.

“Mmmm dai mmmmm così mmmmm

Sara mi accarezzava le spalle, mentre si lamentava con voce stravolta dal piacere, invitandomi a calmarmi.

“Tranquillo! Mario, mmmm muoviti così mmmm bravo mmm

Presi un forte respiro, rallentando i movimenti del bacino. Poi cominciai nuovamente a prendere un ritmo, più normale ma costante.
Lei sorrise in segno di assenso, dimostrando di gradire quegli affondi. I coglioni, presi in quel turbinio di movimenti frenetici, sbattevano violentemente contro il perineo e parte della poltrona, ma non sentivo alcun fastidio perché il piacere era immenso.

Ad un tratto le labbra della sua bocca si avvicinano alle mie e mi bacia. Avverto la sua lingua che cerca il contatto con la mia. Avevo sentito alcuni amici parlare dei baci e delle sensazioni che davano; ma quello mi apparve straordinario.
Mi era piaciuto, cosi, spesso cercavo le sue labbra, e dopo un poco iniziai a capire che dovevo essere io a condurre la danza delle lingue. Mi piaceva sentire il calore della sua bocca e mentre la baciavo esultavo dentro di me perché stavo realizzando un desiderio che fino a pochi istanti primi sembrava una vera utopia: scoparmi Sara.

Mentre mi trovavo incastrato nelle sue cosce, avvertivo il suo corpo fremere, ed agitarsi frenetico sotto di me, nello stesso istante sentì la sua fica pelosa, pulsare come la stretta di una mano.

Temevo di svegliarmi da quel sogno bellissimo, come sempre, nel mio letto, con le mutande sporche di sperma.

Però le unghie delle sue dita mi riportarono alla realtà. Non c’era alcun dubbio. Non era fantasia, ero con Sara nel solaio e stavo scopando con lei.

Consapevole che era tutto reale, in piena frenesia dei sensi, strinsi i fianchi di Sara ed accelerai il ritmo degli affondi fino a raggiungere una perfetta sintonia con i suoi movimenti.
Fu in quel momento che mi resi conto che Sara stava cantando di piacere, singulti di gioia che emetteva come una cantilena cacofonica, che aleggiava nel solaio, simile all’eco di una sirena.
Le sue gambe erano aperte e s’innalzavano oscenamente spalancate verso l’alto, come due torri, permettendomi di insinuarmi ancora di più a fondo e dentro il suo corpo eccitato, ero stretto tra le sue cosce.

La titubanza adolescenziale svanì quasi subito. Dopo alcuni colpi assestati con un ritmo crescendo e senza interruzione, diventai più spavaldo. Mi resi conto che Sara era completamente in mio potere. Ero io che le stavo dando piacere e no quello stronzo del suo ragazzo. L’amore che sentivo per lei, si era trasformato in una furia della natura, quasi un uragano, ed avvertivo i fremiti di quel corpo che godeva ad opera mia, ed io, parimenti, fremevo all’unisono con lei.

Il cazzo, proiezione della mia mente, spariva nella peluria riccia ad una velocità incredibile, desiderando di infilarmi interamente dentro di lei; volevo che una parte di me si fondesse con lei.

“Cazzo! Esci subito!

Quel grido mi riportò alla realtà. Dopo quella frase seguì una poderosa sborrata che si cosparse sul suo ventre.
Lei, presa dalla frenesia dei sensi, con il palmo della mano s’impregnò le dita e si sparse il seno con il liquido seminale e, con ingordigia, se li leccò avida.

“Ei! Cuginetto! Sei stato straordinario!

Mi strinse a se e mi diede un bacio passionale. Stavolta fui all’altezza della situazione.
Fu la mia prima volta, e quella fu un’estate indimenticabile.

Così va la vita

Guzzon59 ([email protected])
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