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La scoperta del sesso grazie a mio nonno - 1 di 2


di jeepster
30.10.2016    |    55.293    |    11 8.9
"Allora continuò: «Va bene, dai..."
Sono cresciuto in un piccolo paese della Basilicata; dopo che il nonno paterno rimase vedovo, i miei si trasferirono a casa sua.
Lui andò a occupare la stanza che era stata di mio padre, lasciando ai miei genitori la più ampia camera da letto; io dormivo al piano di sotto, nel divano letto che si trovava nella grande cucina che fungeva anche da soggiorno. Quando la mattina i miei si preparavano per uscire, per quanto facessero attenzione, a volte mi svegliavano ma per me non era un problema, se avevo sonno mi riaddormentavo o a volte ne approfittavo per finire i compiti di scuola.
Il bagno si trovava al piano di sopra, in fondo al corridoio su cui si affacciavano le altre due stanze.
Una mattina, andando in bagno dopo essermi appena svegliato, passando davanti alla porta della camera del nonno, vedendola semichiusa (forse per far circolare di più l'aria), mi fermai per capire se anche lui fosse già sveglio.
Proprio in quel momento, senza avvedersi di me che lo stavo guardando da fuori, lo vidi alzarsi dal letto e con mia grande sorpresa scoprii che aveva dormito completamente nudo. Era la prima volta che mi capitava di vedere un uomo adulto senza niente addosso e fui notevolmente colpito nel constatare che quello che aveva mio nonno in mezzo alle gambe non aveva niente a che fare con ciò che avevo io in mezzo alle mie. Restai a guardare incuriosito finché quando rivolse lo sguardo verso la porta, si accorse che lo stavo osservando e dall’espressione severa e contrariata che assunse, capii che non approvava ciò che stavo facendo e così mi allontanai subito per raggiungere frettolosamente il bagno.
Mentre facevo pipì il cuore mi batteva forte, ero confuso e frastornato, guardavo il mio pisellino e mi sembrava impossibile che un giorno anch’esso sarebbe potuto essere come quello del nonno. Avrei voluto vederlo meglio e più da vicino, magari arrivare anche a toccarglielo ma vista la reazione che aveva avuto, pensai che mai sarebbe stato possibile.
Quando tornai in corridoio vidi che la porta era ben chiusa ma ci passai davanti velocemente per paura che uscisse a rimproverarmi.
Trascorsero alcuni giorni in cui continuamente ripensavo alla scena che avevo visto quella mattina e aumentava sempre di più in me la voglia di rivedere il pisello del nonno. Tutte le mattine mi recavo in bagno con la speranza che si ripetesse la fortunata coincidenza, ma niente; allora il pomeriggio cominciai ad andare in camera sua per guardare la tv insieme a lui e cercare di trovare il modo di fargli capire il mio interesse nei suoi confronti, magari mi avrebbe accontentato, chissà?
Mi comportavo in modo molto affettuoso e trovavo ogni scusa per avere con lui un contatto fisico. Pure lui era molto affettuoso; gli piaceva abbracciarmi, carezzarmi la testa o tenermi la mano; finché una volta, stringendo la sua, riuscii a poggiargliela abbastanza vicino al rigonfiamento del suo pube ma quando provai ad avvicinarmi di più, facendo resistenza con la sua, me lo impedì, ma senza dire niente. Il fatto che non si arrabbiò né mi rimproverò in alcun modo, mi spinse a essere ancora più determinato nel voler ottenere quello che avevo in mente.
In uno dei pomeriggi successivi, sempre mentre guardavamo insieme la tv, con il nonno che mi cingeva col suo braccio e io con la testa poggiata sulla sua spalla, mi venne in mente una scusa per poter avvicinare di nuovo la mia mano al suo pacco. A un certo punto mi voltai leggermente verso di lui, allungai il braccio verso la sua patta, gli toccai delicatamente con un dito i bottoni della chiusura e gli chiesi: «Nonno, ma perché porti solo pantaloni con la chiusura a bottoni? I miei sono quasi tutti con la chiusura lampo, non ti piace la zip?».
«No! – rispose deciso – è un’invenzione stupida! S’incastra sempre e una volta mentre facevo pipì si stava richiudendo da sola e così mi ha stretto un po’ di pelle tra i dentini facendomi vedere i sorci verdi. Da quella volta ho detto a tua nonna di non comprarmi mai più dei pantaloni con la lampo e di sostituire subito quella con dei bottoni».
«Ma coi bottoni ci si mette più tempo, se uno se la sta facendo sotto va a finire che se la fa addosso» ribattei, mentre col dito tamburellavo alternativamente sui vari bottoni.
«Basta non ridursi all’ultimo momento, come fai sempre tu!... e poi non ci vuole tanto di più, guarda!».
Sollevandosi a sedere, con entrambe le mani si sbottonò e riabbottonò in pochi secondi la patta e quindi disse: «Visto?... non ci vuole tanto di più, se te la fai addosso vuol dire che neanche con la zip avresti fatto in tempo».
«Sarà, ma a volte io ci metto un sacco ad abbottonarmi e a sbottonarmi… posso provare com’è con la tua?» gli chiesi.
«Certo, vedrai che è facilissimo… prova!» mi esortò il nonno, pensando che non avessi alcun secondo fine nel compiere quella semplice operazione.
Di fatto semplicissimo non fu, perché non tutti i bottoni erano uguali e ce n’era uno leggermente più grosso che richiese uno sforzo in più per farlo uscire e poi rientrare nell’asola.
La cosa non mi dispiacque perché naturalmente mi consentì di avere con le dita un contatto più prolungato col suo rigonfiamento, permettendomi di sentire qualcosa di consistente sotto la stoffa, che mi sorprese e m’incuriosì ulteriormente.
«Visto nonno, che non era così facile come dicevi?... a quest’ora già me l’ero fatta sotto» gli dissi, quasi con un tono di rimprovero.
«Certo, perché c’era un bottone che non è come gli altri e non te l’aspettavi… ma ora che lo sai vuoi vedere che farai prima?... riprova, dai!» ribatté lui.
Non me lo feci ripetere e ricominciai subito a sbottonargli la patta ma questa volta ci misi volutamente più del necessario, facendo finta di non riuscire a sbottonare quel bottone diverso dagli altri; così mi accorsi che la cosa che stava sotto la stoffa si era indurita e ingrossata ancor di più, perciò quando ebbi finito di sbottonare tutti i bottoni, anziché riabbottonarli subito, non seppi resistere all’impulso di toccare ciò che avevo così a portata di mano e perciò infilai dentro le mie dita per tastare il duro bozzo ancora coperto dalla stoffa delle mutande.
A quel punto mio nonno mi afferrò di scatto il polso per bloccarmi e con tono arrabbiato esclamò: «Cosa fai?».
Sentii come un tuffo al cuore e lo stomaco contrarsi; la sua reazione mi aveva spaventato e senza guardarlo in faccia risposi: «Scusami nonno, volevo solo capire cos’era questa cosa dura che sentivo lì sotto».
«Lo sai benissimo cosa c’è qua sotto… cosa credi? che non mi sono accorto che l’altro giorno mi stavi spiando mentre ero in camera mia?... che ti passa per la mente? Non lo sai che certe cose non si fanno?».
«Ma nonno, io non volevo fare niente!... e poi quella volta non ti stavo spiando, solo che quando per caso ti ho visto alzarti dal letto ho notato che il tuo pisellino era così diverso dal mio e sono rimasto a guardare per curiosità… perdonami, non lo faccio più» dissi tutto tremante, terrorizzato dal timore che ne avrebbe potuto parlare con mamma o, peggio ancora, con papà.
«Sì, ma un conto è guardare, un altro conto è toccare… queste cose tra maschi non si devono fare e ancor meno tra parenti… sono una perversione!» aggiunse lasciandomi finalmente il braccio.
«Una perversione?... e cos’è?» chiesi stupito.
«È una brutta cosa, anzi bruttissima… ma vabbè, lasciamo stare, voglio crederci che la tua era solo curiosità. Quindi mi vorresti dire che tu non hai mai visto prima il… “pisellino” di un uomo grande?».
«Sì, è così nonno, te lo giuro!» risposi prontamente.
«Va bene, adesso te lo faccio vedere meglio, così ti levi la curiosità… ma poi non se ne parla più, intesi?»
«Sì, prometto!»
Intanto mentre parlava non aveva smesso di massaggiarsi il pube, così quando se lo cacciò fuori dalle mutande era già piuttosto barzotto; allora iniziò a far scorrere su e giù, lungo tutta la sua lunghezza, la mano che avvolgeva il suo “salsicciotto”. Vedevo che pian piano diventava sempre più grosso e la cosa mi meravigliò molto, così pure quella specie di gioco a nascondino della parte superiore che veniva scoperta e ricoperta dalla pelle. Mi sembrava una specie di prodigio quello a cui stavo assistendo e così gli chiesi se potevo toccarglielo almeno per un attimo.
«Ah, allora insisti!... Ti ho detto che non va bene toccarsi tra maschi nelle parti intime!» aggiunse dopo avermi guardato negli occhi per qualche secondo, notando però anche l'espressione mortificata e contrita della mia faccia. Allora continuò: «Va bene, dai... ma solo per questa volta e solo per un attimo, prima però chiudi a chiave la porta, perché tra poco torna tua madre e se ci dovesse trovare così, mi accoppa all’istante. Queste cose non si devono fare e perciò nessuno deve mai saperlo, sennò sono guai seri, hai capito?» concluse con tono ammonitorio.
«Sì nonno, ti prometto che non lo dirò mai a nessuno» risposi, dopodiché mi avvicinai a lui e allungai una mano per toccarglielo. Fui stupito innanzitutto dal gran calore di quell’asta di carne, da come fosse liscio, nonostante le venature che lo attraversavano; poi dalla sua durezza, che sentivo tastandolo ripetutamente con le mie dita; non resistei all’impulso d’impugnarlo e far scorrere la mano come gli avevo visto fare poco prima, così dopo aver guardato il nonno con un espressione implorante sul mio viso, cominciai a masturbarlo e lui mi lasciò fare dicendo: «Va bene… così vedrai anche cosa succede dopo un po’ che si fa questo servizio».
A quel punto però assunse un atteggiamento totalmente indifferente rispetto a quel che stava succedendo: si accese pure una sigaretta e continuò a guardare la tv. Venne poco dopo, con un sussulto e un gemito che un po’ mi spaventarono; con una mano parò i primi schizzi di sperma e poi lasciò che il resto colasse nella mia, che continuava a stringerlo dopo che con l’altra sua mano mi aveva fatto smettere di menarglielo.
È indicibile l’emozione che provai in quel momento, tra eccitazione e stupore continuo: com’era possibile che il mio toccarglielo avesse potuto provocare quella reazione nel nonno? E cos’era questa strana “pipì” biancastra e appiccicosa che gli era uscita dal suo... “pisellino”?
Era successo tutto così velocemente che non avevo avuto neanche il tempo di realizzare ciò che stessi facendo; evidentemente, nonostante il suo apparente distacco, dovette essere molta l’eccitazione che provò mio nonno, visto che dopo tanti anni era una mano diversa dalla sua a fargli una sega. Appena finito di sborrare si alzò, ma senza tirarsi su i pantaloni; io rimasi seduto aspettando che mi dicesse cosa fare; lui prese un fazzolettino di carta dalla confezione che era sul suo comodino, si pulì la mano sporca di sperma, quindi ne prese un altro e se lo strofinò su tutto il pube; infine un altro ancora e me lo porse dicendomi di pulirmi bene la mano. Mentre lo facevo, si avvicinò e mi prese dolcemente la testa poggiandola sul suo pube, tenendola ferma; poi iniziò a dondolare lievemente e così adesso sentivo il suo cazzo, ora del tutto morbido, che si strofinava sulla guancia ma soprattutto sentii per la prima volta quel particolare afrore misto di sperma e sudore che d’allora in poi per me avrebbe significato “l’odore di maschio”.
Probabilmente quel suo gesto voleva essere un modo per ringraziarmi del piacere che gli avevo procurato.
Si staccò dopo circa un minuto, si tirò su i pantaloni e si ricompose; quindi disse: «Adesso scendi di sotto a fare i compiti o a giocare, non voglio che tua madre ti trovi qui appena torna... e ricordati della promessa che hai fatto, sennò saranno guai seri per tutt’e due».
«Sì, nonno, giuro che non lo dirò mai a nessuno».
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