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LA SEGA IN CANTINA


di jeepster
17.12.2017    |    73.028    |    10 8.7
"Certo che il fresco ti fa uno strano effetto in mezzo alle gambe… guarda caso la stessa cosa che succede quando si sfogliano certe riviste come questa… che..."
«Gianni, mi andresti a prendere la sega che ho dimenticato giù in cantina?... Attento, non è quella poggiata sulla vecchia credenza, è quella che ho lasciato sul mobiletto accanto, quello dove tengo i giornali vecchi» mi chiese mio padre intento a fare dei lavori in casa con me che ero lì ad osservarlo.
Avevo visto spesso mio padre utilizzare vecchi quotidiani quando verniciava o quando utilizzava olio o lubrificanti ma non avevo mai visto da dove li avesse tirati fuori; però senza fare domande risposi: «Va bene Pa’, vado».
Quando fui in cantina trovai subito la sega e per sincerarmi che fosse proprio quello il mobiletto che mi aveva indicato mio padre, aprii lo sportello e vidi che infatti conteneva una grossa pila di quotidiani ma non solo, sotto ai giornali dovevano esserci anche delle riviste e a giudicare dal formato e dallo spessore, quelli che potevano essere addirittura dei giornaletti a fumetti. La cosa mi incuriosì ma non mi soffermai a verificare, però mentre tornavo di sopra mi ripromisi di tornare con calma a dare un’occhiata per vedere meglio che cosa c’era in quel mobiletto. Ne ebbi l’occasione qualche giorno dopo.
All’epoca avevo 14 anni, era la metà degli anni 70, abitavamo in una modesta villetta in campagna, poco fuori dal centro abitato del piccolo paese di provincia in cui sono nato.
I miei si dedicavano alla coltivazione del terreno che circondava la nostra casa, dove c’era una vigna, un frutteto con alberi di mele, pesche e albicocche e anche degli alberi di olive; poi degli appezzamenti dedicati alla coltivazione di fiori e altri coltivati a ortaggi di vario tipo; avevamo anche un pollaio con un discreto numero di galline, che oltre ad assicurare uova fresche e genuine per il consumo familiare, ne facevano abbastanza in eccesso, così da poterle vendere; infatti i miei gestivano anche un banco al mercato settimanale del paese dove andavano a vendere i prodotti della nostra terra.
Durante l’estate, quando né io né Stefano (mio fratello di 4 anni più grande di me) andavamo a scuola, capitava che andassimo a dare una mano a mia madre se mio padre aveva da fare nei campi e non poteva andare al mercato insieme a lei; io andavo solo quando neanche mio fratello poteva.
Fu proprio una mattina in cui mia madre e mio fratello erano al mercato e mio padre impegnato col trattore nei campi che mi venne in mente di andare a vedere cosa c’era in quel mobiletto. In effetti era assolutamente normale che papà conservasse una cospicua quantità di quotidiani e riviste, giacché venivano utilizzati per incartare la merce che vendevamo al mercato; quello che mi era sembrato strano era che ci fossero anche degli albi a fumetti e così volli andare a vedere soprattutto con la speranza che ci fosse qualche “Alan Ford”, “Diabolik”, “Kriminal” o anche “Tex”, “Zagor” o “Blek”.
Macché, niente del genere; c’erano solo 4 o cinque albi in formato pocket di personaggi che non avevo mai avuto occasione di leggere: “Vartan”, “Zora”, “Messalina” e “Isabella”, credo di ricordare. Ciononostante fui molto felice della scoperta, perché vidi che erano quel genere di fumetti che poco tempo prima mi era capitato di leggere a casa di un mio compagno di scuola che me li mostrò con grande orgoglio e circospezione, la volta che restammo da soli a fare i compiti a casa sua. Quello che accadde dopo si può facilmente immaginare ma questa è un’altra storia. In ogni caso erano un genere di fumetti che mai avrei pensato di trovare in casa, perché semmai mi fossi azzardato a portarveli, sarei stato duramente redarguito.
L’inaspettato contenuto di quegli albi mi spinse ad approfondire la ricerca e così tirai fuori anche le riviste, che in realtà erano per lo più dei fotoromanzi di cui mia madre era una “ghiotta” lettrice; però al fondo della pila ce n’erano alcuni di tutt’altro genere: un paio di fotoromanzi della serie “Supersex” e altre testate che non ricordo; in più qualche numero di “Caballero”, “OV”, “Le Ore”, “Men” che per me allora erano un tipo di letture assolutamente sconosciuto.
Provai una forte emozione mista a contentezza e paura e soprattutto rimasi un po’ turbato nel vedere per la prima volta tante foto di donne e uomini completamente nudi, io che non avevo mai visto neanche un uomo adulto nudo, poiché persino mio fratello faceva attenzione a non mostrarsi mai senza niente addosso (e io lo stesso), nonostante dormissimo nella stessa camera.
A dire il vero le scene che mi turbarono furono quelle di sesso orale, che mi fecero anche un po’ schifo, dato che facevo fatica a immaginare che si potesse anche solo avvicinare la bocca a dei genitali.
Tuttavia credo che passai un bel po’ di tempo impegnato in quella approfondita ricognizione del materiale pornografico che mio padre teneva riposto in quel mobiletto poi dato che ciò che avevo visto mi aveva inevitabilmente provocato una forte erezione, mi affrettai a rimettere tutto bene a posto e corsi di sopra a farmi una sega in bagno.

Passarono un paio di settimane, prima che capitasse di nuovo l’occasione di tornare in cantina; intanto ricordo che aumentò decisamente la frequenza con cui mi masturbavo, ripensando ovviamente alle scene che avevo visto in quelle riviste porno. Ebbi modo di rinfrescarmi la memoria quando una mattina mamma e papà andarono al mercato e mio fratello andò ad aiutare un nostro vicino a riparare la rete del suo pollaio.
La cantina era territorio quasi esclusivo di mio padre; un locale seminterrato con un paio di finestre in alto che davano sul piazzale antistante l’ingresso di casa; raramente mi era capitato di andarci e solo per aiutare papà in qualche lavoro in cui lui mi chiedeva di passargli questo o quell’attrezzo o utensile; così pure mio fratello che sporadicamente lo aiutava a riparare o a costruire qualcosa; a mia madre era stato espressamente vietato di entrarci per il timore che non avrebbe saputo resistere all’impulso di mettere in ordine e così papà non avrebbe saputo più ritrovare quello che gli occorreva: lei acconsentì di buon grado (occhio non vede, cuore non duole).
Non avevo mai fatto molto caso alle cose ammucchiate disordinatamente in quella cantina e nonostante l’avessi avuta sotto gli occhi diverse volte, mi sembrò di vederla per la prima volta quella vecchia e malridotta poltrona proprio accanto al mobiletto, sul quale c’era poggiata anche una frusta abat-jour che “magicamente” si accese. Allora pensai di spegnere la lampada principale cosicché da fuori non si potesse vedere che c’era qualcuno in cantina.
Tirai fuori alcune delle riviste che avevo già visionato l’altra volta e dopo averne scelta una, rimisi a posto le altre e mi sedetti sulla poltrona per “studiare” attentamente il contenuto di quella “selezionata”.
Non era passato molto tempo da che avevo iniziato a sfogliare quella pubblicazione quando mi si fermò il cuore, allorché sentii aprire la porta della cantina. Nonostante il terrore di essere sorpreso a fare qualcosa di molto sconveniente, ebbi la prontezza di nascondere la rivista sotto al cuscino della poltrona e mi appoggiai allo schienale facendo finta di dormire.
«Guarda guarda che bella sorpresa, non sapevo che il mio fratellino avesse l’abitudine di venire a dormire in cantina… ma a quanto pare non è venuto affatto a dormire… » e a quel punto mi sentii afferrare il pisello; naturalmente le mutandine e i calzoncini di stoffa che indossavo, non erano riusciti a nascondere l’evidente erezione. Aprii gli occhi e cacciai un urlo, non tanto per il dolore, quanto per l’insolente e irritante gesto di Stefano.
«E così anche quel porcellino del mio fratellino ha scoperto il nascondiglio in cui papà tiene le sue riviste sporche, vero?» continuò sempre tenendo stretto il mio cazzo.
«Smettila!» urlai, dandogli un colpo al braccio perché lasciasse la presa.
«Di che nascondiglio parli?... non so niente» aggiunsi con tono scocciato.
«Davvero?... alzati un attimo, scommetto che c’è qualcosa sotto al cuscino della poltrona…» disse prendendomi entrambe le mani per costringermi ad alzarmi. Neanche provai a resistere, ormai era meglio fare buon viso a cattivo gioco.
«Ma guarda, avevo proprio ragione, chissà chi ce l’avrà messa questa rivista qua sotto…» disse in tono sarcastico.
«Io non ne so niente… ero sceso solo perché qua sotto è più fresco e di sopra si muore di caldo» tentai di giustificarmi.
«Giusto!... certo che il fresco ti fa uno strano effetto in mezzo alle gambe… guarda caso la stessa cosa che succede quando si sfogliano certe riviste come questa… che strana coincidenza!» continuò lui in tono canzonatorio.
«Ma che dici?... io non ho sfogliato nessuna rivista, che ne posso sapere io di cosa c’era sotto al cuscino?» replicai, insistendo nel mio goffo tentativo di negare l’evidenza.
«Ma tu come mai sei qua? Non dovevi essere da Mario ad aiutarlo col pollaio?» aggiunsi cercando di cambiare discorso.
«È vero, è da là che vengo… solo che dopo un po’ si è fatto male alla mano con le forbici perciò abbiamo dovuto smettere e così sono tornato e non avendoti visto in giro ho pensato che fossi andato con mamma o papà e allora ho pensato di scendere in cantina per fare la stessa cosa che avevi in mente tu… ah ah ah ah!» rispose, sedendosi lui sulla poltrona e iniziando a sfogliare la rivista che aveva in mano.
«Ma che stai dicendo? Io non avevo in mente niente…»
«Dai Gianni, smettila di negare… non c’è niente di male… te l’ho detto: io avevo intenzione di fare lo stesso» aggiunse con tono conciliante, continuando a sfogliare le pagine.
«Ma io non avevo intenzione di fare proprio un bel niente, non so proprio di cosa parli!» dissi io, stavolta fingendo un tono seccato.
«Va bene, come vuoi… intanto vedendo queste foto devo dirti che mi è proprio venuta voglia, se ti va puoi restare e così ce la facciamo insieme…» disse mentre con una mano si tirò giù la lampo dei pantaloni e la infilò dentro gli slip.
«Ma che stai facendo, Ste’? Sei impazzito?» esclamai allibito.
«E dai Gia’, non fare il santarellino con me… non mi dire che non ti sei mai fatto una sega in compagnia coi tuoi amici, io lo faccio ogni volta che andiamo giù al fiume: ci spogliamo tutti e dopo aver fatto il bagno, grande sega di gruppo; vedessi che sborrate!... ora hai la possibilità di farti una sega con tuo fratello, che c’è di male? Non eri venuto quaggiù apposta?»
«Tu sei diventato tutto scemo, ma come ti viene in mente una cosa simile?... anche volendo non ci riuscirei mai, mi vergogno troppo!»
«Non ne vedo il motivo, comunque se ti va puoi restare, sennò ciao…» e così dicendo tirò fuori dalle mutande il suo cazzo ormai in piena erezione.
Rimasi a guardarlo incredulo; per un attimo ebbi il dubbio che non fosse reale la scena che avevo davanti e che stessi sognando poi il forte senso di vergogna che provavo mi spinse a dire: «No, no, me ne vado, tu ti sei bruciato il cervello».
Lui non disse niente e così mi avviai verso l’uscita ma prima di salire le scale mi fermai un attimo, combattuto tra la voglia di andarmene per il grande senso di disagio che mi aveva provocato il comportamento di Stefano e l’opportunità che si era presentata per cambiare totalmente il tenore del rapporto con lui e stabilire un’intimità che mai c’era stata prima.
Tante volte avrei voluto fargli domande o parlare con lui di certe cose ma il profondo senso di vergogna mi aveva sempre bloccato; mentre ora, con la situazione che si era venuta a creare, si poteva dire che molte barriere erano cadute (forse anche troppe) e finalmente avrei potuto confidarmi con lui su alcune questioni.
Tornai indietro e con il viso paonazzo per la vergogna gli chiesi: «Ste’, posso farti qualche domanda?».
«Eh, eh, lo sapevo che saresti rimasto… dai, prenditi una sedia e un’altra rivista così ci divertiamo un po’»
Disse lui ignorando la mia richiesta e continuando a guardare la rivista mentre con una mano si masturbava, incurante della mia presenza.
«Non ci riesco, te l’ho detto… però già che ci siamo, volevo chiederti alcune cose».
«Va bene, però aspetta che sia venuto e poi parliamo di quel che ti pare…».
Annuii e nonostante il permanente senso di disagio, era ancor più forte la voglia di stare lì a guardarlo, a osservare come era fatto il suo cazzo, a vedere come (a differenza di me) riusciva a impugnarlo con tutta la mano.
A un certo punto appoggiò la rivista sul bracciolo della poltrona, quindi infilò la mano libera sotto la sua canottiera per stimolare i suoi capezzoli finché parlando tra sé e sé disse: «Guarda questa che cazzone che ha preso in bocca… ah, potessi esserci io al posto di quello stronzo… sì, succhialo, succhialo porcona, fammi venire, te la caccio tutta in gola la mia sborra… sì, eccomi, ecco… vengo, vengo… sììì!» e così dicendo si sporse un po’ in avanti per schizzare il suo seme sul pavimento e poi accasciarsi all’indietro, sussultando di tanto in tanto e raccogliendo con le mani gli ultimi schizzi di sperma.
Poi, quasi ridacchiando, mi chiese di prendergli un foglio di giornale per pulirsi.
Mentre glielo porgevo disse: «Cazzo, che sborrata! Una sega fantastica… forse è stata la tua presenza che mi ha ispirato, era come se mi stessi esibendo e non potevo certo fare brutta figura… o no? Ah, ah, ah, ah».
Sorrisi senza dire niente, allora continuò: «Potevi fartela anche tu una bella sega, invece hai preferito stare a guardare, che cretino che sei… vergognarti di tuo fratello, incredibile!... vabbè, forse devi crescere ancora un po’… allora, cosa volevi chiedermi?».
«Boh, neanche mi ricordo più, però non ero venuto qua sotto per farmi una sega, le riviste le ho scoperte l’altra settimana, volevo solo guardarle… poi sì, mi sa che dopo sarei andato al cesso a segarmi…».
«Al cesso?... ma meglio di qua? Non hai visto che bell’angolino che si è creato papà? Mica viene qua sotto solo per lavorare e per il fresco, sai? E allora l’inverno?... Cosa credi che si trattiene a fare quando è tardi e non si sentono più rumori e ancora non sale?».
«Cosa? Ma che dici? Anche papà si fa le seghe? Come fai a saperlo?».
«L’ho verificato di persona… Una sera mamma mi ha mandato in cantina per chiedergli una cosa, lui stava dormendo così profondamente che non si è accorto di me; quando mi sono avvicinato l’ho trovato sprofondato in poltrona, con l’abat-jour accesa, con una delle sue riviste caduta per terra e lui con la patta ancora sbottonata e la mano appoggiata sul pacco. Vedendo di che rivista si trattava ho capito al volo la situazione, però non l’ho svegliato e facendo attenzione a non far rumore, sono tornato indietro e dalla porta l’ho chiamato più volte… quando mi ha risposto, perché ovviamente si era ricomposto e aveva fatto sparire la rivista, allora sono sceso e gli ho chiesto quel che dovevo… è stata quella volta che ho scoperto la presenza di certe pubblicazioni in cantina e non mi ci è voluto molto per capire dove le teneva… eh, eh… da allora, è più di un anno ormai, quando c’è l’occasione propizia, vengo qua e ne approfitto».
«Ma dici sul serio o mi stai prendendo in giro? Io pensavo che le seghe uno se le fa perché non ha una donna, sennò che motivo c’è?».
«Beh, anche quando hai una donna non sempre questa è disposta o disponibile e allora se ne hai voglia bisogna che fai da te, è il modo più semplice per sfogarsi e provare piacere… infatti anche se con maggiore o minore frequenza, l’uomo continua a farsi le seghe tutta la vita».
«Ho capito… e invece come si fa a infilarsi un cazzo in bocca? non è schifoso?».
«Ah, ah, ah, ah… e mica lo devi fare tu, tu devi fartelo succhiare, è una sensazione bellissima… poi in cambio devi leccare la fica, alle donne piace molto e non è affatto schifoso, vedrai… il lavoro di bocca serve a tutt’e due per eccitarsi di più, lubrificare gli organi e scopare meglio».
«E tu lo hai già provato?»
«Certo!... c’è una con cui vado ogni tanto, che non posso dirti chi è, che quando gli lecco la fica si scatena, però non me l’ha mai voluto succhiare…»
«Allora come fai a dire che è una sensazione bellissima se non l’hai mai provato?»
«Con lei no, ma una volta con Raffaele e Fabio siamo andati a casa di una puttana che ci ha spompinati a tutt’e tre e non vedo l’ora di riprovarlo… infatti è stata una sensazione talmente bella che sono venuto subito e non me la sono gustata appieno»
«E gli sei venuto in bocca?»
«Sì, anche se lei non voleva… solo che sono stato talmente veloce che l’ho colta di sorpresa… poi te l’ho detto, quasi non me ne sono reso conto neanch’io»
«E lei si è arrabbiata?»
«Ma no, loro ci sono abituate»
«E allora perché non voleva?»
«E che ne so… forse perché doveva farne altri due, io ero il primo… mi ha detto solo “stronzo, dovevi avvertirmi” e io gli ho detto “scusami, non me ne son reso conto”… allora ha detto “va bene, va bene”… e basta»
«Ho capito… senti Ste’, c’è una cosa che voglio chiederti però mi vergogno da morire…»
«Ti ho detto e ti ripeto che non hai nulla di cui vergognarti con me, sono tuo fratello, lo vuoi capire o no?»
«Sì, certo… ma mi prometti che non mi prenderai in giro se te lo dico?»
«E perché? Che sarà mai?... dai, poche storie, con me puoi parlare liberamente, non ti prenderò in giro»
«Va bene… prima, quando ti guardavo mentre ti facevi la sega ho fatto caso a una cosa e ci ho fatto caso anche guardando le foto su quelle riviste…» a questo punto m’interruppi, era troppo l’imbarazzo e non ce la facevo a continuare.
«E allora? Dai, dimmi... a cosa hai fatto caso?... forza, non farla tanto lunga!»
«È che… insomma… sì, ho visto che tu ce l’hai più grosso e lungo del mio e quelli degli uomini sulle riviste sembrano anche più grossi… è così, vero? Come mai? »
«Avevo capito che si trattava di questo… comunque sappi che non è bello far notare a un uomo che il suo cazzo è più piccolo di quello di un altro»
«Scusami, ti prego, non volevo…»
«Tranquillo – mi interruppe – lo so che non volevi e non me la prendo perché in realtà le dimensioni del mio cazzo sono di tutto rispetto in confronto alla media, sono gli attori porno che sono superdotati e infatti vengono scelti proprio per questo ma sono pochissimi… in realtà la stragrande maggioranza degli uomini sono molto meno dotati di quelli là e poi le dimensioni del cazzo sono le più svariate e non bisogna dargli troppa importanza»
«Meno male, io già mi stavo preoccupando»
«Ma non pensarci proprio!... Tu poi hai appena iniziato lo sviluppo, è normale che ancora non hai le dimensioni di quello di un adulto… comunque forza, visto che ce l’hai in tiro fammi vedere come sei messo»
La richiesta di Stefano mi lasciò di sasso e in quel momento realizzai che chiaramente i discorsi che stavamo facendo mi avevano provocato una nuova erezione.
«Cosa? – chiesi esterrefatto – …no, no, non esiste proprio, mi vergogno troppo» mai e poi mai mi sarei mostrato a mio fratello.
«Che palle! – esclamò Stefano scocciato – devi smetterla di fare la verginella… piantala e fammi vedere cos’hai là sotto»
«No Ste’, per favore, non insistere!» dissi con tono fermo e deciso.
A quel punto con uno scatto fulmineo si alzò dalla poltrona e con un rapido movimento mi s’inginocchiò davanti e in un sol gesto mi tirò giù pantaloncini e mutande impedendomi di ritirarli su, nonostante il mio quasi disperato tentativo, cosicché dovetti rassegnarmi a rimanere completamente scoperto.
«Ecco! Avevi paura di rivelare il quarto segreto di Fatima? Non mi sembra che ci sia niente di inimmaginabile da vedere, mi sembra tutto perfettamente normale, ti sono già cresciuti anche un bel po’ di peli… devi solo aspettare che anche lui cresca un altro po’».
Mentre diceva così cominciò a tastarmelo con le dita e a scappellarmelo; iniziai a tremare.
«Che cazzo hai da tremare? Non voglio mica tagliartelo… o mangiartelo!... ah ah ah… a proposito… sei curioso di provare la sensazione di quando te lo prendono in bocca?»
Vista la posizione propizia in cui si trovava, senza dire nient’altro, né darmi il tempo di un’eventuale risposta o reazione, si cacciò in gola il mio cazzo per succhiarmelo.
Rimasi impietrito e sbalordito, provai subito una sorta di stordimento nel sentire quella sensazione arrivarmi al cervello e pervadermi completamente; non pensavo più a nulla se non a quell’enorme piacere che mi suscitava il lavorio della bocca di mio fratello; chiusi gli occhi e mi sembrò di essere catapultato nello spazio o comunque in una dimensione ultraterrena. Non so quanto durò questa cosa; forse qualche minuto o forse solo pochi secondi ma a un certo punto mi parve quasi che stessi per disintegrarmi finché, irrefrenabile, arrivò l’esplosione dell’orgasmo con cui riversai tutto il mio poco sperma nella bocca di Stefano.
«Cazzo! Potevi avvertirmi» lo sentii dire a voce alta, e fu quella frase a farmi tornare in qualche modo alla realtà. Riaprii gli occhi e lo vidi che stava sputando sul pavimento.
«Però… è un po’ salato, ma non ha un cattivo sapore… eh eh eh» aggiunse.
Rimasi fermo a guardarlo cercando di riavermi dallo stordimento di prima, incapace però di dire qualsiasi cosa.
Lo vidi prendere dei giornali con cui pulì prima un po’ di sperma che era rimasto sulla mia cappella, quindi con cura ripulì il pavimento. Fu lui a ritirami su slip e pantaloncini, dopodiché rimise al suo posto la rivista, mi prese per mano e mentre tornavamo di sopra disse: «La prossima volta però la sega ce la facciamo insieme o se ti va, mi renderai il pompino che ti ho fatto, sei d’accordo?»
Piuttosto inconsapevolmente feci di sì con la testa mentre salivamo le scale; «Magnifico!» aggiunse lui.

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