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Prime Esperienze

Da fanciulla.....


di Culettagolosa
07.01.2015    |    6.821    |    3 9.1
"Col passare del tempo, specie le domeniche, venivano a trovarci zii, o cugini, o vicini di casa che, continuando a parlare, mi accompagnavano fin dentro..."
Da Fanciulla…..

Sin da quando ero una piccoletta di 7 anni, e fino ai 16 compiuti, la mia mamma, con la scusa che non riuscissi ad andare al bagno con regolarità, mi somministrava perette a giorni alterni. Mi sono quindi abituata a girare per casa, anche davanti al papà ed al mio fratello maggiore, nella maniera più pratica possibile, per soddisfare….i capricci della mia mamma: sulle prime, indossando una canotta attillata e tanto corta da non raggiungere neppure l’ombelico con, sotto, un paio di minislip che davano solo fastidio e non coprivano un bel niente; più in là ho abbandonato anche quel “fastidio”, andando per casa con la sola canotta. Agli sguardi di mio fratello ero ormai abituata; non lo ero invece, quando in casa si intratteneva un parente o qualke vicino di casa. Mia madre sembrava proprio un’infermiera mancata. Dolcissima e convincente, non perdeva occasione per “soccorrere e curare”, me e mio fratello, alla sia pur minima indisposizione, con farmaci esclusivi, tipo: supposte, perette, o iniezioni. Mentre mio fratello si mostrava alquanto riluttante nel ricevere “certe cure”, io, in qualità di più piccola, dovevo soccombere….ma a me cominciò a non dispiacere affatto, anzi !?! Le prime volte venivo curata restando sola con lei o, tutt’al più, alla presenza di mio fratello. Ed ogni volta ero sempre più eccitata. Col passare del tempo, specie le domeniche, venivano a trovarci zii, o cugini, o vicini di casa che, continuando a parlare, mi accompagnavano fin dentro la camera da letto. Sulle prime, sapere che mi osservavano attentamente mentre mi venivano fatte certe cose, mi procurava un qualke fastidio, che però veniva ampiamente ricompensato dai complimenti che mi facevano per quanto fossi “brava”. La mia mamma, poi, era portata proprio per insegnare agli ospiti di turno, come si praticavano queste “cure” e, sempre più spesso, li invitava a prendere coraggio, mettendomi nelle loro mani, mentre lei dirigeva le “operazioni”. Ero ormai divenuta il vezzo e la piccola “cavia” di tanti, che non perdevano occasione per carezzarmi e palparmi proprio lì….sul mio punto più tenero. Non posso negare che a me piaceva da impazzire e, quando salivamo la rampa di scale che portava alle camere da letto, il “praticante di turno”, la mia mamma con la peretta piena nelle mani e con un canovaccio attorno per non scottarsi e per non far freddare il liquido, ed io, già senza mutandine, li precedevo tutti per infilarmi, non nella mia stanzetta, ma nella camera da letto matrimoniale, che era munita di specchi ovunque, e così potevo ammirarmi, ed ammirare dettagliatamente, tutto quanto mi veniva fatto. Poi lei stendeva un morbido telo sul letto, ed io mi ci adagiavo sopra, posizionandomi col culetto per aria. Lei, prima insalivava bene la cannula, poi, invitandomi a schiudere meglio le gambe, mi insalivava il buketto, frizionandomelo a lungo. Poi mi puntava contro la cannula e, dolcemente me la spingeva a fondo. Cercando di mascherare il piacere che provavo, gemevo dolcemente e gemevo ancora di più quando iniziavo a sentire il liquido caldissimo, riversarsi nel mio culetto, fin dentro la pancina. Quando purtroppo terminava, me la estraeva. Poi col telo mi asciugava delicatamente il liquido colato lungo le cosce, indi mi invitava a serrare le gambe, trattenendo lo stimolo fino a che lei, non mi avesse dato il permesso di poter andare in bagno. Nel frattempo mi tastava e massaggiava piacevolmente la pancina, con una mano, ed il culetto con l’altra. Quando invece erano i “praticanti” a prendersi cura di me, con la scusa di volermi vedere più rilassata, si dilettavano a massaggiarmi a lunghissimo, tutto il culetto; anche le parti, intime, che a nulla avevano a che vedere con “la cura” in corso. Spesso non riuscivo neppure a trattenere i gemiti di piacere e, ricordo che una volta, un mio zio un po’ porcello, e per questo ancora più simpatico, quando mi infilò la supposta, non si limitò ad infilarmi la “sola supposta”, ma, per non farla fuoriuscire, riferì dopo, la accompagnò con tutto, proprio tutto il suo indice, facendomi strillare….dalla sorpresa, più che dal dolore. Oltre che dagli specchi, intuii che me lo aveva infilato completamente nel culetto, quando sentii il suo palmo della mano, contro il mio inguine. Dopo il mio prolungato: “Aaahahahah” rimase, credo volutamente, paralizzato, dicendomi che, se sentivo dolore, non lo avrebbe più mosso e domandandomi di avvisarlo appena mi sarei sentita meglio, così avrebbe iniziato ad estrarmelo. Approfittai del piacere e, fra un gemito ed un lamento, ci impiegai 3 o 4 minuti, “per incominciare a sentirmi meglio” !? Avevo appena sperimentato, piacevolmente, il vero significato: “dell’indice di gradimento” !?! E, soprattutto ero consapevole di portarmi dietro un’irresistibile attrazione che bisognava imparare ad usare sempre meglio, e non finirò mai di ringraziare la mia mamma per avermi iniziata, davanti al mondo intero, con quelle amorevoli “cure”……

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