Prime Esperienze
Esibizioni estive: l’hotel di fronte (II)


01.07.2025 |
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"Poi le sue mani raggiunsero le spalline del vestito e con un movimento secco le sfilarono facendolo scivolare a terra, rivelandone la schiena nuda, un accenno di seni abbondanti che si sporgevano..."
C’è un modo particolare in cui vengono sistemati i balconi di un’hotel quando gli ospiti se ne vanno. Le tapparelle abbassate non del tutto, la finestra lasciata a vasistas, gli schienali delle sedie rivolti verso il basso appoggiate al tavolino, come in un gesto cospiratorio. La scena che aveva davanti agli occhi la mattina non combaciava con quella descrizione. Anche se non c’erano costumi appesi Luca era abbastanza certo che le due occupanti della stanza sarebbero rimaste almeno un altro giorno.
Mattina, naturalmente, non era proprio il termine giusto. Nonostante la stanchezza e l’ora a cui si era ridotto a letto, prendere sonno era stata un’impresa ardua.
Tra l’adrenalina che ancora gli girava in corpo e i testicoli pieni, quasi doloranti, memori dell’eccitazione accumulata, ogni volta che il suo membro sfiorava il cotone liscio delle lenzuola era come una scossa di piacere che gli percorreva il corpo riattivandone i sensi.
La logica avrebbe suggerito di masturbarsi e venire, seppur in solitudine, ma per qualche motivo che non riusciva bene a spiegarsi, aveva resistito all’impulso.
Esausto, alla fine era crollato in un sonno tutt’altro che ristoratore e si era svegliato poco passato mezzogiorno.
Trascorsi dieci lunghi minuti in cui aveva tergiversato a letto, incapace di dare ai suoi arti i comandi giusti per mettersi in moto, era riuscito finalmente a formulare il pensiero che forse era il caso di fare una doccia, fredda e rigenerante, così da ingranare la marcia.
Ora che aveva riacquistato una parvenza di rispettabilità, appoggiato al parapetto di cemento del suo balcone, stava cercando di decidere cosa fare con il risultato della sua deduzione.
Non ci voleva un genio per capire che avrebbe voluto andare oltre questa pantomima di esibizioni reciproche. Che le ragazze fossero sulla sua stessa linea d’onda invece, era tutt’altro che scontato.
Entrambe si erano lasciate andare la sera prima, chi più chi meno.
Ma dal provocare un ragazzo eccitato, a distanza di sicurezza, dieci metri di vuoto tra un palazzo e l’altro, magari un po’ brille dalla serata fuori probabilmente in discoteca, ed andarci a letto il giorno dopo, alla luce del sole, rinsavito un po’ di buon senso…
Non era proprio una conclusione scontata. Senza contare che coi suoi trent’anni inoltrati aveva probabilmente una decina d’anni più delle ragazze.
“Cazzate”, si riprese Luca. Tutti questi discorsi non servivano a niente, stava saltando troppo avanti, in problemi che non erano ancora reali.
Quello che doveva fare per passare alla fase successiva era dare a loro l’opportunità di proseguire il gioco. Possibilmente senza passare per un pervertito, perché la linea era sottile e per come si era comportato finora ci stava viaggiando abbastanza vicino.
Il brontolio dello stomaco gli ricordò che tecnicamente era ora di pranzo.
Se la routine dei giorni successivi fosse continuata avrebbe probabilmente trovato le ragazze fuori sul balcone a breve. Magari oggi poteva farcisi trovare anche lui, chiaramente vestito.
Un sorriso, due parole amichevoli, e poi a braccio a seconda della reazione. Non è che fosse questo gran piano penso tra sé, ma sempre meglio un’azione imperfetta che un piano magistrale non eseguito.
Fece un giro in cucina con l’intento di mettere qualcosa sotto i denti. La colazione ormai era andata però nulla vietava di cominciare comunque con una pesca.
Tra una portata e l’altra, se così di potevano chiamare frutta, crackers, formaggio, e delle verdure crude, Luca faceva la spola fra il tavolo da pranzo e l’esterno. Delle due ragazze tuttavia, nessuna traccia.
A un certo punto, rassegnato, prese atto che verosimilmente erano uscite tardi e non erano rientrate in hotel per il pranzo.
Di certo non sarebbe andato in giro a cercarle. Anche se le avesse trovate loro probabilmente non lo avrebbero nemmeno riconosciuto, e comunque faceva un po’ troppo stalker per i suoi gusti.
Ci sarebbe stata un’altra occasione più tardi e se così non fosse pazienza, era stato quel che era stato.
“Molto Zen”, pensò Luca. “Tu intanto ripetilo, magari inizi a crederci veramente”, disse tra sé.
Le cose non erano proprio così ma si sedette comunque davanti al computer per finire qualche lavoro arretrato e piano piano la concentrazione arrivò, distraendosi cosi della faccenda.
Dopo un paio d’ore un languorino, inspiegabile dato il lauto pranzo, gli diede l’opportunità di fare una pausa. Va bene che aveva in programma di lavorare ma era comunque domenica e aveva già passato fin troppo tempo tra le mura di casa quel weekend.
Era il caso di prendere una boccata d’aria. Un bel gelato, ecco cosa ci voleva.
Infilatosi le infradito e una maglietta che aveva lasciato fuori per finire di sporcarla usci di casa e si diresse alla gelateria li vicino.
Camminare gli faceva bene. Decise che per oggi aveva dato col lavoro. Quel che gli rimaneva da fare poteva benissimo concluderlo lunedì, si meritava un po’ di relax anche lui. Era proprio vero che chi vive al mare alla fine se lo gode meno degli altri.
Arrivato davanti al banco della gelateria e come al solito c’era fila. Davanti a lui c’era un gruppetto di ragazzi. Quando i primi si allontanarono con i gelati in mano ne approfittò per avvicinarsi alla vetrina e decidere quali gusti prendere.
«Caramello salato e cassata siciliana» stava dicendo una ragazza.
Per qualche motivo, forse perché in fatto di cibo Luca amava le cose tradizionali, questo abbinamento gli fece involontariamente alzare la testa.
Erano rimaste due ragazze e quella che aveva appena parlato aveva un che di familiare. Un viso grazioso, occhi scuri, capelli lisci scuri che le arrivavano sotto le spalle, fisico esile, alta poco meno di lui.
Gli venisse un colpo. Si girò verso l’altra: bionda, quel fisico pieno e la pelle chiara ormai inconfondibile. Erano le ragazze dell’hotel.
Dall’abbigliamento chiaramente venivano dalla spiaggia.
La prima ormai aveva il cono nelle mani ed era il turno della bionda.
«Fragola e fiordilatte.» Disse lei.
Luca si mosse nel suo campo visivo e il viso della ragazza si girò un attimo verso di lui rivelando due occhi vispi di un azzurro chiaro.
«Abbinamento avventuroso..» Disse Luca con tono ironico, ricambiando il suo sguardo ora sorpreso da questo inaspettato commento da parte di uno sconosciuto.
«Non sei un po’ troppo grande per panna e fragola..?» Continuò lui a voce più bassa, inclinando leggermente il volto e facendo poi comparire un sorriso leggero.
«Sono sempre i migliori.» Rispose lei con un occhiolino stando al gioco.
L’amica intanto alla cassa stava pagando per entrambe.
Poco distante, un ragazzo seduto a un tavolino assieme ad altri due amici stava cercando di attirare l’attenzione della magra col braccio alzato. Dovevano essere venuti assieme dal mare.
Non aveva molto tempo. Allora Luca decise di giocarsela. Se doveva uscire di scena almeno voleva lasciarle qualcosa a cui pensare.
«Hai un che di familiare» disse a Panna e Fragola. «Non ti ho visto ieri notte sul balcone di fronte a casa mia?» E fece un cenno con la testa indicandone la direzione.
La ragazza era stata presa alla sprovvista. Evidentemente non l’aveva riconosciuto.
Una serie di emozioni erano trasparite velocemente sul suo volto e non sembrava particolarmente contenta. Luca pensò di aver sbagliato il tiro.
Poi lei lo osservò dall’alto al basso, esaminandone il fisico e la sua espressione si ammorbidì, sia pur sempre sorpresa. A quanto pare doveva essere arrivata alla conclusione che era lui il misterioso ragazzo nudo nell’appartamento di fronte.
In tutto questo Luca aveva cercato di mantenere un’espressione serena e amichevole. Lei stava per dire qualcosa quando l’amica si avvicinò.
«Andiamo?» Le disse, mettendo via il portafoglio senza far caso a lui.
«Che gusti metto?» Riportato sulla terra dalla domanda del gelataio, Luca si girò.
«Cioccolato e crema.» Rispose.
Mentre guardava il gelataio riempirgli il cono torno con lo sguardo in alla bionda che ora aveva un’espressione divertita. Luca le sorrise e le fece l’occhiolino di rimando.
L’amica iniziò ad avviarsi verso il tavolino dei ragazzi e anche lei fece per girarsi e seguirla ma poi si fermò sempre rivolta verso di lui.
«Dormito bene?» Gli disse lei a voce più bassa con un sorriso malizioso.
Raggiunse quindi l’amica e le sussurrò qualcosa nell’orecchio, al che entrambe si girarono verso di lui. La magra lo scrutò per un instante.
Con il cono in mano, Luca si mosse per andare a pagare. Allungò una banconota e prese il resto. Mentre si avviava controllò il tavolino dove le due avevano raggiunto il trio di ragazzi, uno dei quali ero preso a raccontare qualcosa, l’attenzione del gruppo su di lui.
Tranquillo Luca continuò per la sua strada. L’istinto gli diceva che la partita era ancora aperta.
Si fece una lunga passeggiata in spiaggia, ora che la temperatura lo permetteva. Il sole basso, il calore rodente della sabbia ormai attenuato.
Luca amava il mare d’estate. A differenza di tanti locali che preferivano la spiaggia deserta durante l’inverno, a lui tutto quel caos, visivo, sonoro, umano, in fondo piaceva.
Certo, c’era pace e tranquillità fuori stagione. Dio solo sapeva il perché di tutti quei karaoke e cantanti da strapazzo che infestavano le serate estive a volumi da stadio.
Ma nonostante ciò, la spiaggia con tutti quei colori, gli ombrelloni, i pedalò, tutto quel casino di suppellettili stagionali nascondeva qualcosa di affascinante secondo lui. Gli piaceva essere in grado di vederlo.
Senza contare tutti quei corpi seminudi in bella vista. Non che fossero proprio tutti da vetrina, anzi, ma ce n’erano più che a sufficienza da dare a un adolescente arrapato un’infiammazione al tunnel carpale. E forse non solo.
Rise da solo, come gli venivano in mente certe immagini… Dove esserci un problema di fondo. Forse era il caso di fare una chiacchierata con ChatGTP e vedere come se la cavava come psicologo.
Mentre tornava verso casa rischiò di essere investito da un monopattino. In due gli tagliarono la strada senza neanche girarsi e ci mancò poco che un bambino, fuori controllo dai genitori, rischiasse di buttargli il gelato addosso.
Finì invece sul marciapiedi. Puffo. Il gelato, ovviamente.
Si rimangiò tutto. L’estate e i turisti potevano andare tutti a farsi in…
Si fermo sui suoi passi, e sui suoi pensieri. Era arrivato sotto casa e guardando in alto aveva notato le due ragazze dell’hotel entrare e uscire sul balcone.
Luca entrò nel palazzo e sali al terzo piano con l’ascensore. Dentro casa faceva caldo. Aperte le finestre andò in cucina e tirò fuori dalla credenza una bottiglia di whiskey che teneva per le occasioni particolari. E il momento, per vari motivi, lo chiamava.
Se ne versò un dito in un bicchiere e si diresse in camera da letto uscendo quindi sul balcone. Era finito il tempo di giocare a nascondino.
Si appoggiò alla ringhiera del parapetto e si mise a osservare cosa stavano facendo le sue dirimpettaie. Tranquillo avvicinò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso.
L’attività di fronte sembrava più intensa della solita routine post mare. Entrambe le ragazze erano già uscite e rientrate un paio di volte.
Anche la finestra era più aperta del solito e le si intravedeva dentro la stanza passare avanti e indietro, gettando indumenti sul letto.
Panna e Fragola aka la bionda era uscita di nuovo, un asciugamano attorno ai capelli, un accenno di trucco sul viso e un vestitino addosso che non sembrava l’outfit definitivo, se come credeva si stavano preparando per fare serata.
Quando lei si accorse della sua presenza Luca alzò leggermente il bicchiere in gesto di saluto nella sua direzione.
Ne cercò i suoi occhi e sostenne il suo sguardo per alcuni lunghissimi secondi. Luca non si riteneva un esperto di linguaggio del corpo ma una cosa la sapeva: in questo momento non voleva essere lui il primo a distogliere lo sguardo.
Se poi si ricordava bene quello che aveva letto, come una donna interrompeva il contatto visivo poteva rivelare se questa fosse interessata, abbassando gli occhi, oppure no, guardando di lato.
La ragazza stava vendendo cara la pelle ma Luca sapeva dentro di sé che avrebbe vinto quel piccolo duello, se non fosse che l’amica irruppe fuori dicendo qualcosa e distraendola, rovinando il momento.
Si accorse subito, tuttavia, che qualcosa non tornava.
Lo sguardo finì presto in direzione di Luca che inclinò la testa e la guardò.
Lei represse un sorriso, poi le due si guardarono in quel modo complice che solo le donne hanno e rientrarono velocemente nella stanza.
Le vide confabulare qualche secondo e poi come all’unisono si rimisero in moto sparendo dalla vista.
La bionda fu la prima a tornare. Davanti all’anta della porta-finestra aperta gli dava la schiena, visibile a lui ma meno esposta che fuori sul balcone.
Aveva qualcosa in mano. Una paio di mutandine a giudicare da come aveva alzato le gambe e se le stava tirando su con lentezza.
Poi le sue mani raggiunsero le spalline del vestito e con un movimento secco le sfilarono facendolo scivolare a terra, rivelandone la schiena nuda, un accenno di seni abbondanti che si sporgevano ai lati.
Non è che Luca fosse proprio un esperto di intimo femminile ma a giudicare da come la stoffa spariva tra le natiche avrebbe detto un perizoma.
Quanto avrebbe voluto stringere nella sua mano e sculacciare quelle chiappe piene e morbide. Al solo pensiero l’uccello gli stava diventando duro. Chissà che presto non ne avesse l’occasione.
Lei girò il volto di lato e si infilò un dito in bocca, succhiandolo ed estraendolo con sensualità.
Ripetè lo stesso gesto con l’altra mano e poi le portò al seno, armeggiando per un po’.
Quando si girò di profilo e si mosse per uscire di scena si intuivano anche dalla distanza i capezzoli eretti ed eccitati.
Eccitati come il cazzo di Luca nei suoi shorts da mare che iniziava a creare un rigonfiamento difficilmente confondibile.
Mandò giù un’altro piccolo sorso, questa volta sentì il liquore bruciargli in gola mentre scendeva.
Poi fu il turno della castana.
Uscì con indosso solo l’intimo bianco ricamato e una camicetta aperta. Trucco e capelli già pronti.
Aveva nelle mani un asciugamano e lo ripose fuori ad asciugare.
Lo fece cadere di proposito e si chinò per raccoglierlo esponendo anche lei il culo, piccolo ma sodo all’esame di Luca che non si perdeva un secondo di quel piccolo spettacolo chiaramente orchestrato per provocarlo.
In fatto di intimo la ragazza aveva gusti meno minimalisti dell’amica ma comunque non erano proprio le mutande della nonna, osservò lui..
Non potè fare a meno di immaginare il fisico esile e slanciato di lei, steso a pancia in su sul letto, le gambe aperte sollevate e il suo viso, la sua bocca, in mezzo ad esse a torturarla di piacere.
Come avrebbe voluto sollevarla e penetrarla energicamente contro il muro, o magari il vetro della finestra. Che fosse qualcun altro a guardare.
Gli venne istintivamente da portarsi una mano al membro e massaggiarlo.
Si fermò appena in tempo, ricordandosi che era all’aperto e decisamente troppo esposto ma lei lo avevo visto e rientrò in camera sorridendo sotti i baffi.
Passarono diversi minuti, poi riuscirono entrambe vestite di tutto punto.
La magra aveva chiuso, almeno in parte, la camicetta bianca e aggiunto una minigonna nera e dei sandali bassi.
La bionda invece aveva optato per un tubino nero cortissimo che lasciava intravedere l’attaccatura delle natiche, senza spalline con abbondante scollatura visibile. Ai piedi dei sandali decorati. Qualcuno se la sarebbe vista brutta stasera.
Avevano in mano il cellulare e si stavano facendo delle foto, tra una risata e l’altra, esibendosi in pose sexy e ammiccanti, per la fotocamera e per Luca probabilmente.
Finito il servizio fotografico la bionda si appoggiò in avanti sulla ringhiera mettendo se possibile ancora più in mostra la scollatura e fece per soffiagli un bacio di addio; l’altra, al suo fianco faceva ciao ciao con la manina.
Ridacchiando si indirizzarono verso la camera.
«A letto entro le due!» Gli disse dietro Luca con voce seria e un mezzo sorriso sulle labbra.
Panna e Fragola inscenò un goffo saluto militare che persino lui, che non aveva fatto il servizio di leva, era in grado di giudicare come fatto coi piedi.
Scoppiando a riderle le ragazze si chiusero dietro la finestra mentre Luca scuoteva la testa divertito. Divertito e col cazzo duro. Di nuovo. Doveva finire questa storia.
Aveva le palle così gonfie e pesanti che qualunque cosa sarebbe o non sarebbe successa, di li a stanotte, una bella sborrata prima di dormire non gliel’avrebbe tolta nessuno.
Senza alcuna intenzione di andare in discoteca o dove diavolo erano andate loro, a competere tra ragazzini con, se va bene, una decina di anni in meno di lui, Luca che doveva ancora cenare si fece una doccia fresca e andò a prendere una pizza d’asporto.
Mise su un film d’azione, nella speranza di distrarsi, mentre mangiava sul divano.
Dopo un’oretta abbondante, quando ormai era sceso il buio andò in camera da letto e accese un’abat-jour.
Voleva che quando tornassero le due giovani vedessero che era in casa. Non che sarebbero tornate di li a breve, ma non si sa mai.
Nonostante sparatorie e inseguimenti la stanchezza della notte insonne passata si fece sentire e si addormentò sul divano.
Quando si sveglio guardò l’ora sul computer. Era l’una e quarantuno.
Si era fatto una bella dormita.
Senza preoccuparsi di vestirsi si diresse nudo in camera da letto e senza dare nell’occhio controllo velecemente che non ci fosse altra gente sui balconi degli hotel, poi assestò la situazione nella camera delle ragazze. Nessun segno di vita.
Si sdraiò sul letto in posizione dove poteva tenerla d’occhio e attese nel tenue bagliore della luce proveniente dal comodino.
Passarono dieci minuti, poi venti, alla fine alle due passate vide la luce accendersi nella stanza di fronte. Si aprì la finestra e la ragazza coi capelli castani sporse la testa forse.
Diede un’occhiata in giro poi controllò in direzione di Luca, lo notò e rientrò in camera.
Luca osservava curioso. Dopo poco successe qualcosa che non si sarebbe aspetto.
Apparse la bionda a contatto col vetro della finestra ancora vestita di tutto punto.
Nelle mani. sempre appoggiato, al vetro un foglio bianco con scritto sopra qualcosa.
Lui non riusciva a leggere cosa c’era scritto ma gli venne un’idea.
Andò a recuperare il cellulare in soggiorno.
Quando tornò della bionda non c’era più traccia ma il foglio era ancora li, attaccato con qualcosa che non voleva sapere, forse della gomma da masticare, al vetro dell’altra anta, in modo da prendere la luce proveniente da dentro per renderlo più visibile.
Incredibilmente grato per questo gesto premuroso Luca attivò la fotocamera, ingrandì e scattò una foto più luminosa possibile. Ingrandì ulteriormente con le dita l’immagine e la studiò.
Sul foglio bianco si leggevano chiaramente, nonostante l’immagine sgranata, una serie di numeri.
Tre, uno, sette. E poi sotto uno, cinque, due e un triangolino.
Li osservò perplesso. Non sembrava un numero di telefono.
Tre uno sette. Luca realizzò che il suo appartamento era al terzo piano, e quasi sicuramente anche la stanza delle ragazze.
Si ricordò che gli hotel numerano le stanza col primo numero che indica il piano, il tre appunto. Doveva essere il loro numero di stanza.
E i numeri sotto col triangoli? Si spremette le meningi per un altro minuto. Aveva un’idea di cosa potesse essere. Se non era un invito quello, tanto valeva che si facesse monaco.
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